Un viaggio, un incubo – undicesima puntata

Nuova puntata che vede protagonista Mark. Cosa architetta il nostro uomo? Leggete se siete curiosi di conoscere gli sviluppi. Per chi avesse perso qualche puntata precedenti li trova qui.

credits by https://miviajeanewyork.wordpress.com/2013/06/10/bryant-park-public-library/

Mark sogghigna mentre ritorna alla postazione PC, perché sa come rintracciare Simona.

«Sono stato uno sciocco a non pensarci subito!» esclama soddisfatto. «Quella troietta ha i minuti contati. Lo smacco mi ha annebbiato la testa, ma sbollita l’ira ha ricominciato a funzionare a dovere».

Lui sa cosa cercare: si collega al suo account di Verizon per stampare il tabulato delle chiamate del giorno precedente.

«È inutile perdere tempo col registro sul mio telefono. Con l’elenco stampato si fa prima» prosegue con un ghigno feroce. «La troietta è furba. Nessuna chiamata da una scheda italiana. Solo Nord America».

I numeri da controllare sono circa una dozzina che si riducono a quattro dopo aver scartato quelli impossibili per distanza geografica od operatori indisponibili nell’area di New York. “Due sono fissi e due telefonia mobile. Se per caso ha comprato una scheda al JFK dopo l’arrivo, potrebbe essere uno dei due” pensa sorridente.

Compone il primo e sente «Hello» dall’inconfondibile accento maschile. Riattacca soddisfatto cancellando il numero. Prova il secondo. Una cadenza del sud gli fa capire che non corrisponde a Simona, il cui inglese è pulito, scolastico e privo di accentazioni particolari.

«Rimangono i due fissi, che indicano il passaggio dal centralino. Li chiamo e sento a chi corrispondono» dice, perché è sicuro di essere arrivato a dama.

Chiama il primo e ascolta: «Hello. Inn Patriot Times Square speaking».

Riattacca perché certo di aver centrato il bersaglio.

«È qui che la troietta si nasconde. Aspettami, sto arrivando!» urla con la voce roca. «Ma prima controlliamo il secondo per precauzione».

Al secondo risponde una ditta di Manhattan, che conosce. Ha lo stesso sguardo del gatto che ha appena pranzato col topolino, mentre esce dall’appartamento.

Si dirige verso la 6th Avenue deciso a riprendersi la preda sfuggita poche ore prima. Guida con calma, non ha fretta, perché sa che non gli sguscerà di nuovo tra le mani. Non ci sarà un nuovo problema con la cerniera, perché lei sarà in trappola senza scampo e dovrà accettare quello che ha intenzione di fare.

Sorride sornione, mentre parcheggia nelle vicinanze.

Entrato punta decisamente verso gli ascensori, ma una voce autoritaria lo ferma.

«Sto andando da Miss Ferrari» risponde Mark senza esitazioni. Deve dimostrare sicurezza se la vuole fare franca.

«Nessuna Miss Ferrari alloggia qui» replica una persona di colore alta e prestante dallo sguardo arcigno.

Non gli sembra il caso di fare il furbo perché la grinta usata per parlare e la corporatura minacciano solo guai. Ritiene opportuno abbassare l’intensità della voce.

«Eppure mi ha detto che ha un appartamento qui» suggerisce con tono umile l’uomo.

«Mi dispiace ma le tue informazioni sono incorrette» e lo accompagna fuori dalla bussola senza molti complimenti.

Mark schiuma di rabbia per essere stato cacciato in malo modo e sibilla: «Sporco negro, me la pagherai!»

Però deve modificare i suoi piani e non può tornare all’ingresso finché il cerbero nero è appostato lì perché non fa sconti. Non desidera l’arrivo della polizia, perché per lui potrebbero nascere guai a iosa. Gli conviene essere prudente e battere in ritirata per il momento.

Si guarda intorno alla ricerca di un posto dove scrivere una lettera. Si sistema in un bar. In attesa di un Martini con l’oliva pensa a cosa mettere nero su bianco.

“Niente minacce, solo un avvertimento” sorride mentre verga poche righe che infila nella busta bianca. Sopra in maiuscolo scrive

Miss Simona Ferrari – Inn Patriot Times Square, NY

Finisce il Martini. “La vendetta è un piatto freddo da gustare con calma” riflette con l’occhio di chi pregusta i prossimi sviluppi. “Prima ti metto ansia, poi mi conoscerai meglio. Cerchiamo un ragazzino che per un dollaro sarà contento di consegnare la missiva”.

Esce alla ricerca del messaggero, mentre il sole tramonta tingendo di rosso le facciate dei grattacieli.

Senza fatica trova un ragazzo di colore che va a consegnare la busta felice col suo dollaro in tasca. Adesso deve aspettare che il cerbero nero smonti dal servizio per attuare la seconda parte del piano.

Mark cammina fino al parco Bryant. “Devo aspettare la mezzanotte prima che possa mettere le mani su Simona. Tanto vale mettere qualcosa sotto i denti”. Pensa di cenare all’aperto al Park Bryant Grill che ne ha sentito parlare, anche se non si è mai recato al Bryant Park. “La cornice è splendida e dovrò faticare per trovare un tavolo libero” riflette arrivando al ristorante.

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Un viaggio, un incubo – decima puntata

Eccoci con la decima puntata che vede protagonista Simona in un viaggio nella grande mela, che si sta tramutando un incubo. Per chi volesse leggere le puntate precedenti le trova qui.

Buona lettura.

Foto di Luis Dalvan da Pexels

 

La stanchezza, lo stress accumulato e il non perfetto adattamento al nuovo fuso orario conducono Simona in breve in braccio a Morfeo.

È in un appartamento che non conosce piccolo e disordinato. Due stanze: una camera con un letto matrimoniale dozzinale e una sala con l’uso di cucina nemmeno troppo pulita. Il letto è semi disfatto e le lenzuola sono stropicciate con macchie gialle qua e là.

Simona è vestita con la camicetta bianca e la gonna del pomeriggio e sotto nulla. Non ha paura ma si aggira guardinga, perché sembra disabitato. Dalla finestra della stanza da letto si intravede la scala di sicurezza. Si domanda perché è lì, non ricorda come ci sia arrivata.

Apre i cassetti: dentro indumenti maschili. Si trova in un appartamento dove vive un uomo. Chi è? Non riesce a capirlo ma un particolare l’inquieta: la porta d’ingresso è chiusa a chiave e lei non ce l’ha per aprirla.

«Userò la scala di sicurezza per scendere».

Però la finestra è bloccata. Perlustra l’appartamento alla ricerca come uscire. La tranquillità di poco prima si incrina e uno stato d’ansia la fa muovere a scatti. Cerca le chiavi nei cassetti, dove trova attrezzature sadomaso. “Dove sono capitata?” si domanda in preda al terrore.

In frigo scova una bottiglia di acqua Evian, che beve tutta d’un fiato per alleviare l’arsura.

Simona stanca di stare chiusa lì dentro si avvia verso la finestra decisa a sfondarla, quando sente una chiave girare nella serratura. Si ferma. Aspetta di vedere il misterioso inquilino.

Come se si fosse spenta la luce, i suoi occhi non scorgono nulla, né riesce a parlare. È immobilizzata con le braccia stese di fianco alla testa e le gambe divaricate.

Vorrebbe urlare, chiedere aiuto, implorare che non le facciano del male ma dalla bocca non esce nemmeno un sussurro. Percepisce la presenza di più persone che parlano, che ansano, senza distinguere i tratti dei loro visi. Ha gli occhi coperti da una benda.

Sono voci familiari. Ascolta Roberto col tono impastato, quando è sotto l’effetto della droga e del alcol. “Non cambierà mai! Avrà sempre il suo solito cliché: borioso, fatto e inconcludente”.

Le parole pronunciate dal primo grande amore si sovrappongono a quelle garrule, effeminate di Enrico che domanda quando può iniziare. “Nemmeno lui è cambiato. Pensa solo a se stesso. Quale imperdonabile leggerezza ho commesso mettendomi con lui”.

Ascolta l’inconfondibile accento dialettale di Anna, che smania di mettere le sue mani sul corpo di Simona. “No, lei proprio no! Il solo pensiero di sentire le sue dita che frugano dentro di me, rende più penosa questa situazione”.

All’appello manca Mark e il suo slang. “Perché?” si chiede ma come avessero letto nel suo pensiero ascolta le parole del messaggio ricevuto nel pomeriggio, mentre la pelle diventa grinza come un’arancia. “E lui che temo. Lui sa essere sadico. Però non posso chiedere aiuto”.

Non vede i volti, ma sente le loro voci che si accavallano una sopra l’altra. Sono tutti tesi a dare sfogo alle loro menti malate.

Percepisce un enorme dildo posato sul ventre pronto per essere manovrato con cattiveria. La mente sta cedendo alla paura per l’impotenza delle reazioni da parte sua, quando ode in lontananza un trillo acuto che si ripete cadenzato. Le loro voci diventano stridule e paiono in dissolvenza, mentre comprende che i lacci che le immobilizzano i polsi e le caviglie lentamente si sciolgono.

«Sono libera» urla con tutto il fiato che ha in gola e si mette ritta sul letto col corpo madido di sudore.

Il trillo continua a perforare i suoi timpani. Si guarda attorno mentre legge l’orario sul soffitto: zero e quindici p.m.

“È stato solo un sogno ed è mezzanotte appena passata”. Sente quel suono continuare. “Da dove proviene?” Si gira verso la mensola dove sta appoggiato il telefono che lampeggia.

«Hello» grida nel ricevitore.

«Miss Ferrari. È la reception che parla. Mi scusi se l’ho svegliata, ma un signore insiste nel dire che ha un appuntamento urgente con lei e vuole salire».

Simona rabbrividisce prima di rispondere. «Non conosco nessun signore a New York» mente. «Se insiste chiami la polizia. Non voglio essere disturbata. Notte».

E chiude la conversazione bruscamente.

Si alza a controllare la chiusura della porta e vi appoggia una sedia, prima di tornare a letto.

Il sonno è sparito. È sveglia e trema al pensiero di Mark che possa comparire dalla porta della suite.

Infila un paio di jeans e una maglietta leggera, mentre riflette sul sogno e sulla realtà, che in questo momento si confondono come l’acqua del mare col cielo.

Le sembra di udire dei movimenti dalla porta e si precipita tenendo in mano il telefono con impostato il numero della reception.

E trattiene il respiro.

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Buon compleanno a me.

Che carino wordpress. Ogni tanto si ricorda di me.

Obiettivo

  1. Obiettivo anniversario anno 10
    Felice anniversario con WordPress.com!
    Ti sei registrato su WordPress.com 10 anni fa.
    Grazie per averci scelto. Continua così.
    Buon compleanno blog!
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Sono grave? Storia semiseria di un lettore.

copertina di carta
Un giallo Puzzone

Lunedì leggevo questo post del blogger Luca Rota e ho sorriso perché mi sono visto nello specchio.

Con il suo consueto stile graffiante chiede consiglio a chi lo legge su una grave forma di librite – neologismo coniato per descrivere questa malattia non invalidante ma costosa, assai diffusa tra i lettori forti. Non ho mai capito la distinzione tra i lettori. Un lettore è un lettore sia che legga un solo libro in un anno sia che ne legga almeno dodici. Fine del pistolotto.

Lui si lamenta di aver acquistato tre nuovi libri che si aggiungono ai duecento cinquanta in attesa di lettura.

Ho sorriso perché proprio poco prima di leggere il pezzo ho acquistato un nuovo ebook che si aggiunge agli altri quattro ordinati nelle settimane precedenti.

Si dà il caso che tra carta e digitale ne ho circa quattrocento che disseminati per la casa, nel Sony e nel Fire sono lì pronti per essere letti. Non rischiano l’oblio ma aspettano pazienti il loro turno.

Non è un eufemismo parlare di disseminati per la casa.

Quando quattordici anni fa ho traslocato, ho venduto circa settecento dei mille volumi che avevo. Motivo: mancanza di spazio nella nuova casa. Poi libro nuovo si aggiunge a libro nuovo e in breve tempo anche i nuovi spazi si sono saturati. Quindi i libri sono finiti per terra, dentro credenze svuotate del loro contenuto per la disperazione di mia moglie che mi ha minacciato più volte di portarli al rogo. Poi mi sono detto: compro gli ebook e ho risolto il problema spazio. Una risata vi seppellirà. Perché?

Come una formichina ho messo in piedi tra carta e digitale oltre mille e duecento libri, di cui quattrocento sono in attesa di lettura.

Col ritmo attuale potrei avere scorte per poco meno di dieci anni ma dubito che nel frattempo non compri più nulla.

Qualche settimana fa rovistando tra i libri ricoperti di polvere e ammonticchiati pericolosamente in un angolo ho trovato un racconto di Calvino. Mi sono detto: «Lo metto in cima, perché quando ho finito la lettura attuale, lo leggo».

Detto e fatto ma il racconto non è più in cima ma sepolto da altri libri comprati nel frattempo.

Rovistando nel Sony, quello degli epub, ho trovato un giallo Cielo nero di Arnaldur Indriason che l’ho messo in lettura. Ovviamente è stato soppiantato dal giallo di Elena Andreotti. Insomma pascolando nella carta e nel digitale vorrei leggerli ma ce ne è sempre uno nuovo che diventa prioritario.

Sono grave?

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Un viaggio, un incubo – nona puntata

Eccoci ancora con Simona che prosegue il suo viaggio a New York. Per chi avesse perso qualche puntata le può trovare qui.

Buona lettura

Foto di Quintin Gellar da Pexels

Simona riprende il foglio mentre mangia un trancio di pizza e lo rilegge per l’ennesima volta.

Don’t run away from me!

My dick ‘ll reach wherever you are, my blonde pussy.

I’ll fuck you and you ‘ll be my bitch.

Catch ya in a few. Check it out!

M.

«Ma va a fanculo, bastardo! Avrai pane per i tuoi denti! Se ne hai ancora!» urla con la bocca piena, mentre si versa una birra. «Dunque, mi hai scovato. Non devo nascondermi, perché sai dove sono. Sei un lurido bastardo! In rete eri gentile, ma qui sei violento».

Mentre la rabbia monta sempre di più, appallottola il messaggio e urla: «Mi vuoi scopare? Provaci se ci riesci!»

Manda giù l’ultimo sorso di birra, mentre si distende sul sofà. Deve far sbollire l’ira che le sta annebbiando la mente.

«Non scapperò!» aggiunge mentre accende il televisore. «Non mi avrai, né sarò la tua puttana. Mi hai sottovalutato, bastardo!»

Ride con le lacrime agli occhi ripensando alla chat. Gli ha mostrato il pelo nero del suo sesso e gli ha raccontato scopate del tutto inverosimili. Mark si è fatta un’opinione errata di lei: pronta ad aprire le gambe. Ride perché si è divertita sentirlo ansare mentre si masturbava. Ha commesso un unico errore che poteva costarle caro: accettare quell’invito ambiguo del pomeriggio ma lo ha creduto diverso: un uomo e non una bestia. Adesso lo conosce e non ripeterà lo sbaglio. “Chi persevera non avrà scampo, ma questo non vale per me” pensa.

Osserva lo schermo del televisore senza interesse. “Sex and City l’ho già visto. Un thriller non mi pare il caso, anche se Moon, della saga di Twilight mi incuriosisce. Lo vedrò in Italia” riflette decidendo di leggere qualcosa con il sottofondo della musica classica.

La rabbia sta sbollendo. Simona si aggira per la suite con solo le mutandine, perché la serata è torrida.

Accende la postazione internet e si connette a Twitter per leggere qualche cinguettio. Non le interessa se Mark sia in linea e poi può usare un altro nick che lui non conosce.

«Chi se ne frega» sbotta facendo il login con Simo69.

Legge molti cinguettii senza rispondere, perché non c’è nulla d’interessante. Sa che lui lascia sempre la connessione attiva, ma di sicuro sarà in giro alla caccia di qualche preda.

«Si, ho capito chi è! È il classico cacciatore di fanciulle da adescare. Non mi stupirei che sia un pedofilo. Però su Twitter è passato senza lasciare tracce».

Tra la posta scopre una mail di Irene di due giorni prima, che le annuncia il suo arrivo per il quattro luglio.

“Peccato, che non l’abbia letta subito. Di sicuro non avrei contattato Mark prima del suo arrivo. Chissà come avrà fatto a scovarmi nel giro di poche ore. Eppure sono stata discreta. Ma adesso basta pensare a quel bastardo”.

Spegne tutto, regola la temperatura della suite per la notte e nuda si getta nel lettone.

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leggiamo un po’

Il testo non è nuovo ma io lo adoro…

Le linee parallele si incrociano

Era ritornata dalla vacanza, sotto la spinta di una telefonata della Polizia, che l’aveva messa in apprensione il giorno precedente.

«Polizia di Stato di Milano, commissariato di Milano Centro. Parliamo con la signorina Alice Milango?» domandò un voce con accento romano.

«Sì. É successo qualcosa?» rispose la ragazza preoccupata.

«Ci spiace informarla che i suoi genitori sono scomparsi».

un racconto che vi stupirà.

Presqu’île de Giens, 26 agosto 2012

Marco camminava di buon passo lungo la Route de la Mandrague con la sacca sulle spalle. Il sole era sorto da un paio di ore ma la temperatura si manteneva fresca. Doveva raggiungere il centro di Presqu’île de Giens per arrivare alla stazione ferroviaria di Toulon. Avevano deciso così la sera precedente. Avrebbero seguito strade diverse per il rientro in Italia. Nessuno sapeva che erano insieme, nascosti nella pineta de la Mandrague. Il segreto doveva rimanere tale. Lui avrebbe raggiunto la stazione di Toulon attraverso Hyeres, mentre lei, con la macchina a noleggio, avrebbe puntato direttamente verso Nice.

….

Ecco qualche assaggio de Le linee parallele si incrociano.

tratto dal web

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Che combinazione!

Pensate un po’ per quale strana combinazione cosa ho trovato.

Le linee parallele si incrociano

 

Non lo immaginerete mai. Sulla mia scrivania!

Suvvia gente basta andare su amazon oppure su kobo e voilà il colpo è fatto.

Se siete curiosi potete trovarne degli altri qui e qui.

Tanti testi per tutti i gusti. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

Su Kobo ne trovate anche uno gratis.

copertina

Buone letture

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Un viaggio, un incubo – ottava puntata

Prosegue il viaggio di Simona che non sembra una passeggiata. Per chi volesse, senza impegno 😀 , trova qui le altre puntate.

Foto di Quincy Anderson da Pexels

Buona lettura.

Mentre legge il foglio, Simona sente squillare il telefono. Inghiotte la saliva, osserva il display e risponde.

«Ciao bella! Come va?» urla una voce lontana che riconosce subito.

«Bene» risponde fiocca Simona rassegnata a parlare con Irene.

«Tutto bene? Hai una strana voce come se avessi mangiato un topo! Ho una splendida notizia…».

«Si, tutto bene. Solo che non mi aspettavo la tua telefonata. Quale notizia?» ribatte con tono più franco.

«Nella mattinata parto per New York e atterro alle tre e trequarti! Ah! È vero che per te è ancora pomeriggio. Dimenticavo la differenza di fuso orario. Non vedo l’ora di abbracciarti! Mi ospiti nella tua suite?»

Simona rimane a bocca aperta senza parole. Osserva il telefono e il foglio che tiene stretto nell’altra mano e non sa cosa rispondere. Pensieri confusi si ammassano nella testa tanto che si sente frastornata. È stata una giornata dura e difficile sotto tutti gli aspetti.

«Ci sei? Non sento più nulla. Devo dedurre che non sei contenta di avermi tra i piedi!» afferma con la voce spezzata dall’amarezza.

«No, no! Semplicemente è una notizia strepitosa! Certo che posso ospitarti nella mia suite. Oltre al letto matrimoniale, luxury bed come dicono i fogli promozionali, che può ospitare almeno tre persone, c’è anche un divano letto nel salotto. Non hai che l’imbarazzo della scelta: o vieni nel lettone con me o dormi da sola sul divano…» e accennò a una mezza risata per nulla imbarazzata.

Non è la prima volta che dorme con una donna senza costituirle motivo di turbamento. Con Irene ha perso il conto.

«Non cambi mai! Lo sai che preferisco gli uomini, ma ti terrò compagnia nel lettone! Però niente scherzi! Si dorme solo e basta. Mi vieni a prendere all’aeroporto?»

«Certo. Mi deludi però» ribatte con una punta di malizia senza disagio e aggiunge: «Non sapevo che avessi pronunciato i voti di castità. Dunque a domani».

«Nessun voto di castità!» esclama con voce squillante. «Se mi trovi un negrone, me lo faccio nel lettone!» e una nuova risata fragorosa arriva alle orecchi di Simona. «Dicono che sono dei portenti! Ma con te niente! Piuttosto dimmi: con Mark come va? Com’è? Ti rompo le uova nel paniere?»

Simona ha un momento d’incertezza nel rispondere alla domanda. Vorrebbe mentire ma preferisce una risposta cauta.

«Mark?» fa una piccola pausa prima di spiegarsi. «Non è quello che pensavo e credo che difficilmente lo vedrò nei prossimi giorni».

Irene trattiene il fiato e resta in silenzio, sperando che l’amica sia meno parca di parole.

«Mi terrai compagnia in giro per New York, che non ho ancora visto per nulla. A parte il Central Park. A domani” conclude Simona.

La notizia che l’amica sarà domani a New York le solleva un po’ lo spirito dopo una giornata stressante. Nella mano sinistra tiene stretto il foglio, che rilegge.

«Vedremo» replica bellicosa, depositandolo sul tavolo. Si sente più forte e decisa. L’arrivo dell’amica ha alzato il tono di adrenalina.

«Domani è un altro giorno».

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Un viaggio, un incubo -settima puntata

Per chi aspettava la nuvoa puntata, eccolo servito. Qui potete trovare le altre puntate pubblicatre in precedenza.

Foto di Luis Dalvan da Pexels

Buona lettura.

Mark arrabbiato e accaldato raggiunge il proprio appartamento nel Bronx, masticando amaro l’insuccesso patito.

Non era mai capitato prima e per di più è stato giocato astutamente.

“Si, quella femmina non avrebbe aperto con facilità le gambe e la scopata sarebbe stata sudata” riflette mentre stappa una birra.

«Pur in un ambiente difficile si è mossa con attenzione senza commettere errori» chiosa mentre ansa per scaricare il suo membro. «Non si è persa d’animo, ritrovando con facilità la via d’uscita. Si è diretta verso l’unico punto che poteva garantirle la salvezza: la fermata dell’autobus. E io ho perso tempo a cercarla tra le carcasse d’auto! Però me la voglio fottere! Costi quel che costi! E sarà una prigioniera senza possibilità di evadere».

È disteso sul letto, mentre dà sfogo alle sue fantasie erotiche. Il pensiero di Simona è in cima alle sue preferenze, perché è veramente una bella donna, dopo averla vista di persona.

«Ha quarant’anni, ma non li dimostra! Ha una pelle morbida ed elastica come una ventenne!» continua il suo monologo dopo essersi sfogato. «Niente grasso. Ha forme rotonde e toniche. La pancia è appena pronunciata, ma sembra soda e invitante. E poi ha due tette della giusta misura e che si reggono benissimo senza reggiseno! Altro che quelle siliconate che sembrano mele avvizzite e dalla buccia plastificata! Quando mi attacco ai loro capezzoli, mi sembra di avere in bocca due pezzi di plastica! Che schifo! Non trovo più nessuna donna che non abbia le tette rifatte! Si, se me la fotto, sarà uno schianto!»

Liberatosi del peso del sesso, si alza e va in bagno a ripulirsi. Non è soddisfatto di come è andata la giornata. Aveva altri obiettivi. Adesso deve rifare i piani che aveva in mente e non sa da dove cominciare. Quello che ha pensato di fare con Simona è andato in fumo, perché è stato troppo precipitoso.

Quando l’ha vista al Central Park non è riuscito a contenersi anticipando le mosse, perché ha pensato a una facile passeggiata. Doveva procedere con maggior cautela e guadagnarsi la fiducia di Simona. La voglia di sesso è stata troppo forte senza che sia riuscito a trattenersi.

«Di persona è ancora più affascinante. La devo riprendere».

Accende il condizionatore e si prepara una canna. Deve ragionare come raggiungerla.

«È stata furba. Niente numero di telefono, nessun indirizzo» esclama contrariato. «Sarà come cercare un ago nel pagliaio. Vediamo se per caso è sul web».

Si spoglia mettendosi in canottiera e boxer prima di sedersi davanti al computer sempre acceso pronto a ordire la sua tela di ragno. Ne ha catturate molte, ma niente d’interessante: un paio di scopate senza sugo e un addio senza rimpianti.

Mark ha circa quarant’anni, è un broker assicurativo di discreto valore. Ha due matrimoni falliti alle spalle e una ragazzina di tredici anni per figlia, che per fortuna vive con la madre, una mezza baldracca, che se la faceva col suo migliore amico.

A volte gli viene il dubbio che Alessia, la figlia, sia nata dalle scopate di Ricky, perché non gli assomiglia per nulla. Sono anni che non la vede o la sente, ma non prova nessuna nostalgia, perché proprio non gliene importa nulla.

«Che si vadano a fottere Alessia e Susan! Le donne sono capaci solo di aprire le gambe» dice alzando il tono della voce, mentre dà una lunga tirata alla canna.

L’universo femminile è la sua ossessione senza distinzione tra etero, bisex od omo, purché siano belle e che la diano. A volte gli pare di discendere da Geronimo, perché dopo il fallimento con Susan pensa solo ad arricchire la collezione di scalpi di donne per soddisfare la propria libido.

Guarda la posta, che come al solito è piena di schifezze. Un po’ di spam, qualche mail di donne in cerca di un manico.

“Ma che vadano a farsi fottere! Al solo vedervi lui si ammoscia” si dice buttando tutto nel cestino.

Si collega a Twitter per scoprire se @Simo69 sta cinguettando o lo ha fatto.

«Nessun trillo da quando è arrivata a NY!» impreca sottovoce. «Nessun passaggio in rete! Muta e invisibile! Porca cagna! Eppure… vuoi che sia alloggiata in una topaia senza internet? No, lei evita, non vuole essere intercettata! È furba quella troietta, ma quando era a casa, aveva sempre la webcam puntata tra le gambe! E raccontava delle scopate con gli amici! E io solo a sbavare e masturbarmi! Si divertiva a eccitarmi, perché si sentiva al sicuro. Se solo si collegasse, scoprirei in un baleno da dove sta navigando e zac! piomberei subito a prenderla in consegna. Non sono mai riuscito ad adescare una donna europea per scoparmela. Solo siliconate americane o canadesi, che non ti danno nessuna emozione. Tutte sfondate dall’uso del dildo. Con loro pare di navigare nel deserto al buio. Puah! Che schifo!»

Deluso si alza per prepararsi un caffè e una nuova canna.

«Fumo troppo! Dovrò limitarmi o finirò male!» strepita mentre arrotola la bustina. «Però sono troppo nervoso. Quella cagna mi ha stregato».

Guarda l’ora: sono le sei p.m. E da due ore si trova rinchiuso in quel buco che chiama appartamento. Due stanze più i servizi per quasi 600 dollari al mese. Una donna a ore gli tiene ordinate le due camere.

Si guarda intorno e scrolla la testa. “Fa schifo! Devo cambiare Shelly, perché a malapena si nota che ha pulito. Va bene che la pago in natura, quella baldracca, ma non posso portarci nessuna donna qui. Scapperebbero subito per lo sporco che si annida in ogni angolo. Devo farci un bel discorso e allungarle qualche dollaro extra, ma deve cambiare registro”.

Però a Shelly non rinuncia, perché gli garantisce sesso settimanale per tutto l’anno. È una donna di colore di origini cubane di circa trentacinque anni, dalle forme rotonde come piacciono a lui e senza parti rifatte, sempre disponibile anche quando ha il ciclo. Non è bellissima, ma ci sa fare e lo soddisfa in tutto. Non c’è orifizio che non venga passato in rassegna con cura meticolosa. Al termine del servizio di pulizia si trattiene per la notte per il pagamento. Non ha mai capito perché abbia rinunciato a qualche dollaro in cambio di sesso.

Torna alla postazione per vedere se ci sono novità.

E subito si accende la lampadina. Adesso sa come scovare Simona.

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