Eletta Senso ha creato due haiku in D. Uno qui e uno là
Ecco cosa ho partorito
1. Haiku
Dolci disegni
disegnano deserte
delicatezze.
2. haiku
Dannate danze!
Debuttanti danzano
decisamente.
Fantasie e realtà
Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato la ventiquattresima parte del mio romanzo distopico Konnie che potete leggere anche qui.
La notte trascorre tranquilla, anche se il vento ha imperversato creando mulinelli di neve. Nessuna visita sgradita ha disturbato il loro riposo. Cucciolo è rimasto tra loro senza mostrare segni di nervosismo. Per terra ci sono diversi centimetri di neve che alle prime luci del giorno appare immacolata.
«Non abbiamo letto nessuna pagina del diario» sentenzia Alba mentre raccoglie le sue cose per essere pronta alla partenza.
«Non c’è stato il tempo materiale per farlo» replica Matteo che ripiega la tenda. «Senza questa e altri oggetti usciti dalle mani d’oro di Arturo non so come avremmo potuto sopravvivere» precisa con tono allegro pensando che tra pochi giorni saranno al caldo nella loro Città del Sole.
Le nubi si sono sollevate e lasciano filtrare deboli raggi solari. «Sembra una giornata discreta senza pioggia» afferma Alba con voce gioiosa. «Però ho l’impressione che la discesa non sia facile da affrontare».
Caricati zaini e sacche sulle spalle la affrontano con cautela. È ricoperta da uno strato di neve. I piedi tendono a scivolare per il velo di ghiaccio che la ricopre. Procedono in diagonale aiutandosi con gli alpenstock.
Scorgono su un pianoro una volpe dal pelo argentato. Cucciolo ringhia mostrando i denti ma non azzarda nessuna manovra. Ha compreso che non è il caso di andare all’attacco. «Che splendido animale! Ha una pelliccia folta e lucida» esclama Alba con tono sorpreso. Nei video visti alla Città del Sole le volpi avevano un manto rossiccio e meno voluminoso di quello avvistato. L’animale si allontana con passo lento come se snobbasse quegli intrusi nel suo regno.
«Non pensavo che fossero così in quota» dichiara Matteo rimasto affascinato da quella visione. È stato colto di sorpresa e non ha pensato di fotografarla.
È quasi buio quando raggiungono quello che resta dell’abitato di Arabba.
La discesa è stata faticosa anche se fortunatamente il tempo è stato clemente a parte alcune raffiche violente del vento.
Prese le torce dal sacco di iuta, illuminano la strada perlustrandola alla ricerca di un posto dove trascorrere la notte.
«Sono distrutta» afferma Alba con la voce incrinata dalla stanchezza. «Per me va bene anche uno spiazzo, un posto qualsiasi. Non mi sento più le gambe».
Matteo cerca un posto riparato dal vento che ha cominciato a soffiare impetuoso. Il cielo è coperto e minaccia pioggia. Negli ultimi giorni hanno avvistato diversi animali selvatici. Qualcuno decisamente innocui come cervi e daini, altri più minacciosi come lupi od orsi. Se nel tragitto di andata gli incontri sono stati sporadici e comunque senza nessun pericolo per loro, durante il ritorno la frequenza è stata più alta e ravvicinata. Sembra quasi che abbiano avvertito la presenza di intrusi nei loro territori e li vogliano scacciare.
«Alba ti capisco. Anch’io sono stanchissimo ma preferisco un posto che ci dia riparo» spiega con voce calma per rassicurarla. “In realtà cerco un luogo che possa offrirci una difesa da eventuali animali”. Tiene per sé questa riflessione per non impressionare la compagna.
«Ecco!» Grida il ragazzo indicando un rudere di quello che un tempo era la stazione a valle di una funivia. Il tetto è collassato all’interno ma le quattro pareti sono parzialmente in piedi. Ha un unico punto d’accesso e un varco posteriore in parte ostruito da un rudere di cabina.
Siamo a dicembre ed è tempo di giochi.
Vi lascio due giochi linguistici con il tema dicembrino.
Dolci disegni
disegnano deserte
delicatezze.
Infine un acrostico
Domandi
invano
come
eravamo,
mostravi
brevi
ricordi
eterei
Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la ventitreesima parte del romanzo distopico Konnie, che potete leggere anche qui.
Durante l’avvicinamento al passo del Pordoi hanno dovuto fermarsi più volte per la pioggia battente o violenti temporali che hanno rallentato la loro marcia. Hanno impiegato una settimana per arrivare all’inizio della salita.
Quando il giorno comincia a rischiarare, i due ragazzi osservano perplessi le montagne intorno a loro avvolte in nubi basse e nere che lasciano presagire maltempo salendo in quota.
«Dobbiamo decidere cosa fare» suggerisce Matteo con l’intonazione della voce preoccupata e controlla le provviste rimaste. «Facendo economie ne abbiamo per meno di una settimana. Per arrivare alla Città del Sole abbiamo quattro giorni di cammino. Però…».
«Però dobbiamo tener presente la variabile tempo che non promette nulla di buono» completa il pensiero Alba che sbircia il cielo grigio carico di pioggia. «Rischiamo di trovare neve salendo in quota. Tuttavia bisogna provare».
Matteo scuote il capo perplesso, perché se trovano vento e neve non sarà facile procedere. «D’accordo. Mettiamoci in marcia a passo spedito. A metà salita facciamo una sosta e il punto della situazione».
Le precipitazioni di agosto hanno ulteriormente martoriato la strada con nuove frane e smottamenti delle pareti rocciose. La salita appare più difficoltosa rispetto ai loro ricordi. Senza bisogno di consultarsi non fanno soste nemmeno per rifiatare. Vogliono raggiungere la cima del passo prima che cali l’oscurità. Salendo trovano neve e sono immersi in nubi basse che riducono la visibilità a pochi metri. Un freddo pungente penetra dentro la tuta di protezione e il casco si appanna nonostante tentino di tenerlo pulito.
Il buio cala all’improvviso ma non li ferma, perché sono determinati a raggiungere la sommità del passo. La strada spiana. Tra le ombre riconoscono il monumento vicino al quale hanno sostato l’altra volta.
«Siamo arrivati» annuncia Matteo con tono sollevato, mentre con la torcia illumina lo spiazzo. Il fascio di luce mostra impronte recenti di animali. Un brivido lo scuote. Non ha bisogno di comunicarlo ad Alba, perché sente la sua mano cercarlo.
«Finora ci è sempre andata bene» mormora la ragazza con la voce incrinata dalla paura. «Cucciolo in queste settimane si è irrobustito ma è troppo giovane e inesperto per competere con altri animali».
«Sì» afferma in modo laconico il ragazzo che cerca di capire a chi appartengono le tracce chinandosi. «Potrebbe essere un piccolo branco» illustra con tono dubbioso. Poi prova a rassicurarla. «Cucciolo non ha dato segni di nervosismo o di paura. Si è limitato ad annusarle».
«Ok. Però non resto tranquilla. Fino a questo momento gli incontri sono stati sporadici e loro hanno preferito sempre non attaccarci. Ma ho la sensazione che questa volta sia diverso» conclude Alba.
Matteo estrae dalla sacca del bunker una seconda torcia e la consegna ad Alba. Poi iniziano a perlustrare l’area alla ricerca di un posto con la duplice funzione di offrire riparo dal vento e consentire un’agevole difesa. Alla fine trovano un rudere posto un paio di metri sopra il piano stradale con due pareti ancora in piedi in buono stato.
Matteo sposta dei blocchi di pietra in modo da avere tre lati protetti e all’interno sistemano la tenda. Consumata una frugale cena, lasciano le torce accese a illuminare l’area davanti.
Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la parte ventiduesima del mio romanzo Konnie. La potete leggere anche qui.
Durante il percorso di ritorno dal bunker Alba si è sentita in colpa pensando che il corpo di Konnie fosse esposto al dileggio del tempo e degli animali. Lancia la proposta di bruciarlo, trovando Matteo d’accordo.
Alle prime luci dell’alba del giorno dopo i due ragazzi preparano una pira usando arbusti ed erba secca su cui depongono il corpo di Konnie. Alimentato il fuoco con altra legna, aspettano finché non è ridotto in cenere che disperdono nell’aria.
Sono passate due settimane da quando hanno lasciato la Città del Sole, affrontando situazioni diverse. Hanno capito che il mondo esterno al loro rifugio può essere affascinante ma anche pericoloso. Inoltre Il ritmo circadiano, quello che regola la veglia e il sonno, è molto diverso da quello che hanno sperimentato nella Città del Sole. Qui le stagioni non ci sono, il sonno è programmato e la veglia pure. All’esterno il loro orologio biologico si è dovuto adattare alla luce e al buio, alle situazioni meteorologiche e ad altri fattori esterni. Il vento, la pioggia, la neve, il sole sono eventi non prevedibili a priori. Tutto questo sono state scoperte che all’inizio li hanno sorpresi ma poi hanno capito che fanno parte della natura del mondo esterno. Adesso dopo due settimane è giunto il momento di rimettersi in marcia per fare ritorno alla Città del Sole.
L’ascesa al Karerpass si è svolta in silenzio tenendo un occhio rivolto al cielo e uno alla strada. Nuvoloni neri carichi di pioggia sono comparsi lungo la salita, mentre alla loro sinistra il torrente Ega rumoreggia sinistro.
«Credi che ce la faremo ad arrivare in cima al passo prima che quei cumulonembi scarichino il loro fardello di acqua?» L’intonazione della voce di Alba denota preoccupazione.
«Non dovrebbe mancare molto» afferma Matteo con tono sicuro, accelerando il passo.
Gocce di pioggia gelida accompagnano l’ultimo tratto ma è quello meno ostico. Arrivati in cima, si sistemano per la notte vicino a un gruppo di rocce, che formano una specie di cavità naturale. Non è completamente un riparo ma rimangono protetti a sufficienza dalla furia del vento e dell’acqua, che tende a trasformarsi in neve. La notte non sembra mai passare e crea apprensione nei due ragazzi che temono di rimanere bloccati lì per diversi giorni.
All’alba del nuovo giorno le raffiche di vento e gli scrosci di pioggia sono diminuiti in maniera consistente. Il cielo è meno grigio rispetto alla sera precedente ma minaccia ancora burrasca. «Proviamo a scendere a valle?» Propone con la voce velata dall’ansia Matteo che lo osserva preoccupato.
Alba ha l’aria perplessa. «Non ricordo qualche punto della discesa che possa essere sfruttato per ripararci se il tempo peggiora».
«Però se non tentiamo, c’è il concreto rischio di rimanere bloccati per giorni qua su, se la pioggia si trasforma in neve».
Tra dubbi e ansie decidono di affrontare la discesa a valle. Tra violenti scrosci d’acqua che trasformano la strada piuttosto sconnessa in piccoli torrenti e squarci di sereno all’imbrunire raggiungono il fondovalle.
I due ragazzi e Cucciolo sono stanchissimi per la tensione delle due giornate appena trascorse. Però adesso il loro cammino è meno pericoloso perché a parte il passo Pordoi non ci sono montagne da scalare. Si sistemano tra le rovine del primo paese che incontrano sfiniti dalla fatica dalle condizioni meteorologiche avverse. Si rendono conto che non è stata una passeggiata distensiva ma ha compreso che la vita all’esterno della Città del Sole può rivelarsi assai complessa.
Hanno appena terminato di montare la tenda, quando un violento temporale si abbatte su di loro. «Siamo stati fortunati» esclama Alba osservando la violenza dell’acqua che colpisce il loro riparo. Il picchiettare intenso della pioggia con qualche chicco di grandine tiene loro compagnia per tutta la notte. Avrebbero voluto leggere qualche pagina del diario di Konnie ma il rumore delle gocce e la stanchezza tolgono loro la voglia di sfogliarlo. Si addormentano vicini con Cucciolo sistemato tra loro.
Quando l’alba del nuovo giorno si presenta rischiarando l’oscurità della notte, il brontolio del tuono e la luce violacea dei lampi si vanno smorzando. I due ragazzi hanno scelto bene il luogo dove accamparsi, perché è leggermente sopraelevato. Sbirciando fuori dalla tenda sono circondati da un velo d’acqua di svariati centimetri. Cucciolo uggiola con un verso disperato. Vorrebbe uscire ma pioggia ancora intensa e acqua glielo impediscono, finché non si decide per espletare i suoi bisogni.
La mattinata trascorre lenta sotto una pioggerellina continua e dispettosa. Si sono dimenticati del diario e sonnecchiano per recuperare le forze dopo le due giornate stressanti appena trascorse.
«Sembra che il cielo abbia smesso di gocciolare» osserva Alba alzando gli occhi. «Ci prepariamo per rimetterci in marcia?»
Matteo si stiracchia allungando le gambe. «Direi di sì. Di soste improvvise credo che ne faremo prima di affrontare l’ultimo ostacolo».
Smontata la tenda si rimettono in cammino sulla strada ricoperta di acqua.
Eletta Senso propone per questa settimana un tautogramma in L. Ecco il mio.
La lunatica Lara lanciava lampi luminescenti con lamenti laceranti. Lavorava al labirinto di un lacerto di laguna. Un laborioso lavoro di lenta lotta con le lame lasciava luogo a un logoramento locale.
Anche Luisa ha proposto un tautogramma in l. Ecco il mio
La ladra lascia flebili liste di lei. Un labirinto di lampadine lampeggiano lentamente. La ladruncola lacera le lanterne col lapis e la lama. Un lapsus libera la lacuna lapalissiana. Una larva languisce laddove un lavoro lacunoso lascia luogo al languido lamento.
Oggi è di turno un tautogramma in f come foglie frementi. nel gioco proposto da Eletta Senso.
Fantastiche forme filano flessuose di fronte alla faccia felice di Francesca finché non forgiano filanti formati. Fabbrica con le forbici formine di forgia ferrea. Formidabile fortuna forza la ferma fissazione della fanciulla.
Per il tautogramma di Luisa ho composto questo.
Fabbricanti di fortune filtrano dalle finestre fiorite finché non forzano furiose facciate che forgiano facce ferree. Dalla fucina del fine finale fuoriescono forsennate fissazioni, folgoranti fabbisogni di flebili fantasticherie.
Eletta Senso ha proposto per il gioco del lunedì un abbecedario ovvero una composizione usando come iniziale le lettere dell’alfabeto.
A ssistere
B revi
C orse
D avanti
E leganti
F iguranti.
G iorga
H a
I nvitato
J ohn
K ennedy
L unedì.
M entire
N on
O ffre
P otere,
Q uanto
R imane,
S pendi
T utto (in)
U na
V olta (nel)
W eekend.
X eres,
Y uppie
Z uzzurellone.
Lo stesso gioco è stato riproposto da Luisa.
A vere
B anali
C ose
D evono
E sistere
F orti
G abole,
H anno
I nvece
J oker
K ant.
L avoriamo
M olto,
N onostante
O scure
P romesse,
Q uindi
R estiamo
S ilenziosi
T urbati.
U nico
V iatico
W agon-lit.
X enofobo
Y ankee
Z uccone z accagna!
Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la ventunesima puntata di Konnie, il mio romanzo distopico.
La potete leggere anche qui.
Alba tiene in mano la rudimentale piantina che descrive il bunker antiatomico posto verso l’imbocco della Sarntal. È segnata anche una strada, che cerca subito sulla mappa di Bozen.
«È qui!» e con l’indice mostra a Matteo il punto. «Potremmo andarci e vedere di persona la struttura. Per la lettura del diario abbiamo tempo nel viaggio di ritorno».
«In effetti un posto vale l’altro. Non credo che troveremo nulla d’interessante qui e neppure altrove. Sembra che il bosco abbia colonizzato la città. Che percorso suggerisci? Tu sei il mio navigatore»
I due ragazzi scoppiano a ridere mentre Cucciolo li osserva curioso non capendo la loro ilarità.
Dispiegata la mappa della città sulle ginocchia segnano col dito il tragitto da percorrere. Non appare lontanissimo ma ignorano cosa incontreranno sulla loro strada.
«Ci conviene raggiungere la passeggiata lungo il torrente Talvera e da lì seguire il corso d’acqua fino all’incrocio con …» spiega Alba segnando con l’indice il tragitto.
«Pensi che troveremo i cartelli stradali?» La interrompe Matteo con tono ilare. «Comunque è giusta la tua indicazione del percorso, perché non rischiamo di perderci su strade che non conosciamo».
Raggiunto il Talvera seguono il corso d’acqua non senza qualche difficoltà a causa del ricca e folta vegetazione che in modo spontaneo è cresciuta su quella che cent’anni prima era la passeggiata.
Cucciolo è felice di correre a destra e a manca con la grande tentazione di raggiungere il greto del torrente per dissetarsi. Però ha capito che rischia di rimanere intrappolato senza possibilità di essere raggiunto dai ragazzi. Durante le sue scorribande cattura un leprottino che porta come omaggio a quelli che ritiene essere i capibranco. Inoltre mette in fuga un paio di serpenti e tiene lontani un gruppo di gatti selvatici che hanno incontrato nella boscaglia.
Fatta una sosta in una radura, dopo un paio d’ore di cammino, raggiungono il punto dove secondo Alba devono prendere la strada per raggiungere la villa di Konnie. Passati i ruderi di una chiesetta scorgono tra i filari di un vigneto inselvatichito e un bosco assai fitto una montagnola ricoperta di muschio e robinie.
«Quella dovrebbe essere la villa di Konnie» esclama Alba indicando quello che un tempo era una casa.
«Dirai quello che resta della villa» afferma Matteo con l’intonazione della voce ilare.
I ragazzi ridono, perché definire villa il disfacimento di quello che una volta era un’abitazione ci vuole molta fantasia.
Arrancando sulla salita raggiungono la sommità del poggetto dove vedono nel terreno l’ingresso d’acciaio del bunker.
«Cosa facciamo? Entriamo oppure riprendiamo la strada del ritorno?» Chiede Alba con l’intonazione della voce che suggerisce la prima ipotesi.
«Facciamo una breve visita. Forse possiamo riempire le tanichette con acqua potabile» suggerisce Matteo armeggiando con le chiavi per aprire l’ingresso.
Chiusa la porta alle loro spalle accendono una potente torcia per illuminare i gradini che portano verso il basso.
«Fai attenzione! Sono piuttosto scivolosi» suggerisce Matteo che fa da apripista, mentre Cucciolo ruzzola in basso tra guaiti e ululati di dolore.
Ai ragazzi verrebbe da ridere assistendo al capitombolo del lupetto che con troppa foga si è precipitato verso il fondo. «Speriamo che non si sia fatto nulla» esclama con tono preoccupato Alba.
Si rimette sulle quattro zampe dopo una leggera scrollata nel tentativo di togliere quel velo di muffa verdastra che ha impiastricciato il suo pelo.
Entrati nel bunker lo visitano passando in rassegna tutte le stanze compreso le due celle frigorifere.
«L’acqua è potabile. Quindi ne possiamo fare una piccola scorta che ci sarà utile nei prossimi giorni» dichiara Alba che ha misurato i valori. «È un peccato non poter prender quel pc e il contatore geiger. Sarebbe utile alla Città del Sole».
Matteo annuisce, mentre armeggia col computer che si sfila senza problemi. Poi tira con dolcezza il cavo che sembra libero. «Risalgo in superficie e libero l’altra estremità. Poi ti avverto e lo estrai con decisione senza strappi: Se tutto procede come penso possiamo portarlo con noi».
Completata l’operazione, i ragazzi mettono in una sacca di iuta trovata in un angolo pc, contatore geiger, un paio di torce, l’orologio atomico e qualche altro utensile che hanno trovato all’interno.
«E ora in marcia finché c’è luce sufficiente per attraversare il bosco cresciuto sulla riva del torrente» annuncia Matteo mentre risalgono il superficie dopo aver chiuso le due porte.
Cucciolo affronta i gradini di risalita con più prudenza. Ha fatto tesoro della caduta precedente.
È un romanzo ambientato nel futuro nemmeno troppo lontano: 2038. Tuttavia mostra i pericoli che le nuove tecnologie possono produrre in nome del progresso o presunto tale. Quello che doveva essere un balzo in avanti per l’umanità si è trasformato in una gabbia dove pochi decidono la vita di tutti gli altri in maniera invasiva e pericolosa. Non esiste più privacy ma tutto è controllato da un grande fratello di orwelliana memoria.
Il lavoro è affidato a dei robot, che sono l’alter ego delle persone in carne e ossa. La scala sociale non esiste più ma potrebbe diventare un pozzo nero che inghiotte tutti.
Come nel famoso romanzo 1984, anche qui si attua una rivolta contro lo strapotere di questa società che sta rendendo piatta la vita di tutti, eliminando quelli che economicamente non sono più utili in nome dell’efficienza e del potere del denaro.
È una specie di grido d’allarme questo testo, perché dietro a un presunto progresso sta invece un gruppo di persone che hanno tutto il potere in mano e decidono chi va avanti, chi sta fermo e chi deve essere eliminato.
Scritto bene con proprietà che dimostra come l’autrice si sia documentata e con un buon ritmo narrativo che tiene avvinto nella lettura il suo lettore.
Lo potete comprare su amazon oppure leggere con kindle unlimited.