Ludmilla e un mazzo di fiori – parte quarantunesima

la Nuova Ferrara – 10 ottobre 2013

Clamorosi sviluppi sul duplice omicidio di due settimane fa. Retata a Ferrara e Lecce. Oltre trenta persone in custodia cautelare. La conferenza stampa del magistrato e del commissario che hanno condotto le indagini.

dal nostro inviato

Il duplice omicidio, che ha monopolizzato le nostre cronache di questi ultimi trenta giorni, è giunto a una svolta clamorosa per come si è risolto. Nessuno immaginava una soluzione così complicata, terminata con molti arresti eccellenti sia nella nostra città sia nel Salento. Gli investigatori sono stati veramente abili nel depistarci, nel farci credere che brancolavano nel buio, mentre in realtà erano ormai giunti a svelare ogni dettaglio del caso.

Venerdì 20 settembre in corso Giovecca intorno alle 18 venne uccisa una giovane donna, A prima vista sembrò un incidente stradale ma poi si appurò che si trattava di un omicidio. La donna era stata identificata come Teresa Lopiccolo di anni trenta da una collega di lavoro e dalla madre, Maria Russo, giunta da Lecce. Una settimana dopo fu ucciso Carlo Inzoli sulla soglia della sua abitazione. Le notizie sulle indagini sono arrivate col contagocce. Le indiscrezioni faticavano a trovare dei riscontri. Non si comprendeva i motivi dell’estrema cautela, con la quale gli investigatori si muovevano. La giustificazione, che avevano dato, era che le indagini procedevano al buio per la mancanza di indizi. La realtà, come abbiamo appreso ieri, è ben più complessa, perché coinvolgeva personaggi di spicco della Sacra Corona Unita. Da qui la massima prudenza nel divulgare le notizie per evitare che i pesci grossi fuggissero dalla rete. Con caparbietà e intuizione il magistrato, Carmelo Lopapa, e il commissario, Paolo Ricardo, hanno messo insieme i vari tasselli del puzzle e sono arrivati alla conclusione senza lasciar trapelare a che punto era l’inchiesta. Ci hanno informato, quando tutto era stato svelato, quando i protagonisti sono stati assicurati alla giustizia.

Quando abbiamo ricevuto l’invito a presenziare alla conferenza stampa del commissario Ricardo non pensavamo che ci avrebbe fornito su un piatto d’argento la soluzione di questo intricatissimo caso. Grande è stata poi la sorpresa nel vedere il magistrato Lopapa, collegato in call conference da Lecce con suo omologo leccese.

Ma sarebbe troppo complicato tentare di riassumere quello che il commissario ha detto durante la conferenza stampa. Ha illustrato un lungo e dettagliato percorso che forse è meglio trascriverlo nella sua integralità come Ricardo ce l’ha proposto. Un solo dato lo anticipiamo, perché ci ha frastornati e stupiti: la vera identità della donna uccisa. Non era Teresa Lopiccolo, come in un primo tempo ci hanno fatto credere ma Anna Inzoli, sorella di Carlo Inzoli, ucciso la settimana dopo.

Ma forse è meglio leggere cosa ci ha detto il commissario Ricardo.

Buongiorno a tutti e grazie per la vostra massiccia presenza. Vorrei chiedervi un favore: lasciatemi illustrare il caso senza essere interrotto dalle vostre domande, alle quali risponderò più che volentieri al termine. Cercherò di essere conciso e breve, anche se mi riuscirà difficile ma non mi sottrarrò alla vostra curiosità.

Per capire gli avvenimenti degli ultimi venti giorni devo fare una lunga digressione nel tempo, parlando di avvenimenti avvenuti quarant’anni fa.

Era il 1970. Un giovane leccese, Antonio Lopiccolo, aveva poco più di diciassette anni, quando cominciò la sua carriera di piccolo malavitoso alle dipendenze di Giuseppe Genovesi. Intimidazioni, riscossioni del pizzo, gestione del traffico di droga nella Lecce che conta. Era ambizioso e affascinante, lo è tuttora secondo le informazioni raccolte, ed era ricercato dalle donne più mature di lui. Però lui aveva un debole per le ragazzine, le adolescenti, un vizio che ha conservato intatto in tutti questi anni. Nel 1974 lui ventunenne conobbe una ragazza giovanissima, la sedicenne Maria Russo. La famiglia della giovane era benestante, non facoltosa secondo i parametri dell’epoca, e possedeva una piccola catena di negozi e qualche appartamento. La incrociò durante i soliti giri del pizzo e gli piacque immediatamente. Le fece una corte spietata, finché quattro anni dopo riuscì a sposarla, nonostante l’opposizione dei genitori. Lui venticinque anni e lei venti. Abbandonò Giuseppe Genovesi, che prese come uno sgarbo questa diserzione. Lui era un personaggio di spicco sella Sacra Corona Unita del Salento e non ammetteva che qualcuno lo abbandonasse senza il suo consenso. Giurò di fargliela pagare. Antonio Lopiccolo lavorò per quattro anni in un negozio degli suoceri. Secondo Maria Russo aveva messo la testa a posto…

Il commissario Ricardo si interruppe, osservando i presenti: sui loro volti aleggiava la perplessità e il brusio era aumentato di volume. Riprese a parlare ‘Comprendo i vostri dubbi, che traspirano dalle vostre facce, per questi oscuri e lontani episodi. Ma vi assicuro che quando saremo alla fine li capirete benissimo‘. Era chiaro che nessuno afferrava il senso di questi avvenimenti, vecchi di trent’anni. I nomi, a parte quello di Maria Russo, la madre di Teresa Lopiccolo, e quello di Antonio Lopiccolo, con molta probabilità il padre, non dicevano nulla a nessuno dei presenti. Non erano mai comparsi nell’inchiesta. I volti si distesero e il vociare sommesso si placò. Il commissario continuò come se non ci fosse stata nessuna interruzione.

Era in quegli anni un marito affettuoso e rispettoso e non andava più a caccia di donne o ragazzine. Poi nel 1982 Maria Russo rimase incinta e in Antonio tornò la voglia di avventure. Fu una gravidanza dura per la donna e anche i due anni successivi. Le scappatelle non si contarono più e lei lo riaccolse sempre in casa, perdonandolo. I genitori volevano che chiedesse il divorzio ma Maria Russo non se la sentì. In quegli anni una ragazzina, arrogante e autoritaria, che conosceva Antonio Lopiccolo, perché aveva frequentato qualche anno prima la casa del padre, lo puntò con decisione. Aveva già avuto diverse esperienze sessuali. Pare che il primo, un ragazzino di un paio d’anni più grande, sia finito male per averle tolto la verginità. Di questo se ne occuperanno gli inquirenti leccesi, che hanno aperto un’inchiesta su quel lontano caso mai risolto. Quella ragazza si chiama Antonia Genovesi. Giuseppe Genovesi, il padre, era diventato l’uomo di maggior spicco della Sacra Corona Unita del Salento. Antonio Lopiccolo resistette per due anni alle avance della ragazza, perché non aveva intenzione di entrare ancora in conflitto con Giuseppe Genovesi, che aveva accolto piuttosto male la sua defezione. Ma l’uomo non è di legno e Antonio Lopiccolo capitolò. Nel 1986 fuggì con lei. Dopo una settimana ritornò a casa e lui con moglie e figlia l’abbandonò in fretta e furia. Dopo diversi mesi di frenetici spostamenti per l’Italia si fermarono a Ferrara. Per vent’anni tutto filò liscio, finché nella casa di Antonio Lopiccolo nel 2006 non comparvero due ragazze: Julien Perdio e Anna Inzoli, la sorella di Carlo, l’altro morto ammazzato il 27 settembre. Julien Perdio aveva diciannove anni ed è la figlia naturale di Antonio Lopiccolo, nata da quella fuga di vent’anni prima con Antonia Genovesi. Ma presto rimangono solo in due, perché una delle tre si sposa con Federico Chiumento, un manager della finanziaria R&S. Nel 2007 Antonio Lopiccolo con una delle due ragazze rimaste sparisce e fa perdere le sue tracce. Ufficialmente è Anna Inzoli, almeno questo fanno credere. In realtà come vedremo, non è così. Due anni dopo, siamo nel 2009, Maria Russo, dopo aver aspettato invano il marito, se ne torna a San Cataldo, una frazione di Lecce, nella vecchia casa, abbandonata vent’anni prima. Rimane la terza ragazza, che nel 2011 si fa assumere da Federico Chiumento come Teresa Lopiccolo. Federico Chiumento ama navigare fra le chat a luci rosse con lo pseudonimo di Alex e qui conosce la falsa Teresa Lopiccolo con la quale inizia una relazione. Lui ignora che due donne si conoscono, finché non siamo intervenuti noi. La falsa Teresa Lopiccolo intreccia pure una relazione con Rosario Loperfido, il marito di Antonia Genovesi. Lo conosce col nome di Felix, mentre lei si fa chiamare Topina. Facciamo un passo indietro a quel fatale 1986. Antonia Genovesi scopre di essere incinta. Il padre, Giuseppe, stava dando la caccia a Antonio Lopiccolo per fargli pagare il disonore subito dalla figlia, che secondo lui era stata sedotta e abbandonata. La notizia della indesiderata gravidanza lo fa infuriare ulteriormente e lui moltiplica le ricerche senza successo. Però non può permettersi di tenere la figlia a Lecce, perché già circolavano delle voci in tal senso. La spedisce in Svizzera, dove lei partorisce Julien nel 1987. Appena nata viene adottata da una famiglia italosvizzera, Perdio, che la crescono come loro figlia, finché Julien non ritrova il padre. Antonia è anche una donna fredda e vendicativa e aspetta solo di scoprire dove si trova Antonio Lopiccolo. I Genovesi non smetteranno mai le ricerche in tutti questi anni. Vogliono vendicarsi. Antonia sposa quindici anni fa Rosario Loperfido e si stabiliscono a Ferrara. Sembrerà strano ma per molti anni ignora la presenza del vecchio amante in città. Al momento non sappiamo con esattezza come Antonia Genovesi abbia rintracciato Antonio Lopiccolo: incontro casuale oppure attraverso le ricerche di Julen Perdio. Però l’uomo fiuta il pericolo e si nasconde, sfuggendo ancora una volta alla vendetta dei Genovesi. La donna non demorde nella ricerca che è diventata una spina nel suo fianco. Antonia Genovesi per meglio coprire la caccia decide di creare con l’aiuto del padre un’appendice della Sacra Corona Unita a Ferrara. Una struttura che lavora nell’ombra organizzata in clan che ha diviso la città in zone. Ogni clan non conosce l’altro che ha come unico riferimento Giuseppe Genovesi, il quale a sua volta interfaccia la figlia, che attraverso le sue conoscenze nei luoghi che contano, riesce a proteggerli e a riciclare il denaro attraverso la finanziaria R&S. La donna non conosce personalmente Chiumento ma i passaggi di denaro avvengono in modo impersonale col tramite di Tarek Ben Hamman e la sua Smart gialla. Ogni clan è specializzato in un campo per non sovrapporsi: droga, prostituzione, armi, usura. Mi fa piacere vedere che adesso i volti sono dipinti di stupore. Tutto questo non sarebbe stato scoperchiato, se la sete di vendetta di Antonia Genovesi non avesse prevalso sulla sicurezza dell’organizzazione. Sei mesi fa scopre che in città è rimasta una donna che si spaccia per Teresa Lopiccolo, che è la figlia dell’odiato Antonio, e che intrattiene una relazione col marito. Questo è troppo per lei e fa salire un killer di professione, Ciro Diodati, che in città era conosciuto come Raffaele Albanese, per uccidere la figlia del fedifrago. Ciro Diodati è una persona metodica e precisa, che si muove con prudenza. Si attiva e conosce Carlo Inzoli, al quale fa capire di conoscere dove si nasconde la sorella Anna. Col suo aiuto impara le abitudine di Teresa Lopiccolo e organizza l’agguato perfetto. Manda un mazzo di fiori alla collega della vittima con un biglietto, che indica la conoscenza dei suoi comportamenti. Con l’aiuto di Ben Hamman convince la falsa Teresa Lopiccolo a seguire gli spostamenti della ragazza. Come? Le fa credere che Ludmilla Presente, la collega, stia correndo tra le braccia di Felix per sventare il ricatto che ha messo in atto. La finta Teresa è incinta di due mesi e ricatta sia Alex, ovvero Federico Chiumento, sia Felix, ovvero Rosario Loperfido, minacciando uno scandalo. Il 20 settembre Ciro Diodati la uccide con un colpo di fucile. Però c’è una persona che lo conosce, anche se non sa che sia l’assassino di Teresa Lopiccolo. E’ Carlo Inzoli, che uccide sulla soglia di casa sette giorni dopo.

Ma il suo compito non è finito. Deve ammazzare anche Antonio Lopiccolo. Rimane in città, aspettando l’imbeccata giusta che tarda a venire, perché l’uomo ha saputo far perdere le sue tracce con molta abilità. Questo è stato il primo errore che Antonia Genovesi ha commesso, perché ci ha permesso di individuare il killer. Il secondo è stato abbindolare un ex poliziotto con sesso e denaro, perché ci ha consentito di risalire a lei. Ma non avremo mai capito la dinamica degli omicidi, se Maria Russo non avesse spiegato chi erano le tre donne comparse nel 2006 a casa sua. Ludmilla Presente, che per prima ha identificato il cadavere, è stata tratta in inganno dal fatto che le è stata presentata come Teresa Lopiccolo. In realtà la vera Teresa Lopiccolo e Anna Inzoli si sono scambiati ruoli e identità, favorite dalla impressionante rassomiglianza tra loro. Quindi Chiumento, che pensava di aver sposato Anna Inzoli, si è accoppiato in realtà con Teresa Lopiccolo, mentre l’amica si è spacciata per l’altra. Ma chi è quell’Anna Inzoli che è fuggita con Antonio Lopiccolo? La figlia Julien Perdio. La sorellastra ha coperto la fuga dei due con falsi trasferimenti di residenza. Rimaneva ancora un dubbio sulle motivazione dello scambio di identità tra le due donne, che ci è stato tolto dalla vera Teresa Lopiccolo. Ha confessato che era dal 2004 che entrambe si comportavano da escort di lusso, procacciandosi i clienti tramite un sito a luci rosse. Nel 2005 Anna Inzoli aveva conosciuto Chiumento, che l’aveva contattata per una prestazione. Solo che lei aveva un altro impegno al quale non voleva rinunciare e ha mandato al suo posto Teresa Lopiccolo, che come abbiamo detto erano molto somiglianti. Non era la prima volta che le due ragazze si scambiavano ruoli e nome. Da quella volta Teresa Lopiccolo e Federico Chiumento si erano rivisti spesso. Lui riteneva che fosse Anna Inzoli, la donna che frequentava. Quando l’uomo le propose di sposarlo, Teresa non ha avuto il coraggio di confessare l’inganno, sostenuta in questo dall’amica. Solo loro due sapevano le vere identità. Anna Inzoli, alias Teresa Lopiccolo, continuò la sua attività di escort, finché non convinse Federico Chiumento due anni fa ad assumerla nella finanziaria. Il resto lo conoscete già

Se avete domande sono a vostra disposizione.

Se fino a quel momento non si era sentito volare una mosca, subito dopo si scatenò un putiferio e raffiche di domande.

Dunque il nome dell’operazione ‘Mazzo di fiori’ nasce dal quel mazzo inviato alla collega?

Sì, è stato l’origine di due omicidi ma è stato anche l’opportunità di decapitare l’organizzazione mafiosa sia nel Salento, sia a Ferrara.

I mandanti erano i Genovesi?

Sì. Loro sono i mandanti dei due omicidi. La grande sete di vendetta li ha resi incauti e ha fatto tralasciare le norme ferree di sicurezza che si erano imposti. Senza questo errore non saremo mai riusciti a venire a capo dei due casi.

E’ vero che avete brancolato nel buio oppure era solo uno schermo per depistare killer e mandanti?

In effetti avevamo compreso il meccanismo dei due omicidi ma non conoscevamo i motivi che avevano ispirato i mandanti a ordinare le uccisioni. Poi abbiamo individuato il killer, che ci avrebbe seminato e lasciato con un palmo di naso, se non avesse avuto la sfortuna di perdere un foglio con l’indicazione dell’ultimo rifugio. Ma i mandanti sarebbero rimasti nell’ombra, se Antonia Genovesi non fosse stata una donna assetata di sesso.

Ma Maria Russo non poteva indirizzarvi sulla strada giusta?

Domanda intelligente, la sua. A modo suo ci aveva dato delle indicazioni, che non riuscivamo a collegare ai due casi. Poi finalmente si è aperta con chiarezza e tutto è diventato comprensibile.

Avete detto che Diodati è stato arrestato per una mappa persa. Può spiegarsi meglio?

Abbiamo individuato Diodati, alloggiato in un albergo della Città ma Antonia Genovesi l’ha avvertito. Così lui c’è sfuggito. Aveva messo in piede con la complicità dell’organizzazione un complesso giro di rifugi, che sarebbe stato quasi impossibile da scoprire con cambio di auto e identità. La destinazione finale sarebbe stata Garica nell’isola di Krk in Croazia. Però sfortunatamente per lui ha perso un foglio con l’indicazione di una casa di Stellata. Individuato e pedinato è stato arrestato al confine con la Slovenia a Nova Gorica. L’arresto è stato tenuto segreto fino alla conclusione di tutte le indagini.

Perché Carlo Inzoli è stato ucciso?

Supponiamo che l’aver conosciuto Ciro Diodati sia stato la causa del suo assassinio. Il killer afferma di aver eseguito degli ordini, scaricando tutto sui mandanti. Però non è convincente.

Quale è stato l’elemento che ha dato la svolta alle indagini?

Controllando l’anagrafe ho scoperto che Anna Inzoli era la moglie di Federico Chiumento. Però Maria Russo sosteneva che invece era fuggita con Antonio Lopiccolo, perché era tornato al vecchio vizio di importunare le ragazzine. Qualcosa non tornava. Doveva esserci una terza ragazza. Quindi abbiamo convinto la donna a parlare con sincerità e non in maniera fumosa. E’ uscito allo scoperto il nome di Julien Perdio, la figlia naturale di Antonio. Interrogando i vicini dell’ultima abitazione ferrarese, questi hanno confermato che alle due ragazze, Teresa e Anna, si era aggiunta nel 2006 una terza, della quale ignoravano il nome, che poi era sparita con Antonio Lopiccolo, mentre le altre due erano rimaste per diversi mesi, finché la finta Anna non si era sposata.

Ma come Julien Perdio ha rintracciato il padre?

Non lo sappiamo ancora, perché né lei né Antonio sono ancora stati rintracciati. Contiamo di farlo nei prossimi giorni. Non era un obiettivo primario per noi. Ci siamo concentrati sugli altri.

Grazie per la vostra cortese e paziente attenzione e, se non avete altre domande, io vi saluterei.

Con queste parole è terminata la conferenza stampa.

Un caso complesso e un intreccio pauroso che solo l’abilità del commissario Ricardo è riuscito a sbrogliare con successo.

FINE

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Il mazzo di fiori – parte quarantesima

Ferrara, ore 22 del 28 settembre

Antonia ritorna a casa inquieta e delusa. Avverte che qualcosa non va ma non riesce a decifrare cosa sia. Questo le mette ansia. Sembrava filare tutto liscio ma un ingranaggio si è inceppato e rischia di bloccare il resto. Percepisce che Vito sta diventando un problema e come tale va eliminato ma non sarà semplice, perché è pur sempre un poliziotto.

La bella casa, un dimora quattrocentesca nella Ferrara medioevale, è vuota. Sperava di trovare Rosario ma non si era sbagliata. “Sarà la topina, la rossa o la mora la bella di turno?” si dice, mentre si spoglia.

Fatica ad addormentarsi e, quando ci riesce, sogna. Sogna a colori e in bianco e nero. Suda, anche se la notte non è calda, smania e si lamenta. Si sveglia che è ancora buio più stanca di quando si è distesa sul letto. Sente il russare ritmico e lieve di Rosario, che dorme nella sua stanza. Dal ritorno della luna di miele hanno sempre dormito in stanze separate. Per fare sesso, non molto spesso in verità pensa la donna, ci si spostava a turno nel letto dell’altro ma poi ognuno dormiva per conto suo. Era terrorizzata che potesse rimanere incinta ancora una volta. Mentre si gira, rimpiange la figlia, che adesso avrà ventisei anni. Per volere del padre è stata affidata in adozione subito dopo la nascita. Riflette che non è riuscita a darle nemmeno una poppata. Il seno le doleva tanto era gonfio, mentre l’infermiera lo svuotava col tiralatte ogni giorno. “Tutta colpa di quell’Antonio che mi ha messo nei guai. Ma tra poco salderò il conto” dice, sussurrando vendetta.

Stellata, ore 8 del 29 settembre

Si sveglia indolenzito e un po’ infreddolito. Non ha dormito sereno, sempre in tensione nel tentativo di captare qualche suono pericoloso. La notte è passata senza intoppi, mentre si alza per fare colazione con quello che si è portato da Casaglia. Tiene di scorta qualche barretta di cioccolata e un cartone di succo d’arancia. Potrebbero servirgli durante la giornata. Apre cautamente un’imposta sul retro dell’abitazione. Il cielo è plumbeo per una leggera nebbiolina fuori stagione. Controlla il secondo telefono se per caso ci sono messaggi. “Nulla” si dice, mentre lo spegne. L’altro, quello usato a Ferrara rimane spento per precauzione, qualora fosse stato messo sotto controllo. Si dà tempo fino alle 12, prima di abbandonare anche questa abitazione e puntare direttamente a Garica nell’isola di Krk in Croazia. Il tempo pare essersi fermato, non passa mai. E’ mezzogiorno, quando comincia a raccogliere le sue cose. Lo zaino, la sacca, la borsa dei documenti. Per scrupolo riaccende il telefono. C’è depositato un messaggio. Sa chi glielo può aver mandato. ‘Attendi istruzioni fino alle 17. Se non ricevi nulla, fa buon viaggio‘. Sbuffa, mentre lo spegne nuovamente. “Non erano questi gli accordi” dice di malumore. “Altre cinque ore di sofferenze”.

Casaglia, ore 16 del 29 settembre

“Novità, Robbie?” dice Ricardo, rispondendo a una chiamata dell’ispettore Tommasi.

“Se mi autorizzi, penso di entrare nel casale. Il posto è freddo. Nessuno si è fatto vivo, né nessuno ha dato segni di vita all’interno”.

“Ma forse chi doveva arrivare per ripulirlo potrebbe giungere più tardi, al calare del sole”.

“Forse ma ci credo poco. Secondo me si sono accorti che qualcosa non torna. Per quanto nascosti, il movimento di persone e di auto si nota. E’ una strada dove passano si e no dieci macchine al giorno nei feriali. Da quando siamo, qui oggi ne sono transitate appena tre!”

“D’accordo! Usa la massima prudenza” conclude il commissario.

L’ispettore fa forzare una porta nel retro della casa e fanno irruzione dentro. Tutto è tranquillo e buio. Si avverte appena, che qualcuno vi ha sostato qualche ora prima. Nel magazzino trovano l’Audi.

“Tutto tranquillo. Nessuno all’interno e solo un occhio esperto nota il passaggio di una persona. Però accanto all’Audi abbiamo trovato un foglio. Una stampa di Google map con un cerchio su un’abitazione di Stellata. Forse è il nuovo rifugio del nostro uccellino” dice Tommasi a Ricardo.

“Ottimo! Dammi le coordinate. Le passo alla municipale di Bondeno e alla tenenza dei Carabinieri. Parti immediatamente con tre uomini a sirene spiegate fino a Bondeno. Poi spegni tutto. Controlla se il nostro uomo è ancora lì. Niente colpi di testa. E’ un elemento pericoloso” gli ordina il commissario. “E tienimi informato sugli sviluppi”.

“Niente colpi di testa! Sarò prudentissimo” risponde l’ispettore.

Quaranta minuti più tardi sono nelle vicinanze dell’abitazione. Sembra tutto tranquillo.

Ferrara, ore 17 del 29 settembre

Ricardo è tornato nel suo ufficio, dove trova Vito che lo sta attendendo.

“Commissario, mi ha convocato?” chiede il poliziotto, mascherando una certa ansietà.

“Sì. Accomodati”.

Ricardo sta in silenzio e finge di cercare delle carte sulla scrivania, mentre Vito è sulle spine. Si agita, sente l’inquietudine salire, cerca di regolare il respiro per calmarsi.

Dopo qualche minuto il commissario prende in mano un foglio bianco e guarda in faccia il poliziotto.

“Ecco quello che cercavo” esordisce enfatizzando la voce. “Lo sai che una talpa ha passato informazioni a un ricercato facendolo sfuggire alla cattura?”

“No, non lo sapevo, commissario” risponde Vito, che si agita ancora di più.

Ricardo finge di leggere quello che non c’è. Mette pressione nell’indagato, perché sa che deve giocarsi bene le poche cartucce che ha.

“Sei sicuro di non conoscerlo?” lo incalza con durezza.

“Le ho detto di no” replica, mentre le certezze diminuiscono. Si era preparato a ribattere colpo su colpo alle accuse ma il commissario non lo sta attaccando direttamente, come se avesse qualche informazione che lo potrebbe incastrare. Si chiede dove ha sbagliato senza trovare una risposta. Pensa che possa essere stata Antonia, che gli è apparsa strana ieri sera. Però scaccia questo pensiero, perché sarebbe la rovina anche per lei. L’ansia sta crescendo e il timore verso il suo capo aumenta. “Dicevano che è un mastino che non molla mai la presa! Lo sto sperimentato sulla mia pelle” riflette nel silenzio surreale della stanza. Un telefono squilla, facendolo sobbalzare.

“Sì” dice Ricardo, che si alza ed esce dall’ufficio.

Vito resta solo con le sue paure. Immagina che anche questo sia un trucco del commissario per mettere altro sale sulla piaga. Vorrebbe fuggire ma non può. Deve restare seduto lì a cuocersi a fuoco lento.

Dopo qualche minuto rientra soddisfatto e si siede nuovamente.

“Stavamo dicendo… Ah! Un’ugola profonda ha passato informazioni riservate a un ricercato e tu non ne sai niente” ricomincia con un sorriso malizioso sulle labbra.

“Sì, signor commissario” balbetta Vito.

“Lo sai che in carcere i poliziotti, anche se disonesti, hanno vita dura? Questo non ti preoccupa?” lo incalza Ricardo.

“Veramente…” prova a dire il poliziotto.

“Allora scopro le carte”.

Il commissario lo guarda negli occhi con intensità e cattiveria.

“Non ho nulla in mano” comincia e gli mostra un foglio bianco. “Però sono certo che sei stato tu a fare la soffiata. Il procuratore Lopapa ha pronta una carta per la tua custodia cautelare. Tempo 24 ore e trovo tutti gli elementi per sbatterti in una cella e buttare via la chiave…”.

Vito deglutisce, percepisce di essere incastrato e tentenna.

“… Però se ti dimostri intelligente, te la puoi cavare con poco. Le dimissioni dalla polizia e andartene pure al diavolo” conclude l’affondo Ricardo.

“Cosa vuol sapere” dice con gli occhi bassi il poliziotto.

“Conosci una certa Antonia?”

“Sì”.

“Nome e cognome e indirizzo”.

“Ho solo un numero di telefono e un indirizzo dove ci incontravamo”.

“Bastano quelli. Il resto lo trovo io” conclude Ricardo, porgendo un foglio che fa firmare a Vito.

Stellata, ore 17 del 29 settembre

Albanese guarda l’ora; sono le 17. “Bene” esclama, stiracchiandosi. “E’ il momento di controllare. Avrei dovuto ascoltare il mio istinto e mandarli tutti a fanculo”.

Accende il telefono che resta muto. Nessun messaggio. Questa volta non fa sconti. Lo spegne nuovamente. Smonta il fucile, che ripone nella sacca insieme alla pistola. Mette lo zaino sulla spalla e afferra la borsa dei documenti. Con cautela apre la porta del magazzino. “Tutto tranquillo” dice soddisfatto, completando l’apertura.

Esce con la Fiesta e richiude il portone. Con lentezza imbocca la strada che lo porterà verso il ponte sul Po.

“Il nostro uomo ha messo fuori la testa… Ora esce con una Ford Fiesta blu” dice al telefono Tommasi, che osserva con un binocolo la casa. “Ha preso la direzione del ponte. Squadra due tenetevi pronti. La targa è …”.

“Preso e ricevuto” risponde la squadra due. “Non appena lo inquadriamo, lo fermiamo per un controllo. Passo e chiudo”.

Fatto un centinaio di metri, Albanese vede spuntare la paletta dei carabinieri.

“Merda. Erano là ad aspettarmi” bofonchia indispettito. Pensa di fare un inversione ma la strada è stretta e dovrebbe farla in due rate. Quindi rischia solo una mitragliata. Spera che sia solo un banale controllo visto il giorno e l’ora.

“Documenti” gli chiede con cortesia un carabiniere.

Lui accenna a scendere ma viene fermato, perché vogliono controllare anche luci, frecce e stop. Mentre l’altro prende nota di patente e carta di circolazione, quello vicino all’auto gira intorno, dandogli dei comandi.

“Potrebbe aprirmi il bagagliaio” gli domanda con gentilezza.

“Si” risponde, scendendo.

Il secondo carabiniere non visto applica un gps sotto il parafanghi di sinistra.

“Grazie. Può andare” dice quello che pare essere il comandante della pattuglia, portando la mano alla fronte.

Superato il Po, si ferma in una piazzola per verificare che non abbiamo messo nulla, mentre lui era nell’abitacolo. Soddisfatto dell’ispezione, riprende la strada per l’isola di Krk.

Ferrara, ore 18 del 29 settembre

“Carmelo siamo a buon punto. Il killer è monitorato. Lo lasciamo viaggiare tranquillo per qualche ora. Se tenta di uscire dall’Italia sarà bloccato. Viceversa vediamo dove va” comincia Ricardo.

“Buona notizia. Un colpo di fortuna ci voleva proprio. Poi le tue intuizioni felici hanno fatto il resto” replica soddisfatto il procuratore. “Ora dobbiamo cominciare a tirare a riva la rete con dentro pesci grossi e pesciolini. Come intendi muoverti?”

“Per prima cosa dobbiamo perquisire la casa di Stellata. Là ci sono quattro miei uomini. Manderei un’altra squadra per le rilevazioni della scientifica. Al limite in collaborazione con l’Arma. Se mi firmi le carte, le passo a loro”.

“Come pensi di procedere con Antonia e gli altri?” gli domanda Lopapa.

“Ci dobbiamo ragionare con calma, valutando pro e contro. Non vorrei far scappare i pesci grossi. Dobbiamo organizzarci con cura. I dettagli sono fondamentali per la buona riuscita dell’operazione ‘Mazzo dei fiori’. Dobbiamo catturare i mandanti e fiancheggiatori, smantellare la cupola della Sacra Corona Unita”.

Il procuratore annuisce, mentre riflette sulle ultime parole di Ricardo. Conviene che si debba agire con cautela. Loro hanno denaro e avvocati, che farebbero a pezzi l’istruttoria senza valide pezze d’appoggio.

“E la talpa?” domanda Carmelo.

“Ho fatto un patto con lui. Mi ha dato informazioni utili per mettere nei guai Antonia, anche senza la sua testimonianza. Ha lasciato con decorrenza immediata la Polizia e ha tempo ventiquattro ore per sparire” risponde Ricardo.

“Non è stata una mossa avventata?”

“Direi di no. Mettere in ballo la notizia che ci sono mele marce nella polizia non è molto piacevole. Poi lui è stato attratto dalla donna col sesso e con dei soldi, che gli servivano per pagare degli usurai pugliesi. Provare che lui abbia passato alla cupola informazioni riservate è alquanto difficile, se non è disposto a confessare in tribunale. E’ meglio così, Carmelo”.

Il procuratore legge delle carte e ne prepara delle altre. Ha finto di non aver sentito nulla. Però è soddisfatto dei risultati. Crede che nel giro di pochi giorni si possa chiudere la partita definitivamente.

“Se permetti, telefono a Ludmilla. Vorrei vedere lei e la Russo. Solo noi tre” dice Ricardo.

“Perché?” domanda stupito e sorpreso Lopapa, tagliato fuori dalla chiacchierata.

“Vorrei chiarire alcuni aspetti dubbi. La Russo non parlerebbe in tua presenza…”.

“Pensi che con te si aprirebbe?”.

“Sì. Ho alcune informazioni esplosive che la indurranno a dire il vero”.

“Sono segreti oppure mi metti al corrente?” domanda il procuratore rabbuiato.

“Prima telefono, poi ti racconto” risponde Ricardo.

Preso il telefono chiama la ragazza.

“Ciao, Ludmilla. Sono Paolo”.

“Ti avevo riconosciuto. Dimmi”.

“Posso vederti? Verrei a casa tua tra una mezz’ora”.

“Se ti sbrighi puoi assaggiare orecchiette fatte a mano con cime di rape, melanzane ripiene al pomodoro e patate alla pecurieddu scappatu oppure hai deciso di digiunare anche stasera?”

“Corro immediatamente. Per il dessert ci penso io” risponde il commissario, chiudendo la conversazione.

“Ti lascio libero. Managgia! Verrei anch’io. Però prima di andare a nanna, passi da me per raccontarmi tutto” gli ordina il procuratore.

Ferrara, ore 19 del 29 settembre

Ricardo suona il campanello, tenendo in mano una grossa vaschetta di gelato artigianale.

“Benvenuto!” esclama Ludmilla, accogliendolo sulla porta con calore. D’istinto vorrebbe dargli un bacio ma si trattiene appena in tempo.

“Ciao” dice impacciato il commissario, porgendo quello che ha portato.

“Dai, entra! Si sta raffreddando tutto” lo incita la ragazza con un bel sorriso.

Maria è rigida accanto all’ingresso e non pronuncia una parola. Non gradisce molto la presenza del poliziotto, anche se tutto sommato non le sta antipatico.

“Buona sera, signora Russo” le dice allungando la mano, che viene ignorata dalla donna.

“Dobbiamo stare qui sulla porta?” domanda Ludmilla che freme per iniziare la cena.

“No” risponde pronto il commissario, chiudendo il battente alle spalle.

“Che profumino delizioso!” dice Ricardo annusando l’aria.

“Forse è la fame!” replica felice Ludmilla. “Andiamo a tavola!”

Chiacchierano e mangiano con appetito la ragazza e il poliziotto, mentre Maria partecipa distratta alla conversazione.

“Ottimo questo primo” dice Ricardo, pulendosi la bocca col tovagliolo.

“Dovevi vedere come era svelta Maria nel preparare le orecchiette! Velocissima! Così svelta che faticavo a vedere i movimenti delle dita! La preparazione della pasta è semplicissima. Quella sarei in grado anch’io di replicarla”.

La donna, che era rimasta impassibile fino a quel momento, accenna a un sorriso subito represso dalla solita maschera imperscrutabile. E’ soddisfatta per gli apprezzamenti e avverte un leggero disgelo nei confronti del commissario. Lo ritiene tutto sommato una brava persona. Li osserva e suppone che tra i due ragazzi sia scoccato qualcosa. Ormai considera Ludmilla come una figlia, quella figlia che ha perduto anni prima. Riflette che sta invecchiando, perché prova i sentimenti tipici degli anziani verso i giovani. Cerca di reprimere questi pensieri senza molto successo.

La cena si svolge lentamente tra battute scherzose e apprezzamenti e si conclude col gelato, consumato sul divano.

“L’uomo della legge dov’è?” chiede all’improvviso Maria, rompendo il riserbo tenuto fino a quel momento.

“Non lo so” risponde sorpreso Ricardo, che non si aspettava questa domanda.

“Hai detto che volevi chiedermi qualcosa” dice Ludmilla, osservando l’ora. Di solito era già a letto ma la serata è speciale.

“Sì ma non volevo rompere quest’atmosfera gaia” risponde il commissario che non sapeva come introdurre gli argomenti per i quali era venuto.

“Bene. Sono qui. Aspetto le tue domande”.

“Ok. Volevo chiederti da quanti anni sei in R&S?” domanda con cautela Ricardo.

La ragazza ci pensa un po’ e fa qualche conto. “Dal 2006, se non ricordo male” risponde senza comprendere il senso del quesito. Si interroga dove vuole arrivare ma non riesce a venirne a capo.

“Dunque sette anni o quasi” aggiunge il commissario.

“Se lo dici tu, ci credo. In matematica ero molto scarsa a scuola” dice ridendo.

“Chiumento era già sposato allora?”

“E chi lo sa! Allora ero una ragazzina quasi implume…” esclama con un sorriso delizioso.

“Non troppo” replica Ricardo. “Eri già una donna…”.

“Che parolone hai usato! Non avevo ancora baciato nessuno ed ero vergine!” dice con candore, mentre Maria la guarda scandalizzata. Lei non si sarebbe mai sognato di pronunciare quelle parole davanti a un uomo. Sarebbe stato disdicevole.

Ricardo sorride, perché non era questa l’informazione che cercava.

“Non mi interessano le tue prestazioni sessuali a quel tempo. Volevo conoscere solo, se ti risultava che Chiumento fosse sposato” domanda nuovamente, anche se conosce la risposta.

“Quando appena laureata sono stata assunta senza proposte di contratti strani o osceni, ero felicissima, perché le mie conoscenti, più vecchie di me, erano ancora alla ricerca di un posto, anche precario. Loro sarebbero andate a letto col diavolo pur di riuscire a trovare un impiego. Ricordo le chiacchiere malevoli…” comincia a raccontare Ludmilla.

“Stringi” le dice il commissario, mimando la parola con le mani.

“Dicevo che ero veramente ingenua e socializzavo poco. Un paio d’anni dopo ho cominciato a frequentare la macchinetta del caffè, partecipando al gossip aziendale” prosegue la ragazza.

“Dunque è stato allora che hai saputo che Chiumento era sposato” domanda nuovamente Ricardo.

“Sì. Direi di sì. Però non ricordo bene se dicevano che si era appena sposato oppure lo era da tempo. Non osavo chiederlo per evitare la figura di chi non conosce nulla. Quindi ho supposto che lo fosse da tempo” risponde Ludmilla, diventando rossa.

“Cosa te lo faceva supporre?”.

“Parlavano sempre al passato e quindi…”.

“Ho capito. Cosa dicevano? Parlavano male della moglie?” chiede il commissario, mentre Maria si agita sulla poltrona.

“In un certo senso, sì”.

“Come in particolare?”

“Che era più giovane di lui…”.

“Quanti anni ha Chiumento?”

“Penso sulla cinquantina”.

“Poi?” la incita a proseguire Ricardo.

“Che era una…” si ferma. Stava dicendo ‘terrona‘, ma si trattiene, osservando Maria, “una donna del sud ed era la figlia di un boss della mafia. Insomma si sparlava. Io ascoltavo senza dire nulla. Poi le chiacchiere si sono spostate sul fatto che gli piacevano le ragazzine. Qualcuno ha affermato d’averlo visto con una quindicenne. Esagerazioni, secondo me” conclude Ludmilla.

“Beh! Alcune chiacchiere erano azzeccate. Dico bene, signora Maria?” dice il commissario, fissando la donna, che si irrigidisce.

Ricardo aspetta paziente la risposta che tarda a venire. Riprende a parlare, rivolgendosi questa volta direttamente alla Russo.

“Il magistrato, Lopapa, che segue il caso, ha detto che martedì può tornare a San Cataldo. Lo desidera sinceramente oppure preferisce restare a Ferrara?” le domanda con tono secco e deciso.

Maria stringe le labbra e riduce a fessura gli occhi. Se potesse, lo fulminerebbe ma percepisce che conosce qualche particolare che la faranno capitolare. Restare in silenzio non è la mossa giusta e rischia solo di incastrarsi inutilmente.

“Lopapa non conosce ancora quello che ho scoperto oggi pomeriggio. Ho preferito parlare prima con lei che far precipitare la situazione. Allora vuole dirci la verità sul caso oppure preferisce farlo davanti a lui?” la incalza Ricardo, deciso a conoscere tutti i dettagli.

“E va bene, commissario. Ha vinto lei” incomincia Maria, che parla senza tralasciare nessun dettaglio. Sembra un fiume in piena.

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Il mazzo di fiori – parte trentanovesima

Stellata, ore 23 del 28 settembre

E’ quasi mezzanotte, quando Albanese arriva alla casa di Stellata. Il viaggio è stato tranquillo. Nessun intoppo ha disturbato il tragitto. Con qualche difficoltà ha imboccato lo stretto viottolo di campagna che l’ha condotto verso il casale immerso nel buio dei campi di mais. Dall’esterno appare tutto tranquillo, anzi fin troppo. Questo lo insospettisce.

“Che sia un tranello?” si domanda, quando con cautela apre la massiccia porta di legno del fienile, adiacente l’abitazione. Illumina l’interno coi fari dell’auto. Si rilassa: nessuna insidia lo attende.

Trova parcheggiata una Ford Fiesta TDCI nella classica livrea blu. Sistema alla sua destra la Golf GTI con la quale è arrivato. Il dubbio che sia solo un luogo di passaggio diventa certezza, quando entra nelle stanze. Dispensa vuota, i pochi mobili coperti con teli bianchi, il letto senza lenzuola. L’uomo si aggira usando la torcia, che ha portato con sé.

“Da qualche parte ci dovrebbero essere le nuove istruzioni” riflette, mentre con calma e precisione esplora ogni angolo senza trovare nulla. “Merda! Non erano questi i patti!”

Libera una sedia e si accomoda per ragionare sulla situazione. Apre un cassetto e sente qualcosa muoversi. E’ un telefono spento, che acceso funziona. “Almeno qualcosa di valido” esclama, mentre lo ripone nella borsa, dopo averlo spento.

Si guarda intorno nella speranza di trovare una busta ma non c’è assolutamente nulla.

“Il piano che prevedeva la sosta notturna a Casaglia e l’arrivo in mattinata a Stellata è saltato, perché gli eventi sono precipitati. Aprire il telefono per conoscere le nuove disposizioni non è possibile, perché non saprei chi contattare. Dovrei aspettare ma quanto? Se domani mattina entro mezzogiorno non ricevo nulla, parto e mi reco in Croazia nell’isola di Krk a Garica e là me ne resto fino a primavera”.

Bloccata le porte verso l’esterno con una sedia e quella della camera da letto col medesimo sistema, l’uomo si distende vestito sul materasso, tenendo la pistola sul fianco e il fucile pronto a sparare appoggiato al letto.

Ferrara, ore 12 del 29 settembre

“Abbiamo notizie ma sono tutte da verificare” esordisce Ricardo.

“Dimmi” annuisce Lopapa. “Hai individuato la talpa?”

“In linea di massima sì ma non posso muovergli nessuna specifica accusa. Non c’è nessuna prova che sia stato lui a comunicare a un misterioso personaggio che eravamo sulle tracce del killer”.

“Peccato. Hai individuato il casale?” domanda il procuratore.

“Sì, con assoluta certezza! E’ nella zona di Casaglia…” comincia il commissario.

“Hai avuto un’ottima intuizione. Ero convinto che fosse altrove” ammette con un sospiro Lopapa.

“Ora è sotto sorveglianza per beccare chi dovrebbe portare via l’Audi. Al momento non si è visto nessuno”.

“Peccato. Una buona notizia ci vorrebbe per risollevare lo spirito. Del killer si sono perse le tracce?”

“Sì. Sappiamo solo che ha preso la direzione verso la provinciale ma ha tre strade aperte. Una è ritornare sui suoi passi verso il casello di Ferrara Nord. Una seconda possibilità è percorrere via Vallelunga verso il ponte sul Po. La terza è proseguire in direzione Casaglia. Comunque è impossibile, salvo un colpo di culo, conoscere la destinazione finale della sua fuga” ammette con rammarico Ricardo.

“Dunque dobbiamo rinunciare a scovarlo?”

“Al momento sicuramente sì. Meglio indirizzare le nostre forze verso altri obiettivi”.

“Quali?”

“Scoprire chi è Antonia e suo padre. Cercare Antonio Lopiccolo e Anna Inzoli. Ma sopratutto smantellare la rete di fiancheggiatori, prima che loro si impadroniscano della città. E poi eliminare la talpa”.

Un fischio di ammirazione esce dalle labbra del procuratore. “Dici poco?” esclama Carmelo.

“Per Antonia e suo padre abbiamo delle preziose indicazioni…” comincia il commissario.

“Ma tu credi a quello che la Presente ha raccontato? Ci vorrebbe il riscontro della Russo ma lei non parlerà mai con noi. La legge è un nemico per loro” ammette con dispiacere Lopapa.

“Facendo l’opportuna tara, direi di sì. Non ho capito il ruolo di Carlo Inzoli ma per Teresa Lopiccolo sarebbe plausibile. Supponendo che…”.

“Non sono convinto che sia la pista giusta ma ascolto quel che vuoi dire”.

“Supponiamo che Antonia e il padre vogliano vendicare lo sgarbo di Antonio Lopiccolo avvenuto circa trent’anni fa. Lui fugge e fa perdere le tracce ma loro insistono, finché sette anni fa non lo individuano…”

“Ma perché non farlo fuori allora?” lo interrompe il procuratore.

“Elementare, Watson! Lopiccolo in qualche maniera scopre di essere stato individuato e quindi sfugge nuovamente alla furia vendicativa del padre e della figlia. Ma per farlo e proteggere i suoi familiari deve inscenare la pantomima di quando era giovane e stava attaccato alle gonne delle ragazzine. Quindi organizza con cura la fuga con Anna Inzoli e si nasconde prima che qualcuno lo uccida…”.

“Ma perché la ragazza rimane nascosta tutto questo tempo?”

“Potrebbe essere finita anche lei nel mirino del killer…” risponde Ricardo.

“Quindi essere vittima suo malgrado” conclude Lopapa.

“Sì. Ripete un copione già visto molti anni prima. Poi la Russo torna a San Cataldo. E’ più una sfida verso di loro che una voglia di tornare alle origini. Però la lasciano in pace. Non cercano notizia su suo marito. Ecco il motivo per il quale lei ritiene che Antonio Lopiccolo sia morto. Poi uccidono qualche giorno fa la figlia senza che lei ne comprenda il motivo. Dunque si riaccende la speranza che il marito sia ancora in vita”.

“Come ricostruzione mi sembra logica e filante ma…” ragiona ad alta voce il procuratore.

“Certamente il ruolo di Carlo Inzoli non è chiaro e il perché è stato ucciso. Poi ci sono i due mazzi di fiori. Uno recapitato, l’altro no che stonano. Il killer è rimasto in zona, perché non hanno individuato con certezza il nascondiglio di Antonio Lopiccolo e Anna Inzoli. Ma non avevano fatto i conti con noi…”.

“Meglio dire con te!” afferma Lopapa, dando un colpetto sulla spalla a Ricardo.

“…non avevano fatto i conti con noi” prosegue il commissario, come se non ci fosse stata l’interruzione di Carmelo. “Abbiamo individuato velocemente dove stava il killer e questo a scompaginato tutti i loro piani”.

“Però siamo a un punto morto” dice il procuratore con tono pieno di delusione.

“Ma no!”

“Cosa pensi di fare? Il killer è uccel di bosco. La talpa non può essere incastrata. Antonia non sappiamo chi è, perché quella bastarda della Russo tiene la bocca cucita. Il padre avrà sicuramente delle alte protezioni. Non mi pare un contesto consolante”.

“Nessun disfattismo! Mi fido dell’intuizione di Ludmilla! Se ha fatto cenno alla moglie del suo capo, qualche verità ci può essere…” ragiona il commissario.

“Che fai? Suoni al campanello e chiedi ‘E’ l’Antonia che si è fatta scopare trent’anni fa da Antonio Lopiccolo?‘” replica Lopapa con sarcasmo.

“Potrebbe essere un’idea!” risponde ridendo Ricardo.

“Lasciamo perdere le battute!” dice il procuratore. “Hai un’idea dove potrebbe essere nascosto Antonio Lopiccolo?”

“In un certo senso, sì. Sono sicuro che la Russo sa dove si è rifugiato il marito ma non lo vuole dire, pensando di proteggerlo”.

“Ti ascolto”.

“Finché la moglie è rimasta a Ferrara, Antonio anagraficamente risiedeva con lei in Via Carlo Mayr, mentre Anna Inzoli aveva la residenza a Porto Garibaldi. Poi si è trasferito a Massenzatica, un piccolo paese tra Ariano Ferrarese e Mesola verso il delta del Po, quando la moglie se ne è andata. Non subito ma dopo qualche mese. Solo domani possiamo interrogare gli archivi dei comuni dove si sono trasferiti e inseguirli negli spostamenti. Però è chiara la strategia dare pochi appigli agli inseguitori per rallentare l’individuazione del o dei nascondigli. Questo ha consentito loro di avere quattro anni di margine, Però oggi punterei su Antonia”.

“Come?”

“Verificando se Chiumento è sposato e con chi” afferma con decisione Ricardo.

“Non ho capito in quale modo” ribatte Lopapa.

“Col responsabile dell’anagrafe comunale”.

“Credi che lui sia disponibile?”

“Certamente! L’ho scomodato ieri, lo rifaccio oggi. Tu mi firmi un’autorizzazione a rompere le scatole all’omino e io provvedo a verificare”.

“D’accordo”.

Il commissario fa un giro di telefonate per pescare il responsabile, che trova poco dopo le tredici. Hanno appuntamento mezz’ora più tardi.

Di fianco al responsabile osserva il monitor e rimane interdetto.

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Il mazzo di fiori – parte trentottesima

Ferrara, ore 23 del 28 settembre

Ricardo aspetta il rientro dei suoi uomini con un pizzico di ansia. Spera che tutto proceda liscio come l’olio, senza intoppi. Nel frattempo estrae dal cassetto i due fogli dove ha condensato gli aspetti principali degli omicidi. Il killer ha un nome, anzi due, anche se sa che sono fasulli e cancella ‘Killer‘ che sostituisce con ‘Albanese/Borghese‘. Ride, perché sa che non corrisponde al vero. Poi elimina la parola ‘COMPLICI’ che sovrascrive con ‘FIACHEGGIATORI‘. Sicuramente il tunisino Ben Hamman lo è ma rimangono nell’ombra altre persone. “Quante?” si domanda. “Certamente tre. Una è un suo poliziotto, che annota di seguito a quello del tunisino. Un’altra è quella che ha ricevuto la soffiata e ha avvertito il killer. Il terzo non lo so, ma c’è. Questo o questa è un semplice fiancheggiatore oppure è il mandante?” Scuote il capo. Ludmilla gli ha detto che la fuga da Lecce è stata causata per una donna. “Che sia la mandante?” cancella il nome di Maria Russo dal foglio di Teresa Lopiccolo. Mette Miss X di fianco a Mister X su entrambi i documenti. “Il mandante è lo stesso” si dice, mentre sta eseguendo la correzione.

Si appoggia allo schienale per riflettere ancora una volta. “Perché il killer, ucciso Teresa Lopiccolo, non se ne è andato? Poi uccide Carlo Inzoli. Non subito. Forse perché è il fratello di Anna, la donna fuggita con Antonio Lopiccolo? Oppure perché era diventato un testimone scomodo e quindi pericoloso?”

Fissa il soffitto come per trarre un’ispirazione ai suoi dubbi. Un pensiero è sempre fisso nella sua mente. “Perché anche dopo l’uccisione di Carlo Inzoli non è sparito? C’è voluta una nostra indagine sui soggiorni, perché abbandonasse in fretta e furia la città. Dunque aveva un terzo compito da svolgere. Ma chi è la prossima vittima?”

Come un lampo squarcia l’oscurità, adesso conosce chi è il terzo obiettivo. Sta per preparare la terza scheda, quando sente bussare alla porta.

“Avanti” grida, deponendo la penna.

“Ciao, Paolo” dice Tommasi, facendo capolino.

“Ben tornato, Robbie!” esclama soddisfatto e rilassato Ricardo. “Racconta tutto. Sono curioso di conoscere gli esiti delle ricerche”.

Il poliziotto si siede di fronte al commissario ed estrae un notes, dove sono appuntati gli eventi della notte. Sono quasi le tre ed entrambi hanno gli occhi cerchiati dal sonno.

“Ho visitato per primo il casale di località Volpe sulla provinciale, perché lo ritenevo il meno probabile. Infatti il posto era freddo. Il cancello, che chiude lo stradello all’ingresso delle persone, non è stato aperto di recente. Polvere e qualche ragnatela non denunciavano la sua apertura. L’abbiamo aggirato e l’impressione è stata confermata. Per terra solo tracce di mezzi agricoli e neppure troppo recenti”.

“E’ stata una vostra imprudenza avvicinarvi. Avete contravvenuto alle mie disposizioni” lo riprende bonariamente Ricardo.

“Nessuna imprudenza. Era chiaro che il casale fosse disabitato. Se ci fosse stato il minimo dubbio, non mi sarei avvicinato”.

Il commissario sorride, perché conosce Tommasi e la sua prudenza. Fa un cenno con la testa per invitarlo a proseguire.

“Quello in via delle Bonifiche si è dimostrato più interessante e abbiamo rispettato alla lettera le tue direttive. C’erano tracce recenti di un auto in uscita sull’asfalto. La strada bagnata, come se avesse piovuto, ha conservato l’impronta di una ruota che puntava verso la provinciale. Sullo sterrato c’erano diversi segni di varie macchine, alcune più vecchie, altre più recenti. Abbiamo scattato diverse foto e abbiamo evitato di calpestarle. Secondo me la casa è vuota, Ho lasciato due uomini al riparo di un gruppo di alberi per sorvegliarla. Dopo essermi fatto riaccompagnare qui, ho rimandato l’auto da loro. Lo so, lo so che dovevo consultarti ma il pericolo era minimo” disse anticipando la reazione di Ricardo.

“D’accordo. Hai fatto bene a mettere sotto sorveglianza il casale ma la prossima volta niente colpi di testa”.

“Mi faccio riaccompagnare là e aspetto l’alba con loro?” chiede l’ispettore.

“No. Mi servi qui piuttosto. Organizza per la mattina… Veramente tra poche ore” esclama il commissario, osservando l’orologio. “Dicevo. Organizza l’uscita di un elicottero e di una seconda squadra, che dovrebbe raggiungere il luogo, partendo dalla campagna alle spalle del caseggiato. Blocca l’uscita sulla strada per evitare fughe ma anche chi volesse entrare. Se non ci sono segni di movimento all’interno fai avanzare gli uomini con cautela. Metti posti blocco intorno. Poi tienimi informato sugli sviluppi”.

“Ho capito il messaggio. Mi attivo subito” replica Tommasi, prima di uscire.

Ferrara, ore 21 del 28 settembre

Vito arriva con qualche minuto d’anticipo sull’orario convenuto. Muore dalla voglia di fare sesso con Antonia. Si sente eccitato e la serata promette bene.

“Ciao” dice la donna aprendo il portone del cassero di via Porta Mare.

“Ciao” risponde l’uomo, che la segue nell’ingresso.

In silenzio si siedono nel salotto al piano terra. Lui le prende le mani con passione.

“Calma, calma! Prima due chiacchiere. Poi il resto, se sei stato bravo” gli dice con freddezza, sottraendosi all’abbraccio.

“Cosa vuoi sapere?” le chiede deluso nella voce.

“Quel Ricardo sembra un mastino. Non molla la presa”.

“E’ il migliore. Il questore non lo vede bene ma lui porta a casa i risultati”.

Antonia resta in silenzio. Riflette su queste parole, perché l’hanno turbata. Aveva programmato tutto con molta pignoleria ma non aveva messo nel conto questo commissario rognoso. Non può permettersi di uscire allo scoperto e chiedere attraverso amicizie influenti che il questore lo cacci. Anche Vito è una potenziale minaccia ma al momento è una preziosa fonte di informazioni.

“Ma questo Ricardo com’è? E’ sposato? Ha qualche fiamma? Insomma prova a farmi capire di che pasta è fatto” cinguetta in maniera fasulla.

“Ricardo? E’ single. Nessuna storia alle spalle né al presente…”.

“Ma avrà amici, suppongo” lo interrompe la donna.

“Amici? Non direi! In pratica vive in questura, anche se tiene casa nel quartiere di Arianuova” risponde ridendo Vito. “Alcuni poliziotti lo adorano e si getterebbero nel fuoco per lui. Altri, tra cui anch’io, non lo possono vedere. Farebbero salti di gioia qualora sbagliasse una mossa. Ma purtroppo…”.

“Ci sono altre novità sull’uomo dai nervi d’acciaio?”

“No. Ricardo è uscito con la sua squadra poco dopo la mia telefonata e non è più rientrato”.

“Quindi non sai nulla” gli chiede delusa, perché sta sprecando una sera senza ottenere nessuna informazione utile.

“Di certo niente. Correva una voce che fosse riuscito a mettere il sale sulla coda dell’uccellino fuggiasco. Ma erano solo illazioni. Se ci fosse riuscito, l’avremo visto rientrare con lui, come ha fatto col tunisino”.

Antonia ha un brivido. Sa che un africano, un tunisino o marocchino non ne era sicura, fiancheggia l’organizzazione per alcune operazioni logistiche. Non era al corrente che fosse finito in stato d’arresto. Vede il poliziotto eccitato, troppo secondo il suo punto di vista e decide di chiudere la serata. Vito sta diventando una zavorra a questo punto che rischia di affondare tutto il progetto.

L’uomo si avvicina come ha fatto tante altre volte ma Antonia si alza di scatto, innervosita.

“Andiamo” gli dice con tono perentorio.

“Ma Ntonia…” tenta di supplicare Vito.

“Ti ho detto che andiamo. Non mi va di replicare due volte un ordine”.

Escono in silenzio e si separano. Lei fa un largo giro prima di rientrare. Deve assolutamente parlare con suo padre emettere fine alla relazione col poliziotto.

Patrime, imu chiutire la ucca te furnu, ca se ite lu dindinieδδu1” dice Antonia al telefono.

Lu dindinieδδu tra nnu picca nu canta cchiùi2” risponde il padre.

Ferrara, ore 9 del 29 settembre

Ricardo con gli occhi cerchiati dalle due notti insonni si presenta poco dopo le nove al Caffè del Corso per l’appuntamento con Ludmilla. E’ in leggero ritardo e trova Lopapa e la ragazza già seduti a un tavolo che lo aspettano.

“Fatti i bagordi” lo punzecchia il procuratore.

“Sembri uno zombie” dice di rincalzo la ragazza.

“Volete come aperitivo, che vi mandi a fanculo?” risponde il commissario un po’ stizzito, sedendosi con loro.

Una grassa risata seppellisce queste battute un po’ stantie. Il caffè nero e bollente, le chiacchiere piacevoli hanno il potere di far riprendere un minimo di lucidità e buon umore a Ricardo.

Finita la colazione, il terzetto si trasferisce nell’ufficio di Lopapa.

“Allora, Ludmilla, cosa ci racconti?” comincia il commissario, ansioso di tornare nella propria stanza a dirigere le operazioni della caccia al killer.

“Maria… la madre di Teresa, ieri sera si è aperta con me, parlando della sua vita, di Antonio e del suo ritorno a San Cataldo”.

“Bene. Una bella esposizione chiara e concisa” chiede il procuratore.

“La famiglia di Maria è benestante ma non ricca e avrebbe desiderato un marito diverso per lei. Però a diciassette anni ha perso la testa per il bell’Antonio, un uomo ricco di fascino e abile parlatore. A vent’anni si sono sposati, nonostante la madre fosse contraria. Secondo lei, perché era gelosa. Antonio era un tombeur de femmes, specialmente tra le giovani ninfette leccesi. Lui era più vecchio di quattro o cinque anni rispetto a Maria. Stranamente rimase fedele alla giovane moglie finché quattro anni dopo non rimase incinta di Teresa. Durante quei nove mesi le avventure extraconiugali non si contarono più e lei ha dovuto fronteggiare molti genitori inferociti nei confronti di Antonio. Era sempre in bilico tra mollarlo e rimanere fedele alla promessa fatta in chiesa ma non trovava la forza di chiudere per sempre. Due anni dopo la nascita della figlia avvenne il fatto che sconvolse la loro vita. Lui conobbe Antonia una ragazzina di soli diciassette anni, figlia di un boss del Salento. Iniziarono una relazione che un anno dopo culminò con la loro fuga. Sei giorni dopo Antonio ricomparve e ordinò alla moglie di preparare il bagaglio. Abbandonarono in fretta e furia di notte la casa di San Cataldo e si diressero verso il nord. Dopo alcuni mesi riuscirono a depistare i sicari del padre di Antonia e si fermarono a Ferrara…”.

“Ma come si chiamavano il genitore di Antonia?” domandò Ricardo.

“Maria era confusa sul nome. Gli sembra che avesse il nome dell’abitante di una grande città. Milanese, Genovese o Romano ma poteva essere anche al plurale. Non ne era sicura. Non so se effettivamente avesse dimenticato quel nome o fingesse solo. Non posso esservi d’aiuto su questo” rispose Ludmilla.

“Prosegui” le disse Lopapa.

“A Ferrara Antonio sembrava aver messo la testa a posto, finché sette anni fa nella loro casa non arrivò una compagna di Teresa, Anna Inzoli. Diventò inquieto, sembrò tornare l’uomo che circuiva le ragazze, finché l’anno dopo non scomparve con la ragazza. Io ignoravo fino a ieri mattina che Carlo avesse una sorella e che questa fosse fuggita di casa con un uomo che poteva essere tranquillamente suo padre”.

Ludmilla tace come per rifiatare o per riordinare le idee, mentre Lopapa comincia a parlare un po’ causticamente.

“Non mi sembra che siano informazioni così strabilianti. Sì, qualche utilità hanno ma sono più i buchi che le certezze”.

“Non sono d’accordo” afferma con forza Ricardo. “Mi dà un quadro d’insieme che completa le notizie che già conosciamo”.

Il procuratore ride all’uscita del commissario. Scuote la testa ma non aggiunge altro.

“Ma Maria cosa ha fatto?” domanda Ricardo alla ragazza.

“Nulla. Ha aspettato per due anni che il marito tornasse come le altre volte” risponde Ludmilla.

“Dunque non era la prima volta?”

“No. Le scappatelle duravano poco un giorno o due ma Antonio ritornava sempre. Chiedeva perdono e Maria glielo accordava. Però quest’ultima volta non avvenne questo. Sparì e basta. Lei decise di tornare a San Cataldo, perché era certa che non l’avrebbe più rivisto”.

“Sono testuali sue parole?” la incalza il commissario.

“Sì. Mi detto questo ‘Ntininu, nu tornerà più. E’ morto‘. Però c’era tristezza nei suoi occhi. Teresa invece non ha voluto tornare. E’ rimasta a Ferrara nonostante la madre fosse contraria”.

“Ma come ha vissuto la figlia senza lavoro e senza supporti economici?”

“Non lo so e nemmeno Maria lo sa. Però credo che menta su questo punto. Penso che lei sia convinta che si sia prostituita o che lo facesse anche prima. Non si dà alla figlia della zoccula solo perché non l’ha seguita nel viaggio di ritorno” conclude Ludmilla.

“Dimmi. Antonia. L’ha descritta Maria?” domanda Ricardo.

“Sì. Ha detto che era una bella ragazza che faceva innamorare tutti. Sfrontata e decisa. Arrogante e sicura per l’appoggio paterno. Era una donna capace di alimentare la vendetta anche dopo molti anni. Lei ha ricordato un episodio avvenuto prima che loro fuggissero. Un ragazzo di qualche anno più vecchio è stato ucciso dai sicari del padre, perché aveva disonorato la figlia. Per Maria è stato lui a toglierle la verginità ma poi si era defilato e Antonia aveva giurato vendetta. Un bel tipino!” conclude la ragazza.

“Ma Maria sa cosa ha fatto la bella Antonia mentre loro erano nascosti a Ferrara?”

“Di preciso no ma al suo ritorno a San Cataldo aveva sentito alcune voci”.

“Cosa di preciso” la stimola Ricardo.

“Da prendere con cautela quello che dirò. Secondo una vicina, Antonia dopo la scappatella con Antonio fu allontanata dal paese. Sparì per qualche anno. Si vociferava che fosse rimasta incinta e fosse andata in Svizzera a partorire. Quanto di vero ci possa essere, non lo so ma l’unica certezza è che è rimasta via per diversi anni. Poi qualche tempo dopo si è sposata e si è trasferita col marito in altra città. Quando? Maria ha parlato di circa quindici anni prima”.

“Veramente interessante. Altre informazioni su Antonia?” le chiede il commissario.

“Non so se sono utili” replica Ludmilla.

“Tu dille, poi deciderò se sono utili oppure no”.

“Antonia, sempre secondo questa vicina, ha mantenuto stretti rapporti col padre, che era un pezzo grosso della Sacra Corona Unita del Salento. Quanto sia attendibile questo, non lo sa nemmeno Maria, perché non risulta che Antonia dopo il matrimonio sia ritornata pubblicamente a Lecce. Il padre per contro effettivamente controlla quella porzione di territorio con mano ferma. Maria aspetta con impazienza poter tornare a San Cataldo”.

“Ma la donna ha qualche idea dove si possa essere rifugiato il marito?” le chiede Ricardo.

“No, nessuna idea. Glielo ho chiesto più volte e la risposta è stata sempre ‘Nu ssacciu‘. Per me lo ritiene morto fisicamente e non virtualmente, vittima della vendetta di Antonia”.

“Per me è ancora vivo. Braccato ma vivo. I cacciatori non sanno esattamente dov’è e lo stanno cercando” dice convinto Ricardo.

Lopapa è rimasto in silenzio fino a quel momento, ascoltando il dialogo serrato tra Ludmilla e il commissario. Non è molto convinto che quella sia la pista giusta per catturare killer e mandanti, anche se deve dare atto a Paolo che finora le sue intuizioni sono giuste.

“Però ho una mezza idea chi possa essere Antonia. Nessuna certezza, anzi probabilmente è una fesseria” sbotta la ragazza, cogliendo di sorpresa sia il commissario sia il procuratore.

“Tu prova a dirlo” le ordina Lopapa.

“Da voci di corridoio in ufficio, la solita radio serva, ho sentito dire che Chiumento, il nostro responsabile del personale, ha sposato anni fa una donna bellissima ma autoritaria che le mette corna a bizzeffe. Non è che lui sia uno stinco di santo. Sempre secondo queste malelingue, lei non è di Ferrara e affermano che viene dal tacco, come definiscono in modo spregiativo la Puglia. Quindi tempi e origini possono coincidere. Inoltre Chiumento ha assunto di persona Teresa in maniera poco chiara. Quindi se la moglie fosse Antonia, potrebbe aver orchestrato una vendetta trasversale, sapendo che era la figlia dell’uomo che l’ha sedotta e abbandonata” conclude Ludmilla.

“Non male come soluzione del caso” afferma Ricardo, “Però di ma e di se ce ne sono troppi. Visto che brancoliamo nel buio, potrebbe essere una pista da verificare”.

“Io andrei” dice Ludmilla osservando l’ora. “Altre domande?”

“No” risponde Lopapa.

“Nemmeno per me. Grazie, Ludmilla. Sei stata veramente in gamba a far parlare Maria” aggiunge Ricardo.

“A proposito. Maria quando potrà tornare a San Cataldo?”

Il commissario guarda con sguardo interrogativo il procuratore. Per lui potrebbe partire domani o dopodomani al massimo ma vuol lasciare la decisione a Carmelo.

“Penso che martedì sia la giornata giusta” dice con tono neutro Lopapa.

“Ciao!” esclama la ragazza, mentre li saluta con la mano.

1Trad. Padre, dobbiamo chiudere quella bocca, perché si vede l’ugola

2Trad. L’ugola non canterà più

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Il mazzo di fiori – parte trentasettesima

Albanese, l’uomo dai nervi d’acciaio, guida con prudenza la potente Audi, rispettando semafori e precedenze. Non vuole scivolare su una banale infrazione stradale. Si muove con sicurezza senza l’ausilio del navigatore, che rimane spento per non lasciare tracce. Conosce a memoria il tragitto che ha provato tante volte nei tre mesi di permanenza a Ferrara con un’auto più agile e maneggevole. Deve evitare le telecamere, perché sa che capirebbero subito dove sta andando. Compie giri viziosi, allungando il percorso ma non ha fretta la notte la passerà nel rifugio sicuro. Di buon mattino proseguirà per Stellata, dove cambierà nuovamente macchina e documenti di identità. Però al momento si concentra per imboccare via delle Bonifiche senza sbagliare strada. Sono quasi le sei con la sera ormai incipiente, quando con uno sospiro infila lo stradello che lo porta alla casa colonica che ben conosce. Fermata l’Audi col motore acceso davanti al portone del magazzino, scende circospetto, pronto a risalire velocemente e tentare la fuga. Sembra tutto tranquillo e mette la macchina al riparo, accanto alla Golf GTI nera, che lo condurrà domani mattina verso la nuova meta.

Trasborda lo zaino e la sacca nel bagagliaio della vettura. Controlla che ci siano tutti i documenti di viaggio e quelli nuovi personali, che mette in una borsa assieme a quelli dell’Audi, ormai bruciati. Questi ultimi andranno distrutti in maniera sicura ma non sarà compito suo. Prima di passare nella casa, prende dall’Audi una potente torcia per farsi luce. Non c’è elettricità né acqua o gas. L’abitazione deve apparire all’esterno come disabitata. L’indomani partirà prima che albeggi, sperando di non incrociare nessuno.

Apre la dispensa per prelevare cibo in scatola e gallette di pane per cena. Dormirà vestito con la pistola accanto. Per il viaggio userà nuovi abiti, diversi dal gessato doppiopetto che indossa. Jeans, una polo a maniche lunghe e un maglione casual sarà il nuovo look. Nel rifugio alle porte di Stellata, gli hanno detto che troverà le nuove istruzioni per il prossimo tratto di viaggio e poi il volo senza ulteriori tappe verso la Croazia, dove rimarrà fino alla primavera seguente.

Sceglie una scatoletta di carne e del tonno, apre un vasetto di cetrioli e olive. Condisce il tutto con abbondante olio. Mangia con appetito. Lo stress della fuga gli ha messo fame. Le bevande sono calde e la birra è imbevibile. Un bicchiere di Sassella superiore e della minerale lo dissetano, anche se avrebbe preferito una Weizen o una Guinness ghiacciata. Prima di spegnere la torcia, accende un candelabro per illuminare la stanza. Guarda l’ora ed esclama: “Già le nove! Mi conviene andare a letto. Domani mattina arriva presto e devo essere fresco e vigile. Mi aspetta una giornata per nulla rilassante”.

Poi ha un ripensamento. “Perché dovrei dormire qui? Il piano A è stato avviato in anticipo nella sua esecuzione. Gli sbirri sono sulle mie tracce. Questo posto non è più molto sicuro. Potrebbero attivare dei posti di blocco nei dintorni già da stanotte. Ma in particolare devo temere gli elicotteri durante il giorno. Meglio partire ora, protetto dal buio, anche se le istruzioni erano diverse. Più sicuro e tranquillo, anche se non conosco il percorso”.

Estrae dalla borsa alcuni fogli e una piccola mappa, che ha ricevuto qualche giorno prima. Era sua intenzione compiere domani un primo viaggio di ricognizione per fissare punti e riferimenti. “Purtroppo non è più possibile, perché la situazione è precipitata”.

Spegne le candele e riaccende torcia per tornare nel magazzino.

“L’abitazione è stata affittata per un anno. Così mi hanno detto. Un ottimo lavoro. Hanno curato tutti i particolari ed è pulita, nonostante sia chiusa da tempo. Il viaggio non l’ho mai provato. Non dovrebbe essere difficile seguire le indicazioni ma non posso sbagliarmi, perché rischierei di perdermi” riflette mentre si infila nell’auto.

Ha preso con sé quella che sarebbe stata la colazione di domani: succo di arancia, barrette di cioccolato e biscotti secchi. Non sa come sia rifornita quella casa. Quindi per precauzione prende qualcosa da mangiare e bere. Apre con cautela il portone del magazzino e osserva che tutto sia tranquillo. Mette in moto la Golf, che romba allegra, e parte.

“Domani qualcuno passerà a ripulire tutto e portare via l’Audi, dopo aver sostituito la targa. Se la polizia avrà individuato il posto, questo sarà già freddo” ragiona mentre viaggia a bassa velocità lungo la provinciale. Però dubita che andrà così. Ha usato i guanti per lasciare meno impronte possibili ma qualche reperto organico non è riuscito a cancellarlo. Guida con prudenza col foglio tra le gambe.

Ricardo nel suo ufficio pensa a come intercettare il fuggitivo. Ne ha discusso con Carmelo che alla fine gli ha dato carta bianca. Erano in disaccordo sulla direzione. Per lui era verso Casaglia, perché avrebbe potuto rientrare in città con una macchina insospettabile e dirigersi verso qualsiasi obiettivo. Era un sesto senso a dargli quelle convinzioni piuttosto che un lucido ragionamento. Secondo il procuratore il posto ideale era Francolino, l’argine del Po, nonostante le obiezioni del commissario sulle telecamere che avrebbe trovato sul tragitto il fuggitivo. Si erano lasciati su queste posizioni divergenti.

Sono quasi le nove di sera, quando Ricardo apre il tablet e osserva la mappa della zona. “Osservando Google map, potrebbe essersi fermato prima di Casaglia, se la mia intuizione è giusta. Battere nella notte i vari casali della zona potrebbe essere rischioso, perché il nostro uomo è armato e ha una mira infallibile. I miei uomini correrebbero rischi inutili con la possibilità che non trovino nulla. Però potrei mettere in piedi dei posti di blocco notturni sulla provinciale verso Ferrara, in Via Eridano e Via Vallelunga e un altro dopo la frazione”.

Guarda l’ora e scuote il capo. “Il piano sarebbe accettabile se il killer si è trattenuto per la notte in zona” riflette soppesando i pro e i contro. “Se però avesse solo eseguito il cambio di auto, non lo troverei di sicuro, perché ha già preso il volo”.

Verifica quante squadre gli servirebbero e impreca. “Maledizione! Con tutti i tagli posso mettere in piedi al massimo due pattuglie, perché ho disponibili solo sei uomini anziché nove!”

Si concentra nuovamente sulla zona usando Google Earth. Scarta quelle non isolate vicine a gruppi di case. Alla fine ne rimangono un paio che potrebbero essere adatte a ospitare il fuggitivo. E’ tentato di mandare le due squadre a controllarle.

“No, troppi rischi. Non abbiamo l’attrezzatura per un assalto notturno. Se qualcosa va storto domani sono sulla graticola per essere stato imprudente. Però i due gruppi possono tenere d’occhio la strada e prendere nota delle macchine di passaggio. Non credo che sia molto trafficata in questo periodo e durante la notte. Ma dovrebbero trovare un posto non facilmente visibile ma posizionato in modo strategico. A occhio non mi sembra che ce ne siano”.

Ricardo continua a elaborare piani che si scontrano con una realtà che non gli lascia scampo. Alla fine decide di chiamare Tommasi, l’uomo più fidato.

“Robbie” lo saluta appena mette piede nell’ufficio. “Ho una missione delicata da farti eseguire”.

“Dimmi, Paolo. Devo ammazzare qualcuno?” risponde ironicamente l’ispettore.

“No!” risponde ridendo il commissario. “L’uccellino è scappato e non sappiamo dove. Ti manderei a controllare l’accesso di due case coloniche presso Casaglia. Dovresti solo verificare se sono passate macchine di recente. Diciamo oggi”.

“Ma non piove da settimane!” replica Tommasi. “Non si noterà nulla!”

Calma. Alla sera c’è una bella umidità. Quindi tracce di pneumatici si possono rivelare sia sulla strada sia sullo sterrato. Non devi fare pazzie. Solo osservare. Resta lontano dai casali. Il nostro uomo è armato e spara piuttosto bene. Quindi niente eroismi inutili. Poi mi fai rapporto. Prendi due uomini con te. Anzi tre. Uno scende e gli altri gli coprono le spalle. Portate con voi i giubbotti antiproiettili, di cui uno in kevlar rinforzato con poliuretano ultrauretanico ad alta densità. Lui ha un fucile di precisione Barrett 190. Aspetto vostre notizie positive”.

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Il mazzo di fiori – parte trentaseisima

Ci vediamo stasera alle 9 al solito posto. TVB

Il messaggio destabilizza Vito, che non capisce perché di sabato sera Antonia lo vuole vedere. Non è mai capitato prima. Ha sempre detto che durante il fine settimana esce col marito e per lui non c’era posto. Pensa che lo voglia vedere per la soffiata del pomeriggio. “E’ ancora una bella donna nonostante i suoi quarantacinque anni. E’ insaziabile a letto. Se non fossi giovane e gagliardo, sarei già spompato” riflette nel leggerlo. Sa di passare delle informazioni riservate ma lei l’ha talmente coinvolto che non riesce a farne a meno. Ormai è finito nella sua rete e deve tenersela buona per non rischiare una brutta fine. Le ha fornito la mappa delle telecamere. L’ha informata che l’uomo dai nervi d’acciaio era nel mirino degli inquirenti. Si domanda cosa vorrà conoscere ancora stasera. Lo paga con sesso bollente e qualche pacco di euro, che gli servono per pagare i debiti.

“Sono stato un coglione a indebitarmi coi De Rosa. Per fortuna ho conosciuto Antonia, una donna splendida che ha il fuoco tra le gambe. Mi ha aiutato per uscire da quel vicolo cieco nel quale mi sono cacciato. Ora presenta il conto e non posso dire di no”.

“Rosario, stasera esco” dichiara con tono deciso Antonia, mentre si sta preparando nella sua camera.

“Dove vai?” le chiede il marito, che trova strana l’uscita del sabato sera.

“Da quando ti interessa dove vado?” replica insolente la moglie.

“Così. Lo sai che sono geloso”.

“Cosa dovrei dire? Con tutte le corna che mi hai messo! Topina, la mora, la rossa…” dice ridendo, mentre lui impallidisce. “Da quando non mi scopi?”

Ha un moto di stizza, perché gli ha snocciolato i nomignoli delle varie amanti. “Come può saperli?” si chiede interdetto, sospettando che intercetti sms o lettere.

“E va bene. Non fare tardi. Ti aspetterò per una notte bollente” le dice, scoccandole un bacio sul collo.

“Uhm! Non so. Se non sono troppo stanca…” replica, lasciando capire che non si farà nulla. Il giovane stallone, che frequenta in questo momento, ha uno stantuffo che la manda in orbita. Quello di Rosario non la soddisfa più. Come ripiego va bene ma tutto finisce lì.

“Prima ti lamenti che ti trascuro, ora ti tiri indietro” afferma deluso. Ha voglia di sesso ma l’unica disponibile era Teresa che è morta. La nuova biondina è un bel bocconcino ma non ha ancora provato a sondarla. “Se fosse libera… ma io ci tento”.

“Può darsi che esca anch’io, se trovo un amico che mi fa compagnia”.

“Un’amica, dirai. Non mi sembri adatto alla compagnia maschile” aggiunge ironica Antonia.

“Non mi dirai che sei gelosa?”

“Quanto te!” replica la donna. “E ora esci dalla camera o farò tardi”.

Ricardo parla al telefono con Lopapa dei dubbi sulla talpa. Ha l’elenco dei nomi che hanno aiutato l’ispettore Esposito nelle ricerche. Domani nella tranquillità della domenica approfondirà su di loro. Adesso sarebbe una perdita di tempo. La preda è scappata e sicuramente ha cambiato auto, abbandonando l’Audi. E’ un autentico professionista che non lascia nulla al caso, curando dettagli e piani alternativi.

“Carmelo, aspetto il rientro delle squadre che hanno perlustrato una vasta area alla ricerca dell’auto e poi ci vediamo. Dobbiamo fare il punto della situazione e programmare una strategia vincente per individuare talpa e appoggi ferraresi”.

“Bene. Ti aspetto. Spero che mi porti delle buone notizie. Ah! Mi stavo dimenticando…”.

“Dimmi” dice il commissario.

“Col tunisino come è andata?”

“Bene. Nel senso che è arrivato un avvocato untuoso assoldato dai malavitosi. Ha protestato per la custodia cautelare, minacciando l’intervento di Napolitano…” Una grassa risata di Ricardo interrompe per un attimo la narrazione. “Lunedì farà istanza affinché il suo assistito venga rimesso in libertà. Che faccia. Per il momento lo lascio riflettere sui suoi errori nella cella di sicurezza fino a lunedì. Al momento non ho alcuna intenzione di torchiarlo per bene. Ci sono aspetti più urgenti da controllare e verificare. A dopo”.

“Ciao”.

Ha da pochi minuti chiuso la conversazione, quando vede una chiamata entrante. E’ sorpreso, perché non se la aspettava.

“Dimmi, Ludmilla”.

“Maria mi ha confidato che sono scappati da Lecce per via di una donna ma forse sarebbe meglio parlarci di persona. Non vorrei che mi sentisse mentre parlo. Con me non ha remore nel chiacchierare senza nascondere nulla. Ci vediamo domani mattina?” conclude Ludmilla.

“Va bene. Dove e quando?”

“Al caffè del Corso alle nove”.

“Va bene. Facciamo colazione e poi ci trasferiamo da Carmelo” conclude Ricardo.

“Carmelo?” chiede interdetta la ragazza.

“Scusami. Da Lopapa” risponde Ricardo. “Ciao”.

Il commissario sorride soddisfatto. Era arrabbiato pochi istanti prima ma adesso questa telefonata gli ha fatto tornare il buon umore.

Col rientro dell’ultima squadra ha la conferma che l’Audi non è stata abbandonata in strada ma è al sicuro in un qualche posto, lontana da occhi indiscreti. Ha allertato sull’intero territorio nazionale polizia e carabinieri. Adesso deve setacciare le immagini delle telecamere ferraresi per scoprire i movimenti dell’auto nei giorni precedenti. Avendo una sommaria descrizione dell’uomo con un po’ di fortuna avrebbe potuto scovare qualche immagine che lo immortali, anche se ha dei forti dubbi su questo. Però lo farà domani.

“Rimando tutto a domani. Sarà la mossa giusta?” si domanda, mentre si sta trasferendo da Lopapa.

Comprende che la rapidità è un’arma a suo favore, perché gli permette di seguire le piste ancora calde. Però deve fare il punto con il procuratore per informarlo sullo stato delle indagini, che sono delicate. Non ha intenzione di crearsi dei nemici.

“Dimmi” afferma Lopapa, facendolo accomodare.

“Cominciamo da quelle buone. Per le notizie cattive c’è tempo”.

I due uomini ridono su quest’ultima battuta, prima di ricomporsi.

“Ludmilla… la signorina Presente ha fatto cantare la Russo. Domani mi riferirà. Anzi ci riferirà dopo la colazione al Caffè del Corso” dice Ricardo, appoggiandosi allo schienale.

“Bene, bene. La tua è stata un’intuizione vincente e quella ragazza è veramente preziosa oltre a essere in gamba” replica il magistrato, fregandosi le mani.

“La seconda è buona per metà. Il killer ha un nome, anche se lo ritengo fasullo. Raffaele Albanese, nato a Bari nel settembre del 1973. Ha sempre usato i medesimi documenti negli spostamenti tra alberghi e Bed&Breafast. Paga in anticipo per non correre il rischio che qualcuno lo denunci, se è costretto a lasciare in fretta l’albergo. Almeno è quello che un mio uomo ha verificato negli ultimi tre spostamenti”.

“Interessante” dice Lopapa, interrompendo momentaneamente il monologo di Ricardo. “Sai da quando è a Ferrara?”

“Sì, di certo da metà luglio. Dapprima ha alloggiato in Bed&Breakfast nei dintorni di Ferrara. Poi dall’ultima settimana di agosto in città. Sempre in zone centrali. Su quello che mi ha riferito l’appuntato Scanu, che ho mandato a controllare gli ultimi indirizzi in città, è stato discreto e prudente. Colazione alla mattina con gli altri ospiti,. Poi esce per ritornare poco dopo le nove di sera, chiudendosi in camera. Unica eccezione ieri, come mi ha riferito la proprietaria, quando è rientrato dopo mezzanotte. E sappiamo il perché”.

“Metodico e anonimo” commenta il procuratore.

“Sarebbe passato del tutto inosservato, se non avessimo posto domande precise. Altra stranezza, ma non proprio, zaino e sacca sono sempre con lui. Nella camera non rimaneva mai nulla di personale. Altra precauzione per allontanarsi senza lasciare tracce. Per completare il quadro ho mandato l’ispettore Rossi a intervistare le autorimesse che ospitano a pagamento le auto. L’Audi una volta nel parcheggio rimaneva fissa lì, finché il nostro uomo non la ritirava. Anche in questo caso il pagamento era sempre anticipato”.

“Quindi girava a piedi per città…” ragiona ad alta voce Lopapa.

“Uhm! Non credo. Sospetto invece che usasse la famosa Smart gialla. Ferrara non è grande e stare fuori per dodici ore tutti i giorni per oltre due mesi non è plausibile. Come ben sai, il sole picchia duro e l’afa è insopportabile in luglio e agosto”.

“Credo che tu abbia ragione” ammette il procuratore.

I due uomini si guardano e restano per qualche minuto in silenzio a riflettere su quanto ha detto il commissario, che poi riprende a parlare.

“Ho pure una descrizione sommaria che i miei uomini stanno trasformando in un identikit. Fine delle buone. Inizio delle cattive…”

“Peccato… mi ero già abituato a quelle buone” lo interrompe Lopapa. “Continua pure”.

“Il nostro uomo ha due identità. Una la conosci. La seconda è Carlo Borghese, nato a Roma nel settembre del 1973, come appare sulla fotocopia della patente, fatta nell’ultima autorimessa. Come ti ho detto, ho mandato un ispettore a verificare nelle altre autorimesse o parcheggi a pagamento la presenza dell’Audi A6. Ha usato sempre il nome presente sulla patente”.

“Ovviamente identità fasulle?”

“Sì. Hai fatto centro. Nessun Raffaele Albanese o Carlo Borghese risiede dove indicano i documenti di identità. Dunque tutto falso. Copertura ottima”.

“Solo queste le cattive notizie?” domanda, stiracchiandosi Lopapa.

“No. Ha una base logistica a Ferrara. Forse il tunisino può essere utile per metterla a fuoco. Forse è più di una ma non sappiamo. Di sicuro lì ci saranno una macchina incensurata e nuovi documenti di identità da usarsi in caso di necessità o di emergenza. Dove sta quella usata per sfuggirci, non lo so ma spero di arrivarci assieme a te. Di sicuro è in possesso della mappa delle telecamere installate e controllate direttamente da noi o dalla polizia municipale. E’ incappato in una che non era registrata. Però vuol dire che una talpa lavora alle nostre spalle e passa informazioni riservate a qualcuno. Brutto segnale. Conto entro stanotte di individuarlo!” esclama arrabbiato Ricardo.

“Pessima questa notizia!” dichiara scuro in volto Lopapa. “Un traditore della nostra fiducia va eliminato il prima possibile”.

Il commissario estrae un tablet Samsung, dove ha caricato una mappa dettagliata di Ferrara e circondario e la mappatura di tutte le telecamere.

“Qui è stato intercettato alle cinque del pomeriggio, esattamente quando ci siamo presentati all’ultimo alloggio. Che disdetta. Loro sono stati più veloci di noi” dice Ricardo.

Poi con una penna indica i percorsi possibili per evitare i punti di sorveglianza, che gestiscono le due polizie.

“Avrei necessità di una tua autorizzazione per sequestrare le registrazioni di oggi pomeriggio di due telecamere private” afferma il commissario.

“Te la preparo subito” dice il procuratore.

“Non appena pronta chiamo l’ispettore Tommasi per operare il sequestro. Nell’attesa il nostro uomo ha avuto due possibilità per sfuggirci: una una strada che costeggia il petrolchimico e arriva a Casaglia, l’altra verso Francolino o Malborghetto di Boara”.

“Ottimo lavoro, Paolo” esclama Lopapa.

“Calma, calma. Tutto questo se non ha operato il cambio macchina subito dopo la rilevazione di Viale Po” replica Ricardo, smorzando l’entusiasmo del procuratore. “Però sono ragionevolmente certo che l’operazione si è svolta fuori città, lontana da occhi indiscreti. La possibilità che qualche curioso lo abbia notato entrare con una macchina e uscirne con una differente, è alquanto probabile, mettendo a rischio l’intera operazione”.

“Comprendo le tue perplessità. Troppo prudente il nostro uomo per commettere un errore come questo. Poteva usare per gli spostamenti in città un mezzo vistoso ma non riconducibile a lui. Gli orari, come ha deposto il tunisino, si adattano a quelli del nostro uomo. Credo che abbiamo imboccato la pista giusta” conclude Lopapa.

“Domani mattina faccio alzare in volo un elicottero e mando in appoggio una squadra via terra per perlustrare le due zone possibili. Se abbiamo fortuna possiamo trovare tracce di pneumatici che ci conducono al luogo dove è avvenuto lo scambio. Ma abbiamo ancora molta strada da esplorare prima di arrivare al killer e ai suoi mandanti”.

Lopapa tace e scrive qualcosa su un foglio, che ha prelevato dal cassetto. E’ pensieroso e riflette su quello che sa.

“Ripenso a una tua affermazione” comincia il procuratore.

“Quale?” domanda Ricardo.

“Perché il killer non se ne è andato via dopo l’uccisione della Lopiccolo? Perché aspettare una settimana per uccidere l’Inzoli? E perché rimanere anche dopo il secondo omicidio? Se oggi pomeriggio se ne è andato, questo è dovuto a circostanze estranee, che gli hanno imposto di cambiare aria in fretta” risponde con calma Lopapa.

“Mi fa piacere che tu abbia i miei stessi pensieri. Per il killer la partita è sospesa. Rimane la talpa e il referente ferrarese”.

“Perché pensi che abbia avuto appoggi in città?” gli chiede il procuratore.

“La soffiata in primo luogo. La talpa non conosceva di certo il killer. I compartimenti devono essere stagni per avere successo. Poi affittare o comprare un casale o un box in città serve tempo e conoscere le agenzie giuste. Operazione che il nostro uomo non ha condotto di persona. Contratti, rogiti e altre scartoffie con quale nome senza destare sospetti? No, lui è un killer di professione. Queste attività le devono svolgere altre persone. Infine per un’auto pulita da tenere nascosta serve qualcuno ovvero un complice. Potrebbe essere stato il tunisino ma dubito che lui fosse a conoscenza di questi particolari per quello che ho detto prima. In conclusione ci deve essere un gruppo residente in città, che sa come muoversi, come supporto logistico” conclude Ricardo.

“Mi hai convinto. Il gruppo deve essere composto da persone del tutto insospettabili” afferma deciso Lopapa. “Che ne dici se ci aggiorniamo a domani mattina?”

“Buona idea”.

Ricardo, rientrato nel proprio ufficio, esamina l’elenco dei poliziotti che hanno raccolto l’elenco dei pernottamenti a Ferrara.

“Ah! Credo di averlo individuato” afferma soddisfatto. “Però devo avere qualche riscontro in più. Adesso usiamo Google Earth per individuare i possibili casali delle due aree incriminate”.

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Il mazzo di fiori – parte trentacinquesima

Poco dopo le sedici di sabato 28 squilla il telefono di Giuseppe a Lecce.

Pàtrima, lu cacciatore sçia lluzzandu la ecina te casa. Lu boscu è periculosu1”.

Figlia mia, δδu maulone, amicu de li carbunieri e de li finanzieri, ete nnu spiune perniciosu2”.

“Sì. Un abbraccio sincero”.

“A presto Ntonia”.

La donna appoggia il telefono sul tavolino e riflette sugli ultimi avvenimenti. Ha avuto una soffiata: ‘Il commissario, che indaga sui due casi di omicidio, ha chiesto l’elenco di tutti quelli che hanno soggiornato o stanno soggiornando a Ferrara’. “Basta fare due più due per dire che il risultato è quattro. Tempo poche ore e ha individuato la persona che cerca. E’ più prudente che parta subito per destinazione estero”.

Ntonia raccoglie le gambe sotto di sé. Sa di non correre molti rischi di essere individuata ma la prudenza non è mai troppa.

“Quella puttanella mi voleva fregare il marito, minacciando uno scandalo. Non che la cosa mi avesse sconvolto ma dopo lo sgarbo del padre quello della figlia non lo accetto per nulla” esclama, prendendo il foglio, intercettato con abilità e fortuna.

Caro Felix, questa è la fotocopia degli esami. Mi hai messo incinta e devi riparare. Quando ci vediamo? La topina

“Puttana!” urla, gettando il pizzino per terra.

Pochi secondi dopo aver parlato con la figlia Giuseppe compone un numero usando un telefono sicuro.

Sta’ brusçiânu lu boscu3” dice con calma l’uomo.

Poi me nfilu sulla strata te Lècule4” risponde la persona alla chiamata.

Stàtiu ccortu a cquiδδu ci faciti5”.

Tegnu àuta sta capu6

Chiusa la conversazione, l’uomo raccoglie le sue cose con calma. Il bagaglio è minimale e sta dentro lo zaino che porta con sé. Smonta il fucile Barrett che mette in una sacca con la pistola e le cartucce. Esce, abbandonando la camera.

Si avvia senza fretta verso l’autorimessa dove ha parcheggiato l’Audi A6.

Che mi cerchino, se ci riescono” si dice, sorridendo, mentre avvia il motore della potente auto. Deve fare pochi chilometri in direzione di Casaglia, dove qualcuno ha affittato per lui un casale di campagna. Lì troverà una Golf e nuovi documenti, che userà per raggiungere la Croazia. La base era stata predisposta per un’eventuale emergenza. Rimarrà in un isolotto croato, finché non sarà cessato l’allarme rosso.

Erano all’incirca le diciassette, quando alla reception del B&B A Frara si presenta Ricardo con un agente in borghese.

“Cerco il signor Albanese” dice senza presentare il documento di riconoscimento.

“Mi spiace ma è uscito da una decina di minuti. Non ho visto dove si è diretto” risponde cortese con un bel sorriso la receptionist.

Il commissario impreca sottovoce. La preda gli è sfuggita per un’inezia. “E’ un caso oppure ha ricevuto una soffiata?” riflette, prima di decidere di gettare la maschera.

“Sono Ricardo della Polizia di Stato. Ho un mandato di perquisizione della stanza del signor Albanese. Mi potrebbe accompagnare nella camera dove era alloggiato?” dice mostrando tesserino e il documento firmato da Lopapa.

“Le chiamo la proprietaria. Così parla con lei” risponde la ragazza che è diventata paonazza per l’imprevisto.

“Faccia in fretta. Ogni minuto può essere prezioso” ribatte Ricardo di malagrazia.

Mentre la ragazza sparisce dentro una porta, il commissario chiama Lopapa.

“Carmelo, l’uccellino ha preso il volo. Qualcuno ha aperto la gabbia per farlo scappare”.

“…” si ode solo un grugnito che oscura le parole scurrili.

“A dopo”.

Una signora di mezz’età appare quasi subito dopo seguita dalla receptionist.

“Buongiorno!” dice con tono gentile. “Lei vorrebbe perquisire la stanza del signor Albanese?”

“Esattamente” risponde Ricardo, porgendole il documento pieno di timbri e visti.

Lo legge, lo ripiega e lo ritorna al commissario.

“Mi segua” dice a malincuore, prendendo la chiave della stanza.

Il poliziotto fa un cenno al collega di rimanere lì, mentre si avvia dietro alla donna.

“Mi dica…” comincia, mentre affrontano la rampa delle scale.

“…Cosa vuol sapere?” gli risponde, mentre gira la chiave nella serratura.

“…Il signor Albanese è da molto presso di voi?” le domanda, conoscendo perfettamente la risposta.

“No. Da una settimana. Ha pagato quindici giorni in anticipo” afferma, mentre fa accomodare Ricardo, che nota la stranezza del pagamento senza dire nulla. L’uomo voleva garantirsi di non destare sospetti, qualora avesse dovuto scappare.

Il commissario osserva la stanza, perfettamente in ordine, come se non fosse stata abitata. Cassetti vuoti e chiusi, il bagno senza tracce di una permanenza di una settimana. Comprende che il ricercato ha lasciato la stanza e non tornerà più.

“Non credo che rivedremo il signor Albanese” esclama laconico Ricardo. “Sembra sia stata abbandonata”.

“Già” ammette la donna con gli occhi sgranati, giungendo alla stessa conclusione.

“Il signor Albanese come si comportava?” chiede il poliziotto.

“Alla mattina faceva colazione con gli altri tre ospiti. Poi usciva per rientrare nel tardo pomeriggio. Un paio di sere fa è uscito, rientrando tardi. Aveva avvertito”.

“Quando è stato?”

“Credo ma non ne sono molto sicura. L’altra sera. Di certo Francesca sarà più precisa, perché ha atteso il suo rientro”.

“Francesca chi è?” domanda Ricardo.

“La ragazza alla reception” risponde garbata, mentre discendono le scale.

Raggiunto l’ingresso, trovano la ragazza agitata che osserva il poliziotto sistemato su una poltrona.

“L’ha disturbata?” le domanda Ricardo.

“No” risponde pronta.

“Vorrei farle una domanda. Il signor Albanese una sera è tornato tardi. E’ vero?”

“Sì”.

“Ricorda il giorno?”

“E’ stato venerdì. Ieri sera”.

“A che ora è rientrato?” la incalza Ricardo.

“Poco dopo la mezzanotte. L’ho aspettato per aprirgli la porta. Alle undici chiudiamo fino alle sette del mattino successivo. I nostri clienti lo sanno e ci avvertono se devono rientrare dopo” risponde Francesca, diventando rossa come un pomodoro maturo.

“Grazie” dice il commissario, chiudendo il notes, dove ha annotato le risposte. “Se per caso, ma non credo, dovesse ritornare, vi prego di avvertirci immediatamente”.

Prima di uscire allunga alla donna un cartoncino con dei numeri.

“Potete chiamare a qualsiasi ora” dice sollevando un sopracciglio. “Ah! Mi dimenticavo di chiedervi un’informazione: il signor Albanese aveva un’auto? Di solito indirizzate i clienti verso qualche rimessa qui vicino?”

“No, che io sappia, almeno non mi ha chiesto nulla. Ci sono due posti auto convenzionati con noi, dove mandiamo chi ha la necessità di posteggiare l’auto, senza correre il rischio di una multa” afferma la donna, rigirando il biglietto ricevuto.

“E a lei non ha chiesto nulla?” domanda a Francesca.

“No” risponde asciutta.

“Un’ultima informazione e poi vi lascio alle vostre attività. Potrebbe descrivermelo?”

“Sì” replica la ragazza. “Alto…” osserva il commissario. “Alto quanto voi o forse anche qualche dito in più. Capelli curati, scuri ma non tinti. Posso dirlo con certezza, avendo fatto per qualche anno la parrucchiera. Occhi marroni. Viso regolare con zigomi sporgenti e barba sempre rasata. Un bel uomo tutto sommato” conclude arrossendo.

“Che bagaglio portava con sé?”

“Uno zaino, piuttosto grande, come quelli che portano i ragazzi su una spalla. E una sacca di tela grezza. Li aveva sempre con sé. Esattamente come quando è uscito un quarto d’ora prima del vostro arrivo”.

“Grazie per la collaborazione”.

Ricardo allunga una mano per salutare la ragazza, prima di uscire dal Bed&Breakfast.

Ricorda che nelle vicinanze ci sono almeno tre autorimesse. “Sicuramente due sono quelle convenzionate, la terza non so ed è più distante. Cominciamo da questa” riflette.

“Anto’” dice rivolgendosi al poliziotto che lo accompagna. “Io vado al garage Estense. Tu passa dagli altri due. Chiedi se un forestiero ha affittato un posto auto nella rimessa da almeno una settimana. Non credo che abbia usato Albanese come nome. Prendi nota modello, marca e targa. Chiamami subito se hai fatto centro”.

“Sì, commissario” risponde dirigendosi verso quella più vicina.

Ricardo, raggiunta dopo una decina di minuti l’autorimessa, si presenta e chiede all’addetto se un cliente occasionale ha preso una ventina di minuti prima l’auto.

“Sì” risponde l’uomo.

“Potrebbe descrivermelo?” domanda il commissario.

“Alto più o meno come lei, capelli scuri e lisci, fisico asciutto”.

“Portava uno zaino e una sacca?”

“Sì”

“Potrebbe darmi tutti i dati?”

“Sicuramente. Il tempo di consultare il registro”. L’uomo apre un libro contabile e comincia a citare. “Audi A6, grigio metallizzata. Targata EA 677 YZ. Intestata a Borghese Carlo. Patente …”

Ricardo ha preso nota di tutte le informazioni.

“Grazie. Se per caso rientrasse, chiami uno di questi numeri” e gli allunga un biglietto.

Il commissario chiama la questura per lanciare l’allarme della ricerca di una Audi A6.

“Anto’” dice al telefono. “Ce vedemo alla macchina. Già trovato”.

Ricardo scuote la testa, perché è convinto che non sia stata casuale la fuga dell’uomo. “La talpa sta da me o da Carmelo?” ragiona, mentre di passo lesto raggiunge il luogo dell’appuntamento. “Se è da me, la soffiata può essere uscita solo dall’ispettore Esposito e dalla sua squadra, che hanno raccolto le liste di chi ha pernottato a Ferrara. Da Carmelo, non so. Però non mi piace sapere che le nostre mosse sono monitorate”.

Scuro in viso e di umore nero il commissario raggiunge il suo ufficio, deciso a scoprire chi lo tradisce. Sta per chiamare a rapporto l’ispettore, quando dall’interfono arriva una notizia che gli peggiora la situazione. ‘Circa alle diciassette una telecamera posta in Viale Po ha intercettato l’Audi A6 sospetta. Direzione località Doro. Le telecamere all’inizio di Via Modena e a metà di Viale Marconi non hanno inquadrato la vettura. Quindi potrebbe essersi diretta lungo via Padova oppure aver deviato in via Oroboni. Però nessun’altra telecamera ha delle immagine con l’autovettura. Potrebbe averla lasciata in una delle vie che sbucano in via Padova oppure in zona Barco e aver cambiato vettura. Commissario mi spiace ma…‘. Ricardo chiude rabbiosamente l’interfono, imprecando come uno scaricatore di porto.

“Quel figlio di puttana, oltre agli appoggi, ha studiato bene la dislocazione delle telecamere per scegliere un percorso tale da evitarle. Un vero professionista! Ormai l’uomo ci è sfuggito e ritrovarlo sarà una vera impresa!” ragiona lucidamente il commissario. “Ora manderò diverse pattuglie a controllare se ha lasciato l’Audi in una qualche via cittadina oppure se la base logistica d’appoggio è fuori. Però dubito che abbia lasciato una traccia. E’ troppo perfetto nei comportamenti per aver trascurato questo dettaglio”.

1Trad. Padre mio, il cacciatore guarda la vicina di casa. Il bosco è pericoloso.

2Trad. Quell’uomo, amico dei carabinieri e dei finanzieri, è uno spione pericoloso.

3Trad. Sta bruciando il bosco.

4Trad. Mi avvio per la strada di Lecule

5 Trad. State attento a ciò che fate

6 Trad. Tengo alta la testa

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Il mazzo di fiori – parte trentaquattresima

Quel procuratore è un fetente!” esclama Maria Russo, rientrando in casa di Ludmilla nel tardo pomeriggio.

Perché?” le domanda la ragazza, anche se immagina la risposta.

Fetusu! Fetente!” risponde arrabbiata. “Voleva sapere di Ntuninu! Per me è morto!”

Poi urla ancora. “Morto! Criettu!”

Calmati, Maria” le dice la ragazza, prendendole le mani. “Loro fanno il loro mestiere. Cercano di trovare un indizio per arrivare all’assassino di Teresa!”

La donna scuote il capo poco convinta, perché per lei anche Teresa è morta da sei anni e non da pochi giorni.

“Ma dimmi, Ntuninu è fuggito veramente con una ragazzina?” le domanda Ludmilla.

“Non mi credi?” replica con tono adirato e gli occhi fiammeggianti.

“Ma certamente. Mi domandavo il perché”.

“Gli sono sempre piaciute le ragazzine. Quando mi corteggiava, avevo solo sedici anni!”

“Caspita! Una bambina! Ma dopo che se ne è andato, tu cosa hai fatto?”

“Cosa vuoi che facessi? Lo ho aspettato che tornasse, come le altre volte…”.

“Non era la prima volta?”

“No. Era già capitato a San Cataldo…”.

“Siete fuggiti per questo?” domanda Ludmilla con fare innocente.

“Sì. Il padre della ragazza lo voleva uccidere. Era un pezzo da novanta a Lecce”.

“Ha pestato i piedi a qualcuno di importante. Ma la ragazza che fine ha fatto?”

Nu ssàcciu. Quando è tornato, siamo scappati al nord”.

“Ma tu sei tornato a San Cataldo. Nessuno ti torto un capello?”

“E pèrcene? Era Ntuninu che cercavano”.

“Ma nessuno ti ha chiesto dove sei stata?”

Nu ssàcciu. Ma forse sì. Una vicina mi ha chiesto qualcosa. Nu sse rrecurdu bene”.

Ludmilla rimane in silenzio e riflette. “Non è possibile che nessuno abbia provato a cercarli, se effettivamente era un boss, il padre. E la ragazza, adesso sarà una donna sposata, non ha meditato la vendetta? Questa viene servita anche fredda, a distanza di anni. Di certo hanno saputo dove si erano nascosti”.

Maria ha un’aria triste e guarda Ludmilla come per trovare qualcosa. Non lo sa nemmeno lei cosa ma la ragazza le ispira fiducia. Sente che può parlare liberamente e sfogare tutto quello che ha represso in questi anni.

“Vieni, Maria. Ci sediamo sul divano, anziché stare in piedi in cucina. Stiamo più comodi a chiacchierare”.

La donna la segue docilmente come una bambina obbedisce senza fiatare alla mamma.

“Ma Ntuninu dev’essere un uomo affascinante…”.

Cce be’ bellu! Faceva girare la testa a tutte le donne di San Cataldo! Gli piacciono le femmine giovani. Le pupiceδδe” esclama quasi in trance Maria.

“Ma non hai un’idea dove possa essere Ntuninu? Non si è mai fatto vivo in questi anni?”.

No, nu ssàcciu! Ma non lo voglio più vedere! Quella zoccula! Veniva in casa nostra per mettermi le corna con Ntuninu! Anna fingeva di essere l’amica del cuore di Teresa ma trescava con Ntuninu per portamelo via!”

“Ma Anna come si chiamava?” domanda curiosa, anche se conosce già la risposta.

“Inzoli” risponde pronta.

“Per caso non aveva un fratello?”

“Sì, mi pare di ricordare che parlava di un fratello maggiore”.

Ludmilla rammenta che Carlo le aveva parlato di una sorella che se ne era andata di casa senza specificare molto di più. “Dunque il padre di Teresa è scappato con la sorella di Carlo. Un filo li lega. Ma cosa?” ragiona sulle ultime informazioni ricevute.

Deve scoprire qualcosa in più. Deve approfondire l’argomento ma non sa come procedere senza insospettire Maria. Non può dire apertamente che conosce il fratello, che adesso è morto pure lui.

Prova a capire chi era la ragazzina che quasi trent’anni prima era fuggito con Antonio. Doveva essere un boss della Sacra Corona Unita il padre e lui l’aveva sfidato ma per salvarsi era dovuto fuggire lontano.

“Ma quanti anni aveva la ragazzina di San Cataldo?” domanda cambiando soggetto delle sue domande.

Maria riflette e resta un po’ in silenzio prima di rispondere.

“Credo che ne avesse solo diciassette o forse diciotto. Non ricordo bene” risponde la donna.

Ludmilla fa un rapido calcolo. “Diciassette o diciotto più ventisette fanno quarantaquattro o quarantacinque”.

“Proprio una bambina” commenta la ragazza.

“Ntuninu correva appresso a tutte le ragazzine. Con quella l’ha fatta grossa”.

“Perché è tornato a casa?” le domanda un po’ stupita Ludmilla.

Quella zoccula dopo due giorni si era stancata di lui. Aveva già rotto la pignateδδa, quella zoccula! Ntuninu era arrivato secondo!” dice ridendo.

Te l’ha detto lui?”

Sì”.

Ma penso che ricordi bene quel nome! Perché per causa sua siete scappati come ladri” afferma scherzosa Ludmilla.

Certo che sì! Non potrei dimenticarlo! Ntònia si chiamava!”

Perché è morta?” domanda, mentre un tarlo si insinua nella sua mente.

Morta? Nu ssacciu!” risponde pronta Maria. “No, non credo. Una vicina mi ha detto che dopo la fusçetìu il padre l’ha messa in collegio in Svizzera e poi si è sposata”.

Ludmilla ha una folgorazione. “Ecco perché quel nome mi suona familiare!” Diversi particolari adesso si incastrano meglio. Ne deve parlare domani con Ricardo.

Si è fatto tardi, Maria” dice con dolcezza la ragazza. “Credo che tu sia stanca di parlare del passato, di un marito traditore, dei suoi tradimenti. Vieni andiamo in cucina a preparare qualcosa per cena”.

la Nuova Ferrara – 29 settembre 2013

Nuovo omicidio. La città comincia ad avere paura dal nostro inviato

Un nuovo omicidio si è consumata tra la notte di venerdì e sabato. Un giovane trentatreenne, Carlo Inzoli, è stato trovato morto sulla soglia di casa da un vicino. Colpito al cuore è morto istantaneamente. Vista la posizione, gli inquirente pensano che l’uomo conoscesse il suo assassino e abbia aperto volontariamente la porta di casa. Al momento non si ipotizzano moventi o possibili sospettati. L’aspetto inquietante della vicenda, che fa il paio con quella avvenuta circa dieci giorni fa, è che le indagini sono guidate dal procuratore, Carmelo Lopapa, e dal commissario, Paolo Ricardo. Gli stessi inquirenti del precedente omicidio di Teresa Lopiccolo. Su questo versante non ci sono apprezzabili passi in avanti, tanto che si brancola nel buio. Tornando a questa nuova morte violenta, il giovane è descritto come una persona educata e senza frequentazioni pericolose. Lavorava in una società di Bologna. Secondo i datori di lavoro era un impiegato modello dai comportamenti irreprensibili. Per questo motivo restano inspiegabili il motivo per cui è stato ucciso. La polizia dichiara che non esiste alcun collegamento con la morte di Teresa Lopiccolo, perché non si conoscevano, né si frequentavano e neppure avevano amicizie comuni. Dunque un mistero nel mistero.

la Nuova Ferrara – 29 settembre 2013

Notizia dell’ultima ora – dal nostro inviato

Ci sono sviluppi importanti nel caso di Teresa Lopiccolo. Tarek Ben Hamman, il tunisino intestatario della Smart, che guidava la ragazza al momento dell’omicidio, è stato trattenuto in questura con l’imputazione di testimonianza reticente e complicità nell’assassinio della ragazza. L’avvocato Marsello, avvocato difensore del l’indagato, intervistato all’uscita della questura, ha rilasciato una breve ma significativa dichiarazione ‘Non comprendo perché sia stato posto sotto custodia cautelare il mio assistito. Le prove, addotte dal procuratore Lopapa, sono insufficienti e del tutto fantasiose. Domani presenterò istanza di annullamento del provvedimento, affinché il mio cliente possa tornare in libertà’. Sembrava che il caso ristagnasse, invece pare che proceda spedito verso una soluzione. Se hanno privato Ben Hamman della sua libertà vuol dire che gli inquirenti hanno delle buone carte in mano, pronte a giocarsele per raggiungere la soluzione del caso. Rimane un fitto mistero il motivo per il quale sia procuratore, sia commissario tengano ben coperte le loro carte, senza far trapelare la benché minima indiscrezione, come abbiamo già sperimentato nei giorni precedenti. Quale enigma si cela dietro all’assassinio di Teresa Lopiccolo? Sarà proprio vero che non esista alcun collegamento col nuovo omicidio? Tante domande senza risposta, che speriamo di avere prossimamente. Mentre stiamo scrivendo queste note, ci perviene una nuova indiscrezione, non confermata dalla questura, secondo la quale sono state raccolte le identità di chi ha soggiornato a Ferrara negli ultimi tempi. Forse il misterioso killer è arrivato da lontano.

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Il mazzo di fiori – parte trentatreesima

“Io la uso poco o niente” comincia Ben Hamman, vuotando il sacco, mentre Lopapa in silenzio registra il colloquio. “La Smart rimane stazionaria sotto casa, sempre aperta e con le chiavi, sistemate sotto il sedile…”.

“Ma non teme che qualche ladro la rubi?” domanda curioso e stupito il magistrato.

“No. Una volta uno ci ha provato ma se ne è pentito amaramente. Ha preso tante bastonate, che gli ha fatto passare la voglia. La voce si è sparsa rapidamente e da allora nessuno ci ha riprovato”.

Lopapa analizza quest’ultima informazione e riflette che esiste un gruppo di malavitosi ben organizzato, che è sfuggito all’occhio attento di Ricardo. Decide di convocare il commissario per ascoltare insieme quello che Ben Hamman ha da raccontare. Ritiene che sia un’inutile perdita di tempo l’ascolto della registrazione con lui, che di certo porrà delle domande, che in assenza del teste non potranno avere una risposta.

Il tunisino rimane in silenzio in attesa della prossima domanda. Parlerà solo per rispondere alle interrogazioni del magistrato. Sa che il colloquio è registrato ma è anche consapevole che in tribunale potrebbe smentire tutto quello che ha dichiarato, se gli verrà suggerito così.

Lopapa chiama un poliziotto per accompagnare Ben Hamman nella stanza accanto.

“Concediamoci una mezz’ora di pausa” gli dice il magistrato. “Poi riprendiamo a parlare”.

Rimasto solo, chiama Ricardo.

“Paolo, vieni subito nel mio ufficio. Ci sono sviluppi imprevisti e importanti che necessitano la tua presenza” lo informa in maniera perentoria.

“Tempo cinque minuti e sono da te” gli risponde il commissario.

Il magistrato ascolta nuovamente la parte del colloquio registrato. Nella sua testa si forma l’idea che il duplice assassinio sia stato organizzato da questi misteriosi malavitosi senza però trovarne un movente. Quindi l’abbandona immediatamente, perché Ricardo gliela demolirebbe senza difficoltà. Sente puzza di imbroglio ed è consapevole che il tunisino parlerà molto poco e farà qualche nome, lo stretto indispensabile per rendere credibile la deposizione. Non nutre particolari aspettative. Dovrà affidarsi al proprio intuito e alle capacità logiche di Ricardo per venire a capo della storia, che appare sempre più intricata.

“Ciao, Carmelo” saluta il commissario, accomodandosi sulla poltrona a fianco della scrivania.

“Stavo interrogando Tarek Ben Hamman, il tunisino che ha prestato la Smart alla Lopiccolo, quando è uscito con un’affermazione sorprendente. Ti faccio ascoltare il passaggio”.

Ricardo ascolta con attenzione la registrazione, rimane impassibile senza muovere un muscolo del viso. E’ concentrato sia sulle parole sia sulla tonalità della voce.

“Vorrei riascoltarlo una seconda volta” chiede il commissario. “Il teste dov’è?”

“Qui a fianco del mio ufficio sotto stretta sorveglianza” risponde Lopapa.

“Non ha chiesto l’assistenza di un legale?” domanda incuriosito Ricardo.

“No”.

“Che stranezza. Prima dichiara di usarla solo lui. Poi sotto la minaccia di essere incriminato come complice comincia a parlare spontaneamente e fa una dichiarazione compromettente. Possibile che lui non abbia paura di questa misteriosa organizzazione che tiene alla larga dalla Smart i possibili ladri?” dice il commissario, scuotendo la testa. “Sento puzza di bruciato, di un bel tranello dal quale lui ne esce fuori pulito come un bambino e noi con le ossa rotte”.

“Capisci perché ti ho convocato? Anche a me è apparso strano il comportamento. E poi è ragionevole che tu non abbia mai sentito parlare di questi misteriosi personaggi, che incutono tanto terrore alla microcriminalità cittadina?” ragiona ad alta voce Lopapa.

“Sì, hai colto nel segno. I tuoi dubbi sono anche i miei. Richiama il teste e ascoltiamo la storia che ci vuol propinare” replica Ricardo.

Ben Hamman si siede di fronte al magistrato e aspetta in silenzio la prossima domanda. Ricardo non viene presentato. Non ce ne è bisogno, il tunisino lo conosce già.

“Stavi dicendo, quando ci siamo interrotti, che la tua Smart gialla è nella disponibilità di un’organizzazione misteriosa” dice Lopapa.

“Sì. Io potevo usarla solo nel fine settimana, salvo che un loro emissario non la bloccasse…”.

“E come facevano?” esordisce Ricardo, rimasto in silenzio fino a quel momento.

Ben Hamman non parla per diversi secondi, come se dovesse raccogliere le idee.

“Non ti preoccupare. Nessuno di loro saprà qualcosa” lo incita il commissario.

“Un certo Carlo mi recapitava un biglietto con parole convenzionali. Tipo ‘il mazzo di fiori non è disponibile‘ o…”

“Dici sul serio o ti stai inventando?” lo interrompe Ricardo.

“Non mi crede?” domanda il tunisino.

“No” risponde secco il commissario.

Ben Hamman alza le spalle come se la risposta gli fosse indifferente.

“Continua” lo sollecita Lopapa.

“Per quel week end la Smart non era disponibile”.

“Ma per fare qualcosa come cinquemila chilometri al mese, doveva fare viaggi lunghi! Non mi pare che sia la vettura più confortevole” dice Ricardo.

“Non lo so. Il contachilometri non l’ho mai guardato, né ho fatto mai benzina. C’era sempre il pieno. E quando la usavo, dovevo fare benzina prima di lasciarla sotto casa”.

Il magistrato e il commissario stanno in silenzio come per raccogliere le idee, prima che Lopapa riprenda a parlare.

“Sei proprio sicuro di non aver mai sbirciato chi saliva in macchina?” domanda curioso il magistrato.

“No. La prendevano quando ero già uscito per andare al lavoro e la riportavano, quando io non ero in casa. Mai visto nessuno… Non so chi siano”.

“Beh! Non proprio tutti” dice sornione Ricardo. “Quel Carlo…”.

“No. Mai visto in viso Carlo…” lo interrompe Ben Hamman.

“Ma come fai a sapere che si chiama così?” interviene il commissario.

“E’ un nome di fantasia. Mai visto, né parlato. Solo dei bigliettini nella buca della posta” precisa il tunisino.

“Conosci un certo Felix?” gli domanda a bruciapelo Lopapa, cambiando argomento. Ha compreso che su quel versante non riceverà più informazioni, ammesse che siano valide.

Ben Hamman rimane perplesso e disorientato. Non si aspettava un cambio di argomento. Era deciso a depistarli per bene con l’affare della Smart ma la domanda l’ha sorpreso, rendendolo incapace di rispondere immediatamente.

“Felice?” risponde titubante.

“Potrebbe essere anche Felice” aggiunge Lopapa. “Dunque lo conosci?”

“Non lo so” replica il tunisino, che ha ripreso il controllo di sé.

“Senta, Ben Hamman. Sono stanco delle sue giravolte. O dice la verità o la affido al commissario che la metta in una cella di sicurezza, finché non decida di parlare con sincerità” esclama un Lopapa spazientito.

“Chiedo l’assistenza del mio avvocato” dice il tunisino, che ha compreso che questa volta la minaccia diventerà esecutiva.

“Chi devo chiamare?” gli chiede il magistrato.

“L’avvocato Marsello” risponde pronto Ben Hamman.

“Sarà fatto. Intanto firmo la carta per la sua custodia cautelare”.

Poi rivolgendosi a Ricardo, gli dice: “L’affido a te”.

“Chiamo una volante per tradurlo in questura” conferma il commissario.

Ben Hamman rimane impassibile.

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Il mazzo di fiori – parte trentaduesima

Ben Hamman è seduto di fronte al magistrato. E’ agitato, non comprende i motivi della convocazione. Secondo lui ha già spiegato tutto la settimana scorsa.

“Mi dica, Ben Hamman, per quale motivo ha una Smart gialla?” domanda Lopapa con tono neutro.

“Dottore” comincia a farfugliare il tunisino, “le ho già spiegato che la Smart gialla era l’unica macchina disponibile”.

“Mi sembra un oggetto vistoso, che difficilmente passa inosservato” lo incalza il magistrato.

“Si, convengo con lei ma era l’unica macchina disponibile subito e io l’ho presa” rispose Ben Hamman, che sudava copiosamente, anche se la giornata non era caldissima.

“Quante volte ha prestato la sua macchina per mezza giornata?”

“Mai. La uso solo io”.

“Quanti chilometri fa in un mese?” gli domanda bruciapelo Lopapa.

Il tunisino capisce che il magistrato lo sta incastrando. Non può affermare che ne fa molti al mese, perché aveva sostenuto nel precedente interrogatorio che la Smart era abitualmente parcheggiata sotto casa e che la usava di rado. Prova a dire qualcosa di plausibile.

“Forse un migliaio al mese” tenta di sparare per cercare di salvare capre e cavoli. “Però non ne ho tenuto il conteggio dei chilometri, Dottore”.

Lopapa sbuffa per aver sentito per l’ennesima volta ‘Dottore’. Riflette un attimo, perché sa di aver incastrato il tunisino. Finge di rileggere l’incartamento, finché non rialza gli occhi.

“Che stranezza! Un contachilometri che segna un bel po’ di di chilometri, quando lei ne dichiara di farne pochi all’anno. Forse non funziona bene?” esclama il magistrato, come se fosse sorpreso.

“Non saprei…” farfuglia, incespicando nelle parole. “Potrebbe essere. In effetti non ho mai controllato il suo funzionamento”.

“Mi dica, quanti anni ha la Smart?”

“E’ del maggio 2010…” borbotta Ben Hamman.

“Dunque ha tre anni e quattro mesi. Ovvero soli quaranta mesi. Lei afferma di fare…” dice Lopapa, interrompendosi sul più bello.

“A spanne circa duemila chilometri” risponde il tunisino.

“Dunque all’incirca ottantamila…”.

“Sì” ammette a denti stretti.

“Ah! Solo ottantamila e gli altri cento e ventimila chi li ha fatti?” lo incalza il magistrato.

“Non saprei…”.

“Ma la Smart è sua?” gli domanda Lopapa.

“Sì”.

“Ma non sa chi la usa?”

“No. Veramente…” dice, interrompendosi subito.

“Ben Hamman, lo sa che posso incriminarla come complice di un duplice assassinio?” lo ammonisce il magistrato. “Vuole chiamare il suo avvocato oppure gliene devo trovare uno d’ufficio? Preferisce invece essere meno reticente e di dire la verità?”

“Dottore, se parlo mi ammazzano” dice con voce strozzata il tunisino.

“Lei provi a parlare sinceramente. Poi sarò io a stabilire come proteggerla” conclude Lopapa.

Ricardo, tornato in ufficio, chiama i più fidati collaboratori per assegnare loro i vari compiti.

“Antonio” dice, rivolgendosi all’ispettore alla sua destra. “Dovrai raccogliere dai vari alberghi, hotel, bred&breakfast, affittacamere di Ferrara e dintorni gli elenchi degli ospiti dal 20 agosto a oggi. Voglio avere il rapporto stasera sulla mia scrivania”.

“Ma Paolo non ce la farò mai!” replica attonito il poliziotto.

“Prendi con te gli uomini che servono. Non accetto ritardi” esclama con voce che non ammette repliche il commissario.

Poi si rivolge all’altro ispettore alla sua sinistra. “Giuseppe contatta l’anagrafe e chiedi un appuntamento con responsabile. Devi ottenere la fotocopia della fotografia di Antonio Lopiccolo. L’ultimo indirizzo valido è via Carlo Mayr. Se è possibile, cerca di ottenere anche quello attuale”.

“Dottò, mi serve una richiesta scritta e poi oggi è sabato…”.

“Per la richiesta nessun problema. L’avrai prima di incontrare il responsabile. Sabato o non sabato devi avere queste informazioni entro stasera”.

“Ma se non lo trovo…” borbotta timoroso l’ispettore.

“Scomoda il sindaco, l’assessore o chi vuoi tu ma le informazioni devono essere sul mio tavolo stasera. E ora” dice Ricardo rivolgendosi ai presenti, “al lavoro. Il tempo stringe”.

Un leggero brusio accompagna le persone che escono dalla stanza del commissario. Un parlottare sottovoce per commentare le richieste. “Non ce la farò mai a ottenere gli elenchi degli ospiti! Pare una missione impossibile” borbotta Antonio scuotendo la testa. “Perché credi che sarà facile reperire il responsabile dell’anagrafe per ottenere quello che Paolo vuole?” sussurra Giuseppe sconsolato.

Ricardo, rimasto solo, prova ad allocare le tessere del puzzle in maniera differente senza grossi risultati. Prende la scheda preparata per Carlo Inzoli nella speranza di trovare qualche spunto. La corregge e la rilegge.

Carlo Inzoli

LUOGO DEL DELITTO: abitazione della vittima – Via Frescobaldi

CAUSA DELLA MORTE: un colpo di pistola al cuore

MOVENTE: eliminazione di un testimone scomodo (?)

ASSASSINO: il Killer(?)

COMPLICI: nessuno

MANDANTE: nessuno

ARMA DEL DELITTO: pistola con silenziatore

PARTICOLARI: ha aperto la porta d’ingresso al suo assassino, che conosceva

TESTIMONI: nessuno

PERSONE DA INTERROGARE: vicini di casa, amici

PERSONE DA RICERCARE: Antonio Lopiccolo, Anna Inzoli

NOTE: collegato a Teresa Lopiccolo? Sì. L’amica del cuore era la sorella, che è fuggita col padre di Teresa sette anni fa. Un mazzo di fiori con annesso biglietto pare non essere stato recapitato. Dove è finito? Secondo Ludmilla non è tipo da mandare fiori. Però un mazzo è stato recapitato, il secondo pare scomparso.

DUBBI: è stato lui a convincere Teresa Lopiccolo a seguire Ludmilla?

“E’ inutile fare troppi ragionamenti. Senza prove o indizi si rischia solo il cortocircuito! Telefono a Ludmilla per convincerla a far vuotare il sacco alla Russo. Con lei si apre, con noi è una sfinge”.

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