Una gradita sorpresa…

Claudine Giovannoni una brava scrittrice del Canton Ticino ha scritto questo pezzo su La kitsune.

Non mi aspettavo parole così lusinghiere.

Premetto che da sempre nutro una forte connessione con il Giappone, quando ho letto il titolo di questo romanzo, evidentemente, sono subito stata estremamente incuriosita.
Conosco diverse leggende giapponesi, apprese durante i diversi viaggi che ho fatto tra Tokyo, Osaka, e Kyoto. Devo poi anche ammettere che mia figlia colleziona “manga” e “anime” e ha tutti gli animēshon di Hayao Miyazaki, che sono anche i miei favoriti.
La leggenda della Kitsune no yomeiri (Volpe a nove code) è conosciuta anche fuori dal Giappone; alla Kitsune si attribuisce grande furbizia e intelligenza, nonché la facoltà di prendere sembianze umane per ingannare le persone (in sostanza ella è una mutaforma).
Il romanzo di Marcolongo richiama spunti da un’antica leggenda scritta dal monaco Kyoukai tra il VIII / IX secolo, ma l’autore vi inserisce altri particolari con abilità ed un forte suspense, impronta tipica del suo stile.
Nel bel racconto, ritroviamo un parallelismo tra un’intensa storia d’amore risalente al 1999 tra Klaus e Amanda e quella del 2009/2010 tra Pietro ed Elisa. Mentre le introspezioni di Pietro, a volte, ci distolgono dalla trama facendoci però comprendere ancora meglio il carattere del protagonista….

prosegue

Parole che mi riempiono di gioia e soddisfazione.

Grazie Claudine

Mentre scrivevo questo Elena di non solo campagna ha pubblicato su Amazon questo commento su Amanda, in un certo senso lìideale continuazione di La kitsune.

Chi dice che gli elfi non esistono? Finché ci saranno i boschi anche le loro creature fantastiche continueranno a esistere. Questa è una bella storia fantastica che fa da sfondo a una delicata e lunga storia d’amore tra i protagonisti, che va oltre la lontananza e la morte. Amanda è il frutto di questo amore, metà elfa e metà umana, che alla fine riuscirà a far pace con le sue due nature e a riunire la sua famiglia estesa.

Due graditissime sorprese.

Grazie Elena.

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Deluso? No.

foto tratta dal web

La promozione lancio di Un paese rinasce è terminata ieri sera alle  23 e 59. È andata meno bene del preventivato ma va bene così. Non faccio come la famosa volpe e l’uva ma non mi aspettavo grandi numeri, anche se in cuor mio sì, e così è stato.

Però in questi tempi di bulimia letteraria complice la quarantena del virus diventava difficile convincere qualcuno a leggere gratis un testo.

Dunque ringrazio quei volenterosi che hanno eseguito il download e mi auguro che possa piacere il testo.

Copertina di un Paese rinasce
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memo

Ricordo a chi fosse sfuggito che Un paese rinasce

Copertina di un Paese rinasce

è in promozione ancora per poche ore fino alle 23 e 59 di oggi.

Non perdete l’occasione di scaricarlo e leggerlo.

Buona domenica

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Dal diario di uno scrittore – estate 1972

Avevo scelto di lasciare un porto sicuro per avventurarmi in un mare ignoto, del quale non conoscevo i potenziali pericoli. Però mi dicevo: “Devo inseguire i miei sogni e cercare nuove esperienze. Se non adesso, quando?” Sì, perché ero un giovane di belle speranze che credeva in se stesso e negli ideali coi quali era cresciuto.

Dunque pieno di entusiasmo irresponsabile mi ero gettato tutte le paure dietro le spalle e avevo deciso di accettare un nuovo lavoro in una grande città. Conoscevo bene quello che stavo lasciando ma in ugual misura ignoravo quello che mi avrebbe aspettato.

“E poi se non si rischia che vita posso attendermi nel futuro?” mi dissi nell’affrontare questo cambiamento radicale nelle abitudini e nelle conoscenze. Tutto era novità, tutto era incognito: dai nuovi colleghi di lavoro alla metropoli con la fama di tritapersone.

Così cominciai una vita di pendolare tra Ferrara e Milano. Il lunedì mattina all’alba prendevo il treno dei lavoratori fino a Bologna e da lì l’Intercity per Milano. Al venerdì facevo l’operazione inversa. Una vita che non mi piaceva ma non potevo fare altrimenti. Finché non c’erano delle certezze, non potevo tramutare quella vita randagia, fatta di treni pieni e perennemente in ritardo in una più regolare senza la necessità degli spostamenti settimanali.

Quei viaggi snervanti e inconcludenti mi permettevano di osservare una moltitudine di persone molto diverse tra loro e con le quali condividevo questi spostamenti. La maggior parte all’andata la raccoglievo tra Piacenza e Milano, mentre altri salivano e scendevano in Emilia. Erano rari quelli che salivano a Bologna per raggiungere Milano. Nonostante le facce fossero sempre le stesse, era per me un mondo sconosciuto da esplorare e comprendere. Il tempo non mi mancava. In realtà era l’unica cosa della quale ce ne era in abbondanza.

Mi domandavo con un pizzico di curiosità, mentre li osservavo: ”Chissà cosa pensano di me, ammesso che se ne siano accorti”. Mi piaceva quel fantasticare su di loro, quel pormi delle domande e formulare le relative risposte, essendo conscio che mai avrebbero trovato repliche esaustive e certe. Però mi serviva per far trascorrere il tempo perché altrimenti sarebbe stato lungo e noioso.

Era stupefacente come fossero ripetitivi, grigi e senza fantasia. Il lunedì mattina gli uomini parlavano solo di rigori non concessi, di arbitri venduti, di gol fantasma. Le ragazze della gita fuori porta col moroso, della lite da comare con la pseudo amica, che tentava di soffiare il ragazzo. Le donne erano più silenziose, assonnate e stanche e leggevano Grazia o Intimità senza partecipare troppo alla varie discussioni. Era una costante. Ormai sapevo tutto di loro. Bastava origliare i loro discorsi.

Ascoltarli, vedere le loro facce ingrigite e senza sorriso mi permetteva di analizzare se questo vivere aveva un senso. Intuivo e comprendevo che un’esistenza da pendolare era squallida, rafforzando la volontà di diventare uno stanziale.

Però non era questo di cui volevo parlare. “Di loro ne parlerò un’altra volta, se ne avrò tempo e se voi avrete voglia di leggermi”.

Per accorciare il tempo del viaggio, tra uno scossone e un altro, tra una fermata normale e una straordinaria in mezzo alla campagna, viaggiavo accompagnato da un libro, che mi faceva da tutore e compagno di strada. Ero un gran divoratore di carta stampata, della quale mi piaceva odorare il profumo, udire il fruscio delle pagine sotto le dita. Col tomo ben in vista leggevo e ascoltavo, memorizzando entrambe le informazioni.

“Vedo già il sorrisino di compatimento sulle vostre labbra. Ebbene non so come facevo. Eppure è la pura verità. Oggi non ci riesco più ma allora ci riuscivo benissimo. Ricordo un corso, dove in un test si doveva scorgere in un groviglio di segni un’immagine. Si dà il caso che io ne vedevo due contemporaneamente con grande sorpresa del docente”.

Così mi venne l’insana voglia di scrivere un romanzo. Non mi ero mai cimentato in questa prova, limitando le mie ambizioni letterarie alla poesia come un emulo di novello Leopardi. Quando ero al liceo, mentre osservavo dalla finestra il resto dell’antico campanile della vicina chiesa, avevo sognato di trasformarmi in un poeta riverito e coccolato da tutti. Erano sogni giovanili, perché nessun poeta, per quanto famoso, aveva fatto fortuna. Allora non lo sapevo ma mi serviva per fantasticare onorificenze e gloria a gogò, riverito e ammirato da tutti. Così come un poetastro della domenica scrivevo compulsivamente poesie, che avevo l’ardire di donare alle mie presunte fiamme. Poi i sacri furori giovanili si erano assopiti, mentre mi era rimasto il gusto di leggere.

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«Lo scoiattolo si svegliò di soprassalto nel cuore della notte… Cos’è il dopo?, pensava. Ne aveva parlato una volta alla formica, ma lei aveva alzato le spalle e aveva detto di non aver mai sentito parlare del dopo e che perciò non doveva essere niente… Ma allo scoiattolo questo non bastava. La gazza gli aveva detto una volta che dopo era il contrario di prima, ma allora che cos’era prima?»i.

“Che bel incipit!” mi dissi, mentre leggevo le prime righe di questo straordinario libro dello scrittore olandese Toon Tellegen. Un emulo moderno di Esopo aveva raccolto in questo voluminoso libro ben trecento storie di animali del bosco che vivevano di luce propria come persone uniche e soprattutto umane.

I protagonisti erano loro, gli abitanti del bosco letterario di Tellegen. In una selva illuminata da sorrisi compiacenti e da feste di compleanno ognuno di questi speciali animali poteva trovare quello che gli piaceva dalla torta ai canditi.

Le loro storie erano un mix di aspetti che quotidianamente percepiamo. Un inno all’amicizia, alla curiosità, all’avventura e allo stesso tempo all’ozio ma piene di passioni e contraddizioni risolte con soave intelligenza, anche quando erano le più angoscianti.

Affascinato dai loro racconti, dai dialoghi o pensieri che più che animaleschi parevano un summa di buon senso, decisi che la mia strada sarebbe stata quello dello scrittore.

“Altro sogno o realtà?” mi domandai curioso come lo scoiattolo di Tellegen, protagonista della prima storia.

Un lunedì mattina di luglio armato di un blocco e di penna stilografica cominciai a elaborare il plot del futuro romanzo che mi avrebbe consegnato ai posteri come lo Scrittore, che avrebbe goduto di fama imperitura. Ovviamente erano solo fantasie ma l’immaginazione non mi mancava e l’ego di smisurata superbia nemmeno.

“Come comincio?” fu la prima domanda alla quale non riuscivo a dare un buona risposta. Tutto pareva banale ma erano le idee che mancavano o forse la spinta decisa e solerte di parole per avviare un discorso qualsiasi.

“Pessimo inizio. Tanto entusiasmo ma risultati deludenti” conclusi amaramente arrivato a metà tragitto tra Bologna e Milano.

Il blocco rimaneva vergine e la stilografica chiusa. Aprì nuovamente il libro di Tellegen e trovai finalmente l’ispirazione.

«Non passava giorno che lo scoiattolo se ne andasse in giro. Al mattino si lasciava cadere sul muschio giù dal faggio, oppure, a volte, dalla punta di un ramo finiva nello stagno proprio sul dorso di una libellula, che poi senza fiatare lo portava sull’altra riva. Prendeva sempre la prima strada che gli si parava davanti. Ma se poi gli capitava un viottolo laterale lo imboccava, e se gli riusciva di scordarsi dei progetti che aveva per la giornata, se li scordava. Così un giorno stava andando dall’elefante, che traslocava e aveva bisogno di aiuto, quand’ecco che vide un sentiero sabbioso tutto pieno di curve. Lo prese. C’era un cartello che diceva: STRADA VERSO IL LIMITE. E’ lì che voglio andare!, pensò lo scoiattolo. Ma con grande dispiacere incontrò subito un’altra deviazione…»

“Ecco quello che ci vuole!” riflettei, mentre osservavo una ragazza, che l’amica chiamava Laura. “Ecco la mia protagonista!” Come se mi fossi svegliato di botto dopo un lungo sonno senza immagini, avevo scoperto la scintilla che avrebbe fatto di me lo Scrittore.

Però non potevo scopiazzare qualcosa che non avevo scritto io, anche se avrei potuto mettere un avvertenza di chi era la paternità di quello in corsivo.

“No, no. Meglio usare l’idea e scrivere un qualcosa di mio”. Così cominciai a riempire le pagine con la mia scrittura rotonda e precisa. Il sogno di scrivere qualcosa diventava realtà e il romanzo “Non passava giorno …” pure.

Non passava giorno che lo scoiattolo se ne andasse in giro allegro e spensierato per il bosco con la sua grande coda imponente, della quale era molto orgoglioso. Era un tipetto strano e pieno di risorse ma totalmente imprevedibile. Al mattino capitava sovente di lasciarsi cadere sul morbido muschio ai piedi dell’abete preferito, rimbalzando per la gioia con una grande capriola. Ma se era ispirato dalla natura, volava dalla punta di un ramo per finire nel torrente, che scorreva allegro nel bosco. Però non cadeva nell’acqua ma sul dorso di una libellula, che passava casualmente di lì e che lo traghettava sull’altra riva. Quando incontrava una strada, prendeva sempre la prima che vedeva senza pensarci su due volte. Se poi incrociava un sentiero laterale lo infilava, e se aveva dei progetti per la giornata, se li scordava regolarmente. Ma nulla poteva modificare il suo carattere allegro e giovale, pronto a dare il suo aiuto senza secondi fini nascosti. Così una mattina di buon ora stava andando dall’orso bruno, che traslocava dalla sua tana e aveva chiesto aiuto alla comunità del bosco, quando vide un sentiero ancora umido per la rugiada della notte che serpeggiava tra abeti e faggi, naturalmente lo prese senza esitazioni. All’imbocco c’era un cartello un po’ scolorito che diceva: STRADA VERSO …. E nient’altro. ‘E’ lì che devo andare!, pensò lo scoiattolo tutto allegro, ma con grande rammarico dopo pochi saltelli incontrò un’altra deviazione…”

Laura leggeva l’inizio della favola, che aveva scritto tanti anni prima, quando aveva sedici anni.

Era una mattina fredda, ma serena e soleggiata di marzo, quando salì nel sottotetto alla ricerca del vestito rosso dismesso alcuni anni prima. Non sapeva nemmeno lei perché aveva intrapreso quella ricerca tanto stramba quanto insolita, ma forse voleva semplicemente ingannare se stessa, perché ne conosceva perfettamente il motivo…

Ormai avevo scatenato la mia fantasia e difficilmente mi sarei fermato. Il treno era in movimento non solo realisticamente, come potevo percepire dal rollio meccanico del vagone ma anche metaforicamente attraverso la mia scrittura. E continuai a scrivere, viaggio dopo viaggio finché non arrivai alla parola fine.

“Ora che sono arrivato in fondo che me ne faccio di tutta questa carta?” mi domandai, mentre lo rileggevo durante un viaggio di ritorno nell’ottobre dello stesso anno.

“Cosa si fa? Si manda all’editore che ti fa firmare un sontuoso contratto e il gioco è fatto! Tu sei il nuovo scrittore emergente che diventerà il caso letterario dell’anno!”

Ancora fantasia e mancanza di umiltà. Magari fosse stato così semplice. In realtà trovare un editore disposto a investire su di te non era facile come entrare in un bar per un caffè.

Tanti cortesi rifiuti: «Il suo manoscritto non interessa la nostra linea editoriale» era la risposta più garbata ma c’era anche di peggio. Ormai deluso e disilluso di scovare un editore, un giorno ricevetti una lettera da una casa editrice, Orsobianco Edizioni, che si mostrava disponibile a pubblicare il romanzo. Nessun anticipo ma la miseria di qualche liretta per ogni libro venduto, ammesso ma non garantito che fossi riuscito a vendere qualcosa.

“Meglio questo che niente” mi dicevo mentre firmavo il contratto con questa casa editrice.

Così iniziò l’avventura di questo romanzo.

iToon Tellegen – “Lettere dal bosco” Donzelli Editore . Trad. Davide Santoro – 2007 Ho commesso un falso storico anticipando l’uscita trentacinque anni prima. Solo per finzione letteraria.

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Un paese rinasce – nuova edizione

Copertina di un Paese rinasce

Non faccio un torto a nessuno. Il romanzo non è stato acquistato da nessuno.

Pubblicato nel 2016 e ripreso in queste settimane, ho notato diversi refusi e qualche ripetizione, decidendo di operare una revisione. Alla fine ho eliminato una ventina di pagine e circa ventimila battute. Probabilmente ci sarebbe da tagliare ancora qualcosa ma per il momento basta questo.

Di cosa parla il testo? Nessun spoiler né sinossi accorciata: solo qualche dettaglio.

Nel settembre del 2009 un gruppo di dieci ragazzi pensano a un progetto che avrebbe messo ansia a chiunque: adottare un paese fantasma, uno dei diecimila esistenti in Italia, e farlo rinascere. Ci riescono nonostante tutto tra difficoltà, amori e litigi.

Il paese esiste veramente e si trova nell’alta valle del Santerno tra Romagna e Toscana.

Foto tratta dal web

Ho pensato di offrire in download gratuito dalle ore 0:00 del 18 aprile alle ore 23:59 del 19 aprile sugli store di Amazon, Smashwords e Kobo.

Dopo potete acquistarlo su Amazon

formato kindle a 2,99€

cartaceo a 11,00€

Per il formato epub è disponibile su

www.smarshwords.com a 1,99$

Kobo a 1,79€

Per chi è abbonato a kindle unlimited lo può leggere gratis.

copertina del cartaceo

 

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Nebbie nella brughiera di Claudine Giovannoni

Claudine Giovannoni è una signora decisa e intelligente che vive nel Canton Ticino. Colta, conosce quattro lingue – se sono di più spero che mi perdoni -, curiosa indagatrice dell’anima umana è una paladina dell’ambiente sia verde che animale. Si batte per la salvaguardia del lupo, raccoglie volontari per aiutare i rospi a passare le strade senza il pericolo di finire schiacciati dalle ruote delle auto di passaggio. Questo sono solo una piccola parte delle guerre che combatte in nome di un ambientalismo sostenibile.

Ha due figli musicisti e lei stessa ama la musica.

Grande viaggiatrice, vegana scrive degli ottimi libri dove fa tesoro delle sue esperienze di vita. I diritti d’autore li devolve alle associazioni di cui fa parte.

Sono tutti libri pieni di fascino che avvolgono il lettore in mondi appesi tra fantasia e realtà.

Ho conosciuto Claudine diversi anni fa quando ho letto Il segreto degli Annwyn un romanzo fantastico che ho apprezzato moltissimo.

Copertina Il segreto degli Annwynn

Chrisa si gira di scatto e fissa il fratello negli occhi, uno sguardo pieno di irosa agitazione, non sopporta che qualcuno prenda delle decisioni in sua vece, neppure se quel qualcuno è l’amato fratello.

Tratto da Il segreto degli Annwynn

Una conoscenza virtuale ma dagli aspetti reali perché sono stato il suo betareader per Piccoli passi nella taiga. Spero un giorno di poterla incontrare di persona per completare il percorso di conoscenza.

Copertina Piccoli passi nella Taiga

Non solo inquietanti fantasmi, prodotti dalla nostra mente ma anche ricordi delle parole sagge di una nonna.

Nipotina mia, ricordati che ognuno di noi deve seguire un suo percorso, ognuno di noi possiede un suo talento che deve mettere a frutto per vivere al meglio la propria vita… ci sono molte tecniche che ci aiutano a mettere in luce l’uno e l’altro.

Da Piccoli passi nella Taiga – Claudine Giovannoni

Però vi voglio parlare di un vecchio romanzo di Claudine Nebbie nella brughiera (Seneca edizioni, 2007), un testo assai particolare che però riesce a catturare l’attenzione del lettore.

Copertina di Nebbie nella brughiera

La trama vede due storie correre in parallelo finché non riescono a a toccarsi. Si avverte molto del suo passato in Swissair nella parte che tratta di Barbara, maître de cabine. Conosce le regole e il gergo all’interno di volo di linea.

Come ho detto sono due storie in parallelo. Rolf copilota e Barbara responsabile di cabina si trovano a vivere una storia dì amore e avventure, mentre in parallelo si sviluppa la quella di Clément de Clarendon e di Francine de Bardac. Questi ultimi nel corso dei secoli si sono reincarnati in molte persone finché non hanno trovato pace in Rolf e Barbara.

Due storie avvincenti che scorrono fluide all’interno del libro fino al momento finale dei due protagonisti che scoprono chi sono in realtà. Una scoperta a tratti sconvolgente ma che in qualche modo risolve i loro conflitti interni.

All’improvviso, sentì una voce dentro di lui che lo esortava: “Non mi temere. Sono sempre stato al tuo fianco, tutti questi secoli, ora è giunto il momento che tu possa prenderne coscienza…”

Tratto da Nebbie nella brughiera – Claudine Giovannoni.

Una storia tutta da scoprire dove la realtà si fonde con la fantasia in un intreccio che il lettore fa suo.

O.T. per chi volesse accostarsi ai libri di Claudine, basta lasciare un commento sul suo blog con il vostro indirizzo di mail. Io ho fatto così anni fa.

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Un viaggio, un incubo – ventottesima e ultima puntata

Cala la tela sulla storia di Simona. Si conclude questo racconto. E meno male dirà qualcuno. Per chi volesse, a suo rischio e pericolo, rileggere tutte le puntate le trova qui.

da Pixabay credits AdinaVoicu

Simona con gli occhi arrossati per la lunga veglia viene visitata per certificare la violenza subita e formalizza la denuncia verso Mark. La stanchezza annulla l’esame sgradevole che si aggiunge agli eventi spiacevoli della vacanza americana. Deve rispondere a molte domande che lei giudica odiose come se lei fosse l’imputata e non la vittima. Deve ripetere all’infinito ogni dettaglio sul perché non ha chiesto aiuto o come è stata drogata.

«È sicura di non essere stata consenziente all’inizio?» domanda il legale di Mark che vuole generare sospetti sulla versione di Simona.

«Perché è partita dall’Italia per incontrare il signor Flannagan? Perché non ha denunciato il tentativo di violenza di due giorni prima?» e altre domande ripetute con monotona e metodica violenza nello sforzo di trovare una breccia, una crepa nella quale insinuare dubbi e incertezze per favorire la liberazione di Mark. È un calvario, uno stillicidio che dura per molte ore prima che possa tornare al residence senza che nessuno corra in suo aiuto.

È pomeriggio inoltrato quando Simona rientra nella suite, accolta da Irene che ignora la liberazione avvenuta molte ore prima.

Si getta estenuata e affamata sul divano a ricapitolare tutti gli eventi accaduti per l’amica.

“Il sogno della notte precedente è stato una visione premonitore, perché l’ho vissuto nella realtà” riflette addentando un sandwich a base di formaggio, salse varie e pollo. Ha fame e non fa una piega sul miscuglio di sapori per nulla amalgamati.

«Irene» esclama Simona tra un sorso di caffè e l’altro. «Ho avuto un incubo l’altra notte» e lo descrive senza tralasciare nulla.

«Sembra incredibile» conclude pulendosi la bocca. «L’appartamento del sogno, nel quale ero rinchiusa, era quello di Mark! E sono stata salvata dal suono di un telefono come stamattina. Sono coincidenze oppure ho vissuto in anticipo gli avvenimenti di questa notte?»

Irene scuote il capo perché non sa come rispondere, ma giudica strana l’analogia tra sogno e realtà.

«Simo, non pensarci più!» la rassicura. «Ora tutto è finito. Questa è stata una pessima avventura che potrai raccontare ai tuoi figli, quando sarai vecchia».

Simona sorride con amarezza, perché forse non avrà figli a cui raccontare la sua pericolosa avventura.

«Quali figli?» chiede spalancando gli occhi nocciola. «Dopo questa esperienza rimarrò single a vita! Di uomini non ne vorrò avere vicino per un bel pezzo! Ci vorrà tempo prima che possa dimenticare questo incubo».

Percepisce che non dimenticherà come ha trascorso la notte e il senso di angoscia che l’ha attanagliata nelle lunghe ore di veglia.

Una lunga doccia, il boccone appena gustato non riescono a risollevare il suo morale. Comprende quanto imprudente sia stata nel compiere la traversata dell’oceano. Una lezione bruciante l’ha imparata sulla propria pelle: non si deve fidare degli amici virtuali.

Gli incontri possono diventare una trappola pericolosa.

Il viaggio si è trasformato da piacere a incubo, mentre lei desidera riprendere l’aereo al più presto per dimenticare queste giornate orribili.

the end

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Un viaggio, un incubo – ventisettesima puntata

Allegri ragazzi questa è la penultima sofferenza che vi infliggo. Sempre per i curiosi trovate qui le altre ventisei.

Simona vede esplodere la finestra. Chiude gli occhi d’istinto per proteggersi dalle schegge di vetro. Un frastuono impressionante proviene dall’ingresso. Chiude gli occhi e reprime le lacrime che vogliono sgorgare impetuose. Il cuore batte forte per l’agitazione. Forse quelle ombre intravviste dalla finestra sono i suoi angeli salvatori. Scaccia il pensiero per non illudersi: la realtà potrebbe farle male.

Percepisce che Mark si è staccato dal suo corpo, disturbato dai passi e dal rumore di vetri infranti. Dopo un istante di silenzio sente che sta imprecando nello slang newyorchese. L’unica parola che capisce è “fuck”, l’ha sentita ripetere troppe volte. Immagina che sia una parola volgare ma ne ignora il significato. È una breve illusione. Di nuovo le sue mani sono sul suo corpo mentre Mark riprende ad ansare.

Todd e Dick fanno irruzione nella stanza e trovano un uomo nudo che tiene in mano qualcosa di sospetto. Cosa stia facendo non è chiaro. È accanto a un corpo disteso sul letto. La stanza è immersa nella penombra e faticano a distinguere la figura.

Todd, incerto se pronunciare le frasi di rito quando arresta qualcuno, lo sente parlare sconnesso con minacce e blandizie, mentre si volta verso di loro.

Un lezzo insopportabile di sudore, misto a urina e altri odori non distinguibili colpisce le narici. Accendono la luce per illuminare il locale.

Lo spettacolo li lascia interdetti.

Una donna nuda è legata alle spalliere del letto e un bavaglio di fortuna le copre la bocca. La luce improvvisa l’acceca, stringe gli occhi per proteggerli dal lampo abbagliante.

«È miss Ferrari!» urla sovrastando le voci esterne e le imprecazioni di Mark.

Simona sente una voce amica e tira un sospiro di sollievo. È solo un fugace istante Poi ricorda il suo stato. Si sente umiliata essendo nuda senza la possibilità di coprirsi. “Cosa m’importa” si dice per dimenticare il suo stato. “Tanti uomini mi hanno vista nuda e due in più non fanno differenza”.

È sollevata, perché la sua avventura si sta concludendo. Vorrebbe abbracciarli, ringraziarli ma non può. Aspetta che sciolgano i lacci e le diano qualcosa da indossare.

Sente la voce di Dick cattiva che urla verso Mark. Poi altre voci che non conosce e un vociare confuso che viene dall’ingresso.

Con gli occhi chiusi aspetta che qualcuno si ricordi di lei liberandola.

Mark, vistosi in difficoltà, reagisce chiedendo l’aiuto degli altri coinquilini contro gli intrusi che hanno violato la sua privacy e rovinato i suoi piani.

Dick l’afferra saldamente senza troppi complimenti, mentre Todd va sulla porta mostrando il distintivo del NYPD al nugolo di curiosi che affollano il corridoio.

«State indietro e tornate nei vostri appartamenti. Questa è un’operazione di polizia» dice con voce forte, azionando la chiamata per John e Ricky.

Il vociare confuso si trasforma in un brusio appena distinguibile, mentre i più ritornano da dove sono venuti. Alcuni impiccioni continuano a stazionare sul limitare della porta nel tentativo di captare voci o immagini.

Todd presidia l’ingresso finché non arrivano i due poliziotti a dargli il cambio.

Mark sbraita e si agita sperando di sfuggire alla morsa ferrea di Dick, che lo tiene sdraiato a terra immobilizzandolo con un ginocchio sulla schiena. Dick è incattivito e si trattiene dal dargli una pesante lezione per non compromettere l’esito dell’intera operazione.

«Se non la smetti con le buone, lo farai con le cattive» esplode con voce dura, bloccando ogni movimento o tentativo di svincolarsi.

L’uomo continua a vociare chiedendo l’assistenza di un legale.

«Avete violato il mio appartamento, mi bloccate senza motivo. Vi farò passare un brutto quarto d’ora, non appena potrò contattare il mio avvocato». Sbraita irosamente.

Todd lo ammanetta, mettendogli il distintivo sotto il naso.

«Chi passerà un brutto quarto d’ora sarai tu, maledetto porco!» gli urla nelle orecchie, snocciolando i reati commessi. «Sequestro di persona, violenza privata e sessuale, resistenza è quanto basta per sbatterti in galera e buttare via la chiave!»

Gli uomini sembrano essersi dimenticati di Simona, che respira con affanno e non può parlare.

Dick gira lo sguardo e incrocia quello di Simona che implora di essere liberata e di coprirsi, prima che arrivino frotte di poliziotti e giornalisti a invadere l’appartamento. Capita la richiesta con delicatezza scioglie i lacci. Rimuove il rudimentale bavaglio. Simona respira a pieni polmoni con boccate avide di aria.

Si mette ritta, mentre Dick lancia vestiti e intimo. Vorrebbe pulirsi ma non è il momento. Infila le mutandine un po’ sfilacciate e indossa il reggiseno. Scende dal letto per mettersi polo e gonna jeans. A piedi nudi cerca le scarpe che trova sotto la sua tracolla.

Simona si massaggia polsi e caviglie piagate dai lacci che hanno lacerato la pelle. Le ferite sanguinano e sono dolorose.

Vorrebbe baciarli, abbracciarli, ringraziarli, ma si trattiene. Si sente sporca, lercia, ma la voglia di libertà annulla ogni pudore o sensazione sgradevole. Ci sarà tempo per farsi una bella doccia calda per ripulire i cattivi odori che si trascina addosso.

«Mi avete salvata da una brutta situazione» ringrazia con un filo di voce. «Non so se sarei uscita con le mie gambe da qui».

Dick la osserva e conviene che è una bella donna. Non sa quanti anni possa avere, ma la figura snella e ben modellata accende il suo interesse di uomo. “Senza dubbio ha un corpo che meriterebbe ben altre attenzioni. Nonostante la pessima avventura conserva un fascino che attira. Se fosse disponibile” riflette, distogliendo la mente dall’immagine di Simona nuda.

Per esorcizzare il risveglio del desiderio, si domanda sui motivi che hanno spinto la giovane italiana a compiere un viaggio così lungo e infilarsi in una storia dai contorni strani e pericolosi. È sicuro che mancano dettagli importanti nel racconto fatto a suo tempo.

“Un banale incontro a Central Park e nulla più? Eppure c’è un buco di dodici ore tra l’abboccamento mattutino e il tentativo serale di penetrare nella camera. Cosa è successo? Qualcosa è avvenuto tale da sconvolgere sia l’italiana sia Flannagan per originare tutto questo. Ma cosa? Anche se tutto sembra terminato nel migliore dei modi, glielo chiederò per togliermi questa curiosità”.

Osserva l’uomo ammanettato, rivestito sommariamente in attesa di essere portato alla centrale di polizia, e non prova nessuna pietà, ma una sorda rabbia per il suo comportamento.

“Merita una dura punizione! Quello che ha fatto o tentato di fare non è spiegabile a meno che non soffra di turbe psichiche. Non è più giovane e neppure piacente. Eppure è riuscito ad attirare una bella donna come miss Ferrari! Da quel poco che ho letto sembra avere una discreta posizione sociale. Ha agito in modo sconsiderato. Quando fosse riuscito a scoparla, come si sarebbe comportato? Una violenza sessuale non sarebbe passata sotto silenzio, quindi… Rabbrividisco al solo pensiero di cosa avrebbe fatto poi! Povera miss Ferrari”.

Si avvicina in silenzio a Simona e le sussurra: «Sarà una giornata dura per te oggi, ma è sempre meglio di quello che ti avrebbe riservato questo porco».

Simona sussulta, mentre osserva il poliziotto, il suo salvatore. Adesso si accorge che è un bel uomo, molto di più di Mark. Si interroga come possa pensare all’aspetto fisico di una persona di sesso maschile dopo avere passato una notte così drammatica. “Sono veramente irrecuperabile al solo pensiero di osservare un uomo non come persona, ma come possibile amante” e scuote la testa mentre si avvia verso l’ingresso.

È stato un pensiero fuggevole ma rappresenta la spia che qualcosa in lei non funziona. Come nel sogno la sua disavventura si è risolta nel migliore dei modi. Emette un sospiro di sollievo. È pronta a lasciare l’appartamento e scacciare l’incubo di Mark.

Vorrebbe sputargli in faccia o dargli un calcio nei coglioni ma si trattiene, mentre Dick l’accompagna fuori passando tra due file di curiosi che la squadrano, la spogliano.

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Leggo questo…

Dal blog di Leherrison leggo questo e lo condivido con voi

Orso Bianco lo sa ma non lo dice

perché a lui non piace mai dire cosa c’è dentro. Ma siccome sono una curiosona, per di più in quarantena, ci ho guardato dentro e…
ora so ^_^
C’è dentro un bosco e un’antichissima leggenda dei monti.

C’è dentro Pietro un ragazzo padre un po’ imbranato e la piccola Amanda dai capelli rossi e gli occhi grigioverdi.
C’è Elisa, l’assente madre di Amanda, che con un artificio segue la crescita della bimba cavandola spesso d’impiccio e salvandole la vita.
C’è un’altra Amanda… e ci sono pure le sue sorelle A.
C’è mistero, avventura, tensione, fantasia, realtà.
C’è molto altro ma sarebbe meglio tu leggessi l’intera storia per saperne di più perché io non so, ma soprattutto non voglio, fare recensioni, men che meno spiffero esplicitamente la trama dei libri che leggo, sicché per acchiappare il libro
c’è  questo link da Gian Paolo Marcolongo – alias Orso Bianco – che ne è il fantasioso autore.

ah! #ioleggoacasa  neh!  😉

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