Short stories – Amor profano

L’amica soliloquio in compagnia mi ha fatto conoscere un sito simpatico 20lines che consente di scrivere a più mani delle storie. Scritto un incipit, ci si può sbizzarire a scriverne il seguito con n varianti. Due vincoli ogni snodo è composto da sole 20 righe e gli snodi sono 6. Fine della storia oppure passati 20 giorni la storia finisce.
Ogni giovedì ne propongo una dove o l’incipit l’ho scritto io oppure ho dato il mio contributo. Comincio con questa dove a parte l’incipit (non mio) il resto è totalmente mio. L’unica variante rispetto all’originale è l’eliminazioni di refusi e renderlo leggibile come impaginazione (per ovvi motivi legati al numero di righe, spesso a capo e spazi sono eliminati).
 
Era l’estate del 1958. Avevo solo sedici anni come Sara, la ragazza dell’ombrellone accanto al mio. Eravamo state invitate alla festa di Leonardo per festeggiare Ferragosto nella sua villa vicina al mare.
Sara quella sera era d’una bellezza abbagliante, che era impossibile non notarla. Aveva segretamente rubato e indossato un abito color panna di sua madre, che presentava uno spacco laterale per mettere in mostra le lunghe e affusolate gambe. La parrucchiera le aveva acconciato i capelli color miele in morbidi boccoli, nella speranza che Leonardo la guardasse con gli occhi con i quali la guardavo: lo sguardo di chi ama senza confessarlo.
Era decisamente sexy con quel vestito che faceva risaltare la perfetta doratura della pelle e quel seno acerbo appena sbocciato, che si mostrava impertinente senza l’aiuto di sostegni esterni.
A quei tempi ero un maschiaccio, ero scapestrata e restia a qualsiasi espressione di femminilità, motivo per il quale avevo optato per il completo più elegante di cui mio padre disponeva. Volevo mortificare il mio corpo e la mia bellezza tanto che avevo legato i capelli a coda di cavallo. Senza un filo di trucco né una spruzzata di profumo avevo aspettato l’arrivo di Sara, sbuffando e sospirando per quell’invito inopportuno che non avrei voluto onorare. L’avevo accolta con calore, abbracciandola, facendola entrare nella mia stanza, che era in disordine perenne. Scambiammo qualche frase di circostanza e, poco prima di uscire, prese posto dietro di me senza dire una parola. Sciolse la mia zazzera castana dalla stretta del codino, liberò la mia frangetta disordinata dalle forcine e, con le dita affusolate, iniziò a pettinare i miei capelli. Con delicatezza acconciava le ciocche e mi sorrideva, mentre io osservavo ogni suo movimento allo specchio dinnanzi a me con il cuore che batteva impazzito.
«Secondo te Leonardo mi noterà?» mi domandò accennando un sorriso.
La guardai sorpresa da queste parole.
«Certamente! Non dedicherà attenzioni a nessuna ragazza all’infuori di te» risposi sinceramente.
Sorrise stancamente prima di riprendere il discorso.
«Lui sembra preso da quella ragazza. Come si chiama, Laura?»
Rimase silenziosa, mentre continuava a pettinarmi, annodandomi i capelli in una treccia. Mi voltai, facendo ricadere i capelli sulle spalle, inchiodai il mio sguardo duro sui suoi occhi di un verde intenso.
« Allora ti dedicherò le attenzioni che non ti dedicherà lui”.
Un dolce sorriso illuminò il suo viso, mentre riprendevo a parlare, perché ero riuscita a rompere quella calotta trasparente che ci divideva.
«Ti prego, non continuare a essere la causa della mia sofferenza e ricambiami» dissi azzardando quelle parole che avevo avuto sempre paura di pronunciare, mentre il suo sguardo mostrava sorpresa.
«Ricambiami» sussurrai, mostrando le labbra per baciarla. (by Marta Mucillo)
 
Ecco i primi due proseguimenti.
Sara infilò una mano sotto i capelli che erano ricaduti sul collo e la fece scivolare lentamente sulla pelle della schiena, mentre aspettavo le sue labbra. Chiusi gli occhi ma percepì solo il suo alitare vicino al mio viso.
«Baciami» le dissi ma il bacio non arrivava mai.
La mano continuava a muoversi lievemente con movimenti appena percettibili, mentre qualcosa di caldo m’inumidì le mutandine.
«Baciami» ripetei col desiderio che cresceva di essere baciata.
Le sue labbra si posarono sulle mie, mentre la punta della lingua sfiorava la mia con un movimento circolare. Sentì le sue mani lavorare sulla cintura dei pantaloni e percepì che stava frugando fra le cosce, che allargai leggermente. Fremevo mentre di Leonardo non c’importava più nulla. Sara con movimenti, che nella mia ingenuità ritenni esperti, cominciò a lavorarmi, mentre ero rapita da sensazioni che mi fecero perdere il senso della realtà.
«E’ la prima volta?» mi sussurrò nell’orecchio, mentre mordicchiava un lobo.
«Sì».
La sua mano aveva scostato gli slip e si immerse nei miei umori.
«Mi piace» dissi con un filo di voce appena percettibile.
«Sicuramente Leonardo non saprà darci queste emozioni».
Le sue labbra si posarono sull’incavo del mio collo, mentre l’altra mano giocava col mio capezzolo che indurì in un attimo.
«Pensi di andare ancora alla festa?» mi domandò.
«Non lo so».
Sentì le sue dita scivolare leggere dentro di me e gridai per il piacere.
Sono passati dieci anni da quella fantastica sera di Ferragosto del 1958 ma è rimasto nitido il ricordo. Avevamo solo sedici anni e a quell’epoca se fosse trapelato il nostro segreto avrebbe fatto scandalo. Tutto rimase tra me e Sara come uno scrigno da conservare nascosto. Non che adesso sia cambiato molto ma i tempi hanno modificato la percezione dei nostri gesti che forse verrebbero visti come un gioco tra due bambine.
Rammento che siamo andate alla festa con grande ritardo senza aver alcun pentimento. Nessuno degli invitati riuscì a donarmi quegli istanti vissuti con Sara. Lei però sembrava divertirsi e farsi corteggiare da tutti, facendo impazzire di gelosia Leonardo.
Il giorno dopo fu una giornata simili alle precedenti. Sole, bagni, amori effimeri e civettuoli senza mai parlare di quanto era avvenuto durante il pomeriggio di ferragosto.
“Scrivimi” disse Sara, salutandomi al termine della vacanza.
“Anche tu” risposi baciandola sulle guance, quando a fine agosto lasciammo Forte dei Marmi per tornare io a Milano e lei a Bologna.
Naturalmente ci fu qualche lettera prima di riprendere a ottobre la scuola, poi calò l’oblio su tutto. L’anno dopo i miei decisero per la Costa Azzurra e di lei non seppi più niente.
«Chissà dove sarà oggi Sara» mi domando, dopo aver trovato alcune sue lettere in un cassetto chiuso da anni.
Adesso sono una donna, quasi prossima alla laurea in medicina, con alle spalle un fidanzamento ufficiale finito nel nulla tra liti e incomprensioni. Mi sento irrequieta, gli uomini mi annoiano ma nemmeno le altre ragazze mi attraggono. Sono rimasta il maschiaccio di quasi dieci anni prima ruvida e insopportabile.
“Forse Sara saprebbe domarmi, esattamente come quel giorno” dissi ad alta voce, vedendo le fotografie di quella lontana estate.
Un filo di malinconia scende nei miei occhi, ripensando a lei, a Leonardo, a Luca e quel gruppo di ragazzi e ragazze acerbe e timide. Mi sento bagnare le guance e nel contempo risvegliare la voglia di rivederli, di parlare ancora una volta con loro.
Prendo un foglio bianco e la stilografica Aurora, cominciando a scrivere.
Carissima Sara!
Sono passati dieci anni da quella meravigliosa estate a Forte dei Marmi del 1958 e non ci siamo più né sentite né viste.
Oggi nel riordinare il cassetto della scrivania ho trovato alcune tue lettere e qualche fotografia e mi sono chiesta: ‘Chissà dove sarà?’
Io fra un anno prenderò la laurea in Medicina e spero che l’Ospedale Maggiore di Bologna accolga la mia domanda di specializzazione, così forse potremmo rivederci.
“Michela”. E’ la voce di mia madre.
“Cosa c’è?” chiedo un po’ scocciata, interrompendo la scrittura.
“C’è una lettera per te”.
“Va bene, mamma, Non mi pare un fatto straordinario …”
“Chi è Sara Molini?”
Il cuore sussulta. Io la penso e lei mi scrive.
 
A giovedì prossimo col resto
 
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