Eletta Senso propone oggi una variante dell’haiku classico ovvero tutte le parole devono iniziare con la medesima lettera. Lascia a noi quale scegliere.
È stata una bella impresa mettere insieme un pugno di frasi contenenti solo la vocale A. Ci ho provato con quali risultati non so. Eletta Senso ha proposto un monovocalico in A. Di parole se ne trovano ma metterle insieme che abbiamo un minimo di senso compiuto non è stato semplice.
Eletta Senso propone in occasione della Pasqua e Pasquetta un tautogramma in P.
Ecco cosa ho pensato.
Pranziamo per il piacere di Pietro prima che parta per la Patagonia.
Prevede di partire per Pasquetta col primo piroscafo in partenza da Palermo.
Privandosi della piacevole presenza di Patrizia, piange per la pena di perderla. Il pathos progredisce col passare del periodo di presenza.
La prossima partenza pretende una pausa e una parentesi prima di partire.
Pietro prontamente prende la porta col pretesto di proteggersi dal pianto.
La Pasqua passa priva di un piacevole palpito.
Forse qualcuno sa che mi piace scrivere e pubblicare qualcosa di mio.
Cinque anni fa, una vita dirà qualcuno, insieme a Elena di Nonsolocampagna abbiamo deciso di unire le nostre forze e scrivere un giallo con i due investigatori dilettanti Debora Nardi, Elena, e Walter con Puzzone, io.
nuova copertina Un caso per tre
Non è stato semplice ma ci siamo riusciti ed è nato Un caso per tre.
Senza nessun battage pubblicitario in silenzio ha fatto un discreto numero di vendite e di letture tramite Kindle Unlimited, è stato in cima alle classifiche degli ebook Amazon nel suo genere e di recente è tornata nella classifica di primi cento. Insomma una bella soddisfazione.
Qualche settimana fa abbiamo deciso di rinfrescare la copertina con una nuova ma anche di procedere nella pubblicazione in formato epub allargando l’area da Amazon agli store italiani e stranieri. Gli effetti al momento non sono visibili, perché la rendicontazione non è così immediata come con Amazon. Tuttavia nutriamo una discreta fiducia che altri lettori si aggiungeranno ai vecchi.
Walter Bruno con il cane Puzzone in vacanza in un paesino dell’Abruzzo incontra nello Hotel Debora Nardi, anche lei in ferie con la famiglia. Come la calamita attira il ferro, anche loro si trovano coinvolti nella morte della receptionist e nel rapimento di un bambino. Conducono le indagini a modo loro e arrivano a risolvere entrambi i casi.
Questa è in sostanza il contenuto del romanzo.
Vi lascio anche un breve stralcio del capitolo 3
Maria, la moglie del gestore dell’hotel, aveva riservato per Debora e la sua famiglia la piccola suite al primo piano. Una stanza matrimoniale unita a una camera più piccola, dove avrebbero dormito Elisa e Lina. Ognuna era dotata di un bagno e una porta metteva in comunicazione le due stanze. Un ampio balcone era accessibile dalla camera di Debora. Da qui si poteva ammirare la montagna e la folta abetaia con la ferita dei campi da sci. Una sistemazione di riguardo sia perché erano dei vecchi e fedeli clienti, sia perché Debora si era ritagliata la fama di criminologa all’interno delle puntate “Giallo di notte”.
Lina osservò con curiosità le novità rappresentate dalla sistemazione e saggiò la sua brandina, trovandola di suo gradimento. Scodinzolò felice. Questa famiglia le piaceva molto. Era stata fortunata a trovarla.
Debora disfò le valigie sotto lo sguardo annoiato di Andrea, che si era seduto comodo sulla poltrona.
«Mamma!» urlò Elisa facendo vibrare i vetri. Sembrava che avesse trovato nella sua valigia un serpente velenoso.
«Dimmi, Eli» fece con voce pacata Debbi, mettendo la testa dentro la stanza della figlia.
«Ti sei dimenticata di mettermi in valigia il maglioncino azzurro. Lo sai che ci tenevo».
«Veramente la valigia te la sei preparata tu» rispose Debora ritornando alle sue occupazioni. Strinse le labbra per impedire l’uscita di quello che pensava, che non era certamente gentile.
Infine alcuni link dove potete trovare sia l’ebook sia il cartaceo.
Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato un nuovo post, che potete leggere anche qui.
Il vecchio libro trovato in soffitta è sembrato innocuo, ma dopo averlo aperto, Alice si ritrovò immersa in un mondo di magia e mistero che avrebbe cambiato la sua vita per sempre.
Ad Alice è rimasto impresso quel ritrovamento e non si è mai pentita di averlo scoperto.
Era una giornata di agosto afosa e torrida. Era uno di quei giorni che fare qualsiasi cosa voleva dire sudare e boccheggiare. Non c’era posto nella casa a Venusia in cui stare senza andare in debito di ossigeno.
Quella mattina all’alba era partita di soppiatto, abbandonando tutto e tutti.
“Se mi cercate, sono nella campagna di Venusia. Nella vecchia casa di mio padre, Berto”
Il post-it giallo era attaccato al frigo e non poteva non notarsi.
Presa la bicicletta elettrica, messo nel portaoggetti una sportina di cotone con un po’ di cibo e un paio di bottiglie di vino rosso, aveva inforcato quel sentiero che costeggiava la montagna di Venusia. Non le costava molta fatica pedalare perché il motore elettrico faceva lo sforzo maggiore.
Erano le otto quando è arrivata alla vecchia casa colonica dove aveva vissuto lei con suo padre prima di trasferirsi a Venusia con tutta la famiglia. Era così ogni volta che tornava lì. Vecchi ricordi e spezzoni d’immagini l’avvolgevano come un bozzolo protettivo e tornava bambina, quando correva scalza sul prato verde con l’erba ben curata antistante il casolare.
Anche quel giorno di agosto non è stato diverso dal solito. Udiva le sue grida di gioia, gli acidi rimproveri della nonna e la voce dolce del padre. La madre non l’aveva mai conosciuta e nemmeno adesso sapeva chi fosse. Ogni volta che lo chiedeva, Berto cambiava discorso e parlava del fico, dell’albero del pane e di qualsiasi argomento lontano mille miglia dallo svelare chi fosse sua madre. La nonna Bertolda storceva il naso e fingeva di essere sorda. Insomma nessuno ne voleva parlare e così anche adesso ignorava chi fosse.
Aperto il portone cigolante e le finestre al piano terra per arieggiare gli ambienti rimasti chiusi per molti mesi, aveva sperato di trovare quella frescura che non c’era a Venusia. Il caldo umido delle stanze l’avevano costretta a rimanere solo con una t-shirt lunga sopra le mutandine di cotone. Tuttavia il corpo era sudato e la pelle appiccicosa.
Dopo essersi aggirata sbuffando a causa del caldo per le stanze, era salita fino alla soffitta, che ricordava come fosse un luogo proibito e chiuso con due mandate per evitare che Alice bambina entrasse a curiosare.
Ovviamente la porta era chiusa. Non l’aveva mai vista aperta. Ignorava dove fosse la chiave. «E ora che faccio?» Era sicura che questa fosse finita nella bara del padre e quindi evitò di andarne alla ricerca. Ricordò, che, quando era a Ludi per l’università, aveva visto un film dove insegnavano come aprire con mezzi di fortuna una serratura.
Si procurò due listelli robusti e cominciò con pazienza allineare i denti dell’ingranaggio dell’apertura, finché non sentì quel ‘click’ che stava a indicare che la porta era aperta.
Armata di candela entrò in quell’antro polveroso e pieno di ragnatele, attese che gli occhi si abituassero al grigiore della stanza e poi iniziò l’esplorazione.
Lo stupore si dipinse sul suo volto. Sembrava che un tempo fosse stata abitata. Un letto, un canterano, delle sedie e un tavolo a capretta in noce. In un angolo stava ricoperta da due dita di polvere una cassapanca e appoggiata alla parete più ampia una libreria con molti volumi.
Alice entrò in fibrillazione e con delicatezza tolse la polvere dai libri sulla mensola inferiore. Un libro in cuoio rosso e incisioni dorate attirò la sua attenzione. Era ritornata bambina quando curiosava tra tutto quello che colpiva la sua immaginazione.
Lo prese con cura come se fosse l’oggetto più prezioso del mondo. Liberò una sedia e il tavolo dalla polvere e ragnatele e lo posò.
Quando lo aprì, rimase di stucco. Era davvero il libro degli incantesimi con una dedica a Lucia da parte di Mefistofele. E si ritrovò in un luogo del tutto sconosciuto con persone vestite in modo strano e strade lastricate con sassi di fiume.
Come omaggio alla primavera Eletta Senso propone un tautogramma in P.
Ecco cosa ho pensato.
-Permetti? Piacere per la presenza di persona.
Parlicchia Perla con parole problematiche non percettibili.
-Prego? Perché parli così? Poni il pensiero con precisione.
Perla pazienta un poco prima di proporre con pignoleria pensieri e parole. -Provo a preparare pazientemente un potente proponimento… Perdonami per la piccola pedanteria nel progetto. Pignola e petulante.
Paolo pacioccone pencola pieno di piacevole posa pensosa. Pronto a partecipare al paradosso di Perla.
Sul blog di Eletta senso e qui trovate il mio tautogramma in M.
Marcerai, Marcello, per mari e monti ma minchia ci mancherai. Memoria del mondo mistico menti in modo mefistofelico, in maniera madornale e malcelato motteggio, mirando a motteggiare Marina. Mentre mimi Mario, minuto menestrello, mostri la tua mano con machiavellica modestia. La mercanzia nel magazzino marcisce per mancanza del mercante di morte.
Il post è stato appena pubblicato su Caffè Letterario e lo ripropongo di seguito.
Il suo cuore batteva all’impazzata mentre si avvicinava alla porta della stanza in cui sapeva che l’avrebbe trovato.
Si fermò per ascoltare. Nessun rumore. Mosse un passo e si bloccò con la mano a mezz’aria come una bandiera in segno di lutto.
Sentiva il cuore battere e il rumore prodotto era più intenso perché tutto intorno c’era silenzio.
Mirna rifletté se doveva abbassare quella maniglia oppure girare i tacchi e fuggire. Però sembrava che il pavimento di lucido tek fosse vischioso come la colla da falegname. Incapace di muoversi, paralizzata nella mente restava lì a cinquanta centimetri da quella porta che sapeva d’inferno.
“Devo decidermi” mormorò mentalmente, impegnata com’era tra il pensiero della fuga e affrontarlo per chiarire cosa non funzionava.
Piero era il suo capo ma anche il suo amante. E lui era lì dietro quella porta. Aveva capito in ritardo che era tutto sbagliato. Non doveva e invece l’aveva fatto. Si era lasciata coinvolgere in un gioco superiore alle sue forze e si era ritrovata sola. Tutti erano a conoscenza del legame tra lei e Piero e sorridevano ironici quando la vedevano. La scansavano come un’appestata.
Da questa relazione non ci aveva ricavato nulla, solo le frecciate velenose degli altri. Eppure lei era libera senza legami e non doveva rendere conto a nessuno. Semmai era Piero che era in fallo con la sua famiglia. Però adesso doveva decidersi ma era paralizzata.
Mosse un passo indietro riportando il braccio sul fianco, perché aveva sentito delle voci dietro quella porta. Spalancò gli occhi e increspò la fronte. Forse la tensione gli aveva giocato un brusco scherzo. “Non è possibile!” e si avvicinò cauta alla porta per ascoltare meglio. “Sì! È una voce femminile e familiare. Cosa sta a fare lì dentro?”
Udì un cigolare di molle e dei sospiri che non si prestavano a equivoci fino all’esplosione di gioia soddisfatta. «Ancora! Ancora!» Un grugnito animalesco sovrastò la voce femminile e poi fu silenzio pieno di un ansare per respiri affannosi.
Mirna era impietrita. “Devo scappare!” Però rimase lì col viso a pochi centimetri dalla porta, quando…
Il battente si aprì e vide Piero accasciato sul divano rosso e Angela scarmigliata con la gonna in mano che la travolse.
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