Fuochi d'artificio
Temporale d'estate
Sogni e visioni
Notte di stelle cadenti
Il Viaggio – 11
Il Viaggio – 10
Simona si sentiva leggera, stanca ma appagata dalla lunga chiacchierata notturna. La mente era nitida come uno specchio appena tirato a lucido, mentre tutti i pensieri erano volati via col sorgere del sole.
Maria l’ascoltava attenta mentre sorseggiava un caffè ormai freddo ed annuiva convinta. Percepiva un cambiamento benefico nella ragazza, come se l’involucro protettivo nel quale era avvolta mostrasse le prime fattezze di quello che sarebbe diventata tra non molto. Lei conosceva tutta la storia di Simona, anche se non ne aveva mai parlato direttamente, perché Lina le aveva narrato tutti i particolari. Il padre aveva strepitato a lungo tentando di intercettare la cognata per conoscere il nascondiglio della bambina. Però era stato dissuaso dalla minaccia di uno scandalo, che avrebbe travolto tutti e lui per primo. Il destino era stato benevole con loro ed aveva dato una mano alla zia, perché il padre una notte, tornando a casa ubriaco, era stato travolto da un auto. La sorella, sempre più debole psichicamente, non aveva retto alla perdita del marito, dapprima richiudendosi in un mutismo esasperato, poi suicidandosi per il rimorso di non averlo contrastato efficacemente.
Così i genitori di Simona se ne erano andati tragicamente travolti dalle loro stesse debolezze senza che lei sapesse nulla che era rimasta orfana.
Simona conosceva qualcosa ma non tutto, perché zia Lina e Maria non avevano voluto aggiungere un trauma alla drammatica scoperta di come avesse vissuto pericolosamente coi genitori. Questo peso era stato un macigno sulla vita affettiva della ragazza, perché avvertiva l’incompletezza delle informazioni ricevute. Aveva percepito il caldo affetto delle due donne che l’avevano accudita e protetta durante quegli anni, ma si sentiva incompiuta e dimezzata, perché le sensazioni, che un padre premuroso poteva offrire ad una figlia, non erano sostituibili minimamente da una figura semplicemente femminile. Non era mai riuscita ad essere completamente sincera con loro, perché a torto non percepiva la sensibilità di una madre. Quindi determinati aspetti delle emozioni che i primi amori avevano suscitato in lei erano stati taciuti o minimizzati, perché provava una certa vergogna a confidarsi con loro. Però adesso comprendeva quanto fosse stata ingiusta ed ingrata nei loro confronti, perché se era cresciuta solare e serena il merito era tutto loro.
Sia Simona sia Maria sapevano di essere state in debito una con l’altra, ma adesso era venuto il momento di chiarire tutto senza che questo potesse costituire un trauma.
Mentre Luca dormiva di un sonno profondo e senza sogni, Maria cominciò a parlare: “Credo che sia giunto il momento di raccontare quello che in tutti questi anni io e Lina abbiamo taciuto” e cominciò a narrare senza tralasciare nulla. La ragazza aveva gli occhi lucidi per l’emozione perché il mosaico incompleto dentro al mente prendeva forma e consistenza, mentre lasciava intravedere il disegno finale.
Adesso comprendeva perché quel buffo ometto calvo e anziano aveva suscitato in lei delle sensazione mai provate prima. Non le ricordava un padre del quale aveva perso la fisionomia oppure non le trasmetteva quell’amore paterno che non aveva mai assaporato.
“No, non sono questi gli aspetti” diceva a se stessa ascoltando il lungo monologo di Maria.
Era dunque quell’aria sognante, quasi eterea che aleggiava intorno a lui il vero segreto dell’attrazione verso Luca. Il racconto di Maria era crudo, disincantato tale da non suscitare rimpianti, molto diverso da quello che avrebbe voluto nel suo immaginario. Non provava odio verso i genitori, ma semplicemente disgusto per quello che avevano fatto e per quello che non erano riusciti a donare.
“E’ vero” si disse silenziosamente “E’ vero. Ho sempre sognato una madre che mi avrebbe guidato nel difficile cammino di diventare donna, mentre il padre mi avrebbe fornito sicurezza e protezione verso i guasti del mondo. Però non ho avuto né l’uno né latro”.
Questo non le aveva impedito di essere cresciuta pacata e piena di voglia di vivere per l’affetto sincero e premuroso di zia Lina e Maria. Però adesso avvertiva che in realtà gli erano mancati i sogni, il cullarsi nelle notti tra desideri e visioni, perché questi le erano stati rubati da due genitori ingrati e per nulla affettuosi.
Luca sembrava vivere in una dimensione che non apparteneva al mondo del reale dall’atmosfera soffice ed ovattata come le nubi che amava vedere scorrere nel cielo azzurro.
“Ecco il motivo per il quale mi sono sentita risucchiare verso di lui” ripeteva felice Simona. Lei amava distendersi su quel prato ad osservare il cielo e le nuvole bianche che componevano e scomponevano immagini fantastiche, mentre la fantasia la spingeva a salire e cavalcare quei batuffoli di bambagia bianca come mitici destrieri. Non aveva mai compreso la vera natura di quelle fantasticherie, che attribuiva alla sua natura appassionata e desiderosa di affetto.
“No!” ripeté con forza silenziosamente “No! Non riuscivo ad esprimere i miei sogni, perché non sono stata in grado di materializzarli”.
La vicinanza di Luca che inseguiva un sogno di essere se stesso le aveva aperto gli occhi su questo spicchio nascosto della sua personalità. Era proprio un viaggio apparentemente assurdo seguendo il solo istinto la molla che lo teneva in vita dopo un’esistenza dedicata all’apparire piuttosto che all’essere. Aveva intuito che lui era alla ricerca del cambiamento interiore, perché non era importante la meta ma il percorso, il movimento che conduce alla rivelazione di una parte di sé che per tanti anni era rimasta mascherata.
Anche lei doveva operare una trasformazione interiore per incidere sulla prospettiva di quello che voleva veramente dalla vita, per cambiare il suo modo di essere donna, di amare e di essere riamata. Doveva iniziare un nuovo percorso per capire se stessa e gli altri senza la mediazione di chi le stava intorno, così poteva riappropriarsi di qualcosa che già le apparteneva ma che non sapeva di possedere..
“I miei sogni sono diversi da quelli di Luca, ma sono questi che devo inseguire se voglio nascere una seconda volta” concluse mentre Maria snocciolava eventi e considerazioni, che non le interessavano più.
Simona abbracciò Maria e disse: “Grazie!”.
Il Viaggio – 9
Maria aprì la finestra e scorse sotto il fico Simona e Luca.
“Simona, mi porti un cliente e poi lo tieni sotto le stelle?” disse ironicamente la donna, che si era stupita di vederli seduti a chiacchierare tranquillamente sul dondolo.
Lei avvampò per il rimprovero senza dire nulla come una bambina colta con le mani sulla marmellata.
“Signora”; parlò per lei Luca “Simona mi ha fatto strada stanotte e poi ci siamo fermati a fare quattro chiacchiere. C’era un invitante cielo stellato stanotte”.
Maria sorrise e disse: “Scendo ad aprirvi il portone”.
La ragazza era in un tumulto perché aveva colto nella voce un rimprovero nemmeno troppo velato. Avrebbe voluto scappare, fuggire lontano, ma la mano di Luca la trattenne e le trasmise fiducia, mentre Il trambusto si andava placando come l’incendio veniva spento dall’acqua.
Dopo la notte di ragionamenti stava prendendo consapevolezza che non era più una ragazza, ma una donna di trent’anni e che era giunto il momento di crescere ed uscire dal proprio guscio come la crisalide diventava farfalla. Non era la fine del mondo nel quale finora si era rinchiusa, ma l’inizio di una nuova vita.
Ripensando con calma alle parole di Maria comprese che le aveva fraintese, sovraccaricandole di significati che non corrispondevano al messaggio che aveva voluto trasmettere. Questo contribuì a rasserenare la mente.
Il sole stava sorgendo illuminando il giardino, mentre i primi raggi inondavano il fico già carico di frutti che tra un mese sarebbero diventati dolci e saporiti.
Maria sul portone richiamò la loro attenzione: “Restate lì, che fra cinque minuti vi servo la colazione. Bombolone caldo e caffè bollente!”.
Un’altra ondata di ricordi sommerse come una fiumara Luca, mentre rammentava le veglie estive notturne che si concludevano nei bar della spiaggia tra l’odore dolciastro del bombolone appena sfornato e del caffè amaro che gorgogliava nella napoletana. Allora aveva il gusto della voglia pulita di divertirsi nelle balere, dove si ballava stretti e accaldati al suono delle melodie lente e sognanti, mentre adesso era il simbolo della trasgressione e dello sballo nelle discoteche, assordati da musica a tutto volume a bere e pasticcarsi fino allo stordimento.
C’era un turbinio di idee dentro la mente di Luca, che rendevano sempre più opaca la sua visione dopo la lunga notte insonne e chiacchierata. Avvertiva la necessità di sdraiarsi su un letto e di chiudere gli occhi per un po’, di staccare la mente dal corpo, ma doveva restare lì ad aspettare la colazione.
Maria portò un tavolo rotondo vicino al dondolo con alcune sedie e si fermò un attimo con loro, mentre chiedeva alquanto curiosa quale argomento talmente interessante li avesse tenuti svegli.
“Nessuno. O meglio tanti piccoli racconti di vita vissuta” replicò prontamente Luca, impedendo a Simona di rispondere.
Il leggero moto del dondolo e i caldi raggi del sole li fecero assopire in un dormiveglia leggero e rilassante, che venne interrotto dal profumo zuccheroso del bombolone e da quello intenso e carico del caffè.
L’atmosfera si riscaldò improvvisamente come la temperatura della mattina che faceva presagire una giornata caldissima. Erano anni che non gustava una colazione così seducente e genuina, perché fino a pochi giorni fa consisteva in un caffè amaro condito da qualche biscotto insapore.
Nonostante il caffè l’avesse svegliato completamente, percepiva la necessità di raccogliere le idee e staccare la spina da tutti quegli avvenimenti che con frenesia aveva vissuto. Salutate le due donne, che continuavano a parlare fittamente tra di loro, si ritirò nella stanza a meditare in solitudine e al buio.
Si tolse i vestiti umidi di rugiada e di sudore per indossare pantaloncini e polo, mentre si sistemava su una poltrona di vimini. Aveva letto un libro, del quale non rammentava il nome ma aveva ben presente visivamente, alcuni anni prima che parlava della casa del tè giapponese ed era rimasto incuriosito da quella pratica tutta orientale per consumare una bevanda che per loro racchiudeva la visione della vita. Allora si era ripromesso che se un giorno si fosse recato in Giappone ne avrebbe frequentato una. Era uno dei tanti sogni desiderati ma che difficilmente avrebbe realizzato.
Adesso percepiva la necessità di riflettere o meglio di svuotare la mente e per concentrarsi ripeteva, come un mantra, tre parole, che ricordava in quella lontana lettura: vuoto, silenzio e meditazione. Però non riusciva a concentrarsi, perché era distratto da mille pensieri.
“Cosa faccio in questa stanza?” si domandava inquieto, perché il silenzio appena soffuso dal canto di un cardellino tardava ad arrivare.
“Perché mi sono lasciato coinvolgere emotivamente da una ragazza che mi ha scambiato per il padre che le manca?” si chiedeva inquieto, mentre tentava di sprofondare nel vuoto che era una dimensione sconosciuta per lui.
“Cosa vado cercando con questo viaggio senza meta?” si interrogava, mentre meditava sui motivi del suo vagabondare tra i ricordi del passato.
Luca si sforzava, ma silenzio, vuoto e meditazione erano un miraggio difficile da ottenere.
Poi lentamente la stanchezza prese il sopravento mentre scivolava dolcemente nel vuoto di un sonno senza sogni.
Il Viaggio – 8
Luca era interdetto per la determinazione dimostrata dalla ragazza nel volerlo accompagnare al casale e non ne trovava le motivazioni.
Un pensiero fisso gli tormentava la testa come il martello del fabbro sull’incudine: “Perché?” e non trovava una risposta ragionevole.
Le sembrava una ragazza seria, affidabile ma dallo sguardo smarrito come se cercasse disperatamente di estrarre dal proprio petto dei segreti senza trovare l’ardire di farlo. Eppure non si era dimostrata timida quando lo aveva invitato a fermarsi per la sera e neppure poco prima con l’invito di trascorrere insieme la giornata al mare. Vedeva in lei la figlia e null’altro.
Si disse “Vediamo cosa desidera” e continuò a parlare di mille altri argomenti.
“Perché si è messo in viaggio?” domandò all’improvviso mentre imboccavano il viottolo che conduceva al casale “Non mi sembra che abbia una meta precisa”.
Luca si fermò e rise allegro, “Si nota?” chiese con tono serio.
“Quel darmi del lei, mi invecchia oltre misura” le disse, mentre riprendevano a camminare.
“Ci provo ma non contarci”.
Lui aveva il fiatone quando arrivò dopo lunghi minuti sull’aia del casale e pensò che era veramente vecchio, perché qualche anno prima avrebbe fatto tutto d’un fiato la salita.
Il malinconico si rammaricò di questi pensieri negativi, perché mettevano tristezza pure a lui, ma doveva portare pazienza e non lasciarsi prendere dallo scoramento.
Giunti dinnanzi al portone chiuso, Luca disse guardandosi attorno smarrito e perplesso:”E adesso come faccio?”
“Possiamo fermarci sul dondolo sotto le stelle a parlare. Poi apriamo il portone!” replicò sorridente Simona.
Lui non capiva come avrebbe potuto entrare senza suonare la campanella, ma non comprendeva quel plurale “noi”, perché lui era regolarmente alloggiato lì, ma lei no.
Rinunciò a intuire cosa volesse intendere la ragazza con “poi apriamo il portone”, perché la serata piena di stelle e con un falcetto di luna poteva essere invitante per chiacchierare.
Un brusio appena discreto si levò dal dondolo, mentre ognuno narrava di sé. Così comprese che la ragazza era di casa nella cascina, che Maria l’aveva accudita come una madre e tanto altro ancora, ma il vero motivo per il quale aveva voluto restare lì sotto le stelle non lo aveva ancora rivelato.
Quel dondolarsi nell’aria frizzante di una notte di luglio risvegliò il guardiano dormiente dei ricordi, che prese le chiavi per aprire la stanza della memoria.
E la mente tornò a quella ultima notte trascorsa con la francesina con la quale tra coccole e baci aveva atteso il sorgere del sole prima nella tenda poi sulla spiaggia illuminata da piccoli fuochi dormienti.
“Cosa ci siamo detti?” ripensò Luca rapito da quei ricordi lontani. Parlavano un mix di inglese, tedesco e dialetto per capirsi la metà di quello che volevano dirsi, ma certe sensazioni non avevano bisogno di parole e lì l’intesa era perfetta, come può esserlo a diciotto lui e sedici lei. La mente vagava libera senza ascoltare il frinire delle cicale e il cupo richiamo del gufo nascosto nel folto del noce.
Simona si fermò a guardarlo incantata dallo sguardo sognante di Luca che volava leggero tra sogni e ricordi.
L’improvviso silenzio ruppe il brusio delle parole, mentre lui ritornava sul dondolo ad ascoltarla come se quell’interruzione silenziosa non fosse mai avvenuta.
Adesso lei era certa di essere pronta a raccontare il segreto della sua infanzia, celato con molta gelosia e cura dentro di sé. Però non sapeva da dove cominciare se dai ricordi sbiaditi dal tempo o dalle sensazioni dolorose che portava dentro.
La voce s’incrinò per l’incertezza, ma lui la soccorse: “Racconta. Sono in attesa di conoscere il tuo segreto”.
“Devo tornare indietro nel tempo” cominciò a parlare rinfrancata dalla sicurezza che questo uomo, che avrebbe voluto come padre, le infondeva.
E fece un tuffo nel passato remoto.
Di zia Lina e Maria aveva già raccontato, quindi estrasse dal cuore il dolore di non avere avuto un padre, a parte quello nominale.
“Non riesco detestare i miei genitori, perché non sono mai riuscita ad odiare nessuno. Però quando ho compreso i motivi per i quali mi volevano sempre nel lettone con loro, ho richiuso i ricordi e loro in baule, seppellendolo in questo giardino” disse tutto d’un fiato Simona.
Adesso si sentiva più leggera, come se si fosse sgravata da un figlio indesiderato, ed era diventata come un fiume in piena che scorreva veloce e tumultuoso verso il mare.
Era cresciuta senza una figura maschile di riferimento, perché zia Lina e Maria erano rimaste single e disdegnavano la compagnia degli uomini. Su questo argomento in paese correvano molte dicerie, perché qualcuno affermava che dormivano insieme e che facevano all’amore tra loro..
“No, non era vero” affermò con forza la ragazza “ognuna dormiva rigorosamente nel proprio letto. Ma questo mi ha sempre ferita nell’anima, perché dicevano che anch’io amavo solo le donne”.
Una piccola lacrima scese furtiva dagli occhi vivaci, mentre sperava che Luca non si fosse accorto dell’emozione e della stizza a questi ricordi.
Lei, quando stava con un ragazzo, cercava in lui una figura maschile che non aveva mai avuto, mentre a loro interessava solo il sesso. Quindi non si trovava mai l’affiatamento giusto e tutto finiva in fretta.
“Tommaso, l’ultimo, sembrava diverso, mentre io mi sforzavo di vederlo sotto una luce diversa. Però mi accorsi che dopo il periodo iniziale aveva smesso di amarmi e chiusi la relazione” si accalorò Simona per giustificare che a trent’anni non aveva avuto un amore degno di questo nome e non sapeva cosa fosse il sesso.
Il cielo stava colorandosi di colori pastello per annunciare la nascita del sole.
Il Viaggio – 7
Mentre teneva sotto il braccio quello scricciolo minuto ma effervescente come l’acqua frizzante, si domandava ancora incredulo cosa avesse attirato la ragazza a legarsi ad uno sconosciuto non certamente giovane, senza capelli e con la pancetta.
Forse la ragazza gliela aveva detto, ma lui non aveva ascoltato attirato com’era dai ricordi del passato remoto ed adesso non aveva il coraggio di chiederlo apertamente per non rompere quel clima di serenità e fiducia che c’era fra loro. La strinse un po’ più vigorosamente per farle assaporare il calore che trasmetteva e si ripromise di prestare attenzione a quanto gli stava dicendo.
Simona si sentiva sicura e protetta da questo uomo dall’età indefinita, ma dallo spirito giovanile, un po’ taciturno e dall’aura che spandeva a piene mani intorno a lui. Non conosceva nulla di lui, solo il nome “Luca”, un po’ poco per affidarsi fiduciosa, ma percepiva che non le sarebbe capitato mai nulla di male finché lui stava al suo fianco.
Aveva compiuto ormai trenta anni e si sentiva vecchia nello spirito, perché non aveva combinato nulla di buono fino a quel momento.
La sua infanzia era stata tribolata ed amara segnata da un padre manesco e poco rispettoso del ruolo, da una madre troppo arrendevole, che aveva chiuso sempre un occhio sulle attenzioni del marito verso di lei. Aveva cinque o sei anni, quando una zia la strappò dal quel mondo torbido, che rischiava di inquinare per sempre quella bambina, portandola lontana.
Aveva un carattere solare, estroverso ed incline alla fiducia e non aveva focalizzato bene le motivazioni che l’avevano costretta a dividere il letto coi genitori, a quei giochi strani ai quali partecipava assonnata ed annoiata. Solo quando era diventata una ragazza aveva compreso come avesse ballato pericolosamente sul baratro del precipizio, nel quale sarebbe caduta senza il provvidenziale intervento di zia Lina.
L’affetto della zia e di Maria, la proprietaria del casale, sanò le ferite dello spirito, ma dentro di lei rimase il guasto di un’infanzia rubata, che celò sempre con molto impegno senza rivelarlo mai a nessuno. Qualche amore sfortunato, la morte della zia, la perdita delle radici l’accompagnarono nel lungo viaggio di emancipazione economica e fisica. Lasciò la casa accogliente di Maria, che per lei era la vera madre per stabilirsi in un monolocale in centro paese vicino al bar dove lavorava da diversi anni. Però quando si sentiva triste si rifugiava in quel casale nella stanza dove adesso alloggiava Luca. Quella era stata per molti anni il suo regno ed era rimasta sempre vuota a sua disposizione.
Quando Simona si era presentata alla porta con quell’ometto buffo, calvo e un po’ grassottello, Maria aveva intuito che poteva ospitarlo in quella stanza senza timore di urtare la sensibilità della ragazza.
Luca intuì che aveva anche lei un passato remoto da far riemergere dalle tenebre dell’oblio, ma non era certamente il clima festoso il più adatto per parlarne. Non aveva pensato all’eventualità di fermarsi qualche giorno, ma l’istinto gli suggeriva che sarebbe stata un’ottima occasione per raccogliere le fantasie e le confidenze della ragazza.
“Ci penserò domani” disse al fasullo che impertinente aveva fatto di nuovo capolino per dissuaderlo dal proposito, ben conscio che avrebbe dato ascolto al malinconico.
Qualche giovane lanciò occhiate non proprio cordiali a quella strana coppia che si aggirava tranquilla e sorridente tra banchi e giostre festanti.
Era il momento dell’albero della cuccagna, quando si fermarono ad osservare le evoluzioni di gruppi di giovanotti tesi a scalare quel palo coperto di grasso con in cima una pentolaccia di coccio. Creavano una specie di piramide umana, ma alla fine mestamente il più leggero scivolava verso la base senza riuscire nell’intento di conquistare l’ambito premio.
Luca le comprò lo zucchero filato, le mandorle caramellate appena tolte dalla pentola di rame, il croccantino sottile, ricordando quante volte l’aveva fatto per Ofelia.
Simona percepiva che questa era una festa speciale, perché aveva trovato un padre amorevole che le era mancato da sempre.
L’assenza di una figura paterna aveva segnato negativamente i rapporti con gli altri ragazzi, perché avrebbe voluto trasfondere in loro quella carenza forzata, mentre loro cercavano una donna da amare e non da accudire.
Stanchi ed appagati per il lungo girare si sedettero su una panchina in attesa dei fuochi di mezzanotte, mentre i pensieri gaiamente erano in libertà.
“Luca” disse la ragazza rompendo il silenzio della sera “si fermi anche domani. Sono libera e possiamo fare un salto al mare”.
“Non lo so” rispose pacato mentre osservava quegli occhi vivaci e mobili “Non lo so”.
Non ricordava più quanto tempo era passato, quando per l’ultima volta era andato in spiaggia, ed era terrorizzato all’idea di indossare un costume.
Un botto squarciò il nero della notte, che si colorò di mille colori. Erano i tanti attesi fuochi che avrebbero suggellato la lunga festa prima di darsi l’appuntamento al prossimo anno.
Tutti a naso in su’ “Oh! Oh!” dicevano osservando quella cascata di luci multicolore che striavano il cielo, mentre stormi di uccelli impauriti si levano in volo per cercare nuovi ripari. L’abbaiare sguaiato dei cani era sovrastato dal rombo impetuoso degli scoppi, mentre i giardini ricolmi di persone commentavano lo spettacolo pirotecnico.
“E’ tempo di salutarci” disse Luca dopo che si era spento l’ultimo boato e tutto tornava buio.
“L’accompagno. Così non smarrisce la strada” ribatté Simona decisa a trascorrere il resto della notte con lui, perché voleva parlare dei segreti che custodiva in fondo all’anima.
E si avviarono parlottando sottovoce verso il casale di Maria.