nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova puntata del racconto Krimhilde e le fanciulle scomparse.

La puntata la potete leggere anche qui.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

Procedendo con cautela il gruppo guidato da Baldegunde, che su sollecitazione di Markus ne ha preso la guida, arrivano con qualche affanno al torrente Ginestro. Un paio d’incontri con le pattuglie dei nerd di montagna l’hanno messo in ansia ma tutto si è risolto bene.

Al di là del Ginestro c’è il bosco e la salvezza.

«Un ultimo sforzo e poi saremo al sicuro» incita Baldegunde, osservando il viso delle ragazze stanche e impaurite.

I loro occhi hanno perso vivacità e sono appannati per la stanchezza della notte insonne.

Markus controlla che il guado non sia presidiato dai nerd di montagna, come sarebbe logico dopo la fuga delle fanciulle. “In effetti sarebbe molto fuori del loro raggio d’azione ma sento che avranno fatto uno strappo alle regole”.

Anche se ben mimetizzati lui ne scorge le sagome e ascolta il loro linguaggio gutturale. “Dunque il guado è inagibile. Le tisane hanno cessato il loro effetto e far passare le ragazze è molto pericoloso”.

Esiste un altro punto più a nord dove è possibile passare il Ginestro ma è più disagevole perché i massi a fior d’acqua sono scivolosi. Capisce che è più rischioso perché sono stanche e i riflessi intorpiditi. Però non ci sono altre soluzioni praticabili.

Si apparta con Baldegunde per discutere cosa è meglio fare. La scelta in pratica obbligata è per quello più a settentrione.

«Ragazze dobbiamo risalire il Ginestro di un centinaio di passi e da lì passare sull’altra sponda». Non spiega che esiste il rischio di finire nelle acque gelide del torrente per non creare panico.

Markus afferra un capo della corda e attraversa sicuro il Ginestro. La fissa a un albero tozzo ma robusto. Tornato indietro blocca l’altro capo tra due massi. Lui resta in retroguardia per garantire la sicurezza al gruppo, mentre Baldegunde aiuta le ragazze a passare dall’altra parte con l’aiuto della corda tesa.

Sono passate una dopo l’altra tra gridolini e lamentele come bambine viziate tutte e quante meno Adelinde. Hanno deciso così con un semplice sguardo d’intesa tra loro perché appare la più insicura e quella che necessita maggiori attenzioni. Trema, traballa sulle gambe, ha la pupilla dilatata per la paura ma in particolare appare assente. Markus non si fida a farla passare con Baldegunde e quindi sarà lui ad aiutarla nel passaggio da un masso all’altro. Manca pochissimo, quando molla la presa e precipita come un sasso nell’acqua. Lui si getta e l’afferra sollevandola fuori con la testa. Sembra svenuta. Il torrente non è molto profondo in quel punto ma la corrente gelida è alquanto robusta e tende a trascinarli a valle. La scarpata non è agevole da scalare con una persona priva di sensi. Baldegunde lo aiuta e a fatica arrivano al prato tra le grida isteriche delle altre ragazze che hanno seguito l’episodio terrorizzate.

«Cercate della legna secca mentre io recupero lo zaino rimasto dall’altra parte» ordina perentorio Markus, che grondante d’acqua e intirizzito per il freddo torna sui suoi passi.

«Il fuoco è meglio accenderlo all’interno perché sarà più difficile da individuare il fumo» dispone Baldegunde che a fatica dissimula la sua ansia per lo stato della ragazza.

Adelinde ha le labbra violacee e contratte. Respira a fatica e trema tutta. Baldegunde le toglie i vestiti bagnati e la copre con un mantello di montone angorato accanto al fuoco che scoppietta allegro. Le altre ragazze la osservano con apprensione. Non accenna a riprendersi.

Baldegunde con delicatezza le massaggia le mani, il corpo, i piedi per riattivare la circolazione del sangue. L’operazione ha effetto e il livore esangue del colorito del viso vira verso il rosato. Però osserva con preoccupazione lo stato di Markus che trema vistosamente. Ha tenuto i vestiti bagnati e questa non è stata una grande mossa ma non c’erano alternative perché il mantello è stato dato ad Adelinde. Comprende che la febbre lo sta divorando. Nel bosco ci sono i fiori dell’olmaria che possono combattere lo stato febbrile del compagno. Però deve lasciarle sole e Markus non è in grado gestirle senza problemi.

Come se le avesse letto il pensiero, in uno dei rari momenti di lucidità, le comunica che sarà lui il guardiano delle ragazze e loro angelo custode.

In preda all’ansia si precipita nel bosco alla ricerca dei fiori che poi messi a bollire avranno una funzione antipiretica.

Le ragazze ammutoliscono e si guardano disperate come se fossero state abbandonate. Markus rimane in silenzio sforzandosi di mantenersi lucido. Sa che le sue parole non avrebbero il potere di rassicurarle e preferisce tacere.

Baldegunde torna con un fascio di fiori bianchi e foglie e fiori di tiglio. Nel Ginestro riempie una borraccia d’acqua che versa in un piccolo recipiente. Qui fa bollire quello che ha trovato. Markus beve l’infuso senza protestare. Ne conosce le proprietà medicinali. Lei accosta la tisana di tiglio alle labbra di Adelinde per rilassare il suo stato.

Il sole è un disco rosso infuocato che tramonta verso la pianura del Concerto.

Markus non trema più e lo stato febbrile sembra diminuito ma non è in grado di mettersi in marcia per raggiungere il Castello di Mezzo.

«Ci conviene addentrarci nel folto del bosco» suggerisce Markus. «Lì possiamo trovare qualcosa per alleviare la fame e siamo sicuri di non fare brutti incontri».

Baldegunde annuisce perché giudica la proposta sensata.

Trovata una radura abbastanza distante dal Ginestro, si accampano attorno al fuoco mentre lei va alla ricerca di tuberi e frutti selvatici.

«Non sarà una grande cena ma almeno plachiamo il nostro stomaco» spiega mentre li mette a cuocere sulla brace e sotto la cenere.

Adelinde pare essersi ripresa e si stringe a Baldegunde. Markus ha l’occhio arrossato e il respiro in affannato. Si sente debole e spossato ma si sforzerà ad alternarsi con la compagna a montare la guardia e tenere il fuoco acceso.

 

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SOS – Balestrucci in difficoltà

Ieri giovedì e a partire dalla mezzanotte fino alla dieci di stamattina Ferrara s’è ritrovata sott’acqua. Nelle dieci ore sono caduti qualcosa come 94millimetri di acqua con una punta di 590mm/h. Non male. Per fortuna il vento è stato meno intenso. Ieri pomeriggio oltre a 50mm di pioggia c’è stato un vento fortissimo che ha messo a dura prova il mio pino che si è piegato pericolosamente ma ha resistito. Per non correre rischi lo farò tagliare con grande dispiacere.

Durante questo nubifragio con vento due balestrucci hanno lanciato un SOS che ho raccolto. E ho messo a loro disposizione il davanzale della finestra della mansarda protetta dal vento impetuoso e dalla pioggia battente.

Loro sono rimasti tranquilli anche se io ero dietro al vetro. Anzi più volte si sono girati verso di me. Forse volevano ringraziarmi. 😀

Poi quando la buriana è cessata, mi hanno salutato con uno scrollo di ali e se ne sono andati.

Li ho fotografati. Le immagini non sono eccezionali per la scarsa luce – non ho usato il flash per non impaurirli – il vetro opaco di pioggia e la zanzariera. Comunque pubblico le tre immagini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Avviso ai votanti

Luisa dal suo blog ricordando un giornalista americano Russel Baker ha riportato una sua citazione che vi propongo

Il governo non può permettersi di avere un Paese composto solo da ricchi, perché i ricchi pagano così poche tasse che il governo andrebbe rapidamente in bancarotta

Quanto è attuale di questi tempi. I signori votanti sono avvertiti

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Nuova puntata di Krimhilde

Su Caffè Letterario è stata appena pubblicata la puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse, che potete leggere anche qui.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

La strega Ampfel torna alla sua abitazione in preda al terrore e al dolore delle ferite che si sono riaperte.

L’apprendista strega Rotapfel la soccorre con l’olio di maleleuca che strofina con energia per darle sollievo.

Urla, piange, si dispera. Ha dimenticato le fanciulle, pensa solo a combattere il veleno che è tornato attivo.

Il draghetto Matteo è tornato poco dopo ma è consapevole di essere stato beffato da un nemico misterioso e invisibile. Sa di aver peccato di presunzione. Non osa affrontare il giudizio della Strega Ampfel, né la sua ira. Solo quando il cielo si colora trova il coraggio di presentarsi davanti a lei.

«Non sono riuscito a individuare il nemico. Ho lottato…».

La strega Ampfel sbotta. «Non raccontare frottole. Non hai lottato con nessuno e sei tornato poco dopo di me».

Il draghetto Matteo abbassa gli occhi. Ha sperato di farla franca ma deve imparare ancora molto. Spiega che appena entrato qualcuno ha infilato nella sua bocca un fascio di erbe. «Non potevo sputare fuoco e sono rimasto immobilizzato per diversi minuti. La persona che era dentro ha avuto tutto il tempo per andarsene indisturbata».

La strega Ampfel capisce di essere stata sconfitta e ritiene inutile tenere il drago Michele a guardia del sentiero perduto. “Hanno più risorse di noi e sono in grado di beffare anche lui”. È più utile che contatti Grumhilde, perché questi due umani possiedono degli strumenti che ignorava che esistessero ancora e possono colpire lei e i draghi con successo. Capisce che qualche trattato è sfuggito al rogo delle streghe e loro l’hanno recuperato.

Ordina al draghetto Matteo d’inviare un messaggero al drago Michele, perché ritorni subito, e poi che lui sparisca dalla sua vista.

Al suo rientro la strega Ampfel gli fornisce le istruzioni per l’incontro con Grumhilde.

Arrivato al torrente Ginestro, là dove scorre tra due pareti rocciose e fa un piccolo salto, deve lasciare Lucifero libero di pascolare sui prati circostanti. Lo ritroverà quando farà ritorno alle montagne innevate.

«Qui vedrai il bosco ceduo e…».

«Il bosco ceduo? E come lo riconosco? Mica hanno il cartello col nome». La interrompe con un pizzico di scetticismo ironico.

La strega Ampfel non raccoglie la battuta e spiega che il bosco ceduo si riconosce a prima vista. «Ci sono solo cedri del Mondo Buono, mandorli, noccioli del Ciclo e carpini carpiati. Sono solo lì. Non puoi sbagliarti».

Il drago Michele annuisce come se avesse capito. In realtà non ha capito nulla ma prima di partire guarderà qualche figura di questi alberi.

«Ci sono due sentieri, volgendo le spalle al torrente. Uno alla tua sinistra. L’altro a destra. Devi prendere quello».

Si raccomanda di non farsi notare, anzi di evitare qualsiasi incontro. «Quando esci dal bosco ceduo trovi un ciliegio senza ciliegie. Conta il terzo ramo partendo dal basso alla tua destra. Lì appenderai un nastro rosso con questa missiva». E la strega Ampfel gli consegna un sottile nastro con legato un rotolino di papiro verde.

Il drago Michele ha memorizzato tutto ma gli rimane un dubbio. «Una volta eseguiti gli ordini, che faccio? Torno indietro o aspetto qualcosa?»

«Grumhilde ti consegnerà qualcosa. Aspettala».

Il drago Michele annuisce di nuovo ma tutto gli sembra criptico. «Quando? E come mi riconoscerà?»

La strega Ampfel sbuffa all’ennesima domanda. «Non ti preoccupare. Sarà lei che ti troverà».

Tornato nel proprio alloggiamento e data una ripassata alla botanica si avvia col fedele Lucifero verso il Ginestro. Il sole è quasi allo zenit, quando raggiunge il ciliegio senza ciliegie, facendo attenzione a qualsiasi rumore per non farsi scoprire. Poi si nasconde dentro un cespuglio da cui può tenere d’occhio l’albero.

Ignora che mentre camminava è stato individuato da una pattuglia di dragonesse a cavallo.

Baldegunde dopo l’ultimo rapimento ha predisposto un pattugliamento discreto del torrente Ginestro. Ogni gruppo, composto da due dragonesse, deve controllare un tratto del torrente. Quello da cui è transitato il drago Michele è affidato a Bathilde e Marchilde che lo seguono senza far alcun rumore.

L’addestramento ossessivo di Baldegunde viene messo in pratica. Marchilde vorrebbe informare la vice di Baldegunde, Brumfilde ma la compagna la blocca.

«Ma… Baldegunde è sparita da due giorni. Nessuno sa dove sia. Non possiamo far riferimento a lei» balbetta incerta Marchilde.

«Baldegunde ha lasciato degli ordini precisi. Seguire il sospetto senza farsi intercettare segnando tutti i posti e le attività svolte. Solo in caso di effettive azioni pericolose chiedere rinforzi».

«Ma Brumfilde ha cambiato gli ordini di servizio» replica rinfrancata Marchilde.

«Io sono fedele a Baldegunde e rispetto i suoi ordini. Essendo più alto in grado queste sono le mie decisioni».

Queste ultime parole chiudono tutte le discussioni, mentre in paziente attesa osservano il drago Michele cosa sta facendo.

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Compagnia per l’estate – 7 – Prosegui la storia

Curiosando qua e là ho trovato questo esercizio dove dobbiamo liberare la nostra fantasia.

In pratica fornito un incipit dobbiamo proseguire la storia e creare un mini racconto. In effetti si dovrebbe produrre qualcosa di più: un finale profetico. In quello che ho sviluppato manca questo finale profetico. Pazienza.

Ecco lo spunto iniziale.

Saranno tre donne. Apriranno la seconda porta del tempio e lo saccheggeranno. Fuggiranno come volpi e soltanto un bambino vedrà il loro viso.

La kitsune

Di seguito il mio racconto.

Saranno tre donne. Apriranno la seconda porta del tempio e lo saccheggeranno. Fuggiranno come volpi e soltanto un bambino vedrà il loro viso.

Giacomo, un bambino sveglio e mingherlino, viveva con la madre single in una città lontana nel tempo e dal luogo della visione. Stava assistendo a qualcosa di speciale.

Le tre donne indossavano uno strano vestito ricco di colori, che lui non aveva mai visto. Avevano età e statura diverse ma erano svelte come gatti. Giacomo le osservò come con destrezza avevano aperto la seconda porta del tempio, un portale di legno massiccio intarsiato d’oro. Quell’immagine lo affascinò, perché non ricordava di avere mai visto nulla di simile, nemmeno sul libro di storia.

“Ma dove sono?” Era incapace di staccare la vista da quella visione.

La più vecchia delle tre si intrufolò nella piccola apertura del portone, seguita dalle altre due. Percossero un corridoio buio rischiarato da torce morenti.

«Svelte» incitò la donna, di cui si intravedeva solo il viso dal colorito olivastro. «Non possiamo perdere tempo. Il gran maestro sa che c’è stata un’intrusione e sta accorrendo coi soldati».

A passo svelto raggiunsero il centro della sala, dove su un piedistallo stava una coppa ricolma d’oro e d’argento. Il tesoro del tempio di Visnù. Le due giovani l’afferrano e la vuotarono in un enorme bisaccia che la più anziana aveva estratto dal il sari.

«Veloci. Andiamocene» intimò la donna con la sacca caricata sulla spalla. Era curva sotto il suo peso ma camminava spedita verso il portone. Devono varcarlo prima che si richiuda, altrimenti rimangono intrappolate nel tempio.

Giacomo a bocca aperta e con gli occhi sgranati per la sorpresa e la curiosità ascoltava e osservava. Con le mani le incitava a fuggire, perché la porta senza rumore aveva iniziato a chiudersi.

La più anziana si fermò e spinse fuori le altre due.

«Forza» gridò Giacomo, pensando di aiutarla. «Scappa o rimarrai chiusa dentro».

Con un balzo la donna uscì dalla fessura ma il sari rimase impigliato nel battente chiuso. Provò a tirarlo, a strapparlo ma pareva che fosse impossibile sia a romperlo che a estrarlo. Con mossa rapida si girò più volte abbandonando l’indumento per terra e rimanendo con una sottogonna e una camicia bianca.

Giacomo applaudì quando la donna a lunghe falcate raggiunse le altre due, che non si erano accorte di nulla.

«Correte. Correte» le incitò Giacomo. Aveva visto un uomo dalla barba bianca e dal turbante azzurro, avvolto in una tunica bianca che avanzava seguito dai soldati.

Le tre donne con la pesante bisaccia che impediva di correre più rapidamente si avviarono verso un bosco di piante basse e quasi secche, sollevando polvere e sassi al loro passaggio.

Giacomo fremeva, perché avrebbe voluto aiutarle a fuggire, a nascondersi. In quel posto sarebbe stato difficile occultarsi e sarebbero state facilmente individuate e catturate.

“Perché parteggio per loro?” si chiese in un rigurgito di onestà. “Hanno profanato un tempio e sono delle ladre”.

Ricordò gli insegnamenti della madre. Non doveva nominare il nome di Dio invano, né comportarsi in modo sconveniente nei luoghi di culto. Però quello su cui batteva di più era che non doveva rubare. Dunque lui parteggiava per chi aveva infranto le regole. Però secondo la sua visone erano le più deboli e si doveva aiutarle.

La corsa delle tre donne nel misero boschetto divenne sempre più difficoltosa, perché faticavano a respirare per la polvere e il caldo. Il brahmano e i soldati erano sempre più vicini e urlavano di fermarsi.

«Correte più forte. C’è una grotta a cento metri» gridò Giacomo che si torceva le mani per l’ansia. «Ancora un piccolo sforzo».

La più giovane del gruppo ruzzolò a terra esausta e ansante, scuotendo la testa, perché non aveva intenzione di alzarsi.

«Madre, Ajala è caduta e non vuole alzarsi» disse la ragazza fermandosi accanto alla sorella.

La donna valutò la distanza che le separava dalla grotta, il punto di salvezza, e quanto erano vicini i soldati. Fece due balzi e gettò la sacca nell’imboccatura e ritornò sui suoi passi.

«Giacomo, Giacomo».

La voce di sua madre lo stava svegliando.

«Giacomo, stai facendo il tuo solito brutto sogno?» Stava vicino al letto.

«Uffa, mamma. Ho perso il finale».

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Il Madremoto

Sto facendo uno strappo sulle recensioni che non amo scrivere. Per rendersene conto è sufficiente ricercare la categoria o il tag ‘Recensione’. Sono in totale nove di cui uno è un semplice reblog di una scritta da altri. Il mio blog ha undici anni e sono tutti concentrati nel 2021.

Per me la recensione è estrarre il succo positivo o negativo o entrambi dal testo in modo sintetico ma chiaro per chi la legge.

Il mio limite è proprio questo: mi perdo nei dettagli.

Ci riprovo con Il Madremoto di Guido Fabrizi.

Il suo testo è il viaggio nella memoria del protagonista, Javer, che ripercorre la sua vita costellata di molteplici episodi. È lo tsunami della sua vita che travolge ogni cosa e da cui riesce a emergere per ricominciare a ricostruire la sua esistenza come si fa dopo che l’onda assassina si è ritirata.

L’istinto ribelle rimane anche quando ha superato la prova più dura. Però è temperato dalla maturità, dalla riflessione, dallo guardare avanti usando il passato per eliminare le scorie del presente.

La prima parte è ricca di pathos, di molte riflessioni e introspezioni psicologiche di fronte ai vari eventi. Più piatta è quella centrale incentrata sulla fotografia che è stata l’ancora di salvataggio di Javier, che gli ha consentito di riemergere dal buio, di trovare la sua strada dopo i problemi dell’adolescenza, di maturare nel carattere e nella personalità e di trovare l’amore.

Molto intenso è secondo me ‘il marsupio dell’amore’ dove Javer si scopre genitore e cosa vuol dire questo. Molto interessante è il travaglio di padre nella sfida con la madre che punta a disarticolare il rapporto padre figlia.

Il tema della madre è un argomento ricorrente che non viene trattato direttamente ma lasciato al lettore il compito di decifrare il suo modo di operare. Solo nel finale lo affronta con una riflessione di quello che avrebbe voluto e di quello che è stato.

Singolare ma efficace è unire i punti della vita di Javer come si fa in quei giochi enigmistici dove alla fine compare un disegno. Nel caso di Javer compare il disegno della sua vita. Questo è il filo conduttore di questo testo che alterna a riflessioni profonde a passaggi piatti che comunque servono nell’economia della storia.

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Nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse.

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la ventisettesima parte di Krimhilde e le fanciulle scomparse. Di seguito la potete leggere anche qui.

L’ultima avventura di Puzzone

Baldegunde esegue l’ordine del suo compagno senza chiederne le motivazioni. Radunate le cinque fanciulle spiega in succinto cosa devono fare. «Siete invisibili ma voi potete vedere gli altri. Restate dietro di me senza fiatare, qualunque cosa vediate».

In silenzio scendono a valle. Fa freddo e i vestiti sono inadeguati al clima ma muovendosi non rischiano di rimanere congelate.

Sentono il rumore frenetico degli zoccoli di un cavallo e si riparano in un anfratto nell’attesa che il cavaliere sparisca.

Procedono con cautela perché il buio della notte debolmente illuminato dalla luna, che sta calando dietro il crinale, non permette passi falsi.

Aglaja ha sbuffato per tutto il tragitto, ha freddo e vorrebbe riparare nell’edificio che appare alla sua destra.

«Non ci provare» sibila Baldegunde con un tono minaccioso. «Si prosegue verso il fondovalle».

Aglaja rimane interdetta sgranando gli occhi. È sicura di non aver pronunciato nessuna parola, né aver accennato col corpo a fermarsi. “Come può aver intuito il mio pensiero?”

«Non lambiccarti il cervello. Cammina e basta». Questa volta le parole di Baldegunde sono arrivate dirette nella mente.

Che sia una strega?” E accenna a fermarsi.

«Cammina senza pensare. La strada è ancora lunga. Sono la vostra capitana, ricordatelo» sussurra in modo che sia chiaro anche alle altre come devono comportarsi.

Un attimo di sbigottimento s’insinua nelle ragazze che non comprendono il motivo di questo avvertimento minaccioso.

Baldegunde non è sicura che le tisane abbiamo sufficiente potere per renderle invisibili una volta arrivata alla casamatta. “Sarebbe un bel guaio, perché ignoro cosa troverò lì. Senza questa protezione potrebbe essere un azzardo tentare di uscire senza essere viste”.

Il cielo schiarisce quando avvistano il manufatto che all’esterno appare incustodito. Però il mignolo sinistro l’avverte che c’è un pericolo nascosto al suo interno. Di che tipo non riesce a individuarlo ma lo percepisce con nettezza.

Aspetteremo Markus in quell’anfratto e poi decideremo la strategia giusta per raggiungere il bosco di Mezzo”.

Markus coglie il momento propizio per uscire dalla Prigione del Tempo Perduto. La Strega è fuggita, il drago è stato immobilizzato in modo temporaneo e non può emettere fuoco per qualche minuto. Ringrazia Mechthilde, schermandosi per non farsi intercettare. Ricorda che, quando si era appartato con lei, gli aveva spiegato che la tristrisavola col suo stesso nome aveva scritto un trattato delle erbe officiali per combattere streghe, draghi e altre creature del diavolo prima di finire sul rogo. «Il testo si trova nella biblioteca segreta» aveva concluso prima di salutarsi e dopo avergli elencato quali erbe gli sarebbero state più utili.

Deve raggiungere Baldegunde e le ragazze che l’aspettano. L’obiettivo è raggiunto e non gliene importa nulla della sorte della strega e del drago. Con ampie falcate sicure affronta la discesa. Deve sbrigarsi, perché la tisana che lo rende invisibile non dura in eterno.

Arrivato in prossimità della casamatta, rallenta e si fa guardingo. La calma irreale gli fa pensare a un agguato. Non vede Baldegunde, né le fanciulle e immagina che qualcosa sia andato storto.

Chiaro e forte risuona nella sua mente. «Siamo qui». Si guarda intorno e sorride. “Per forza non le vedo! Sono invisibili!” Segue la direzione del suono delle parole e le trova nascoste tremanti nell’anfratto.

«Ti abbiamo aspettato. Il mignolo sinistro si piega a indicare un pericolo. Quale sia non lo so».

Markus annuisce. Non ha mai sottovalutato le sue premonizioni. Riflette su come procedere. Per uscire dal sentiero perduto bisogna attraversare l’edificio che blocca la via. Al suo interno deve per forza accendere la lanterna cieca per garantire un transito sicuro. In questo modo si rivelerebbe la loro posizione a eventuali persone al loro interno visto che la compagna segnala un pericolo.

«Cosa facciamo? Le ragazze sono infreddolite e cominciano a scalpitare».

«Devo capire chi c’è e dove si trova. Entro e verifico».

Markus si addentra abituando gli occhi al buio. Si ferma. Ha udito un nitrito. I nerd di montagna non possiedono cavalli. Gli unici oltre alla strega sono i draghi. Non gli pare possibile che lei abbia fatto scendere dalla montagna un drago per montare la guardia allo sbocco del sentiero. Avrebbe utilizzato la manovalanza. “Dunque c’era un secondo drago con loro ed è stato spedito a presidiare l’uscita”. Questo è un vantaggio: sa dove si trova e all’interno non ci sono brutte sorprese.

Ritornato sui suoi passi confabula con Baldegunde. «Dai alle ragazze un paio di fiori variopinti e spiega come usarli. Dobbiamo parlarci con la mente e non con la bocca. Il silenzio è la nostra arma vincente».

La capitana annuisce e comprende che da questo momento sarà suo compito gestirle.

Il cielo si fa rosato quando iniziano il passaggio attraverso la casamatta. Markus apre la fila con la sua lanterna cieca. Le ragazze afferrano una corda legata ai suoi fianchi per non perdersi nel buio. Baldegunde chiude il gruppo.

Aglaja è la più vivace e intraprendente e prova colloquiare telepaticamente. La capitana la redarguisce con bonarietà mettendola a tacere.

Quando il buio lascia il posto al chiarore diffuso proveniente da finestre e porte, Markus spegne la lanterna cieca e comanda al gruppo per il tramite di Baldegunde di restare lì in silenzio. Esplorerà la parte prospiciente la casamatta. Non hanno molto tempo a disposizione, forse qualche minuto prima di tornare visibili.

Fuori non vede nessuno. Rimane interdetto e si gratta la guancia irsuta. “Il nitrito l’ho sentito con chiarezza. Devo rischiare esplorando il passaggio verso il torrente Ginestro”.

Si muove con cautela ignorando se sia visibile oppure no. La via è libera. “Se abbiamo fortuna, possiamo farcela” e ritorna prendere il gruppo.

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Nuova puntata di Krimhilde

Su Caffè Letterario ho appena pubblicato la parte ventisei di Krimhilde e le fanciulle scomparse. La puntata la potete leggere anche qui.

«Sei sicuro che questa sia la mossa giusta? Non si vede nulla».

Markus annuisce e le consiglia si stargli vicino.

«Lo sai che temo il buio».

«Lo so. Ma non devi temere nulla».

Lui detta il passo e Baldegunde sta aggrappata al suo braccio. “Non mi riconosco più” riflette la capitana. “Temo anche la mia ombra”.

«Hai già un piano per riportare a valle le cinque ragazze?» chiede interrompendo il silenzio che durava da diverso tempo.

«No». Una breve risata rompe il silenzio della notte senza luna e senza stelle. «Quando siamo là escogiteremo qualcosa».

Sono in marcia da tempo e dal crinale alla loro destra compare il disco luminoso della luna che illumina debolmente il loro cammino.

«Ecco là l’ingresso» dice con tono gioioso Baldegunde. «Adesso arriva la parte più difficile».

Si muovono silenziosi per non spaventare le ragazze ma Aglaja ha il sono leggero.

«C’è qualcuno all’ingresso. Sento i loro passi».

Vuol richiamare l’attenzione di Reinhilde, l’unica che può sbirciare chi entra.

Agnete si sveglia e chiedi chi sta arrivando.

«Non lo so. Sento solo dei passi». Un brivido percorre le sue spalle e ammette di aver paura.

«Ragazze». Una voce conosciuta risuona nella caverna. «Sono Baldegunde. Siamo venuti a liberarvi».

È tutto un gridare caotico misto a parole di sorpresa.

«Calma, calma. Non siete ancora in salvo». Afferma con un filo di voce la capitana. «Non fate troppo chiasso».

Markus accende la lanterna cieca ed esamina le serrature. Emette un grugnito di disappunto, perché non sarà facile aprirle. Non ha gli attrezzi giusti ma solo un piccolo fascio di erbe corrosive. “Troppo tempo e non ne abbiamo a sufficienza”. Si guarda intorno illuminando le pareti. C’è un piccolo gancio appeso a un chiodo. Lo afferra e comincia a lavorare sulla cella più vicina all’ingresso. Dopo un po’ Reinhilde è libera.

«Bevi questa tisana e resta in silenzio qualsiasi cosa accada o vedi». Sono le istruzione che le dà Baldegunde.

Poi una dopo l’altra le libera. Ha appena liberato l’ultima, Aglaja, quando Markus sente vibrare la verga ammazzastrega. Capisce che si sta avvicinando un pericolo.

«Baldegunde prendi la tisana e tieni le ragazze appena fuori dalla Prigione, pronte a scendere a valle».

«E tu?» È seriamente preoccupata.

«Resto qui ad attendere la strega Ampfel. La verga la terrà inchiodata qui mentre voi scendete».

Baldegunde non è convinta di abbandonare il suo compagno nella lotta con la strega, che di certo sarà spalleggiata dal drago Michele.

«Ho letto quello che pensi. Ci vediamo a valle. Ora vai senza perdere tempo».

***

La strega Ampfel accompagnata dal drago Michele e dal draghetto Matteo si dirige verso la casa delle anime immortali.

Come ha raccontato la megera Swanhilde trova nella stanza degli ospiti un mucchietto di cenere grigia ormai fredda. La camera sembra in perfetto ordine come se nessuno si fosse fermato. Il letto rifatto, il bagno lindo, gli armadi con i vestiti ben allineati dentro.

«Non è possibile. Nessuna traccia. Pare che prima di andarsene abbiamo rassettato tutto».

La strega Ampfel è furibonda, dimenticando pure i dolori che ferite e veleno le provocano.

Il drago e il draghetto dopo l’attenta perlustrazione confermano che la casa risulta disabitata e non ci sono tracce del passaggio di qualcuno.

La strega Ampfel sta valutando se dirigersi tutti insieme verso la Prigione del Tempo perduto oppure dividersi in due gruppi. Uno che punta a valle e l’altro a monte. Deve prendere una decisione in fretta senza perdere tempo che sembra prezioso.

«Drago Michele scendi a valle senza indugiare e presidia la casamatta all’imbocco del sentiero perduto. Aspetta lì nostre notizie». Poi rivolgendosi al draghetto Matteo gli fa segno di seguirla.

Il drago Michele storce il naso ma non ribatte e si avvia verso valle. Non gli piace che il suo posto accanto alla strega Ampfel sia preso da quell’intrigante di Matteo. Sa che è ambizioso e vuol scalare le gerarchie dei draghi e prendere il suo posto come numero uno.

Una cavalcata frenetica li porta in prossimità della Prigione del Tempo Perduta. Hanno rischiato più volte di finire nel burrone o di azzoppare i cavalli ma nessun pericolo li ha fermati.

La strega Ampfel si ferma, avverte pericolo. Le piaghe si riaprono in modo doloroso, il veleno riprende vigore.

«Che c’è?» Chiede il draghetto Matteo con aria strafottente, arrestando la sua corsa accanto alla strega che pare paralizzata. Non sentendo risposte sprona il cavallo verso l’ingresso. Con un balzo scende ed entra. Fa uno sbuffo di fuoco per illuminarlo e osserva che le celle sono aperte.

«Dunque c’è o c’è stato qualcuno qui dentro». Apre la bocca ma avverte in gola qualcosa che brucia. Dalle narici prova a incendiare quello che lo circonda ma esce uno sbuffo di vapore. Riprova ma l’esito non cambia. Impaurito retrocede verso lo sbocco ma i piedi sembrano inchiodati a terra. Capisce che una grande magia l’ha colpito senza che lui possa difendersi.

La strega Ampfel non aspetta che il pericolo si materializzi e girato Mefistofele scende a precipizio verso la sua dimora.

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Compagnia per l’estate – 6 – il sorriso

Su newwhitebear è stato pubblicato il sesto esercizio di scrivere creativo.

Ecco le regole.

Dovrete creare un racconto, lungo 1000 parole,

“Se alle tre del mattino ti svegli e per la dolcezza del sogno ti viene da sorridere… non farlo” è la voce suadente di Aldo, che l’ammonisce.

Giada si sveglia di botto e si guarda intorno. Buio e silenzio ma di Aldo, il suo compagno neppure l’ombra. Il suo posto nel grande letto matrimoniale è freddo. È sparito da tre giorni senza lasciare tracce. Si mette dritta e scruta la radiosveglia. Sono le tre, mugugna infastidita. Il sogno merita non un sorriso ma un milione di sorrisi e non posso farli. Sembra incredibile ma da tre giorni non si può sorridere, nemmeno un accenno. Donaldo Briscola, il presidente di Sufferland, stanco di vedere visi sorridenti, ha deciso che è abolito per decreto. Chi è trovato a sorridere prenderà dieci nerbate sulla schiena. Per i recidivi l’aumento sarà in proporzione al numero di mancanze.

Giada ha pensato alla solita battuta del presidente arancione su twitter, perché, quando cinguetta, non si capisce una mazza. Questa volte è stato chiaro: dieci nerbate sulla schiena nuda sulla pubblica piazza. Il primo giorno hanno beccato una ragazza dalla pelle scura, che ha il sorriso incollato sulle labbra, rammenta Giada, mentre sveglia fa il viso mesto di circostanza. “Non si sa mai” ammette mogia con l’occhio spento e la bocca storta. Ha visto la scena sul televisore. Roba da mettersi a piangere, altro che ridere. Le immagini andavano in loop su tutti i canali TV. L’avevano agguantata, denudata dalla cintura in su e giù nerbate con perfido sadismo. Avevano il loro daffare nel usare il nerbo di bue ma il sorriso restava beffardo mentre gli occhi erano pieni di lacrime.

Aldo è rientrato furibondo. Da lui ha saputo che è intervenuto il capo della polizia per spiegare a quegli energumeni che l’avrebbero potuto anche ucciderla ma il sorriso sarebbe rimasto in eterno. Madre natura l’aveva generata sempre sorridente. Al termine del racconto ha fatto un sacco di telefonate tutto arrabbiato ed è sparito. Aldo è una testa calda e per questo Giada è in apprensione per lui.

Il pensiero di non poter più sorridere l’angoscia. “Ma in privato?” Qui casca l’asino. Non è chiaro se sarà possibile ma un codicillo scritto con carattere quattro, da leggere con lente d’ingrandimento, parrebbe vietarlo. O meglio è istituito la Gran croce della spia, da assegnare a chi fa più soffiate documentate da immagini. Dunque nemmeno tra le mura di casa si può stare tranquilli. Poi c’è il rischio di una webcam azionata da qualche software spia, non più malevole ma benevole nella nuova accezione del termine. La Sicurezza Nazionale li inietta in tutti i computer. Lo faceva prima in modo illegale ma subdolo. Lo fa adesso alla luce del sole. Sono vietati per legge l’uso di antivirus o sistemi operativi refrattari a questi software. Giada tiene il PC spento. Non usa più lo smartphone ma un vecchio telefono non connesso che fa solo telefonate e manda o riceve SMS. Niente più Whatsapp, né i social, né consultare le mail. Niente più navigazione.

Però ritorna a pensare ad Aldo e si domanda dove sia finito. “È sempre stato una testa calda” ammette sconsolata. “Ma tre giorni fa ha superato il limite di guardia. Lui con altri esagitati ha manifestato davanti alla Casa Arancione con striscioni e megafoni”. La ragazza teme che sia stato messo in prigione. Forse non durante la contestazione, perché la polizia a cavallo ha caricato i manifestanti che si sono dispersi nel parco e nelle vie adiacenti. “Non ha chiamato, né mi ha mandato un messaggio. Dissolto nel nulla”. Giada fa il viso triste. Di dormire non ci pensa più. Eppure le è apparso nel sogno.

Aldo per sfuggire alla cattura si è nascosto insieme a due amici dentro un ufficio di onoranze funebri.

“Qui non ci vengono a pescare” ha sostenuto, nascondendosi dentro una bara.

“Ma non possiamo restare in eterno tra urne cinerarie e casse da morto” contesta Giacomo, che preferisce un’atmosfera più gaia.

“Cosa dici, Aldo?” interviene Giovanni col viso da funerale.

Aldo si grata la testa pelata, guarda i due amici con cui ha condiviso tante risate ma resta muto.

“Le pompe funebri sono aperte ventiquattro ore per trecento sessanta cinque giorni l’anno” borbotta Aldo. “E poi non fanno ridere”.

Si mette a dormire in una cassa foderata di raso viola con un cuscino di velluto rosso.

Donaldo è furioso. Si muove secondo un’ellisse nel suo studio presidenziale. Il suo consigliere Bannone, il Rasputin della situazione, non osa avvicinarsi. Ci ha provato e porta i segni della sua dentiera sul braccio. Per fortuna aveva una giacca pesante, che ha impedito che affondasse i denti nella carne.

Il presidente si domanda dove ha sbagliato. ‘Tre giorni fa tutti erano felici e sorridenti” borbotta incavolato come una biscia. “Adesso sembrano spot pubblicitari della mestizia al cubo. Manco uno sorride! Solo quella minorata del primo giorno”. Poi sono arrivati i contestatori, pensa con il viso paonazzo dalla rabbia, con megafoni e striscioni. Devo cacciare il capo della polizia. Un inetto.

Si ferma davanti al computer e twitta “Da questo momento Rossello, il comandante della polizia di Surfunia, non è più il capo”.

Ha appena battuto ‘Invia’ che sente del tramestio alle sue spalle. Diventa tutto buio, come se un cappuccio nero fosse stato calato sulla sua testa.

Giada apre il televisore, sperando di trovare qualcosa di soporifero. Strabuzza gli occhi. Legge ‘Edizione straordinaria” sullo schermo e vede il suo Aldo che trascina per i cappelli arancioni un omone che assomiglia in modo incredibile a Donaldo Briscola. L’annunciatore comincia a recitare la sua litania.

“Tre giovani audaci, Aldo, Giovanni e Giacomo, hanno catturato il gemello pazzo del nostro presidente, che sfruttando la completa somiglianza ne aveva preso il posto. Ronaldo Briscola era internato nella clinica psichiatrica ‘Dottor Stranamore’ ma era riuscito a fuggire con la complicità di un funzionario disonesto. Il vero Donaldo Briscola era finito imbavagliato in un cassa da morto delle onoranze funebri ‘Visi tristi’. Qui si erano rifugiati i tre ragazzi e l’avevano liberato. Tra bare e urne hanno messo a punto il piano per catturare il gemello pazzo. Una risata ci seppellirà” aveva concluso l’annunciatore ridendo a crepapelle.

in cui i sorrisi vengono vietati/cancellati/esiliati/dimenticati/scegliete voi.

Dovrete:

  1. Inventare il motivo per il quale non sarà possibile sorridere;
  2. Creare due personaggi principali;
  3. Un “antagonista”;
  4. Un colpo di scena finale.
  5. Iniziare il racconto con “Se alle tre del mattino ti svegli e per la dolcezza del sogno ti viene da sorridere… non farlo.”

ecco il mio racconto

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continua la saga di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la venticinquesima puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse. La puntata la potete leggere anche qui.

L’ultima avventura di Puzzone

Markus non ha fatto i conti con la voce femminile di cui ignora il nome. Non appena si corica accanto a Baldegunde per prendere sonno, sente sibilare nella mente. «Alzati e unisciti con me. Diventerai immortale».

Lui senza rispondere si gira su un fianco e ascolta il lento ronfare della compagna che si è addormentata come un sasso. Anche lui vorrebbe prendere sonno, perché la giornata è stata lunga e complicata. Però quella voce lo tedia e lo incita ad abbandonare Baldegunde.

Markus comprende che è una trappola senza capire lo scopo di tutta questa insistenza. “Dunque non sono quelle che dicono di essere”. Sa che questo pensiero sarà letto dalla voce femminile. Sorride e dubita che sia veramente una femmina.

«Te ne pentirai» urla inviperita e aggiunge con voce stridula. «Conoscerai la nostra rabbia e rimarrete nostri prigionieri».

«Tutto questo è da vedere» replica calmo Markus puntando su alcune erbe che ha nei suo zaino. Queste hanno il potere di trasformarli in altri umani e rendersi irriconoscibili.

Si alza, osserva la compagna che ha i lineamenti distesi di chi dorme beato. La sfiora con la mano prima di afferrare lo zaino che contiene preziose erbe e la verga ammazzastrega.

La estrae e avverte in tutto il braccio la vibrazione che emette. “Dunque siamo finiti in un covo di streghe. Ora è chiaro il disegno”.

La verga inizia lentamente a muoversi a destra e sinistra, poi rotea fendendo l’aria con decisione. Markus non è più in grado di controllare la frenesia dei fendenti perché la verga pare animata di vita propria.

Dapprima ascolta dei gemiti, poi delle invocazioni di aiuto per far cessare il supplizio.

«Mostrati e chiedi perdono per quello che hai tentato di fare» sussurra Markus pronto a usare il tiglio tignoso per imprigionare questa presunta anima immortale.

«Trattieni questo strumento. Faccio ammenda di aver tentato di intrappolarvi per impedire di proseguire oltre».

Come d’incanto compare una fanciulla dai capelli arruffati e volto e corpo piagati da brutte ferite nere. Trema e balbetta.

Markus la osserva con disprezzo mentre richiama a sé la verga che vibra minacciosamente, pronta a riprendere il lavoro interrotto. «Chi siete veramente».

«Siamo le megere scampate al rogo della regina Eberhilde che ha sterminato tutte le mie compagne. Prendiamo ordini dalla strega Ampfel e siamo state poste a guardia di questo sentiero occulto. Il nostro compito è catturare tutti i viandanti che lo percorrono. Nessuno deve raggiungere la Prigione del Tempo Perduto».

Detto questo la fanciulla diventa grinza e ingrigisce fino a diventare un mucchietto di cenere.

«Abbiamo corso un grosso rischio». È la voce assonnata di Baldegunde che ritta sul letto ha ascoltato le parole della megera e osservata la sua fine. «Dobbiamo eliminare subito anche le altre».

Markus scuote il capo. «Sono certo che sono già fuggite per raggiungere la strega Ampfel. Il posto non è più sicuro. Vestiti in fretta mentre preparo qualche tisana. Tra cinque minuti dobbiamo essere in marcia anche se fuori è buio».

Diventati invisibili e confuso il loro odore di umani con quello del leopardo delle nevi si mettono in cammino verso la Prigione del Tempo Perduto.

***

«Signora sono affranta ma la devo disturbare».

L’apprendista strega Rotapfel è ritta dinnanzi al baldacchino dove riposa la strega Ampfel e si contorce le mani. Svegliarla quando si è appena assopita è sempre un rischio ma vista l’urgenza non ha alternative.

La strega Ampfel grugnisce. È a letto da un paio di ore ma solo da pochi minuti ha preso sonno. Le ferite dolgono e il veleno non è ancora debellato. Si gira su un fianco e poi sull’altro, infine si mette ritta con gli occhi socchiusi.

«Cosa c’è di tanto urgente da svegliarmi nel cuore della notte?»

L’apprendista strega si schiarisce la voce con due colpetti di tosse. «Nel salotto grigio ci sono le megere, le anime immortali messe a guardia del sentiero perduto…».

«E allora?» Il tono si alza di più di un’ottava e gli occhi si stringono nervosamente. «Perché hanno abbandonato il loro compito?»

L’apprendista strega abbassa lo sguardo. Sa che sta per scatenare l’inferno. «Dicono che sono fuggite perché un uomo e una donna hanno incenerito Krienhilde, il loro capo con un oggetto sconosciuto ma potente».

La strega Ampfel sembra svegliarsi di botto e la mente prende a vorticare vertiginosamente. «Loro in tredici messe in fuga da due persone umane! Non posso crederci». Però qualcosa si insinua nella sua testa. “Krienhilde è una megera potente e navigata. Mi sembra strano che abbia permesso a un umano di renderla in cenere. A meno che…”. Adesso deve ascoltare la megera anziana Swanhilde.

La megera anziana racconta che Krienhilde ha tentato d’irretire l’uomo come ha sempre fatto in passato con successo. Però questa volta le ha andata male. «Con esattezza non so cosa sia successo. Noi eravamo in un’altra stanza. Abbiamo sentito delle grida di dolore e invocare aiuto. Quando siamo accorse, l’abbiamo trovata in un mucchietto di cenere grigia».

La strega Ampfel stringe gli occhi per il dolore delle ferite e per concentrarsi su quello che ha udito.

«Mi avete parlato di due umani che vi hanno costretto alla fuga».

La megera Swanhilde abbassa lo sguardo per non incrociare quello della strega Ampfel. In effetti non sono accorse subito ma dopo un po’ di tempo perché hanno avuto paura. La strega legge questo pensiero che scatena la sua collera. Alza il tono della voce perché la vorrebbe incenerire.

«Non siete lì per scaldare la panca ma per impedire che degli intrusi possano salire al Picco dell’Impiccato».

Poi la congeda con un gesto imperioso della mano. «Siete sollevate dal vostro compito. Rimanete nel salotto nero finché non sono di ritorno». E comanda all’apprendista strega di convocare con la massima urgenza sia il drago Michele sia il draghetto Matteo.

«Tra meno di un minuto siano qui!» Tuona infuriata, mentre si prepara per uscire.

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