Il Viaggio – 10

Simona si sentiva leggera, stanca ma appagata dalla lunga chiacchierata notturna. La mente era nitida come uno specchio appena tirato a lucido, mentre tutti i pensieri erano volati via col sorgere del sole.
Maria l’ascoltava attenta mentre sorseggiava un caffè ormai freddo ed annuiva convinta. Percepiva un cambiamento benefico nella ragazza, come se l’involucro protettivo nel quale era avvolta mostrasse le prime fattezze di quello che sarebbe diventata tra non molto. Lei conosceva tutta la storia di Simona, anche se non ne aveva mai parlato direttamente, perché Lina le aveva narrato tutti i particolari. Il padre aveva strepitato a lungo tentando di intercettare la cognata per conoscere il nascondiglio della bambina. Però era stato dissuaso dalla minaccia di uno scandalo, che avrebbe travolto tutti e lui per primo. Il destino era stato benevole con loro ed aveva dato una mano alla zia, perché il padre una notte, tornando a casa ubriaco, era stato travolto da un auto. La sorella, sempre più debole psichicamente, non aveva retto alla perdita del marito, dapprima richiudendosi in un mutismo esasperato, poi suicidandosi per il rimorso di non averlo contrastato efficacemente.
Così i genitori di Simona se ne erano andati tragicamente travolti dalle loro stesse debolezze senza che lei sapesse nulla che era rimasta orfana.
Simona conosceva qualcosa ma non tutto, perché zia Lina e Maria non avevano voluto aggiungere un trauma alla drammatica scoperta di come avesse vissuto pericolosamente coi genitori. Questo peso era stato un macigno sulla vita affettiva della ragazza, perché avvertiva l’incompletezza delle informazioni ricevute. Aveva percepito il caldo affetto delle due donne che l’avevano accudita e protetta durante quegli anni, ma si sentiva incompiuta e dimezzata, perché le sensazioni, che un padre premuroso poteva offrire ad una figlia, non erano sostituibili minimamente da una figura semplicemente femminile. Non era mai riuscita ad essere completamente sincera con loro, perché a torto non percepiva la sensibilità di una madre. Quindi  determinati aspetti delle emozioni che i primi amori avevano suscitato in lei erano stati taciuti o minimizzati, perché provava una certa vergogna a confidarsi con loro. Però adesso comprendeva quanto fosse stata ingiusta ed ingrata nei loro confronti, perché se era cresciuta solare e serena il merito era tutto loro.
Sia Simona sia Maria sapevano di essere state in debito una con l’altra, ma adesso era venuto il momento di chiarire tutto senza che questo potesse costituire un trauma.
Mentre Luca dormiva di un sonno profondo e senza sogni, Maria cominciò a parlare: “Credo che sia giunto il momento di raccontare quello che in tutti questi anni io e Lina abbiamo taciuto” e cominciò a narrare senza tralasciare nulla. La ragazza aveva gli occhi lucidi per l’emozione perché il mosaico incompleto dentro al mente prendeva forma e consistenza, mentre lasciava intravedere il disegno finale.
Adesso comprendeva perché quel buffo ometto calvo e anziano aveva suscitato in lei delle sensazione mai provate prima. Non le ricordava un padre del quale aveva perso la fisionomia oppure non le trasmetteva quell’amore paterno che non aveva mai assaporato.
“No, non sono questi gli aspetti” diceva a se stessa ascoltando il lungo monologo di Maria.
Era dunque quell’aria sognante, quasi eterea che aleggiava intorno a lui il vero segreto dell’attrazione verso Luca. Il racconto di Maria era crudo, disincantato tale da non suscitare rimpianti, molto diverso da quello che avrebbe voluto nel suo immaginario. Non provava odio verso i genitori, ma semplicemente disgusto per quello che avevano fatto e per quello che non erano riusciti a donare.
“E’ vero” si disse silenziosamente “E’ vero. Ho sempre sognato una madre che mi avrebbe guidato nel difficile cammino di diventare donna, mentre il padre mi avrebbe fornito sicurezza e protezione verso i guasti del mondo. Però non ho avuto né l’uno né latro”.
Questo non le aveva impedito di essere cresciuta pacata e piena di voglia di vivere per l’affetto sincero e premuroso di zia Lina e Maria. Però adesso avvertiva che in realtà gli erano mancati i sogni, il cullarsi nelle notti tra desideri e visioni, perché questi le erano stati rubati da due genitori ingrati e per nulla affettuosi.
Luca sembrava vivere in una dimensione che non apparteneva al mondo del reale dall’atmosfera soffice ed ovattata come le nubi che amava vedere scorrere nel cielo azzurro.
“Ecco il motivo per il quale mi sono sentita risucchiare verso di lui” ripeteva felice Simona. Lei amava distendersi su quel prato ad osservare il cielo e le nuvole bianche che componevano e scomponevano immagini fantastiche, mentre la fantasia la spingeva a salire e cavalcare quei batuffoli di bambagia bianca come mitici destrieri. Non aveva mai compreso la vera natura di quelle fantasticherie, che attribuiva alla sua natura appassionata e desiderosa di affetto.
“No!” ripeté con forza silenziosamente “No! Non riuscivo ad esprimere i miei sogni, perché non sono stata in grado di materializzarli”.
La vicinanza di Luca che inseguiva un sogno di essere se stesso le aveva aperto gli occhi su questo spicchio nascosto della sua personalità. Era proprio un viaggio apparentemente assurdo seguendo il solo istinto  la molla che lo teneva in vita dopo un’esistenza dedicata all’apparire piuttosto che all’essere. Aveva intuito che lui era alla ricerca del cambiamento interiore, perché non era importante la meta ma il percorso, il movimento che conduce alla rivelazione di una parte di sé che per tanti anni era rimasta mascherata.
Anche lei doveva operare una trasformazione interiore per incidere sulla prospettiva di quello che voleva veramente dalla vita, per cambiare il suo modo di essere donna, di amare e di essere riamata. Doveva iniziare un nuovo percorso per capire se stessa e gli altri senza la mediazione di chi le stava intorno, così poteva riappropriarsi di qualcosa che già le apparteneva ma che non sapeva di possedere..
“I miei sogni sono diversi da quelli di Luca, ma sono questi che devo inseguire se voglio nascere una seconda volta” concluse mentre Maria snocciolava eventi e considerazioni, che non le interessavano più.
Simona abbracciò Maria e disse: “Grazie!”.

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Il Viaggio – 9

Maria aprì la finestra e scorse sotto il fico Simona e Luca.
“Simona, mi porti un cliente e poi lo tieni sotto le stelle?” disse ironicamente la donna, che si era stupita di vederli seduti a chiacchierare tranquillamente sul dondolo.
Lei avvampò per il rimprovero senza dire nulla come una bambina colta con le mani sulla marmellata.
“Signora”; parlò per lei Luca “Simona mi ha fatto strada stanotte e poi ci siamo fermati a fare quattro chiacchiere. C’era un invitante cielo stellato stanotte”.
Maria sorrise e disse: “Scendo ad aprirvi il portone”.
La ragazza era in un tumulto perché aveva colto nella voce un rimprovero nemmeno troppo velato. Avrebbe voluto scappare, fuggire lontano, ma la mano di Luca la trattenne e le trasmise fiducia, mentre Il trambusto si andava placando come l’incendio veniva spento dall’acqua.
Dopo la notte di ragionamenti stava prendendo consapevolezza che non era più una ragazza, ma una donna di trent’anni e che era giunto il momento di crescere ed uscire dal proprio guscio come la crisalide diventava farfalla. Non era la fine del mondo nel quale finora si era rinchiusa, ma l’inizio di una nuova vita.
Ripensando con calma alle parole di Maria comprese che le aveva fraintese, sovraccaricandole di significati che non corrispondevano al messaggio che aveva voluto trasmettere. Questo contribuì a rasserenare la mente.
Il sole stava sorgendo illuminando il giardino, mentre i primi raggi inondavano il fico già carico di frutti che tra un mese sarebbero diventati dolci e saporiti.
Maria sul portone richiamò la loro attenzione: “Restate lì, che fra cinque minuti vi servo la colazione. Bombolone caldo e caffè bollente!”.
Un’altra ondata di ricordi sommerse come una fiumara Luca, mentre rammentava le veglie estive notturne che si concludevano nei bar della spiaggia tra l’odore dolciastro del bombolone appena sfornato e del caffè amaro che gorgogliava nella napoletana. Allora aveva il gusto della voglia pulita di divertirsi nelle balere, dove si ballava stretti e accaldati al suono delle melodie lente e sognanti, mentre adesso era il simbolo della trasgressione e dello sballo nelle discoteche, assordati da musica a tutto volume a bere e pasticcarsi fino allo stordimento.
C’era un turbinio di idee dentro la mente di Luca, che rendevano sempre più opaca la sua visione dopo la lunga notte insonne e chiacchierata. Avvertiva la necessità di sdraiarsi su un letto e di chiudere gli occhi per un po’, di staccare la mente dal corpo, ma doveva restare lì ad aspettare la colazione.
Maria portò un tavolo rotondo vicino al dondolo con alcune sedie  e si fermò un attimo con loro, mentre chiedeva alquanto curiosa quale argomento talmente interessante li avesse tenuti svegli.
“Nessuno. O meglio tanti piccoli racconti di vita vissuta” replicò prontamente Luca, impedendo a Simona di rispondere.
Il leggero moto del dondolo e i caldi raggi del sole li fecero assopire in un dormiveglia leggero e rilassante, che venne interrotto dal profumo zuccheroso del bombolone e da quello intenso e carico del caffè.
L’atmosfera si riscaldò improvvisamente come la temperatura della mattina che faceva presagire una giornata caldissima. Erano anni che non gustava una colazione così seducente e genuina, perché fino a pochi giorni fa consisteva in un caffè amaro condito da qualche biscotto insapore.
Nonostante il caffè l’avesse svegliato completamente, percepiva la necessità di raccogliere le idee e staccare la spina da tutti quegli avvenimenti che con frenesia aveva vissuto. Salutate le due donne, che continuavano a parlare fittamente tra di loro, si ritirò nella stanza a meditare in solitudine e al buio.
Si tolse i vestiti umidi di rugiada e di sudore per indossare pantaloncini e polo, mentre si sistemava su una poltrona di vimini. Aveva letto un libro, del quale non rammentava il nome ma aveva ben presente visivamente, alcuni anni prima che parlava della casa del tè giapponese ed era rimasto incuriosito da quella pratica tutta orientale per consumare una bevanda che per loro racchiudeva la visione della vita. Allora si era ripromesso che se un giorno si fosse recato in Giappone ne avrebbe frequentato una. Era uno dei tanti sogni desiderati ma che difficilmente avrebbe realizzato.
Adesso percepiva la necessità di riflettere o meglio di svuotare la mente e per concentrarsi ripeteva, come un mantra, tre parole, che ricordava in quella lontana lettura: vuoto, silenzio e meditazione. Però non riusciva a concentrarsi, perché era distratto da mille pensieri.
“Cosa faccio in questa stanza?” si domandava inquieto, perché il silenzio appena soffuso dal canto di un cardellino tardava ad arrivare.
“Perché mi sono lasciato coinvolgere emotivamente da una ragazza che mi ha scambiato per il padre che le manca?” si chiedeva inquieto, mentre tentava di sprofondare nel vuoto che era una dimensione sconosciuta per lui.
“Cosa vado cercando con questo viaggio senza meta?” si interrogava, mentre meditava sui motivi del suo vagabondare tra i ricordi del passato.
Luca si sforzava, ma silenzio, vuoto e meditazione erano un miraggio difficile da ottenere.
Poi lentamente la stanchezza prese il sopravento mentre scivolava dolcemente nel vuoto di un sonno senza sogni.

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