Konnie – parte sesta

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la sesta parte del racconto Konnie, che potete leggere anche qui.

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Konnie ha quasi ottant’anni. Gli mancano poco più di sei mesi al compleanno. Si sente stanco con le forze che giorno dopo giorno tendono a scemare. Con lentezza strascicando i piedi va a controllare la radioattività esterna. Sa che è un proforma perché decresce con molta lentezza. «Due sievert» scuote la testa pronunciando queste due parole. Però sente il richiamo di uscire, di vedere cosa c’è là fuori, di scoprire un mondo ignoto.

«Non importa se morirò!» Ammette con se stesso con tono fatalistico. «Tanto dovrò morire. Se non oggi, domani. Finora ho visto solo queste pareti grigie. Anzi quasi nere!» Ridacchia socchiudendo gli occhi. «Fuori ci saranno altri colori oltre al bianco, il grigio e il nero di questo bunker?»

Mette una polo nera stinta, calza delle scarpe che gli stringono i piedi, indossa un paio di jeans che stanno dritti da soli. Prende le chiavi che gli permetteranno di rientrare dopo la passeggiata all’esterno.

Con passo strascicato e col cuore che batte a mille apre la porta che gli consente di risalire in superficie.

Accende la torcia per illuminare i gradini. È la prima volta che li percorre. Prova una sensazione strana, quasi sconosciuta: brividi di freddo. Un acre odore di muffa, di aria stagnante assale le sue narici. Fa una smorfia. Rimpiange l’aria asettica del bunker. Mette il piede sul gradino che sembra scivoloso. Lo illumina: è ricoperta da una patina di verde che imbratta la scarpa. Quando prova a caricare il peso sulla gamba, questa tende a scivolare verso il basso. Si afferra al corrimano che avverte ruvido e si issa sul gradino superiore e così con gli altri. Ne avrà fatti una dozzina e ha il fiatone. La tentazione di invertire la marcia è forte ma la curiosità vince sulla stanchezza che gli attanaglia i polpacci.

Rifiata, sta sudando e quella sensazione di freddo è sparita. Passo dopo passo, gradino dopo gradino arriva in cima. Le scale sono finite. Illumina una porta d’acciaio dalle cui fessure filtra una lama di luce.

«Ci dovrebbero essere delle chiavi appese per aprirla» mormora mentre dirige il fascio luminoso in modo circolare. «Eccole!»

Le afferra, mentre sfiora la tasca per sentire le altre. Apre e fa due passi fuori. Rimane accecato. Per lunghi istanti i suoi occhi percepiscono solo una luce troppa intensa che gli impedisce di vedere cosa lo circonda. Ha un brivido di freddo, sente la pelle accapponarsi, la bocca comincia a tremare senza che lui riesca a fermarla. Strizza gli occhi, riducendoli a una fessura, in modo istintivo porta la mano sinistra sulla fronte. Quello che vede lo terrorizza: è tutto bianco che riluce sotto i raggi del sole. Sulla sua sinistra osserva dei ruderi, sulla destra una distesa candida. «È questo il mondo esterno?» Si gira e rientra nella cavità che ospita il suo mondo.

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Acrostico per l’estate

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Per la giornata di oggi Eletta Senso propone un acrostico in onore dell’estate.

Andando

Semplicemente a

Teatro,

Amo la

Tardiva

Estate

I tre cunicoli – carteaceo

Acrostico per Luisa.

Esibisci

Sublimi

Trasporti

Amorosi,

Tradendo

Elena.

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Konnie – parte quinta

 

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Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la quinta parte del racconto Konnie. Di seguito qui la potete leggere.

15 agosto 2144

Il gran momento è arrivato Alba e Matteo curvi sotto il peso degli zaini salutano tutti. «Arrivederci! Tra quattro settimane torniamo con la speranza che possiamo uscire da questa Città del Sole senza problemi!»

È tutto un abbraccio e un arrivederci condito da qualche lacrima e tanti consigli. Poi dopo le ultime pacche sulle spalle entrano senza timori nella stanza che li separa dal mondo esterno. Un clack sonoro suggella la chiusura. Si tratta di aspettare che l’altra porta si apra per uscire e cominciare la nuova esplorazione.

«Alba, a destra o sinistra?»

La ragazza consulta la bussola, un retaggio del mondo antico che è sparito per l’insania di qualche potente. La pone sulla carta che servirà per raggiungere Bozen. «A sinistra. Dovremo trovare un paese o meglio un gruppo di paesi che prendono il nome di Livinallongo o quello che resta di loro».

Scendono attraverso un’abetaia non senza qualche difficoltà. Abeti crollati a terra e un sottobosco irto di spine e di rovi che coprono forre e altre insidie. Devono fare attenzione perché non esistono sentieri e sentono il rumore sordo dell’acqua che scorre senza vederla o individuare dov’è. Mettere un piede in fallo può rappresentare la fine della loro vita, perché nessuno li verrà a cercare.

Nell’uscita precedente si sono limitati a girare nelle vicinanze e non è stato facile ritrovare la strada del ritorno verso l’ingresso della Città del Sole. Si sono persi più volte perché è sembrato a loro di essere passati di lì mentre non era vero. Quindi l’esplorazione è stata piuttosto un girare confuso, a volte in tondo. Questa volta segnano con dei segnali il tragitto che fanno per raggiungere la strada, ammesso che esista ancora.

La protezione contro le radiazioni e il peso degli zaini non consente di muoversi con agilità mentre scendono con prudenza verso il fondovalle. La luce incerta del bosco non aiuta i due ragazzi che si fermano per calmare l’agitazione interna. La discesa è ripida più di quello che ricordano quando un mese fa hanno fatto la prima uscita.

«Mat, sei sicuro che stiamo scendendo nel modo giusto?» mormora con tono affranto Alba che sta sudando copiosamente dentro la tuta, mentre il casco si appanna. Si ferma, aspetta che la visibilità torni accettabile.

Matteo ritorna sui suoi passi e affianca la ragazza. «Premi questo bottone» e le indica un pulsante verde all’altezza delle orecchie. «Serve per togliere l’umidità all’interno del casco».

«Grazie, Mat! Non ricordavo questo dettaglio che Arturo ha aggiunto per evitare situazioni come questa».

Come la prima volta hanno perso il senso del tempo. Non hanno strumenti per misurarlo. Si basano sul sole. Il cielo è sereno privo di nuvole, mentre il sole declina dietro le montagne di fianco. Però non sarà sempre così, perché una giornata nuvolosa o grigia per la pioggia li trarrà in inganno.

«Alba, cosa ne pensi se cerchiamo un posto per la notte? Le ombre si fanno lunghe e il buio infittisce» propone Matteo che ha notato le sue difficoltà a muoversi con scioltezza. La stanchezza può diventare pericolosa in montagna, specialmente in un ambiente di sicuro ostile.

La ragazza annuisce, perché stava per proporlo. Avrebbero sperimentato il riparo costruito da Arturo. Scendono ancora più a valle finché un trovano una radura circondata da alberi molti alti che non sono abeti o larici. L’erba è giallastra, secca come se fosse da tempo che non piovesse. Decidono di sistemarsi sotto una folta chioma di albero. Qui dal terreno affiorano robuste radici e l’erba è rada e bassa.

Hanno da poco posizionato la tenda, quando di colpo si passa dal chiarore del giorno al crepuscolo della sera. Il cielo è ancora chiaro ma nel bosco l’oscurità diventa notte. Accendono una torcia alimentata da combustibile nucleare che illumina l’area dove sono accampati.

La stanchezza e lo stress compiono il miracolo di farli addormentare subito. Un sonno senza immagini.

[continua]

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Tautogramma in G in onore di giugno.

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Oggi per il gioco del lunedì proposto da Eletta Senso scriviamo un haiku con sole parole inizianti per G.

Ecco cosa ho scritto.

Gioia gelsomini,

Generoso, gagliardo

Galeotto giugno

Copertina Daniele

Ecco il’haiku tautogramma in G creato per Luisa.

Giugno geloso,

gingillano gagliardi

gambi galanti.

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Konnie – parte quarta

Mondi paralleli

Su Caffè Letterario è stata appena pubblicata la quarta parte del racconto Konnie, che potete leggere anche qui

Sono passati altri dieci anni e Konnie ha tutti i capelli bianchi. La voce si è arrochita anche se si sforza di parlare e registrarsi per riascoltare le sue parole. È l’unico modo per ascoltare una voce umana anche se è la sua.

Tiene un diario dove appunta gli avvenimenti e i suoi pensieri. Gli serve per non impazzire per la solitudine e lasciare un segno tangibile della sua presenza. «Non so se vedrò un altro essere umano prima di morire» borbotta con gli occhi acquosi, mentre chiude la pagina. «Questa segregazione sta diventando insopportabile. Però non posso uscire se non voglio morire».

Konnie osserva sconsolato il diario. Le pagine bianche rimaste sono poche. Non osa contarle per non deprimersi ancora di più. L’inchiostro è terminato da tempo o si è seccato. Le matite sono agli sgoccioli e le usa con parsimonia. Tra poco anche questo diversivo che gli tiene impegnata la mente non sarà più usufruibile. «Non oso pensare quando non potrò più tenere il resoconto delle mie giornate». Anche nella giornata odierna i valori della radioattività sono rimasti alti. Decrescono con molta lentezza. Troppo secondo lui ma non dipende dalla sua volontà.Va nella dispensa a controllare le scorte del cibo. Deve tenersi impegnato in attività che gli facciano dimenticare il suo stato di recluso forzato. «Non ho capito perché i miei genitori hanno pensato a tutto fuorché a protezioni per poter uscire in sicurezza». In realtà ricorda vagamente qualcosa che il padre gli ha spiegato quando era ancora un bambino. Gli ha parlato di una stanza di decontaminazione non prevista nella costruzione del bunker. L’ha cercata su un vecchio Treccani del 2020 ma non ha capito molto. “L’operazione, il processo di decontaminare; l’essere decontaminato: stazione di d., locale o edificio in cui si effettua la decontaminazione di oggetti o di persone. Nella tecnica nucleare, fattore di d ., il rapporto tra le percentuali iniziale e finale di una sostanza radioattiva…”. In un altro dizionario rimasto senza copertina legge. “Riduzione o eliminazione, da una miscela di sostanze radioattive, dei componenti che maggiormente contribuiscono alla sua radioattività: decontaminazione nucleare | estens., eliminazione di sostanze radioattive o inquinanti da materiali, locali, oggetti o persone contaminati.”.

Konnie è conscio delle sue lacune linguistiche e tecniche. Quello che conosce gli è stato insegnato prima da Kurt e poi da Marie. Poi video e letture hanno completato la sua preparazione ma sono rimasti molti buchi che non è riuscito a colmare. I video sono per lo più film o descrizioni di viaggi. Quelli tecnici sono pochi e scarsamente utili. Trattano di macchinari o elettrodomestici che sono fuori uso da molti anni perché mancano i pezzi di ricambio. I numerosi libri sono romanzi, racconti di vario genere a parte un paio di dizionari. Ci sono diversi smartphone e tablet e un paio di pc spenti, morti perché senza una connessione internet sono muti. Li usa solo per fare dei podcast per ascoltare la propria voce e sentire quella dei genitori. «Devo fare economia nel mangiare. Le scorte si stanno riducendo in modo preoccupante» borbotta con tono sconsolato dopo la ricognizione nella dispensa. Kurt aveva accumulato scorte per resistere ottanta o novant’anni ma la nascita di Konnie aveva scombussolato i piani. Secondo lui era un lasso di tempo ragionevole, perché la loro vita si sarebbe estinta prima come in effetti è avvenuta. Però Konnie deve fare economie anche se è rimasto da solo. «Non voglio morire d’inedia» afferma con tono deciso chiudendo la porta della dispensa. Controlla l’orologio atomico che per fortuna continua a segnare l’orario. Konnie ride e scuote la testa. «Ignoro se l’ora sia esatta!» Però per le lancette sono le sedici. È l’unico di tipo analogico, mentre i restanti sono digitali. Si avvia verso la palestra per l’ora di esercizio fisico. Si deve mantenere in buona forma se vuole vivere a lungo. Indossa una maglietta di cotone ormai sbiadita e un po’ lisa per i numerosi lavaggi. Calza delle scarpette che un tempo sono state di suo padre e infila dei calzoncini che un tempo erano neri.

Si chiede se per caso dovesse morire all’interno del bunker cosa succederebbe. «Credo nulla. Sarà difficile che qualcuno possa ritrovare il mio cadavere. Diventerò polvere e basta». Questo pensiero gli suscita un sorriso storto pieno di amarezza.

La palestra è ben attrezzata. In un angolo si può esercitare coi pesi e bilancieri. Nella zona centrale ci sono un tapis roulant e due cyclette. Un tatami verde lo utilizza per gli esercizi a corpo libero. Funi e una squadra svedese completano l’attrezzatura. Però Konnie non li ha mai usati perché teme di cadere e per lui sarebbe un guaio grosso. Fa qualche esercizio coi pesi di malavoglia. Si sente depresso. Sono quarant’anni che è da solo. Gli viene la voglia di farla finita. Depone i pesi nella rastrelliera e sorride storto. «Prima di morire vorrei osservare il mondo esterno».

[continua]

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Tautogramma in O

Mondi paralleli

Ieri, lunedì tre, Eletta Senso ha proposto un tautogramma in O.

Ecco il mio

Orientarsi oltre oceano

oppure osservare oggetti originali

orbene organizza l’osservazione.

Obbediente Orlando obietta:

«Obbrobrio! Occhiali!»

Osserva a occidente:

oasi è occultata occasionalmente.

Occorre onore e orgoglio, non offese.

La bambina senza nome

Aggiungo il tautogramma per Luisa

Obbedisco, ohimè!

L’organo obietta occasionalmente all’obolo occultato nel obbrobrio odierno.

Occhi come ofidi operano con odio.

L’opinione oggettiva obbliga l’obbediente oligarca a organizzare un obiettivo oneroso. Occidente e oriente occupano ognuno un oneroso obbiettivo con un’organizzazione ospedaliera. Ohi! Che odore olezzante all’olfatto!

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Mondi paralleli prossima uscita

Il 5 giugno uscirà in formato ebook e cartaceo il mio ultimo romanzo, che potete prenotare  qui.

Mondi paralleli

Per chi è curioso e convincersi a prenotarsi qui trova un primo spicchio con quattro dei personaggi del libro. Di seguito troverete la presentazione del secondo protagonista principale oltre a Laura che avete già conosciuto.

…Era una serena mattina di fine aprile quando Marco decise di mettere ordine nella sua scrivania, avendo ritenuto giunto il momento di farlo. Tra qualche giorno avrebbe iniziato il nuovo lavoro e sarebbe mancato il tempo.

Doveva sistemare libri e oggetti, che erano accatastati in maniera disordinata. In realtà era una scusa, perché cercava un oggetto. Era un vecchio ricordo del liceo: un quaderno di poesie, scritto a mano in quegli anni. L’aveva abbandonato, quando aveva iniziato l’università a Milano. Vuotò sul piano del tavolo il contenuto del cassetto.

Marco era un ragazzo alto, dal corpo muscoloso, forgiato dalla pallacanestro, che aveva praticato con discreto successo durante il liceo, sfruttando il fisico robusto e una tecnica più che pregevole. La statura non gli aveva garantito di giocare a livelli professionali. Quindi conseguita la maturità, aveva abbandonato questa pratica sportiva, che in compenso aveva fatto sbocciare alcuni tratti del suo carattere. La prontezza nel prendere le decisioni, la lucida calma per fronteggiare i frangenti più concitati, una visione d’insieme a tutto tondo nell’affrontare i problemi.

Superata la maturità con una più che discreta votazione, si era iscritto all’università a Milano, dove si era trasferito da Ferrara. Qui aveva fatto sognare diverse ragazze con il suo viso da bravo ragazzo pulito. Tuttavia la scelta era finita su Laura, con la quale aveva fatto coppia fissa per tutta la durata degli anni universitari. Dopo la laurea non aveva voluto rimanere in una città, che non percepiva come sua. Aveva avuto la sensazione di essere rinchiuso in gabbia. Lui amava gli spazi aperti della campagna, il ritmo lento della vita. Nonostante gli sforzi profusi non era riuscito a superare la percezione negativa. Aveva preferito tornare a Ferrara.

In apparenza la decisione agli occhi di amici e conoscenti sembrava assurda per le prospettive future che Milano gli poteva offrire. Qualcuno azzardò l’ipotesi che lui fosse un perdente, perché non era stato in grado di vincere nostalgia e paure. Dopo il suo ritorno più volte aveva riflettuto se la scelta di abbandonare Milano fosse stata quella vincente. Però non aveva avuto esitazioni pensando al suo futuro. Era stato un passo doloroso, perché aveva avuto come effetto la rinuncia a Laura, che amava e che avrebbe voluto come compagna nella vita. “Non avrei potuto costringerla a finire in una città, come Ferrara, piccola e provinciale, sonnacchiosa e chiusa alle novità” si era ripetuto una volta di più. Sapeva che lei non concepiva un posto diverso da Milano, dove vivere e lavorare. Qui era nata e cresciuta, seguendo i suoi ritmi frenetici e stressanti. “Quali prospettive di lavoro può offrirle Ferrara?” Chiuse gli occhi, abbandonandosi ai suoi pensieri. La risposta non cambiava: avrebbero avuto molte difficoltà nel trovare un’occupazione che le avrebbe dato soddisfazioni professionali. Questo sarebbe risultato insopportabile per lui, perché era sicuro che avrebbe minato i loro rapporti….

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Mondi paralleli in preordine

Mondi paralleli

Il cameriere appoggiò sul tavolo due spritz, un bicchiere di succo di frutta, tutto inghirlandato da bandierine e fette di arancio, e un calice di spumante. Minuscole tartine, salatini sfiziosi, arachidi, patatine, noccioline e anacardi erano invitanti per l’occhio e la gola. La Caffetteria del Corso era famosa per i suoi aperitivi.

«Siamo un bel colpo d’occhio» constatò Sofia, sorseggiando lo spritz con gli occhi che brillavano per la contentezza. «Quattro bei giovani. Sì, senza ombra di dubbio!» Con lo sguardo passò in rassegna la sala gremita per trovare conferma alle sue affermazioni. Si notava che molte persone erano vestite o meglio infagottate in abiti costosi ma inadeguati al loro fisico. Lei osservò Laura. I pantaloni di Armani neri le modellavano le gambe. La camicetta azzurra era un felice contrasto col nero dei calzoni. Le scarpe di Rossi nere di morbida pelle spuntavano dal fondo dei pantaloni. Abiti dalle linee semplici in contrasto con quelli pacchiani delle altre donne.

Matteo la guardava con ammirazione. Tutta la sua attenzione era rivolta verso Sofia. Gli altri non esistevano. Sembrava pendere dalle sue labbra, mentre prendeva una nocciolina dal piatto. «Lavori?» Spostò leggermente il busto in avanti per rendere più intima la domanda.

«Al termine della laurea triennale in matematica» fece Sofia, mettendosi in bocca una quiche lorraine al formaggio, «ho preferito trovarmi un lavoro. Volevo rendermi indipendente. Vivere in una casa tutta mia».

«E ci sei riuscita?» Ribatté Matteo sempre più vicino a Sofia, finendo lo spritz.

«Sì!» Affermò con voce squillante. Gli occhi sprizzavano allegria. «Alla grande! Ho una casa tutta mia. Beh! Sì, insomma… quasi… quando avrò finito di pagare il mutuo tra vent’anni!»

Matteo sorrise e annuì col capo in segno di approvazione. Non aveva smesso di fissarla per un secondo.

Si sentivano solo le voci di Sofia e Matteo, mentre Laura e Paolo restavano ai margini, come se fossero due persone di passaggio.

Come Sofia era scatenata e sembrava un fiume in piena, così Laura pareva l’acqua immota dello stagno, agitata ogni tanto da qualche sassata maliziosa.

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Mondi paralleli

Mondi paralleli

Il 5 giugno verrà rilasciato in contemporanea su Amazon sia l’ebook sia il cartaceo. Tra poco sarà possibile assicurarseli in preordine risparmiando sul loro acquisto. L’ebook a 0,99€ e il cartaceo a 6,99€ Dal giorno 2 giugno il prezzo lievitarà a 3,99€ e 8,49 rispettivamente.

Sarà in romanzo diverso dal solito. Scritto e pensato nel lontano 2008, rielaborato nel 2011 e ripreso nella versione definitiva quest’anno.

… Laura stava leggendo l’inizio della fiaba, che aveva scritto tanti anni prima, quando era sedicenne. In realtà in quella fredda mattina serena di aprile era salita nel sottotetto alla ricerca del vestito rosso, dismesso da tempo. In apparenza si diceva d’ignorare, perché aveva intrapreso quella ricerca. In realtà voleva ingannare se stessa, perché ne conosceva benissimo il motivo.

Il giorno precedente aveva trovato una fotografia, che era scivolata fuori in maniera subdola da una scatola piena di ricordi. Subito il cuore aveva preso a pulsare come un metronomo impazzito.

«Accidenti!» esclamò eccitata, mentre la raccoglieva da terra «Come ero bella! Ero la più bella del gruppo».

Aveva osservato quella vecchia istantanea a colori, che la ritraeva con uno splendido vestito rosso, abbracciata a Marco. Non era riuscita a calmare il senso di ansia per il groppo alla gola, che le impediva di respirare. …

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Acrostico per la pioggia

La pioggia croce e delizia di tutti ha ispirato Eletta Senso per il gioco del lunedì. In montagna piove, in pianura pure.

L’ultima avventura di Puzzone

Ecco il mio

Piace

inventarsi a

ottavio

giochi

gioiosi.

innocenti

arie

artefatte

intrigano nei

giardini

giovani

ottusi

insieme alla

Pioggia.

Ecco l’acrostico per Luisa.

Prova

inventarti

origami

grigi,

giovanni!

insieme

alla

augusta

insegnante

gioca

gioioso

osservando

incantato la

Pioggia

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