Con oggi, forse è meglio dire con domani mattina, tutte le feste sono finite.
Una notte magica San Giovanni
Da stamattina abbiamo rimosso tutto gli addobbi e spogliato l’albero. Per quello il suo turno sarà domani mattina.
Tutto impacchettato per bene e sistemato negli scatoloni contrassegnati Natale 1 e Natale 2. Finiti nel ripostiglio dormiranno fino al prossimo Natale.
Tutti gli anni, da quando nostra figlia si è sistemata altrove, io e mia moglie ci diciamo: «Questo è l’ultimo anno».
Mi ricorda il famoso cartello del negoziante che in caratteri cubitali aveva scritto.
Branko scriveva così nel 2019 nel segno del cancro
Esaminiamo la macchina.
Il paraurti era piegato in due, un faro era infranto,
la calandra del radiatore aveva subito un fiero colpo,
vernice e nichelature erano tutte un graffio.
Nessuno dei pneumatici risultava danneggiato
(Raymond Chandler)
e aveva ragione.
Però nel 2020 scriveva
Lo sa che il Cancro è il più complicato dei segni?
Io mi porto dentro il Sole squillante di luglio,
ma la mia amica più cara è la Luna.
Mi avvolge protettiva e scioglie la malinconia
(Sveva Casati Modigliani)
Come dargli torto? Non si può.
2021 è un nuovo anno, nominalmente, ma lo sarà nella realtà?
Io spero di sì ma si sa che la speranza è tenace ed è dura a morire.
Vi propongo uno scritto di uno dei più grandi filosofi dell’Ottocento italiano, Giacomo Leopardi (1798-1837), fa parte di un libro intitolato Operette morali, pubblicato nel 1845. Nel brano dialogano due personaggi, un venditore di calendari (almanacchi) e un passeggere, cioè un occasionale passante.
Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi? Passeggere. Almanacchi per l’anno nuovo? Venditore. Si signore. Passeggere. Credete che sarà felice quest’anno nuovo? Venditore. Oh illustrissimo si, certo. Passeggere. Come quest’anno passato? Venditore. Più più assai. Passeggere. Come quello di là? Venditore. Più più, illustrissimo. Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi? Venditore. Signor no, non mi piacerebbe. Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi? Venditore. Saranno vent’anni, illustrissimo. Passeggere. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo? Venditore. Io? non saprei. Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice? Venditore. No in verità, illustrissimo. Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero? Venditore. Cotesto si sa. Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste? Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse. Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati? Venditore. Cotesto non vorrei. Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro? Venditore. Lo credo cotesto. Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo? Venditore. Signor no davvero, non tornerei. Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque? Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti. Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo? Venditore. Appunto. Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero? Venditore. Speriamo. Passeggere. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete. Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi. Passeggere. Ecco trenta soldi. Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.
una nuova puntata di quella sbilenca storia che sto scrivendo.
È passato un po’ di tempo, lo so, ma non ritenevo corretto pubblicarne un po’ qui e un po’ là, quindi ho scelto di metterle tutte su Caffè Letterario come le altre che sono qui.
Carissime amiche e amici sono ancora impaludato nel tentativo di rianimare il mio PC e quindi latito un po’ troppo.
Quindi vi scrivo da un surrogato di PC senza avere a disposizione tutto quello che sarebbe necessario.
Per gli scrittori di Caffè Letterario ho commentato i vostri graditi post e proposte date per dicembre, come dal calendario. Se qualcuno non ce la fa pazienza. Si passerà a gennaio. Sono un grosso ritardo e avrei dovuto nel frattempo seguirvi.
Alla fine seguirò il consiglio di mia moglie: prendere un PC nuovo ma ci sono affezionato a quello vecchio.
Non sono sparito o colpito dal virus ma più semplicemente ho fatto un aggiornamento distruttivo del mio sistema.
Quindi sono impegnato a raccogliere i cocci e metterli insieme. Sono a buon punto ma c’è ancora del lavoro da fare. Quando sono agibile passerò a leggervi tutti.
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