Amanda 23

“Bene” disse Amanda riemergendo su Trafalgar Square “Ora andiamo a visitare la pietra di Bruto”.
Luca si fermò guardandola di traverso. Non aveva molte intenzione di camminare l’intera giornata in giro per la città seguendo le due donne, che sembravano volerlo ignorare. Cosa avesse in mente non lo sapeva neppure lui ma di sicuro al massimo le avrebbe scortate al National Gallery che stava proprio di fronte a loro e poi un tuffo sul prato del St. James’s Park che stranamente era proprio lì vicino, ammirando il laghetto che sta al centro e prendere il sole settembrino di Londra.
“E poi al Cafè in the Crypt, che rimane in zona, si mangia bene e si spende poco. Oggi mi sembra di aver visto sulla lavagna del menù del giorno Homemade soup served with bread and butter, poi servizio di buffet caldo e per finire bread and butter pudding annaffiato con un bicchiere di vino della casa. Nel pomeriggio un salto al pub: o il Prospect of Whitby a Wapping, la famosa Taverna del Diavolo oppure il Myflower, più piccolo e modesto, da dove è possibile godersi la vista del mitico veliero per portò i primi coloni in America, i pilgrim fathers, mi pare”.
Rimasto fermo, deciso a imporre il suo tour, che non aveva ancora esternato, aspettò le reazioni delle due ragazze al suo stare immobile.
Amanda aveva percepito che Luca non aveva intenzione di seguirle nel giro che aveva in mente. Si interrogò se fingere di non conoscere i disegni del compagno oppure no.
“Meglio tenere un profilo basso e far finta di niente” si disse riflettendo.
Fece alcuni passi e poi si fermò girandosi verso di lui, mentre Alice era incerta se proseguire lasciando quel rompiscatole di Luca in mezzo alla piazza oppure ascoltare quello che Amanda aveva intenzione di dire.
“Ha voluto inseguirci, intromettersi tra noi. Ora si comporta come un bambino capriccioso che non vuole più camminare. Ma quanto è str ..” disse in silenzio lasciando l’ultima parola in sospeso.
Si sentiva profondamente irritata per questo comportamento ma non aveva alcuna intenzione di esternarlo pubblicamente.
“E’ meglio stare zitta. Per le parole in libertà c’è sempre tempo”.
Si girò lentamente per osservare meglio i due compagni di avventura che si fronteggiavano in silenzio.
“Non l’ho mai potuto sopportare con quella sua aria di finto snob. Incravattato e vestito come un dandy di buona memoria. Puah! Quello che dirà Amanda andrà sicuramente bene. Spero proprio che lo molli al suo destino perché rischierà di trasformare una giornata piacevole in ansia e tensione continua”.
Mentre Alice faceva tutte queste riflessioni senza lasciar trasparire nulla dal viso, Amanda si avvicinò a Luca in silenzio puntando lo sguardo diritto negli occhi. Sembrava che lo volesse trapassare.
Lui sostenne la vista senza tentennamenti, determinato far valere la propria decisione in merito al tour. Però si domandò per quale misterioso motivo la ragazza aveva percepito che lui era fermamente deciso a non seguirla alla pietra di Bruto.
“Eppure non ho detto nulla. Mi sono limitato a fermarmi alle loro spalle in silenzio. Amanda una frazione dopo mi stava già puntando come se mi avesse letto nei pensieri! E se fosse così? No, no .. non è possibile! Sarebbe una .. mi sfugge il nome. Ma che importa. Ora mi devo concentrare e mantenere calmo, se intendo imporre il mio giro. Ormai è a un passo da me”.
Amanda continuava a guardarlo dritto negli occhi senza mai distogliere la vista su di lui. Era irritata perché Luca aveva compreso le sue intenzioni.
“Il fattore sorpresa è svanito. Devo puntare su altre fiche perché mi sta stancando”.
Fermatasi a pochi centimetri dal viso del ragazzo, lo attaccò decisa a chiarire una volta per tutte che lei non ammetteva deroghe. «La guida sono io». Ecco il messaggio che doveva trasmettere.
“Conoscevi il programma della giornata. Quindi se non ti andava ..” e fece una pausa calcolata per stimolarlo a parlare.
Luca rimase impassibile senza battere ciglio.
“Vedo che sei rimasto senza parole. Muto e incazzato” e senza aggiungere altro si girò voltandogli le spalle.
Lui le afferrò un braccio come per trattenerla ma uno strattone gli fece perdere la presa. In un baleno lei fu accanto a Alice, avviandosi con passo svelto verso la fermata dell’autobus.
“Proviamo l’emozione dei rossi bus londinesi. Così vediamo il panorama scorrere dai finestrini. Volendo in un paio di miglia raggiungiamo il posto a piedi ma ..”
Alice annuì con la testa perché era troppo impegnata a seguirla senza rimanere troppo indietro. Non poteva sprecare il fiato per risponderle visto che la camminata assomigliava, almeno per lei, a una corsa.
Amanda sorrise rallentando un po’ il passo, perché aveva intuito la difficoltà di Alice di restarle accanto.
“Se accelerò rischio di perderla o di raccattarla stremata a terra. Ha la lingua a penzoloni come un cane dopo una lunga corsa. Però non demorde, mentre quello sciocco di Luca non si è ancora ripreso dallo shock di essere stato piantato in asso. Però vedrai che tra non molto l’avremo ancora tra le balle. Non capisco perché si ostini a volerci seguire”.
Mentre Amanda rifletteva e camminava per raggiungere la fermata del bus che doveva condurle in Cannon Street, Luca era rimasto fermo impalato senza parole. Non riusciva a capacitarsi di essere stato mollato dalle due donne. Era la prima volta che capitava. “Ma una prima volta c’è sempre!” rifletteva amaramente.
In effetti era talmente convinto di domarle entrambe che non si era posto minimamente il problema che Amanda fosse capace di tenere quel atteggiamento.
“Dove ho sbagliato?” si chiedeva con un retrogusto di amaro.
“Perché l’approccio ha fallito miseramente?”
E mentre meditava amaramente sul suo insuccesso, si riscosse guardandosi intorno alla loro ricerca. In un baleno erano scomparse dal suo campo visivo come se si fossero volatilizzate. Avrebbe avuto tempo per analizzarne i motivi, adesso doveva organizzare la rincorsa. Dalla tasca posteriore dei jeans tolse un foglio tutto sgualcito dove avrebbe trovato quale era la destinazione, perché non aveva memorizzato cosa aveva detto Amanda uscendo dal Cafè in the Crypt.
“La casa di Cesare? No, no .. parlava di una pietra .. Accidenti .. E’ scritto in inglese! Beh! cosa pretendevi? Dunque .. vediamo .. qui si parla di London Stone .. La pietra di Londra .. Ah! ecco perché ho pensato a Cesare! La leggenda narra che Bruto di Troia .. Dove si trova questa pietra? Cannon Street. E ne so quanto prima! Pazienza al primo Bobby che trovo glielo chiedo”.
E si avvia verso lo Strand, perché quella era la direzione che avevano preso Amanda e Alice.
Un po’ sconsolato e demoralizzato si avvicina a due poliziotti a cavallo per chiedere informazioni.
E ripartì alla caccia delle due ragazze.

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Amanda 22

Pietro trascorse diversi giorni tra sogni e sensazioni strane con l’assistenza invisibile di Arianna. Era come sospeso in un mondo virtuale che fluttuava senza sosta tra l’irreale e la concretezza senza che lui riuscisse a porre una barriera tra questi.
Lentamente uscì da questo limbo indefinito nel quale era sprofondato, riacquisendo la capacità di discernere quello che era concreto da quanto era immaginario.
La mano andava migliorando, le forze ritornavano. Pasti leggeri ma sostanziosi erano sempre pronti accanto al letto. Sembrava che fossero sfornati al momento perché non erano mai freddi ma caldi al punto giusto. La barba bianca cresceva spontanea sulle guance. Solamente il tempo sembrava essere impazzito senza che lui percepisse se era giorno o notte. Era tutto un continuo divenire senza una vera distinzione temporale.
L’ennesimo sogno ancora più strampalato di quelli precedenti aveva popolato il suo ultimo sonno. Era talmente contorto e improbabile che lo aveva già cancellato dalla mente quando un raggio di sole gli ferì gli occhi e lo fece girare verso la parete per ripararli.
“Qualcuno ha aperto la finestra” esclamò stordito dalla troppa luce. “E fuori il sole di settembre è alto nel cielo. Forse è già mezzogiorno” e si mise ritto senza l’aiuto di nessuno.
Si sentiva sufficientemente in forze e provò a mettere i piedi per terra.
“Dovrò pure cominciare a saggiare il livello delle mie energie!” disse ad alta voce come per scacciare dei cattivi pensieri.
Con cautela poggiò prima la palma del piede poi l’intero peso del corpo. Traballò come una pila di libri sistemati in bilico sulla libreria pronti a rotolare rovinosamente sul pavimento. Sembrava che dovesse cadere a ogni istante, mentre ondeggiava paurosamente in equilibrio precario. Però riuscì a rimanere eretto. Mosse cautamente un passo, poi un altro e un altro ancora. Adesso camminava più spedito verso la finestra pur avendo ancora dei movimenti ondulatori.
“Sì, riesco ancora a camminare senza cadere. E’ meglio così perché non saprei cosa sarebbe successo” disse a voce alta per ascoltare dei suoni articolati e rinfrancare lo spirito.
Si affacciò e guardò in basso il prato. L’erba non sembrava crescere mai. Rimaneva sempre bassa come se qualcuno la tenesse curata tutti i giorni. Osservò il vecchio abete che maestoso non mostrava il peso degli anni. Ai suoi piedi era cresciuto il maniera spontanea e caotica un folto roveto tra i cui rami occhieggiavano frutti maturi. E il pensiero tornava indietro nel tempo.
“Mi sono sognato oppure è vero che Elisa è ancora in vita?”. E spezzoni di ricordi si accavallarono nella mente.
“Non so il perché ma il profumo del pane appena cotto mi è rimasto impresso nelle narici. Era veramente abile nel prepararlo! Dopo quella stagione effimera ma felice il forno è rimasto spento. Mai più nessuno l’ha riacceso. Sarebbe stato come se profanassi un luogo sacro”.
E guardò verso la costruzione bassa che stava alla sua destra. Ebbe un sussulto. Un filo di fumo usciva dal camino. Qualcuno l’aveva riacceso, mentre il profumo del pane a dorare invadeva la stanza.
“Sto ancora sognando o qualcuno sta effettivamente cuocendo il pane?”
Si domandò chi potesse essere. Lui era solo a parte la compagnia mentale di Arianna, che appariva alle prime luci dell’alba e svaniva nel crepuscolo della sera. Angelica gli era apparsa una volta sola in occasione della rovinosa caduta. Amanda, sua figlia, era lontana. L’altra Amanda, che aveva conosciuto molti anni fa, era un fantasma senza corpo.
“Chi sta preparando il pane? Con quali ingredienti?” si domandava stupito.
“Eppure il profumo è inconfondibile e il fumo è reale”.
Si concentrò nella speranza di conoscere il volto di chi stava nel forno. Però un disturbo gli impediva di materializzarne le forme. Qualcosa di anomalo aleggiava nell’aria. Una sensazione di un pericolo incombente ostacolava, interferiva la visione.
“Cos’è?” si chiese confuso.
Ricordava vagamente di aver ascoltato delle parole che lo mettevano in guardia per la presenza di forze oscure e pericolose che lui non era più in grado di dominare e scacciare.
“Chi è stato a dirlo? I sogni si sono susseguiti senza interruzione e la realtà si è mescolata alla fantasia. Non ricordo nulla, ma solo questa avvertenza”.
Come il sole faticava a perforare la cortina di nubi, così Pietro si sforzava di scacciare queste sensazioni negative.
Chiuse la finestra allontanandosi per scendere al piano terra. Con passo malfermo e incerto si apprestava ad affrontare le scale tenendosi allo corrimano.
Adesso la mente era più lucida mentre lentamente si formava l’immagine. Quello che gli apparve lo lasciò sbalordito. Una nuova figura femminile era apparsa del tutto diversa da quelle precedenti.
“Chi sei?” domandò curioso.
“Come ti chiami?”
Però lei sembrava muta e impermeabile alle sue domande.
“Eppure la figura era nitida e chiara senza ombre o sbavature. L’aspetto era minuto come se fosse un’adolescente. Gli occhi erano blu come quelli di Amanda, il fantasma, Elisa, Arianna. Una vera stranezza che lo lasciava perplesso. Solo sua figlia, l’altra Amanda, aveva gli occhi di un colore diverso, che variava con la stagione e il tempo. Dalla madre aveva ereditato quella chioma rossa e quel viso chiaro chiazzato di minuscole efelidi. Dell’altra Amanda aveva notato come assomigliasse a Elisa. Sembravano due gemelle. L’unica figura femminile della quale non conosceva il volto era Angelica. Aveva intravvisto solo il corpo e neppure per intero. Però la nuova immagine gli diceva che non era lei.
“Chi è dunque questa donna o ragazza della quale intravedo solo il corpo e il colore dei capelli?” diceva dentro di sé mentre cautamente scendeva i gradini.
E passo dopo passo raggiunse il forno e si fermò incredulo.
La figura era una donna reale e non immaginaria.
“Chi sei?” le chiese con dolcezza.
Lei si voltò e disse sorridendo “Sono ..”

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Amanda 21

Amanda poteva usare i suoi poteri di sparire o far comparire gli oggetti, ma voleva essere esattamente come gli altri senza magie o colpi a effetto. Così il depliant del secret tour di Londra lo aveva scovato tra centinaia di opuscoli pubblicitari nella hall dell’albergo lasciandolo sul tavolo per Luca.
“Seguimi, Alice” le disse trascinandola nel tube per raggiungere Trafalgar Square senza altre spiegazioni.
Alice trottava felice e sorpresa dietro Amanda. La vedeva come un leader che trascina le folle. E lei rappresentava tutte quelle persone che seguono il capo. Non si poneva problemi dove stesse andando e perché fossero dirette lì.
“Ma dove?” si chiese mentre le porte della metropolitana si chiudevano alle sue spalle.
Stazioni e fermate si susseguivano veloci mentre lei era raccolta sui suoi pensieri.
“La seguo e basta. Amanda sa dove deve condurmi e la meta mi sta bene. Qualunque sia. La seguirei anche se mi trascinasse all’inferno! Ma se la perdessi di vista non saprei nemmeno sono. Ho preso il tube ma quale? Poi siamo scese in un posto .. Il nome della stazione mi suonava familiare. Mi ricordava un libro o forse un film o che ne so! Piccadally? .. Forse. Non importa! L’ho seguita e basta su un’altra linea. Una fermata e fuori all’aria aperta! Il nome, questa volta, me lo ricordo: Charing Cross. Non so il perché ma questa l’ho memorizzato. Se dovessi rifare il percorso inverso, forse finisco a Clapham Junction oppure nei bassifondi di Londra”.
Mentre questi pensieri le sfioravano la testa e i nomi le rimbombavano familiari, non perdeva di vista Amanda che la stava conducendo in un luogo aperto dove spiccava nel centro un’alta colonna e una fontana.
Camminavano spedite attraverso l’immensa piazza. In realtà Alice arrancava sorridente stentando a tenere il passo della compagna. Però si sentiva leggera come se camminasse sulle nuvole che solcavano il cielo. Trafalgar Square era animata come al solito. Turisti con naso in aria a cogliere i particolari degli edifici che facevano da corona. Compassati e algidi londinesi che passavano veloci senza prestare attenzione a nulla, immersi solo nei loro pensieri diretti allo Strand o alla City.
Amanda si fermò sotto l’obelisco di Horatio Nelson, alzò gli occhi al cielo e poi si guardò intorno alla ricerca della chiesa di St. Martin’s, che era il primo obiettivo del tour.
Alice rimase in silenzio, osservandola con attenzione. Quella figura femminile l’attirava incredibilmente. Non aveva mia sospettato di avere queste inclinazioni.
“Ma che me ne importa1 Sto bene con lei e ha un carisma veramente eccezionale. La seguirei in capo al mondo” e si tuffò nuovamente nell’immagine che le vedeva sole e per mano.
“Cosa cerchi?” le chiese con dolcezza col timore di spezzare quell’aura incredibile che era scoccata tra loro.
“Ecco! Là la nostra meta. St. Martin’s in the field! Vieni, andiamo a fare colazione” replicò seccamente ma con garbo e si diresse verso l’angolo a  nord est della piazza.
Alice rimase ferma e perplessa all’idea di fare colazione in chiesa.
Amanda fatto qualche passo si fermò voltandosi perché aveva percepito che la compagna era rimasta basita.
“Vieni” e allungò una mano come per trascinarla verso sé.
Alice si mosse con lentezza. Si sarebbe aspettata di tutto ma il solo pensare di entrare in una chiesta per il breakfast la sconvolgeva.
“Dovrò confessarmi prima della comunione? Sono anni che non la faccio! E poi come mi confesso? In italiano, latino o inglese? Io il Padre Nostro lo conosco solo in italiano. Vale lo stesso?”
Era immersa in queste riflessioni quando sentì la mano di Amanda prendere la sua e la risata allegra quasi di scherno.
“Ma no! Cosa hai capito? Nella cripta della chiesa c’è uno dei migliori posti per fare colazione, prendere il tè e mangiare qualcosa. Se vuoi confessarti prima, nessun problema” replicò sorridente mentre la trascinava con sé.
Alice era ancora più stupita, perché non aveva espresso ad alta voce le sue preoccupazioni e i suoi dubbi.
“Ma leggi nel pensiero delle persone?” chiese titubante quasi imbarazzata.
“Sì! Ma non crederci! Mi è bastato leggere le rughe del tuo viso per comprendere quali timori attraversavano la tua mente. Ho tirato a indovinare”.
Amanda si era salvata in extremis con questa battuta apparentemente vera. In realtà aveva letto chiaramente quali dubbi attraversano la mente di Alice.
Mentre dicevano questo, erano arrivate all’ingresso della cripta per scendere nel caffè. Stavano spingendo l’uscio per entrare, quando la voce di Luca un po’ trafelata le fermò.
“Aspettatemi!.
Amanda lo vide distante una decina metri rosso in viso e ansante per la lunga rincorsa. Un moto di stizza guizzò veloce sul suo viso, avrebbe preferito che avesse tardato ancora un po’. Non credeva che fosse stato così svelto a inseguirle.
Ora che c’era non doveva mostrare il suo disappunto. Un largo sorriso di circostanza illuminò il viso rendendo ancora più brillanti quegli occhi blu.
“Benvenuto” e tenendo aperta la porta li fece passare.
Scesero al piano di sotto nella cripta di St. Martin’s accolti dall’atmosfera magica del 18 ° secolo. Stavano scoprendo il Café in the Crypt, un luogo magico dove londinesi e turisti non mancavano mai di fare una visita per una tipica colazione inglese o passare il pomeriggio gustando il tè. Alla sera era possibile cenare avvolti in quell’aria tipicamente di Londra con piatti preparati al momento, utilizzando ove possibile gli ingredienti di provenienza locale, a un prezzo puramente simbolico. Per questo non c’erano mai posti vuoti.
Mentre si sistemavano in un tavolo d’angolo sotto le ampie volte, Amanda mise da parte il menù e disse che lei ordinava la specialità della casa con un tè.
“E’ quale sarebbe la specialità?” chiese curiosa Alice, mentre Luca era ancora stravolto dalla lunga rincorsa.
“Cumberland sausage, Northamptonshire black pudding, scrambled eggs e apple crumble, servita con abbondante crema pasticcera” rispose pronta.
“Ma non hai letto il menù! In cima recita che essendo tutto preparato con ingredienti freschi e locali, la lista è puramente indicativa! Come fai a sapere che ..”
Amanda si morse le labbra per non essere riuscita controllarsi e alzando gli occhi vide un cartello scritto a mano appeso a una colonna.
“Ecco!” replicò indicando col viso il menù in bella mostra.
“Hai la vista lunga! Io non mi sono ancora ripresa dalla magia del posto e fatico a inquadrare ogni particolare!” dichiarò arrossendo Alice.
Un cameriere discretamente si posizionò accanto al loro tavolo pronto a raccogliere le ordinazioni.
“Cumberland sausage, Northamptonshire black pudding, scrambled eggs e apple crumble with lashing of custard. Yellow tea”.
“Anche per me!”
Luca che si stava riprendendo diede un’occhiata distratta alla lista e ordinò pomodori freschi e toast con caffè.
“Caffè? Qui è un surrogato nero! Un intruglio che non odora nemmeno!” disse ridendo Amanda in faccia a un allibito Luca.
“Il tè non mi piace..” borbottò contrito. “Cosa dovevo ordinare?”
“Una birra! Un bella birra rossa!”
“Non reggo l’alcol!” replicò ancor più mortificato.
“Ma che uomo sei? Funzioni solo con l’acqua!” aggiunse suscitando l’ilarità di tutti e tre. Il clima si era scaldato con queste risate che suscitarono la disapprovazione degli altri clienti.
Amanda frenò l’ilarità che le sue affermazioni avevano innescato e sottovoce nell’attesa della colazione descrisse come i proventi delle vendite erano per il sostegno della chiesa.
“Qui tutto è business!” concluse ridendo ma in maniera appena percettibile

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Amanda 20

Pietro aveva perso il senso del tempo. Non sapeva nemmeno se era giorno o notte. L’unica certezza era che stava nel proprio letto e aveva la mano sinistra fasciata e steccata che gli doleva in maniera esagerata. Si sentiva spossato, debole e affamato.
“Da quanti giorni non mangio?”
Udiva il brontolio della pancia che reclamava qualcosa. Anche le labbra sembravano secche, ruvide e riarse dalla sete. Cercò con gli occhi se c’era un po’ d’acqua ma vide solo contorni sfocati. Così decise di alzarsi alla ricerca di qualcosa per dissetarsi e sfamarsi.
Provò ad mettersi eretto, ma una mano lo ricacciò sdraiato. Tentò una seconda volta, ma nuovamente venne respinto sul cuscino.
Girò gli occhi alla ricerca della figura che si opponeva affinché lui potesse alzarsi.
“Perché?” si chiese ad alta voce. “Perché non posso alzarmi? Chi me lo impedisce?””
“Sei troppo debole per scendere al piano terra. Non saresti in grado di affrontare le scale né in discesa né tanto meno in salita. Rischieresti solo di produrti dei danni. Cosa vuoi che ti porti? Acqua? Pane? Oppure ..”.
La voce l’aveva già ascoltata ma era in sogno. Almeno questa era l’impressione. Si domandò se era stato effettivamente una visione onirica o solo immaginazione legata alla febbre. Si sentiva smarrito e confuso. Dalla caduta lungo il sentiero che portava alla baita tutto appariva irreale come un’immensa fantasia scaturita da una mente malata.
“Sei Arianna?” domandò scavando nella matassa dei ricordi.
“Mi sei apparsa in sogno pochi istanti fa. Sei minuta e coi capelli bianchi ..”.
Una risata quasi stridula riecheggiò nella mente.
“Dunque non sei Arianna? Allora chi sei?” replicò mentalmente con un pizzico di angoscia. Ormai aveva compreso che per visualizzare le persone che lo stavano aiutando doveva ricorrere al dialogo mentale. Però nessuna immagine gli era apparsa nonostante che si fosse concentrato sulla voce che stava ascoltando.
Una nuova risata risuonò acuta nella mente.
“Certo che sono Arianna! Ma non sono minuta e non ho i capelli bianchi. Come hai potuto immaginare una visione così da vecchia? Non mi vedi?”
Pietro si concentrò, ma lo sforzo lo stava prostrando.
“Vorrei vederti ma non posso. Mi sento debole e senza forze. Non riesco mettere a fuoco la tua immagine”.
“Cosa vuoi che ti prepari? Un caffè oppure un thè caldo con brioche e biscotti?” replicò quella figura ammantata dal riserbo.
“Caffè con biscotti. Anzi portami tutta la scatola. Ho fame. Ma non riesco ancora a vederti …” ma nessuna risposta gli giunse. Adesso era tutto silenzio interrotto solo dal ritmico pulsare dei polmoni.
Poco dopo percepì il rumore caratteristico della moka, che borbottava mentre stava eruttando un liquido nero e denso. L’odore del caffè era inconfondibile e saliva lungo le narici come uno stimolo a svegliarsi. Avrebbe voluto alzarsi, aprire le imposte, fare entrare luce e aria nella stanza ma preferì aspettare il ritorno di Arianna.
“Perché non riesco a visualizzarla? Eppure in sogno.. ma era effettivamente un sogno visto che afferma di non essere minuta e coi capelli bianchi? Ma forse l’ho vista da vecchia? In proiezione futura?”
Era immerso in questi pensieri quando percepì senza poterla osservare la presenza amica.
“Chi sono Angelica prima e Arianna poi? Quali poteri magici hanno?”
“Non affannarti con delle domande sciocche” riprese la voce a martellare la mente “Saprai tutto e senza fatica. Adesso mangia qualcosa e bevi questo caffè caldo bollente”.
Mentre sorseggiava il caffè e masticava un biscotto secco provò a riflettere su quelle immagini che ancora turbinavano nella testa. Dedusse che sicuramente era stato un sogno, perché ricordava bene la data odierna: era 15 di settembre o almeno era l’ultima che aveva in mente. La visione era di una giornata di agosto calda e afosa, mentre lui si vedeva vecchio e stanco.
“Dunque una fantasia proiettata nel futuro! Ecco perché ho visto Arianna invecchiata come lo ero anch’io!”
Un leggero bussare lo distolse da questi pensieri.
“Riposa la mente. Ne avrai bisogno”.
“Adesso ti vedo! Sei diversa dall’immagine che ho conservato in un angolo della mente! Hai capelli neri corvino, lisci e cadenti sulle spalle. La figura mostra una ragazza giovane ..”
“Ah! Ah! non correre troppo con la fantasia! Non sono poi così tanto giovane! Magari .. solo apparenze”.
“Ma anche tu hai gli occhi blu! E assomigli a ..”
“A chi? Elisa? Ma lei ha i capelli rossi! ..”
“Dov’è Elisa? Sento la sua mancanza. Anzi sono trent’anni che soffro perché lei non è al mio fianco..”
“Non lo so. Ma è da qualche parte. Elisa è mia sorella..”
“Dunque sei la zia di Amanda!” esclamò mettendosi a sedere di scatto.
“E quasi ..” senza riuscire a concludere il pensiero. Arianna con dolcezza posò le mani sul petto e lo risospinse a sdraiarsi.
Lei si morse le labbra in segno di disappunto. Non doveva lasciarsi coinvolgere emotivamente e riferire questi dettagli. Ci sarebbe stato tempo per rivelarli.
“Perché ho detto questo? Ormai mi sono lasciata sfuggire questo particolare e non posso porre rimedio. Da questo momento dovrò fare attenzione a non svelare altro in anticipo sui tempi” rifletté amaramente, osservando Pietro che era entrato in agitazione a questa rivelazione.
“Tranquillo, Pietro, tranquillo. Non agitarti perché sei troppo debole fisicamente. Sì, Amanda è la mia nipote prediletta ma non so dove sia. Non chiedermelo. Non saprei cosa risponderti. Adesso riposa. Se hai bisogno di qualcosa mi puoi cercare col pensiero” e sparì dalla mente.
Pietro era in subbuglio. La notizia che Elisa fosse ancora viva aveva messo in moto gli ingranaggi dei ricordi. Lui la ricordava col viso sorridente dove spiccavano due grandi occhi blu e incorniciati dai capelli rossi.
“Elisa” mormorò mentre scivolava nel inconscio. “Elisa, dove sei? Perché sei sparita dalla mia vita?”
E con quest’ultima domanda chiuse gli occhi e cominciò a sognare di nuovo.

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Amanda 19

Amanda finì in mezzo nel letto centrale ma non come aveva pensato Luca: non era accostato agli altri due ma ben separato. Così la notte filò liscia senza troppe battaglie e divenne presto tiepida: il clima si era raffreddato in fretta subito dopo il loro ingresso. La stanza era sufficientemente ampia e spaziosa con un minuscolo bagno poco adatto agli obesi, ma per loro fortuna erano snelli. Qualche contorsione, qualche bottarella negli spigoli con inevitabile livido sulle cosce ma alla fine era praticabile.
Alice era attratta irresistibilmente da Amanda e avrebbe fatto carte false per rimanere sola con lei.
“Uffa! Quell’antipatico di Luca è proprio un rompiscatole. Non poteva scegliere una tra Irene e Anke, lasciando tutta per me Amanda? Se prima di partire eravamo in minoranza, adesso siamo maggioranza! I maschietti hanno abbondanza per scegliere. Invece no! Lui ha puntato decisamente sulla più bella! Manco ha degnato d’uno sguardo le altre! Per lui non sono mai esistite. Fantasmi evanescenti. Solo per Amanda aveva gli occhi!” E mentre questi pensieri passavano tumultuosi nella mente, scivolò dolcemente nel sonno popolato da visioni e incubi che si alternavano freneticamente.
Luca invece si agitò più a lungo incredulo per tanta sfortuna. Almeno questo era la sua riflessione.
“Eppure ricordo bene l’immagine della tripla su internet. Tre letti singoli accostati! Questi stronzi d’inglesi, asessuati e gay, invece no! Li hanno separati! Di cosa avevano paura? Che si facesse sesso sotto lo sguardo vigile e severo di Baden Powell? Come se i boy scout fossero dei timorati di Dio! Non sai quante scopate si fanno con la scusa di badare ai lupetti! Poi mica sembrano letti normali questi1 Paiono più lettini per nani che per degli adulti, tanto sono piccoli! Su questi in due si sta al caldo e ben abbracciati, perché altrimenti si cade per terra” e un largo sorriso gli illuminò il viso.
“Bella sorpresa è stata Alice! Mica la facevo lesbica! Sai che sputtanata si beccherà al ritorno quando lo racconterò in giro che le piacciono le ragazze. Eppure ha avuto qualche ragazzo. Non troppi, ma qualcuno sì! Ora la vedo sbavare dietro la rossa! Certo che … dev’essere un bocconcino mica da ridire con quel fisico asciutto e ben fornito! Però io ci provo. Ci sono ancora sei giorni! Chi l’ha duro, la vince! Ah! Ah!”
Guardava il profilo di Amanda nella penombra, mentre cresceva la voglia di fare all’amore con lei. Un sospiro, un altro e poi si girò per non vederla, mentre lentamente prendeva forma un sogno erotico tutto accentrato su di lei.
Amanda osservò i due ragazzi che stavano ai suoi fianchi.
Un sorriso ironico quasi beffardo percorse il suo viso, perché immaginava la loro delusione nello scoprire che i tre letti erano ben separati da un comodino.
“Altro che letto triplo! Tre bei lettini separati! Che idea balzana sarebbe stata quella che fossero stati uniti. Quello che avrebbe occupato la posizione centrale sarebbe stato penalizzato e avrebbe dovuto scavalcare uno dei due per scendere! Però sarei stata curiosa di vedere come si sarebbero comportati! Alice mi fa tenerezza. Pare un pulcino appena uscito dal guscio. Luca .. Luca si da le arie del maschio vissuto, ma .. è .. Cosa è? Un ragazzino appena svezzato! Questa notte dormirò tranquilla come le prossime ..” e un largo sorriso comparve sul suo viso.
Un respiro profondo, un ultimo sguardo ai due ragazzi che dormivano sereni sognando chissà che cosa e poi chiuse gli occhi.
Una mattina fresca ma luminosa li accolse al loro risveglio. Il clima era completamente mutato. Come era stata uggiosa e piovosa la giornata precedente, così si prospettava limpido e soleggiato il nuovo giorno.
“Buona giornata!” augurò loro Amanda “Oggi sembra che il sole ci faccia compagnia. Dormito bene? Questo letto è per un bambino tanto è ridotto. Ho rischiato più volte di trovarmi distesa per terra”.
Alice borbottò qualcosa di non intellegibile. Forse un saluto, forse qualcosa d’altro, mentre emergeva dal piumone.
Luca si mise eretto e ricambio il buon giorno.
“Ma che ore sono?” chiese sbadigliando rumorosamente.
“E’ tardi. Sono poco più delle sette!” rispose calma Amanda.
“Le sette? Sei impazzita? E’ ancora profonda notte! Notte” e si rimise sotto il piumone.
Lei li osservò e tentò l’ultima carta.
“Se volete dormire, fatelo pure. Io mi alzo e poi faccio il secret tour di Londra. Ci vediamo stasera” e gettò in fondo al letto il duvet alzandosi.
Alice si risvegliò dal torpore e chiese cos’era questo giro segreto per Londra. Adesso era vigile e con la mente sgombra dai ricordi della notte.
“Vestiti e seguimi” replicò enigmatica Amanda dirigendosi a occupare per prima il bagno.
Luca rimase immobile, mentre freneticamente Alice sceglieva l’abbigliamento adatto.
“Cosa sarà mai questo giro segreto per Londra! E che cavolo di vestito mi devo mettere? Sapessi almeno dove andiamo, forse .. Al diavolo! Un paio di jeans comodi, scarpe da ginnastica .. tanto ho capito che si dovrà camminare, quindi è meglio avere nei piedi qualcosa di pratico. Un maglione .. ma quale? Quello azzurro o quello rosso? E  vada per il rosso .. o la rossa? Ah! Ah!”.
Fece una rapida doccia ed era pronta a seguirla ovunque la volesse condurre, inferno compreso.
Prima di uscire Amanda sfiorò con le labbra la fronte di Luca, che si svegliò di colpo come se una scarica elettrica l’avesse fulminato.
“Dove state andando senza di me?” gridò agitato e arrabbiato.
“Dormivi beatamente e .. Sul tavolo c’è il depliant del tour di stamattina. Se ti sbrighi puoi raggiungerci in Trafalgar Square al Cafè in the Crypt e fare colazione con noi. Altrimenti ci inseguirai per Londra! Ciao bello! La mattina è bella!” e infilata la porta con Alice sparì alla vista.
Luca con gli occhi impastati di sonno cominciò a smoccolare.
“E’ l’alba a quest’ora! Che fretta c’è? E poi la colazione qui è compresa nel prezzo della camera! Cavoli, che fretta! Però quel bacio avrebbe resuscitato anche un morto! Mi sembra di sentire ancora le labbra sulla mia pelle e ..” e rimase a sognare a occhi aperti.
“Cavoli, se non mi sbrigo riesco di passare la giornata di corsa a inseguire quelle due donne! Maledizione a loro e a tutte le loro manie!” e velocemente si preparò per uscire dalla stanza.
Lungo le scale incontrò Enrico.
“Ehi! Come è andata?” chiese fermando la corsa forsennata di Luca.
“Uhm! Ti dirò! Ho fretta. Devo inseguire quelle due … E tu?”
“Uno strazio! Meglio non parlarne! ..2
“Allora non parliamone! Ciao!” e giù di corsa per le scale.
“Ehi! Dove corri così di fretta?” e la voce di Enrico si perse nell’aria.

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Amanda 18

Era una calda giornata di agosto e il bosco era riarso per la sete. Pietro camminava con calma tra gli alberi. Percepiva stanchezza, perché le gambe faticavano a proseguire. Si fermò a raccogliere delle fragoline selvatiche che spuntava nel rado sottobosco ai piedi dei larici. La spossatezza lo fece appoggiare al tronco, lasciandosi scivolare lentamente verso la base.
Aveva una manciata di frutti maturi ma sapeva che non sarebbero stati sufficienti a ridargli quello smalto che si era consumato con gli anni.
Pietro bevve un sorso d’acqua fresca dalla borraccia che aveva sempre con sé. Poche stille per inumidire le labbra. Poi ad uno ad uno quei minuscoli granelli rossi passarono dalla mano alla bocca. Una sensazione di dolce sollievo momentaneamente sollevò l’umore. Però la debolezza non accennava ad andarsene. Pareva che fosse un’appendice del suo corpo.
Forse era giunto il momento di compiere il gran balzo verso l’ignoto. Eppure non percepiva che questo fosse il tempo.
“Riposerò qui finché le forze non ritorneranno e poi farò ritorno alla baita. Sono vecchio. E sono solo. Elisa è sparita dalla mia vita oltre trent’anni fa. Amanda da più di cinque. E io sono qua senza nessuno a farmi compagnia”.
Altre fragoline finirono in gola mentre Pietro lucidamente faceva il consuntivo della sua vita.
“Non posso lamentarmi, perché tanto sarebbe inutile. Amanda mi ha dato molte soddisfazioni ma anche una grande delusione. Chissà dov’è! Di Elisa ho un ricordo dolcissimo, ma troppo breve è stata la nostra stagione. Ma la colpa è stata mia perché egoisticamente ho privilegiato il mio ego senza percepire le sue  necessità”.
Provò ad alzarsi ma le forze non glielo consentirono e tornò seduto appoggiato al tronco. Rimase lì inerte in attesa di recuperare quel minimo per essere in grado di alzarsi.
Il sole cominciava a declinare come le residue energie e non credeva di riuscire a raggiungere la baita prima di notte ma forse nemmeno il mattino successivo. Mentalmente si rassegnò a rimanere lì forse per sempre.
Era immerso in questi pensieri, quando un tocco leggero gli avvolse le spalle. Sollevò il capo e con gli occhi andò alla ricerca dell’origine delle sensazioni provate.
Un altro lieve abbraccio si sommò al primo mentre Pietro s’interrogava sul mistero.
“Chi sei? Non ti vedo?”
“Basta che tu lo voglia e io sarò visibile”.
“Lo vorrei ma non ti scorgo”.
“Pensami intensamente e nella mente le mie parole diventeranno realtà”.
Pietro si concentrò su quella voce che non conosceva ma che gli donava benessere e come per incanto gli apparve una figura minuta, quasi fragile.
“Chi sei? Ora ti vedo”
“Arianna”.
Lui dedicò tutte le sinapsi per associare quel viso a una persona conosciuta ma continuava a rimanere ignota quell’immagine.
“Appoggia la mano sul mio braccio e ti aiuterò a rimetterti in piedi”.
Lui, incerto e poco convinto sull’efficacia della manovra, senza molto entusiasmo posò la mano sul braccio esile che sporgeva vicino al viso.
“Non essere scettico. Sii convinto e vedrai che ci riuscirai”.
Con misurata lentezza assunse una posa eretta.
“Non ci avrei mai creduto! Però mi hai dato la forza mentale necessaria” dichiarò Pietro.
“Lo so. Ho letto quel pensiero di dubbio ma come vedi ti sei rialzato. Ora appoggiati alla mia spalla. Torniamo alla baita”.
Lui obbedì senza pensare ma nuovi pensieri cominciarono a frullare nella mente.
“Risparmia le energie. Ti serviranno per compiere il tragitto” replicò Arianna mentre affrontavano il sentiero di ritorno.
“Non dovresti avventurarti nel bosco da solo. Ormai sei troppo debole. Qui sei fra amici ma ombre moleste si aggirano in cerca di facili prede”.
“Quali pericoli incombono? Pensavo che ormai fossero estinti”.
“No, no! Ora che la tua forza si è indebolita, il bosco è più esposto. E qualche ombra si è già avventurato tra noi”.
Pietro cominciò a riflettere su queste ultime parole.
“Sono troppo vecchio per difendere il bosco. Non riesco nemmeno a proteggere me stesso. A chi dovrò passare il bastone del comando?”
Il tempo non sembrava trascorrere mai. La baita appariva lontana, sfumata nei ricordi. Le prime ombre della sera scendevano rapide tra i rami. Qualche brivido percorreva la schiena di Pietro.
“Non essere scettico o sfiduciato. La strada sarà breve. Tra poco saremmo alla baita”.
Una voce benevole lo spronò e gli diede la spinta necessaria per arrivare tra le mura amiche.
“Sei arrivato. Ricorda le mie parole. Il bosco è minacciato” e la figura minuta sparì.
Pietro rimase sulla soglia osservando le ombre nere che la sera proiettava intorno prima di entrare.
 
Aprì gli occhi e si trovò disteso sul letto. S’interrogò su quello che aveva vissuto.
“Era un sogno premonitore oppure una semplice fantasia di un vecchio?”
Si interrogò sul significato del sogno. Sembrava proiettato nel futuro, perché adesso era settembre, mentre la visione era avvenuta in agosto. Troppi passaggi non coincidevano temporalmente. Lui era vecchio, ma non nella misura nella quale si era visto. Poi la verità amara che non aveva più le forze per proteggere il bosco e gli abitanti. Dunque quell’essere misterioso, che lo aveva atterrito, era una semplice avanguardia di personaggi pericolosi per lui e per tutti quelli che vivevano lì. Doveva trovare il successore.
“Chi sarà mai? Dove cercarlo?” si interrogava col respiro sovrastato dall’ansia.
E ricade inerte sul cuscino.

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Amanda 17

L’atterraggio non fu quel che si poteva definire morbido. L’aeroporto di Stansted era avvolto in una grigia foschia che gocciolava copiosamente e il bireattore faticò alquanto a inquadrare la pista, non senza generare panico tra i passeggeri. Però tutto finì bene col sollievo generale.
Come era norma per i voli low cost, lo sbarco avvenne senza l’aiuto di nessuno. Rigorosamente a piedi e ognuno col proprio bagaglio appresso. Peccato che il cielo già plumbeo per conto suo lasciava cadere una fastidiosa pioggia che non era propriamente indicata per il tragitto fino al terminal. Pioggia e vento freddo fecero rabbrividire Amanda, che fortunatamente aveva con sé un cache-coeur di lana leggero ed elegante, perché a fine settembre a Bolzano la mattina faceva già fresco e ci si doveva coprire con cura. E la partenza per Verona era avvenuta alle prime luci del giorno.
“Se non avessi avuto questo scaldacuore sarei morta dal freddo” pensava mentre cercava di guadagnare velocemente l’area degli arrivi. I pantaloni di lino bianchi erano ormai incollati ai polpacci, bagnati e infangati, mentre i capelli rossi aderivano al viso come tagliatelle scotte. Come benvenuto Londra non era stata certamente cortese.
Sbrigate le formalità di rito e trovato due stanze nell’hotel dei compagni di viaggio, le quattro amiche si precipitarono nel negozio di abbigliamento dell’aeroporto per acquistare qualcosa di più confortevole e caldo rispetto a quello usato per il volo. Poi con calma avrebbero provveduto per altri indumenti più adatti al clima della città.
Dopo un viaggio di 45 minuti sul Stansted Express arrivarono alla stazione di Liverpool Street.
Amanda era sempre contesa da Alice e Luca e questo la divertiva molto senza essere imbarazzata per le avance non più mascherate di entrambi. Era la prima volta che un uomo e una donna litigavano per conquistarla.
“Entrambi vorrebbero condividere la stanza con me. E se la condividiamo in tre? Così non scontento nessuno e forse sono più tranquilla. Chissà se accetteranno. In effetti io e Michi abbiamo prenotato una stanza tripla, anche perché non ce ne erano altre disponibili. Però credo che lei non abbia molte intenzioni di dividerla con me!” e una breve risata interruppe il flusso dei pensieri.
“Adesso li lascio litigare per un po’! Fanno quasi tenerezza! Mi ricordo quando avevo dodici anni  e ..” un nuovo sorriso illuminò il viso.
Mentre loro continuavano le schermaglie, osservò con occhio attento la situazione degli altri.
“Michi e Franzi ormai fanno coppia fissa con Paolo e Matteo. Quindi sono perse per la vacanza. Anke sta lottando con Irene per il possesso di Enrico. Ma pare che non ottenga il successo sperato. Farò il tifo per lei. Almeno ci farà compagnia.  Abbiamo cinque stanze e .. o una rimane vuota oppure .. Ma godiamoci il siparietto con questi due ragazzini ..”.
Erano sul tube che li stava portando a Gloucester Rd., quando Amanda uscì con la sua proposta cogliendo l’attimo propizio.
“Che ne dite di occupare la tripla che io e Michi abbiamo prenotato?”
Rimasero per un po’ basiti e senza parole. Non si aspettavano questa soluzione. Ognuno dei due fantasticava un rapporto uno a uno e non uno a due. L’idea prospettata da Amanda li aveva spiazzati ed era una sorpresa del tutto imprevista.
Alice fu la prima a riscuotersi dallo sconcerto e rispose con un bel sorriso.
“Io ci sto. Ma Michi dove andrà?”
Amanda rise e con lo sguardo indicò l’amica alle prese con Paolo.
“E prova a indovinare in quale stanza trascorrerà la notte. Il premio in palio è .. Non vale troppo scontata è la risposta”
Era sufficiente osservare il comportamento della coppia, che incurante degli sguardi severi degli altri passeggeri si strusciavano senza imbarazzi tra baci e abbracci più o meno audaci.
Luca era rimasto muto e confuso, ma poi pensò che passare la notte con due anziché con una forse era più eccitante.
“Irene è una piattola dalla quale c’è poco sugo da cavare, ma Amanda mi pare di tutt’altra stoffa. E poi ci vuole sempre una prima volta ..” pensò pregustando la nottata calda.
“Affare fatto!” replicò allungando le mani verso di loro per suggellare il patto. “Dalle foto del Meininger Hotel i tre letti sono accostati. Chi..”
“Corri troppo!” lo interruppe un Amanda sorridente. “Accontentati di dividere la stanza con due donne”.
Alice era una biondina dal corpo esile con un bel viso sul quale si aprivano due occhioni blu notte. Sembrava quasi un’adolescente con quei due seni minuscoli, appena segnati, anche se aveva quasi vent’anni.
Luca era più alto di Amanda di quasi una spanna, aveva la corporatura atletica e tratti aggraziati. Un tipo che piaceva decisamente alle ragazze. Di questo ne era consapevole, cercando di metterlo a frutto.
Amanda sorridente prese le mani di entrambi e le strinse con vigore a suggellare l’accordo.
“Hai detto che l’hotel lo conosci” disse rivolgendosi a Luca. “Com’è? La colazione è inclusa nel prezzo della camera? 40 sterline mi sembrano poche! Per caso non è una topaia?”
Luca arrossì leggermente prima di rispondere.
“No, non lo conosco. Ho visto una galleria di foto sul web. Sembra che qualche centinaio di persone l’abbiano giudicato più che buono, come c’è scritto nei commenti. Come 40 sterline? A me ne hanno chiesto il doppio! ..”
“Ma tu non ti chiami Amanda!” replicò ridendo la ragazza, che continuava a tenere dolcemente la mano di Alice.
“Sei forse una privilegiata?”
“E tu” rivolgendosi a Alice “quanto paghi la stanza prenotata?”
“Non saprei. Ha fatto tutto Irene”.
“La prossima fermata è la nostra”.
E così il terzetto si sistemò nella camera tripla.
La sera si preannunciava calda.

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Amanda 16

Il viaggio durò poco più di un’ora e mezza tanto che le ragazze fecero appena in tempo a imparare i loro nomi.
Era un gruppo di quattro ragazzi e due ragazze che festeggiavano la maturità con un viaggio di una settimana a Londra. Naturalmente si fecero notare per la loro esuberanza latina sotto gli sguardi severi e seriosi degli altri passeggeri.
Amanda avrebbe preferito il caldo Messico ma alla fine non oppose molte recriminazioni al cambio di destinazione. Tutto sommato anche Londra era una meta sconosciuta e ne valeva la visita. Le amiche erano entusiaste di tornare a Londra, che conoscevano già. I nuovi compagni di viaggio, raccolti così casualmente, erano davvero simpatici anche se c’era una bella differenza di età. Lei si sentiva coi suoi ventisette anni una donna matura rispetto a loro, sbarbatelli di nemmeno vent’anni.
“Ormai sono una single incallita e irrecuperabile. E poi .. e poi .. desidero proprio cercare un amore? Non ho forse scelto ..” e la riflessione sfumava in una sorta di rimpianto per un’opzione finora perdente.
Durante il viaggio, mentre osservava Franzi e Michi civettare con Paolo e Matteo, un fugace pensiero la riportava a Belluno, a Pietro senza un motivo specifico.
“Cosa starà facendo? Mi avrà cercata oppure aspetta che ritorni?” e subito scacciò dalla mente queste considerazioni come se fossero concetti da ripudiare. E provò a concentrarsi sul presente.
Alice, una delle due ragazze, sedeva accanto a lei e le chiedeva dove vivesse e perché avessero cambiato destinazione e mille altri perché.
“Vivo e lavoro a Bolzano ..” cominciò Amanda.
“Una bellissima città immersa in una conca circondata dalle montagne. Ci sono passata l’estate scorsa e mi sarebbe piaciuto abitare lì” la interruppe quasi subito.
“In effetti è una bella città ricca di verde e di attrattive. D’estate i boschi appena sopra la città, la strada dei vini tra vigneti e castelli oppure la misteriosa val Sarentino. D’inverno c’è solo l’imbarazzo della scelta. E poi i masi, sempre ospitali dalla primavera all’autunno. Insomma si sta bene. Ma tu da dove vieni?”
Alice era di Brescia, anzi di Monte Isola sul lago di Iseo. E cominciò a parlare di questa isola posta nel centro del lago ricca di verde e vigneti.
Tra loro s’era instaurata subito un ottimo feeling. Ed erano talmente concentrate sui loro discorsi che parevano fossero all’interno di una bolla di vetro senza avvertire il casino che gli altri compagni stavano facendo. Viaggiavano low cost e avevano dovuto imbarcare il proprio bagaglio a mano. I sedili erano scomodi, ma non ci facevano caso.
“Il viaggio dura talmente poco che ..”. Era un veloce flash tra una chiacchiera e l’altra. “In compenso solo 10 sterline! Certo rispetto ai 1000 dollari del viaggio in Messico con Mexico Airlines è tutt’altra cosa. In Messico ci andrò visto che non ho chiesto il rimborso del biglietto tramutandolo in un ticket open da sfruttare entro sei mesi. Qualche giorno di ferie mi è rimasto e chissà ..”.
“Interessanti i vostri discorsi ..”. Una voce interruppe il flusso di pensieri di Amanda mentre spuntava tra loro la testa di Luca.
“Ciao! Stai origliando le nostre chiacchiere? Io sono Amanda e tu?”
“Luca”.
Lei lo osservò bene. Era un bel ragazzo, vestito con cura che ne valorizzava l’aspetto. Le era sembrato un tipo tranquillo quando aveva scrutinato il gruppetto di ragazzi per una possibile preda per questa vacanza.
“Ci sono sei ragazze per solo quattro maschi. Mi sa che sarà una bella lotta tra noi. Però non pare che ci siano coppie fisse. Quel biondino esile ed elegante è un tipo interessante”. Però si chiedeva quali motivi l’avessero stimolata nella scelta.
“Solo istinto oppure ..”. Aveva notato che anche lui lanciava messaggi con gli occhi senza prendere l’iniziativa. “Niente colpi di testa. Un po’ di pazienza nel valutare la situazione e gli eventi e poi ..zac!”.
Però adesso gli eventi erano precipitati e avevano mutato il quadro, perché era stato lui a promuovere l’azione di avvicinamento. Dunque era il momento di assumere il comando delle operazioni. Era lei che voleva guidare e non aveva nessuna intenzione di farsi guidare da chicchessia.
Alice per l’intrusione di Luca si muoveva nervosa sullo stretto sedile come se fosse seduta su un ramo di rose selvatiche, mentre le spine le mordevano le cosce. Era partita di malavoglia, perché quei quattro ragazzi non le garbavano per nulla. Però Irene aveva insistito a tenerle compagnia per non essere la sola ragazza del gruppo. Quello che non aveva previsto era che non immaginava di trovare altre quattro ragazze che si sarebbero aggiunte come sorpresa inaspettata e quanto mai gradita.
“Ho tirato un sospiro di sollievo quando le ho viste, scoprendo con gioia che si sarebbero unite a noi a Londra. E poi questa rossa mi ha attratto in maniera irresistibile. Conversare con Amanda è un piacere immenso. Spero di condividere albergo e stanza. Noi abbiamo già la stanza prenotata, ma le nuove arrivate no. Chissà se c’è posto anche per loro. Sarebbe magnifico..”.
Però adesso c’era quell’antipatico di Luca, affettato e azzimato come un piccolo milord, a rompere le uova nel paniere.
“Guarda quello stronzo come punta su Amanda! Lei è mia!” urlava dentro di lei.
Cercò di mantenere un self control invidiabile per mascherare il nervosismo. Le pareva che Amanda gradisse la presenza di Luca e questo l’infastidiva.
“Certe cose le percepisco immediatamente. E il clima di feeling tra noi si è interrotto bruscamente. Ma non demordo”.
Si inserì nei loro discorsi, replicò alle battute e cercò la mano di Amanda e la trovò. La strinse, sentendo un brivido percorrerle la schiena. “Sì, anche lei ..”.
Si erano inginocchiate sui sedili per meglio chiacchierare con Luca senza dovere fare delle torsioni innaturali del busto. Nella fila accanto Anke e Irene si contendevano le grazie di Enrico.
Un glin glon, che annunciava il prossimo atterraggio, le fece sobbalzare tanto erano impegnate nella conversazione.
Si sistemarono con le cinture allacciate. Dal finestrino un cielo plumbeo carico di pioggia si apprestava a dare loro il benvenuto.
Londra era sotto di loro e si preparava ad accoglierli.

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Amanda 15

Pietro si trovò in una specie di limbo nero tra il reale e il sogno. Non riusciva a percepire dove fosse, né aveva la forza di comprendere la sua condizione.
La sua mente fluttuava in un mondo incorporeo come se fosse nel regno dei defunti.
Provò a svegliarsi, ma gli occhi rimanevano senza scampo chiusi al mondo esterno. La mente non accennava a passare dallo stato di torpore a quello della veglia vigile.
“Dove sono?” si domandò con i sensi impastati da sensazioni sgradevoli e sconosciute.
Tutto continuava a rimanere buio senza alcun cenno che potesse sbucare un po’ di chiarore a illuminare la scena.
Gli ultimi ricordi parevano sbiaditi, lontani nel tempo. Eppure gli sembravano piacevoli e dolorosi allo stesso tempo.
Nonostante gli sforzi, la sua condizione non mutava. Era sempre la medesima di qualche istante prima. Però qualcosa stava modificando il suo stato. Leggere percezioni differenti si insinuavano nella mente, mentre provava ad alzare le mani.
Una la muoveva liberamente, ma l’altra sembrava ancorata saldamente al corpo. Per quanto sforzi facesse, per quanti comandi impartisse all’arto, quella non aveva nessuna intenzione di ubbidire.
“Cosa mi impedisce di muovere la mano? Sembra inerte, né reattiva”.
Con lentezza riuscì ad aprire un occhio, poi l’altro. Però la sensazione di oscurità rimaneva.
“Dove sono?” si chiedeva con qualche affanno e leggermente sgomento.
Vagamente scorgeva i contorni degli oggetti che gli parevano familiari. La sponda del letto, l’armadio alla sua destra, il chiarore appena sfumato che penetrava da una finestra posta alle sue spalle.
Quella luminescenza gli sembrava molto pallida come se fosse notte e la luna brillasse nel cielo.
“E’ veramente notte oppure i miei sensi sono ingannati da altre fonti luminose?”.
Continuava nella sua esplorazione personale dei sensi. La vista vedeva gli oggetti,
“Sì, quello che mi circonda è familiare. Li riconosco”.
L’udito percepiva il profondo silenzio del bosco e il leggero ansimare dei suoi polmoni. L’olfatto non era attivo. Nessun odore particolare giungeva alle narici.
“Ma cosa avrei dovuto sentire? Il profumo del bosco? Gli effluvi della tisana? Cosa?” si interrogava con sensazioni contrastanti.
Solo una mano era sensibile agli oggetti, la sinistra pareva inerte.
“Ne ho forse perso l’uso? Cosa sono queste bende che l’avvolgono?”
Si sforzò di ricordare cosa era successo prima di entrare in quel regno oscuro che aveva posto nell’oblio la sua mente.
Ecco allora, come per incanto, i ricordi cominciarono ad affiorare dal pozzo nero nel quale li aveva confinati, dando un senso alla situazione nella quale si trovava.
Ancora una volta un pensiero sovrastò il resto.
“Se ero seduto sulla vecchia sedia a dondolo, prima di sprofondare nel buio, come ho fatto a ritrovarmi nel letto al piano di sopra?” si chiedeva con una punta di dubbio e molta angoscia che pervadeva il petto.
Sembrava che qualcuno si stesse prendendo cura di lui. Un’anima amica.
“Chi sei?” si chiese sgomento. Ricordava che aveva percepito solo le mani dalla dita affusolate e bianche come la neve.
“E quali magie sta operando su di me?”
Altri frammenti si aggiungevano a quelli di prima. Un nuovo mosaico si ricomponeva nella mente. I ricordi di Amanda, uscita dalla sua vita diversi anni prima, la vita solitaria, il bosco amico, il grande abete che custodiva un segreto e quel nemico misterioso.
“Chi era? Perché mi inseguiva? Perché non dovevo voltarmi?” Tante domande prive di risposta si affacciavano bussando imperiosamente.
“E poi Angelica. Un angelo protettore. Ma è stata veramente lei a salvarmi?”
Adesso gli occhi spaziavano nel buio alla ricerca di qualcosa che non poteva vedere. Si drizzò sul letto a fatica. La mano sinistra continuava a rimanere inerte come se fosse staccata dal braccio e pesava terribilmente. Con la destra cercò l’interruttore per illuminare la stanza. Sembrava che fosse stato ingoiato dall’oscurità. Poi alla fine la luce l’accecò. Strinse gli occhi per abituarli alla nuova luminosità e con lentezza sollevò le palpebre.
Si osservò e vide che si era spogliato.
“Cosa sono questi misteri? Cado lungo il sentiero che mi portava a casa e mi ritrovo in poltrona. Sono preda di una febbre da cavallo e scopro che qualcuno mi ha spogliato e messo a letto al piano superiore. Magie o fantasie mie?”
Cautamente provò a mettere un piede per terra, ma la testa cominciò a girare vorticosamente.
Pietro ondeggiava pericolosamente verso il pavimento, quando percepì delle mani femminili che lo adagiavano sul letto.
“Chi sei?” domandò stupito.
“Riposa. Alle domande c’è tempo” rispose una voce del tutto sconosciuta. Non era Angelica.
“No. Voglio sapere. Altrimenti brucio come un fiammifero”.
“Dunque brucia, ma la fiammata è breve. Dormi. Sei troppo debole per ascoltarmi”
E nuovamente sentì gli occhi chiudersi e la pace invadere la mente.
“Chi sono queste fate che si stanno prendendo cura di me?” fu l’ultimo pensiero.

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Amanda 14

Era settembre quando Amanda si prese una vacanza con le sue amiche. Sette giorni di relax, lontano dal lavoro, lontano dal quotidiano composto di alzate mattutine, otto ore di lavoro con un breve pausa pranzo, i lavori di casa e la solita cena serale. Erano giornate in fotocopia a parte il week end speso in gite per l’Italia, con puntate verso la Svizzera e l’Europa. E sempre in compagnia di Michi, Franzi e Anke.
Erano un quartetto di amiche affiatate sempre pronte ad aiutarsi l’un l’altra. Se una puntava a un maschio, le altre erano pronte a sostenerla. Su un ragazzo ne adocchiava una, le altre si ritiravano in silenzio senza competere. I rari screzi, che c’erano come era inevitabile, venivano prontamente risolti chiarendo i motivi che li avevano determinati.
Poteva sembrare una situazione idilliaca, ma non sempre era così. C’erano momenti di tensione, spesso determinati da circostanze esterne, che erano vissuti con nervosismo. Una volta avevano deciso di passare il fine settimana a Monaco di Baviera a girare per il mercatino di Natale. Quando il venerdì alle 17 dovevano ritrovarsi al monumento della Vittoria per partire, Anke non si fece trovare, né telefonò per avvertire del ritardo. Amanda cominciò a dare segno di impazienza, perché lei non sopportava i ritardi e per di più non giustificati.
“Cosa facciamo?” chiese senza dissimulare il nervosismo che stava montando mentre faticava a controllarlo.
“Nulla. Aspettiamo” rispose serafica Franzi continuando a fumare la sigaretta.
“Come nulla?” replicò seccata.
“Si, aspettiamo a basta. Se non ti va, puoi andartene” disse con poco garbo Michi.
“Suvvia! C’è necessità di scaldarsi per un piccolo ritardo? Anke, avrà avuto problemi a districarsi dall’ufficio” replicò paciosa Franzi.
“Certo!” riprese Amanda che sprizzava tensione da tutti i pori.
“Certo, avrà avuto problemi imprevisti sul lavoro. Però una telefonata l’avrebbe potuto e dovuto fare”.
Michi la guardò irritata come se stesse dicendo delle idiozie.
“Sicuro che una telefonata avrebbe risolto tutto ma c’è sempre qualcosa che non funziona come vorremo. Non ricordi più che un mese fa ci hai fatto aspettare quasi un ora? Hai telefonato per caso?”
“No, non ho telefonato, ma come potevo ero in riunione col capo!”
“E Anke non potrebbe essere nella stessa situazione?” proseguì tesa Michi.
“Sicuramente no! Ieri mi ha detto che il capo era partito per la Maldive con la segretaria! Quindi niente riunione!”
Amanda era furibonda, mentre la tensione cresceva. Era tanto palpabile che pareva concreta come una tela. Mentre Franzi continuava a fumarsi tranquillamente la sigaretta come se fosse estranea al piccolo battibecco, Michi aveva lo sguardo cupo e iroso, perché poco incline ad accettare che l’ultima arrivata dovesse dettare il ritmo e le convezioni da rispettare.
Amanda cominciò a muoversi in circolo a braccia conserte, nervosa e irritata senza accennare la ricerca di un pizzico di pazienza.
“Mi dai ai nervi!” sbottò Michi. “Non puoi stare ferma?”
 “No” e si avviò a passo deciso verso la macchina posteggiata per recuperare la borsa da viaggio.
“Che fai?” chiese stupita Franzi.
“Me ne torno a casa!”
“Uh! quanto sei suscettibile, oggi. Dai, Amy, non è successo nulla! Stiamo aspettando Anke che ritarda!”
“Bene. Voi l’aspettate e io me ne vado a casa. Così tolgo il disturbo e Michi si cheta” e aperto il bagagliaio estrasse la sua borsa.
In un batter d’occhio si diresse a piedi verso la casa a Gries, sparendo dal loro campo visivo.
“Piccola stronza!” disse Michi con voce cattiva.
“Però anche tu ..”
“Ti ci metti anche tu a rompere i co ..”
“Non c’è bisogno di scaldarsi troppo!” l’interruppe Franzi e indicò con la mano la figura di Anke.
“Eccola che arriva! Di corsa e trafelata. Che facciamo con Amy? La recuperiamo a casa?”
Michi alzò le spalle e andò incontro all’amica.
“Non vedo Amy. Non è ancora arrivata?” chiese ansimando come un mantice.
“No, la piccola stronzetta non voleva aspettare e se ne è tornata a casa” replicò acida.
Dopo un’altra breve litigata, Anke chiamò Amanda al telefono per ricomporre il litigio e partire tutte insieme per Monaco.
Erano tutte single, anche se gli anni stavano passando inesorabilmente. Però questo sembrava non pesare più di tanto. Dicevano che erano sempre in tempo per prendere il primo che capita, ma il primo non passava mai ad ascoltare loro.
Dunque il venti settembre si recarono all’aeroporto di Verona per imbarcarsi verso il mondo esotico del Messico. Era il primo viaggio lungo che affrontavano verso una destinazione affascinate e lontana. Si sentivano come tante scolarette al primo giorno di scuola.
Al check in incrociarono un gruppo di chiassosi ragazzi. Sembravano più giovani di loro ma gli sguardi maliziosi s’incrociarono.
“Hai visto come ci guardano?” chiese sottovoce Amanda.
“Sei già in fregola ancora prima di partire?” replicò ridendo Michi.
“Beh! Quel moretto non è niente male!”
“E no! Quello è mio!” disse sghignazzando Anke.
“Non leggo Anke appuntato sul petto”.
“Questo lo dici tu! Lui sta puntando i suoi fari addosso da quando ci siamo visti. Quindi è mio!” replicò decisa.
E nuove risate seguirono ad altre battute.
“E se non prendono il nostro aereo?” domandò tra il serio e il faceto Franzi.
“E noi li seguiremo” disse compunta Amanda.
“E il viaggio in Messico lo mandiamo a puttane?” continuò Anke.
“E’ il bello dell’imprevisto” sbottò nuovamente Amanda.
E così finirono a Londra al seguito dei ragazzi.
Naturalmente al posto del caldo Messico trovarono una piovosa e fredda Londra, mentre il bagaglio era completamente fuori posto.
Ma ne valeva la pena. Maglioni e giacche pesanti si possono comprare, la felicità si deve afferrare al volo.
E quella era un’occasione da non perdere.

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