Nella prima domenica di settembre si teneva a Monselice la tradizionale Giostra della Rocca, un evento in costume che richiamava nella cittadina patavina un gran folla di turisti e curiosi. Era un classico appuntamento molto sentito nella zona.
Matteo da quando aveva intrapreso la professione di informatico si recava lì per sovraintendere all’installazione di tutte le apparecchiature tecniche necessarie al buon svolgimento della manifestazione ed al controllo del loro funzionamento.
I primi anni erano stati entusiasmanti per lui muoversi, aggirarsi senza vincoli tra figuranti, contradaiuoli festanti e protagonisti delle gare. Però passata l’eccitazione iniziale della novità non provava più gli stimoli delle prime volte, perché adesso gli sembrava banale routine con la perdita di un week end di riposo.
Dal ritorno delle vacanze non aveva avuto un attimo di respiro perché l’impegno di Roma non era previsto facendogli saltare un fine settimana, poi si erano accavallati tutti i progetti programmati ed ora anche questo compito a Monselice del quale ne avrebbe fatto a meno volentieri.
Aveva dovuto suo malgrado trascurare Micaela alla quale aveva dedicato solo qualche telefonata e un paio di messaggi senza riuscire a trovare il tempo per vedersi di persona. Quindi pensando di farle cosa gradita e con la speranza che la giornata fosse più piacevole rispetto all’anno precedente, la invitò ad accompagnarlo. Sarebbe stata una buona occasione per riannodare i fili del discorso interrotto bruscamente qualche mese prima e verificare lo stato di salute del loro rapporto un po’ zoppicante e balbettante a dire il vero.
Partirono di buon’ora con la macchina di Matteo sotto un bel cielo azzurro, limpido e senza nubi. Micaela era allegra perché poteva assistere all’evento da una postazione privilegiata, il palco d’onore, per il pass che le aveva procurato. Ne aveva parlato con entusiasmo con Silvia che la consigliò su come vestirsi, su come comportarsi e su altre mille minuzie, mentre la testa di Micaela si riempiva in modo caotico con tutte queste indicazioni, che dimenticò al termine della telefonata.
Durante il viaggio ci furono i primi screzi, che diventarono crepe nel corso della giornata. Lei aveva voglia di parlare dell’evento, mentre lui voleva discutere della loro relazione. Così Matteo, già nervoso e di malumore per la domenica sprecata, non riuscì a nascondere la propria irritazione percependola distante ed indifferente alla passione che covava dentro di lui. Poi anche lei ci mise del suo per creargli ulteriori grattacapi e inquietudini, tanto che alla fine bisticciarono su tutto dal mangiare a come si erano vestiti.
Così la giornata che sembrava promettere bene, cominciò a rannuvolare con nubi nere e cariche di pioggia, come gli umori dei due giovani che volsero al brutto, anzi alla tempesta.
Micaela, vestita leggera come si conviene in un settembre caldo e soleggiato, disse di avere freddo e che voleva tornare subito a Padova prima della pioggia, mentre lui doveva accertarsi che la cerimonia finale con le premiazioni attese per le 18 filasse tutto liscia senza intoppi. Lei stava imbronciata sul palco d’onore completamente estranea alle grida di giubilo della contrada vincitrice il Palio dei Santi, aspettando solo il momento di riprendere la strada di casa.
La tensione cresceva fra loro come le saette che a zig zag solcavano il cielo sempre più nero, poi cominciarono a volare parole pesanti come i goccioloni che i cumuli nembi stava dispensando su di loro.
Finalmente bagnati ed infreddoliti sciamarono velocemente verso la macchina e si immisero sulla statale Adriatica per rientrare a Padova sotto una pioggia battente e fredda.
Lui era incattivito per i troppi intoppi informatici, che avevano costellato una giornata nata sotto cattivi auspici, ed era stressato dalle lamentele continue di Micaela, che non stava zitta un secondo.
Lei con la camicetta bagnata ed appiccicata al corpo, i sandali distrutti e capelli ridotti in pessimo stato dalla pioggia si lamentava in continuazione perché accusava Matteo se si trovava in quello stato. Starnutiva e si soffiava senza soste il naso, che assomigliava più ad una fontanella che ad un organo sensoriale.
“Mi hai fatto prendere un accidente” disse mentre l’ennesimo starnuto inondava il parabrezza della macchina.
“Dovevi vestirti più adeguatamente” replicò lui irato ed arrabbiato per la pessima idea di averla invitata durante l’esecuzione dell’attività professionale.
Fuori infuriava un violento temporale, mentre Micaela era sempre più petulante ed indisponente, finché arrivati al semaforo della Paltana lui non aprì la portiera mettendola sulla strada senza proferire una parola.
Passato un primo momento di sbigottimento coi capelli ridotti a tagliatelle cominciò a tempestare il vetro della macchina perché voleva risalire e ripararsi dalla violenza della pioggia. Però lui quando scattò il verde mise la prima e sparì verso Padova.
Micaela incredula rimase lì sul ciglio della statale sfiorata pericolosamente da macchine e corriere senza comprendere se l’acqua che scorreva sul viso fosse pioggia o lacrime..
A questo punto incamminarsi verso la città sarebbe stata pura follia, quindi attese il rosso e si avvicinò ad un auto che aveva alla guida un uomo dalla corporatura abbondante.
Bussò al vetro e disse: “Il mio ragazzo mi ha abbandonata qui sotto il temporale e non so come arrivare a Padova”.
“Sali” rispose garbatamente mentre apriva la portiera per farla accomodare.
Micaela gocciolante e tremante per il freddo inondò il sedile con l’acqua che colava dai capelli e dal corpo come una fontana.
“Micaela ” si presentò starnutendo in continuazione.
“Piero” rispose mentre ripartiva in direzione di Padova “Bello scherzo ti ha fatto il tuo ex”.
(Capitolo 20)