Non passava giorno (Cap. 1)
Mark e Irene
Racconto fantastico Sandrukel e Obridibò
La settimana volge verso il basso e per ingannare l’attesa per la prossima puntata del racconto estivo, vi propongo questo breve racconto che nel febbraio di quest’anno a partecipato al torneo letterario (del tutto virtuale) della Terra di Altrove. Non si vinceva nulla all’infuori del piacere di trascorrere una serata insieme al gruppo di amici che sono accomunati dalla passione del fantasy.
Buona lettura e vi aspetto lunedì 2 agosto.
La busta bianca
“Fuck! Crap!” urla Mark, mentre tenta di sbloccare la cerniera rimasta a mezz’aria incastrata negli slip.
“Daughter of bitch!” impreca mentre vede Simona infilarsi tra un pila di copertoni e delle portiere, sparendo alla sua vista.
“Floozy, I’ll kick your ass!” le sibila mentre incespica nei jeans semi abbassati, tentando di rincorrerla.
La sente muoversi cautamente tra i rottami rugginosi di macchine, ma prima deve allacciare il bottone se vuole correre senza il rischio di cadere ad ogni passo. Vede sul prato il perizoma che le ha appena strappato e lo raccoglie come un feticcio trofeo.
“Wannabe forgiveness, slut!” e lo raccoglie annusandolo.
Il profumo del indumento intimo carica Mark, che ricomincia la caccia a Simona. Però ha perso tempo prezioso e non la sente più aggirarsi tra le carcasse d’auto contorte. Pensa che si sia nascosta impaurita da qualche parte, mentre si muove come un toro furioso dinnanzi al drappo rosso.
Gira e rigira inutilmente l’immenso cimitero delle auto senza trovarne traccia o sentirne l’odore. Infuriato perché la preda è fuggita, raggiunge la Buick nera parcheggiata in un luogo riparato, lontano da occhi indiscreti, e comincia a perlustrare la strada.
Non è una zona molto trafficata, quindi difficilmente può avere trovato un passaggio da un automobilista in transito ed è sicuramente ancora nei dintorni.
Ripercorre la carreggiata un paio di volte senza notarla e poi strepita “Fuck! Crap! Playbacks are hell! You are a fucking cunt! Bastard!”, perché si ricorda che cento metri dopo il viottolo c’è la fermata del bus e l’ha visto arrivare mentre stava perlustrando il ciglio erboso alla ricerca di Simona.
E impreca contro se stesso perché la riteneva una stupida donna, incapace di ribellarsi, mentre si rivela più astuta e temibile di quello che pensava. E l’ha sottovalutata. Da quel momento dovrà usare più astuzia se la vorrà riprendere. Scuote il capo e imprecando riprende la strada per New York.
La caccia è appena iniziata e durerà finché non l’avrà trovata. Sa che non rinuncerà con facilità a un bocconcino così prelibato, mentre il membro diventa duro pensando a lei.
Simona osserva l’ora proiettata sul soffitto e ha un sobbalzo.
“Ho dormito due ore! E sono ancora nuda!”
Si guarda intorno e decide di non uscire alla ricerca di un ristorante e rinuncia all’idea di farsi servire un pasto nella suite dal servizio ristorante come la sera precedente.
“Userò il servizio di cucina. Nel congelatore ho visto delle pizze e nel frigorifero formaggio, birra e acqua. Per stasera mi arrangio così. Tv via cavo o qualche buon CD serviranno ad allietare la serata. Per domani ci penserò. Nello studio c’è una postazione PC con accesso a Internet funzionante. Bene, così più tardi mi faccio un giro per vedere le ultime novità e leggere un po’ di posta”.
Pensa che sia inutile recriminare sugli avvenimenti del pomeriggio, perché alla fine non cambierebbe nulla. Si è dimostrata ingenua e incauta, ma dovrà raddoppiare le attenzioni per non cadere tra le grinfie di Mark. Fa mente locale sul viaggio di ritorno che è programmato per 14 luglio 2009, mentre oggi è solo il 3 Luglio.
“Ancora undici giorni, prima di recarmi al JFK Airport e imbarcarmi sul volo Air France con destinazione Milano e tappa a Parigi. Undici giorni di supplizio con l’incubo di vedere il viso di Mark! New York è grande, ma il caso ci vede bene, anzi benissimo! Quando ritieni di essere al sicuro.. zac! e spunta la persona più indesiderata! E lui lo è! E se capita come farò a districarmi? Riuscirò a sfuggirgli ancora una volta oppure finirò sua prigioniera senza diritto di riscatto?”
Sono questi i pensieri di Simona, quando osserva il display che segna le 8 p.m., di conseguenza in Italia la mezzanotte. Però non ha nessuna voglia di chiamare casa, perché è tardi e non ha nessuna intenzione di raccontare gli avvenimenti odierni.
“Lo farò domani. Saranno in pensiero perché non mi sono fatta viva, ma Dio mio sono una donna adulta! Questo lo devono capire. Ora devo riprendere fiato e fare il punto della situazione per i prossimi giorni. Di sicuro non ne parlerò con loro, perché sento già i pianti di mamma e le urla del papà che mi intima di prendere il primo volo di ritorno! Sono a New York e voglio finire la mia vacanza anche se l’ansia mi farà da scorta implacabile. Però non posso di certo barricarmi qui dentro per undici giorni. Per stasera passi, tanto più che non ho molta fame, ma da domani si esce per New York e che Dio me la mandi buona”.
Un pallido sorriso compare sul viso di Simona, che sdraiata sul letto continua a osservare il soffitto. E poi spazia con l’occhio fuori della grande vetrata per ammirare lo spettacolo del tramonto, che gioca fra i grandi palazzi di fronte. La mente è vuota, come se tutti i pensieri fossero volati via impauriti per lo scampato pericolo.
Non sa il perché, ma sta ricordando Anna, mentre osserva tra le cosce aperte il ciuffo nero, che si riflette senza imbarazzi nello specchio di fronte al letto.
Non è stata un’esperienza esaltante, eppure qualcosa ha imparato: “Devi essere più aggressiva se vuoi sopravvivere!” Però sembra che la lezione non sia servita.
Avevano lavorato entrambe come segretaria nella ditta Bombardi, che qualche anno dopo la loro assunzione aveva chiuso i battenti. “E per fortuna! Così ognuna di noi due ha seguito strade diverse. Io ho trovato un impiego quasi subito a Carugate, lei è rimasta a spasso e se ne è tornata a Aci Castello. Senza troppi rimpianti la nostra storia è finita”.
Per qualche tempo si sono sentite per telefono, poi lentamente l’oblio è sceso sul loro rapporto. E ripensandoci col senno del poi, non avrebbe rifatto anche questo errore.
Non riesce a capacitarsi dei motivi per i quali sta ripercorrendo parte della sua vita e del riaffiorare di tanti ricordi, quando uno squillo la distoglie dal pensiero di Anna.
Si guarda inquieta alla ricerca della fonte rumorosa.
“Non è il mio telefono. Cos’è?” si domanda mentre la suoneria ad intervalli cadenzati fa sentire il suono.
“Ah! E’ il telefono di fianco al letto. Chi sarà mai che mi cerca? Nessuno sa che alloggio qui a parte i miei genitori. Nemmeno Irene, che avrebbe voluto accompagnarmi. Però forse .. Sarà meglio che risponda così smette di ululare”.
Un brivido di terrore le percorre la schiena mentre solleva il ricevitore.
“Hello!”
“Miss Ferrari?”
“It’s me”.
“Reception speaking. There’s a message to you”
“A message? Who?” risponde attonita Simona non riuscendo a capacitarsi chi le avrebbe potuto scrivere.
“I don’know. I send it to you with an office boy”.
“I’m sorry. Wait a moment, please. I can’t receive someone”.
“Sure! You arrive in a quarter of an hour. Goodbye!”
“Thank, goodbye”.
Simona si veste in fretta con un paio di jeans e una camicetta, mentre s’infila un paio di ballerine leggere nell’attesa di sentire bussare.
Aspetta con ansia di leggere il contenuto del messaggio e conoscere il misterioso mittente.
“Chi sarà mai? Eppure sono stata discreta negli spostamenti”.
Un breve squillo annuncia l’arrivo del fattorino e prepara un mezzo dollaro di mancia.
Con le mani tremolanti apre la busta bianca ed estrae un foglio scritto a mano.
Legge e sbianca.
L'attesa
Per ingannare il tempo nell’attesa che venga lunedì per la terza puntata del nuovo racconto, vi propongo il terzo capitolo di Goethe e la felicità nascosta – ed. Lulu.com – http://www.lulu.com/product/a-copertina-morbida/goethe-e-la-felicit%C3%A0-nascosta/3609094 . Il primo racconto che ho completato. Buona lettura e a Lunedì prossimo.