Una volta c’era un posto che si chiamava Lo scrittorio dove veniva data una parola chiave e si doveva costruire qualcosa. Poi l’oblio è calato. L’amministratore o meglio l’amministratrice è scomparsa ed è calato un dito di polvere, non di stelle ma polvere polvere, quella vera.
Ogni tanto butto l’amo sperando che qualche incauto abbocchi.
Oggi per il gioco linguistico di Eletta Senso dobbiamo costruire un tautogramma in effe come febbraio
Fernando finisce di fissare la finestra di Federica. Fascino e fervida fantasia frullano frasi fantastiche sulla fantomatica fanciulla, finché non fugge frastornato alla fine del fraseggio finale.
Per Luisa ho scritto questo acrostico per salutare febbraio
Fuori si
estende un
biancore,
breve
risultato di
amaro
impegno
osservo.
Un giallo Puzzone
Oggi Luisa propone sempre in tema di Febbraio un tautogramma in effe.
Fioriscono frasi felici tra i fidanzati con foggia fantasmagorica di fuochi folgoranti. Franco e Fortunata finiscono a Firenze alla fine delle forzate favelle sul fronte della faticosa famiglia.
Eletta Senso ha proposto per il gioco linguistico un monovocalico in A
Arde per amore di Ada. Aspira aria e allarga l’animo. Alberto aspetta ansioso l’ardente attrazione in apnea. L’amata altezzosa attende l’amorino abbacchiato.
Armati di affetto arrivano arguti gli audaci ardori. Ammiriamo l’attaccamento all’avventura di Andrea e Ada che con attenta amorevolezza amoreggiano accanto agli alari. Abbacinati alquanto da acredine Alberto e Agata attaccano adirati l’attaccamento degli altri amorosi.
I due ragazzi sono rimasti fuori, finché le scorte di viveri l’hanno consentito ma adesso devono rientrare. Hanno impiegato il loro tempo per filmare, progettare e visionare luoghi e possibili postazioni utili al progetto che hanno in mente. La loro idea è quella di creare una prima colonia fuori dalla Città del Sole.
L’ambiente è ancora ostile ma la Città del Sole è al limite della sua capienza. Il centinaio di persone all’inizio sono lievitate a oltre mille e ogni spazio è saturato e non solo quello. È tempo che si espanda all’esterno per non incrinare il clima di pacifica convivenza che i suoi abitanti hanno instaurato.
«Il bunker di Konnie in teoria potrebbe ospitare sei od otto persone. È abbastanza attrezzato per consentire una vita comoda» spiega Matteo con tono serio durante una perlustrazione dei dintorni.
«Beh! Bisogna verificare che sia possibile costruire una stanza di decontaminazione e una serra per coltivare dei vegetali in maniera sicura» controreplica Alba con tono dubbioso di chi non crede che sia una strada in discesa vivere là. «E poi dobbiamo diventare vegani!»
La battuta li fa ridere, perché in effetti non sarà possibile mangiare carne o pesce in tutta sicurezza. La contaminazione ambientale ha colpito tutto. L’umanità è sparita salvo quelli previdenti come la Città del Sole o Konnie e i suoi genitori. Gli animali si sono adattati, almeno quelli di taglia medio-grande. Altri sono spariti. L’acqua, la terra e le piante non si sa con precisione quanto siano contaminate dopo cent’anni ma di certo lo sono ancora.
«L’acqua non è usabile direttamente» afferma Alba avvilita ripensando alle misurazioni dei giorni precedenti nel rio che scorre a valle della Città del Sole.
«Però è un problema minore o risolto nel bunker di Konnie. Mi preoccupa in realtà la terra che deve essere tolta senza gli strumenti adeguati ma solo con la forza dei muscoli e forse non sarà sufficiente» replica Matteo con voce affranta. «Ignoriamo quanto sarà faticoso eliminare lo strato superficiale per costruire la serra. Qui» e con il braccio indica la radura intorno a loro, «non fa molto testo perché le misurazioni possono ingannare».
Però il tramonto è vicino e le ombre si allungano. È arrivato il momento di dare l’arrivederci a Cucciolo, perché loro devono rientrare. Non è più possibile restare fuori.
In queste cinque settimane il lupetto è cresciuto, si è irrobustito. È diventato un abile cacciatore in grado di provvedere a se stesso senza dipendere dai due ragazzi. Ha trovato in loro il nuovo branco. L’istinto della sua specie non si è affievolito. Non si è addomesticato. La sua natura selvatica è rimasta intatta. Neppure loro hanno provato a modificarla.
Sistemano l’anfratto per fargli capire che la loro lontananza è solo provvisoria. «Cucciolo noi dobbiamo tornare dentro ma tu devi rimanere qua fuori. Non puoi entrare» sussurra Alba con tono dolce accarezzandogli la testa. «Domani ci vediamo e ci facciamo una bella passeggiata insieme».
Matteo gli dà una grattatina nel sottogola a mo’ di saluto.
Cucciolo ha gli occhi mogi quasi acquosi vedendo quelle due persone che l’hanno salvato e si sono presi cura di lui, mentre sono inghiottite da quella parete lucida. Però ha sentito sincerità nelle loro parole. Gli hanno lasciato del cibo ma sa che deve procurarselo da solo e che la sua tana è quella tenda incastrata tra le rocce.
“Il 27 dicembre successe una cosa incredibile. Da quel giorno nulla fu come prima…”
Il 27 dicembre successe una cosa incredibile. Da quel giorno nulla fu come prima…
«Va bene! Mi hai convinto» annunciai a Giovanna ai primi di giugno. Erano sei mesi che voleva fare una vacanza in India per seguire due settimane di terapia ayurvedica in una località del Kerala. Per poi raggiungere Rishikesh, una città di cui ignoravo l’esistenza. Qui avremmo passato due giorni con un santone, un mistico dal nome impronunciabile, che scrutava il futuro con delle perline colorate e altri strumenti come mi aveva assicurato Giovanna. Con Google Map scoprì che si trovava alle pendici dell’Himalaya. «Ma non farà troppo freddo?» le domandai tra il curioso e il dubbioso. La risposta fu «No!». Però io ci credetti poco ma finsi il contrario.
Prenotati i voli con Air India con partenza da Milano e arrivo a New Dehli per il 2 dicembre, mi documentai su questa terapia che secondo Wiki serviva a disintossicare mente e fisico. Decisi di viaggiare leggero, perché era nostra intenzione girare per l’India. Per il ritorno trovammo due voli: uno per il 27 e l’altro per il 28. “Pazienza” mi dissi, “viaggeremmo separati”. Io optai per il volo del 28, lasciando quello del 27 a Giovanna.
Il 2 dicembre partimmo per l’India.
Raggiunto il resort, immerso nella folta e verde vegetazione del Kerala, rimasi stupito dal posto e dalle persone. Era incantevole e si mangiava divinamente ma non solo aveva anche una spiaggia privata. Era stata una scelta oculata.
Ci sentivamo in piena forma quando il 17 partimmo per il tour in India che ci avrebbe condotto dal santone la vigilia di Natale.
Ero dubbioso di raggiungere il posto. Nubi basse e nere coprivano la catena e ci informarono che stava nevicando. Faceva freddo ed era tutto bianco intorno. Battendo i denti ci accodammo a una fila di persone in attesa di entrare nella grotta del santone. Volevo desistere ma Giovanna mi spronò a rimanere in coda. Quando fu il nostro turno, rimasi colpito da quella persona. In pratica aveva solo un drappo colorato intorno al petto. Ci scrutò, prese una decina di bastoncini di bambù, ma non ne sono sicuro oggi perché ho un ricordo confuso. Ce ne fece scegliere uno a testa e poi gli altri li gettò per terra. Disegnò un 27, un aereo e un boom. Insomma ci sconsigliava di prendere il volo del 27 dicembre.
Io risi ma Giovanna lo prese sul serio. «C’è poco da ridere» affermò con tono serio. «Se dice di non volare il 27 è meglio non farlo. Io rinuncio e vedo di convertirlo per un altro giorno».
Avrei potuto scambiare il mio volo col suo ma non mi piaceva lasciarla una giornata da sola. Il giorno di Natale Air India mi mandò un SMS con la possibilità di due posti per il 27 oppure per il 28. Optammo per quello del 28. Potevamo fare il viaggio insieme.
Il 27 dicembre eravamo sul treno che ci riportava a New Dehli, quando sul telefono comparve una notizia spaventosa. Il volo AI-980 era stato dirottato ed era esploso in volo. Nessun superstite.
«Il santone aveva ragione» affermai con voce roca. «Se avessimo preso quel volo, ora saremmo morti».
«Ma quello non l’avrei preso anche se avessi perso il costo del biglietto!» esclamò con tono deciso. «Io l’ho preso sul serio. Non raccontava balle!»
Da quel 27 dicembre decisi che appena alzato avrei messo in pratica quello che aveva insegnato il santone per vedere cosa mi riservava la giornata.
Da poxo è stata pubblicata la ventinovesima parte di Konnie su Caffè Letterario. La potete leggere anche qui.
14 settembre 2144 Città del Sole
Dopo le turbolenze dei giorni precedenti il tempo vira con decisione al bello. Il cielo è limpido e il sole inonda l’abetaia.
Dal Consiglio dei Saggi non è arrivata nessuna risposta. Tutto tace. Hanno letto molte pagine del diario di Konnie ma nella giornata odierna il tempo finalmente stabile li invita a passeggiare nel bosco. Cucciolo è sempre vicino a loro e si allontana di poco come se temesse di essere abbandonato.
Alba e Matteo si tengono per mano come due innamorati. «Il pensiero di rintanarmi di nuovo sottoterra mi perseguita da quando ho scoperto il mondo di sopra» spiega il ragazzo dando alla voce un’intonazione acida.
«Cosa pensi di fare?» Alba si irrigidisce perché fatica a comprendere il senso dell’affermazione. Immagina che ha in mente qualcosa ma non riesce a concretizzare il pensiero.
«Mi piacerebbe tornare a Bozen, nel bunker di Konnie. Salire o scendere senza chiedere il permesso tutte le volte ai saggi».
La ragazza rimane in silenzio. Riflette. Quell’idea l’ha sfiorata in questi giorni ma ci sono troppe variabili da tener presente. “Sì. Il pensiero è solleticante ma… Ci sono i viveri, la stanza di decontaminazione e poi noi due”. Si ferma ed espone cosa pensa. «Se spieghi meglio il progetto che hai in testa, ne possiamo ragionare».
«Il bunker è abbastanza ampio per ospitare diverse persone. Ci sono quattro ampie stanze, una sala e una cucina oltre ai servizi. C’è una zona del freddo che è ideale per conservare viveri e altro…».
«Ma Cosa pensi di fare dei corpi di Kurt e Marie?»
«Dare loro una degna sepoltura oppure cremarli come abbiamo fatto con Konnie. Lasciarli là in attesa che il generatore atomico smetta di funzionare mi sembra un insulto alla loro memoria».
Alba annuisce perché si trova d’accordo con lui. Però ci sono altri aspetti da vagliare. «Manca la stanza di decontaminazione perché l’ambiente esterno è e sarà pericoloso ancora per lungo tempo».
«La si può costruire. Serve una doccia».
Alba scuote la testa. Matteo la fa troppo semplice. «Poi c’è il problema dei viveri. Non è come nella Città del Sole che una vasta area è destinata alla coltivazione e all’allevamento di animali».
«Lo ammetto questo è più complicato ma è risolvibile costruendo una serra in superficie. Nel giardino».
«D’accordo. I problemi principali sono superabili ma servono materiali e competenze. Bozen è lontana. Ci sono due fiumi da scavalcare, due passi da scalare e delle vie in condizioni disastrose. Non abbiamo mezzi di locomozione che ci possano aiutare nel trasporto dei materiali. Tutto questo mi sgomenta» confessa la ragazza che ritiene non fattibile il progetto.
Matteo annuisce. Le obiezioni della compagna se le è poste anche lui, trovando soluzioni praticabili. Il progetto è solo in embrione. Va sistemato in tutti i suoi tasselli e sottoposto al Consiglio dei Saggi per la sua approvazione. Deve essere a prova di critiche. «Se studiamo bene il progetto in modo che sia realizzabile, poi abbiamo otto o nove mesi per attuarlo, perché prima di aprile maggio del prossimo anno non può diventare esecutivo. Dobbiamo parlare con Arturo per la stanza di decontaminazione e la serra. Se ci dice che possiamo costruirle trasportando i pezzi, abbiamo un jolly per le mani. Poi se troviamo altre coppie disposte a condividere il nostro progetto, potremo dire che è una prima colonia esterna della Città del Sole».
Alba sorride al pensiero di costruirsi un futuro con Matteo. «Ma Cucciolo nel frattempo?»
«Al di là se il progetto Colonia verrà approvato o meno, ho pensato di lasciare intatto il nostro accampamento esterno e di uscire tutti i giorni per tenergli compagnia. Se il tempo è clemente, anche più a lungo».
Alba lo abbraccia. È stata timida perché non ha proposto per prima quella soluzione. Però è contenta che Matteo abbia pensato come lei. Si sente in sintonia con lui.
Eletta Senso questa volta tenta la carta del telestico ovvero comporre una frase o una parola con l’ultima lettera di una parola. Il tema è inverno nelle varie declinazioni:
neve, ghiaccio, gelo fuoco camino spalare freddo…
Io ho usato comporre una mini frase Spalare la neve.
Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la ventottesima parte del mio racconto Konnie. La potete leggere di seguito.
12 settembre 2144 Città del Sole
La notte per i ragazzi e Cucciolo non è trascorsa tranquilla. Era da poche ore tramontato il sole quando il cielo si è coperto di nuvoloni minacciosi con una sarabanda di tuoni e lampi. Poi si è levato un vento da nord gelido con violenti scrosci d’acqua.
Il riparo ha assolto in modo egregio la sua funzione di proteggerli anche se le raffiche più violente hanno portato all’interno della pioggia.
Però quello che li ha tenuti maggiormente in apprensione è stato ascoltare il crepitio di abeti e larici colpiti dalle saette con lampi così vividi da illuminare l’area circostante.
All’alba la furia degli elementi si è placata lasciando il posto a una pioggia leggera. Nubi bianche basse hanno creato l’effetto nebbia.
«È stata una notte movimentata» afferma Alba con la voce impastata dal mancato sonno. «Avevo osservato dei video che mostravano temporali ma esserci in mezzo è molto più spaventoso».
Matteo annuisce mentre si stiracchia per rimettere in circolazione gli arti intorpiditi. «In effetti fenomeni così estremi non li abbiamo vissuti durante il nostro viaggio».
Fatta la colazione, sperano che la risposta al loro quesito arrivi sollecita. Anche se la pioggia è cessata, il cielo resta coperto da nubi compatte e cariche di acqua. Ritengono inutile e pericoloso avventurarsi all’esterno. Solo Cucciolo lo fa in modo frettoloso.
La luce all’interno dell’anfratto è piuttosto scarsa. Quindi accendono le due torce trovate nel bunker per illuminare la tenda e consentire un’agevole lettura.
25 dicembre 2099
Oggi è Natale ma sono quindici anni che lo trascorro in solitudine. Fino al 2083 c’era mia madre a tenermi compagnia, anzi a tenerci compagnia. In quel giorno preparava i canederli e lo stinco di maiale coi crauti. Per dolce una crostata ai mirtilli. È stato sempre così il nostro Natale da quando ricordo.
Poi il primo anno senza di lei ho provato a ripetere quel menù. Un disastro. L’impasto non era nemmeno lontano parente rispetto a quello che preparava Marie. Duro e immangiabile. Il brodo insipido e sapeva di acqua sporca. Li ho mangiati lo stesso perché non volevo sprecare delle risorse.
Lo stinco e i crauti erano mangiabili. Per forza! Prelevati dal freezer e scongelati erano ottimi. Alla torta ho rinunciato in partenza per non combinare altri disastri.
Per i Natali successivi ho usati stinco e crauti finché non si è esaurita la scorta congelata.
…
17 gennaio 2101
Le mie giornate sono monotone scandite dai tempi della noia. Se penso alla mia infanzia e adolescenza scopro il vuoto. La mia fantasia è morta al momento della nascita. Non ho mai avuto un gioco e Kurt e Marie ignoravano come farmi giocare. Anche le letture non sono state adatte alle mia età. La biblioteca conteneva solo i romanzi che piacevano ai miei genitori. La mia nascita ha stravolto i loro ritmi. Questo mi ha dato la percezione di essere un intruso.
Quindi adesso che sono solo mi annoio da morire. Leggere? Ho i libri che galleggiano a livello degli occhi. I video? Si sono consumati a forza di vederli. Scrivere? Non saprei cosa scrivere perché le mie esperienze sono confinate in queste quattro stanze. C’ho provato ma il risultato è stato pessimo.
Quindi passo ore a registrare dei podcast leggendo i romanzi in biblioteca. Poi li riascolto mille volte. Lo faccio anche perché l’orecchio non si deve atrofizzare ascoltando i pochissimi rumori che si percepiscono qui dentro.
L’altra attività per tenere il corpo in esercizio è la palestra. Non meno di un paio d’ore al giorno le passo a fare esercizio fisico.
Il nonno Marko è stato lungimirante nel prevedere una palestra attrezzata, quando ha fatto progettare questo bunker.
…
«Mi si è seccata la lingua a leggere» ridacchia Alba con tono ironico. «Maledetto casco!»
Matteo sorride. Casco e tuta sono una barriera che li divide fisicamente ma le loro anime sono in sintonia.
«Se ci costringono a lasciare fuori Cucciolo, tutti i giorni esco per controllare se lui è ancora qui» mormora la ragazza con l’intonazione affranta della voce.
Il ragazzo le stringe la mano con forza per dimostrare che anche lui è d’accordo. Nel mentre gli balena un’idea ma rimane incerto se esporla. Decide che la deve presentare nel modo adeguato e per il momento la tiene per sé.
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