Amanda a venticinque anni se ne era andata, sapendo di causare un dolore a Pietro, che si era prodigato a colmarla di attenzioni e affetto fino a quel momento. Non poteva fare diversamente. Il richiamo era troppo forte per poter resistere. La sua natura a metà umana e metà elfica produceva dentro di lei delle lacerazioni non più sostenibili.
“Una delle due metà deve prevalere se non voglio rimanere distrutta dalla mia stessa essenza. Finché ero piccola tutto questo era ignorato, ma col passare degli anni il dualismo inconciliabile ha prodotto delle ferite che difficilmente potranno essere richiuse”.
Si domandava come avrebbe potuto spiegarlo a suo padre che aveva fatto la scelta opposta a sua madre, scegliendo il suo essere elfico. Non aveva più rivisto Elisa ma spesso si collegava a lei attraverso la mente. Ignorava dove si trovasse ma un senso di malessere c’era dentro di lei.
“Non posso farci nulla” soleva ripetersi dopo ogni contatto mentale, ma una sensazione di astio malcelata e a stento repressa galleggiava nei suoi pensieri.
“Non posso perdonarle di avermi abbandonata. Ops! Non è una critica a Pietro, che si è dimostrato un padre premuroso e pieno di attenzioni, sempre pronto a prodigarsi per me. Ma ho patito la mancanza fisica di Elisa. Non ho mai compreso la motivazione che l’ha indotta a sparire nel nulla, lasciando Pietro nella tristezza. Eppure aveva fatto una scelta di campo: essere una donna come tutte le altre”.
Amanda, sia pure a malincuore sapendo di provocare un nuovo trauma al padre con questo abbandono, il secondo dopo quello della madre, aveva preferito la natura fatata degli elfi.
Così il giorno del suo venticinquesimo compleanno aveva preso la decisione di abbandonare il mondo degli umani per fare ritorno nel bosco degli elfi.
Però si accorse ben presto che la sua natura di mezzosangue non era gradita dalla comunità, che a suo tempo aveva messo al bando Elisa.
Provò a integrarsi, ad accettare le frecciate e la battute ironiche dei componenti del gruppo, ma si sentiva isolata ed emarginata.
Dopo qualche tempo in silenzio come era arrivata, se ne andò.
“Potrei tornare da Pietro, perché so che mi accoglierebbe a braccia aperte come farebbe con Elisa. Però preferisco di no. Perché? Mi sembra un tradimento verso me stessa. Me ne tornerò nel modo dal quale sono venuta e mi adatterò alla vita che conosco già. Pietro mi ha fatto studiare consentendomi di prendere una mini laurea. Vedrò di metterla a frutto”.
Una mattina di maggio limpida e soleggiata si incamminò verso San Vito scendendo la strada che tante volte aveva percorso sul fuoristrada del padre. Sola coi suoi pensieri e la delusione in corpo. Aveva detto arrivederci a quel bosco che conosceva troppo bene e che adesso l’aveva rifiutata. Sarebbe venuto il tempo per ritornarci. Quando non lo sapeva, ma era certa che sarebbe ritornata.
Non aveva il timore di incrociare il padre, perché la sua natura ne avrebbe fatto percepire a distanza la presenza, consentendole di nascondersi alla vista.
“Per il bagaglio c’è tempo. Lo richiamerò quando ho trovato una sistemazione. Al momento preferisco viaggiare leggera”.
Arrivata in paese col sole già alto nel cielo si recò alla banca per prelevare qualche euro dal suo conto. Pietro gliene aveva aperto uno e mensilmente provvedeva a versare una cifra non imponente. Il conto mese dopo mese, anno dopo anno era diventato cospicuo perché Amanda raramente vi accedeva. Questo era uno di quelli.
“Papi” disse sottovoce con una lacrima che le rigava il viso “Papi, sei troppo buono. Anche se me ne sono andata hai continuato ad alimentare il conto. Quando potrò sdebitarmi della tua generosità?”
E prese la corriera in direzione di Cortina.
Non era interessata a quello che la circondava, che aveva già vissuto tante volte col padre, ma era immersa nei suoi pensieri. Doveva trovare da subito una pensione per la notte, ma secondo lei non ci sarebbero stati problemi.
“Non è tempo di turismo. Quindi non ci saranno complicazioni. Al massimo ne troverò qualcuno chiuso”.
Però presentarsi senza bagaglio avrebbe potuto destare qualche sospetto, ma questo non avrebbe costituito alcuna difficoltà: sarebbe stato sufficiente uno schiocco delle dita e accanto a lei sarebbe apparso come per magia.
Per il problema lavoro ci avrebbe pensato nei prossimi giorni. Aveva denaro a sufficienza per vivere dignitosamente per molti mesi.
Scese alla stazione delle corriere, guardandosi intorno. Poi recuperò una cartina e la lista di hotel, che esaminò seduta alla pasticciera Alverà. La camminata di prima mattina gli aveva messo fame appena mitigata da un caffè preso prima di salire sul bus per Cortina.
La giornata era splendida e un’altra passeggiata non la scoraggiava. Però doveva decidersi dove puntare. Scartati gli hotel puntò sulle pensioni, ma anche un B&B poteva andare bene. Nella lista comparivano anche un paio di agriturismo.
“Questo è interessante” si disse mentre sorseggiava il cappuccino.
“Però sarebbe opportuna una telefonata prima di farmi trenta minuti di cammino. Il mio l’ho lasciato dal papi. Quindi me ne devo procurare uno”.
Alzò lo sguardo e come per incanto spuntò un negozio di telefonia mobile proprio di fronte a lei.
E così finì nell’agriturismo in località Fraina. Era immerso nella natura dove il silenzio era interrotto solo dal cinguettio degli uccelli e godeva di una posizione panoramica e soleggiata. Gli ampi spazi verdi che la circondavano le ricordavano il bosco degli elfi. La stanza, con l’arredamento caratteristico della montagna, era spaziosa e confortevole dove si sentiva avvolta dalla calda accoglienza del legno.
E vi rimase per oltre un mese.
Amanda 9
Quando all’improvviso udì un suono diverso dalla solita musica del bosco. Il vento era diventato muto, le fronde si erano fermate.
Pietro stette immobile osservando quello che lo circondava. Era il solito paesaggio costituito da alberi e sottobosco esattamente come ricordava dai giorni precedenti. Eppure quel rumore insolito risuonava nella sua testa. Non l’aveva mai percepito prima di quel momento. Era sconosciuto.
Mosse un passo verso quella che riteneva che fosse la fonte per scoprirne le origini. Una nuova intonazione sonora si levò acuta e grave al medesimo tempo alla sua destra. Si volse attento per scorgere chi lo aveva prodotto ma vide solo un sentiero del quale era visibile solo l’inizio, perché degradava rapidamente alla vista.
L’abete rosso accanto a lui gli sussurrò «Fai attenzione!».
“Attenzione a cosa?” pensò rivolgendosi verso l’albero.
La chioma parve muoversi in segno di incertezza, mentre Pietro acuiva i sensi. Non aveva un idea di quanto fosse distante dalla baita. Non aveva prestato attenzione alla strada durante il suo vagabondare lento e senza meta nel bosco alla ricerca di un qualcosa che ignorava ma che intuiva solo. Però era dibattuto tra la curiosità di conoscere l’origine di quel suono inquietante e la naturale prudenza usuale nelle passeggiate solitarie. Poi quel sussurro di fare attenzione aveva intensificato la sensazione di incertezza e di pericolo. Era sospeso e indeciso con la mente che combatteva la sua personale battaglia con l’istinto, quando percepì qualcuno che bussava per entrare in contatto con lui.
“Chi mi cerca?” si domandò stupito.
“E perché mi cerca?”
Il suono era sempre più vicino mentre Pietro era sempre più indeciso.
Aprì la sua mente.
“Riprendi il sentiero di casa senza indugi e ignora il suono” udì con chiarezza.
Non era un avvertimento, era un ordine perentorio che proveniva da una voce femminile che non aveva mai conosciuto.
“Chi sei?” domandò mentre si girava per far ritorno alla baita.
Però la domanda cadde nel vuoto senza una risposta.
Affrettò il passo cercando di estraniarsi dal sibilo lacerante che sembrava appena dietro di lui. Non si volse, non si fece prendere dal panico o dall’ansia, mentre con calma percorreva il sentiero che l’avrebbe condotto alla baita.
Però si domandava a chi apparteneva quella voce femminile che non era riconducibile a nessuna di quelle conosciute. Il bosco pareva proteggerlo, avvolgerlo nelle tenebre per nasconderlo all’essere sibilante.
Con passo deciso affrontò la breve salita che nello spazio di pochi minuti l’avrebbe fatto sbucare nella radura. Il respiro era leggermente affannato per la camminata veloce e piena di incognite.
Cercava di ignorare quel rumore che pareva sempre più vicino a lui, mentre non cedeva alla tentazione di voltarsi per osservare chi lo produceva.
Sfiorò i rami bassi di un larice che lasciò cadere una miriade di aghi sul sentiero.
“Affrettati!” gli sussurrò con una vena di inquietudine accompagnando le parole con il moto dei rami.
“Perché?” domandò Pietro adesso visibilmente impaurito.
Era la prima volta che il bosco lo proteggeva da una forza estranea, che apparentemente appariva pericolosa. Nei trent’anni di visitazione non lo aveva mai sentito così preoccupato e teso a difenderlo.
Si domandava chi potesse essere, mentre un leggero senso di angoscia cominciava affiorare nella mente.
Pietro cercava di mantenere la calma scacciando queste sensazioni negative, ma gli riusciva con sempre maggior fatica, perché oltre al sibilo sentiva un alito pesante sul collo.
Nella fretta di allungare il passo per raggiungere la radura non si accorse di una pietra posta sul cammino e ruzzolò sul sentiero.
Cadendo percepì un forte dolore alla mano tanto che perse i sensi per qualche istante. Ma prima un pensiero lo sfiorò «Non riuscirò a sfuggire al mio inseguitore»
Quando riaprì gli occhi si ritrovò all’interno della baita. Il dolore era molto intenso tanto che non poté frenare le lacrime. Però rimase basito perché l’ultima considerazione era stata «sono perduto», ma in realtà non era stato così.
“Come ho potuto compiere il tragitto tra il punto della caduta e la baita? Ho perso i sensi per le fitte dolorose alla mano e quindi sono stato aiutato da qualche forza del bosco!” disse ad alta voce per rassicurarsi di essere effettivamente sveglio.
Osservo la mano sinistra che aveva assunto una posizione innaturale e si stava gonfiando pericolosamente con un colorito bluastro che scuriva secondo dopo secondo. Sulle spalle era assicurato ancora lo zaino, mentre il bastone da montagna era posato accanto all’ingresso.
Lo tolse con qualche difficoltà perché impacciava i movimenti già resi problematici dalla mano. Poi provò a sfilare il piumino.
“Fortunatamente non ha la zip ma dei bottoni a pressione altrimenti con una sola mano non ci riuscirei. Devo farlo prima che il gonfiore renda impossibile l’operazione”.
Con la sola mano destra cominciò ad aprirli a uno a uno con grande fatica. Dopo un tempo che gli apparve infinito completò l’operazione.
“Dovrei andare in ospedale per farmi curare la mano, che sicuramente sarà fratturata. Ma come faccio a guidare con la sola mano destra il fuoristrada? Telefonare per chiamare i soccorsi? E chi arriverebbe? E quando? Dovrei mettermi del ghiaccio che non ho. La situazione non è gradevole. Però chi mi ha trasportato dal sentiero fino in casa?”
Era in questi affanni e incerto su cosa fare, quando percepì la presenza di una persona accanto a lui.
“Chi sei?” le domandò.
“Angelica”.
Amanda 8
Pietro si riscosse dai suoi pensieri e si strinse nelle spalle. Quel 30 marzo era rimasto impresso nella mente, mentre inspiegabilmente stava percependo le medesime sensazioni, senza conoscerne le origini.
“Allora come ora avverto la presenza di una forza extrasensoriale. Però .. Ma forse è solo suggestione”.
Quella donna assomigliava tremendamente a Elisa, anzi pareva la gemella tanto erano uguali. Stessi capelli ramati e ondulati che scivolavano come una cascata sulle spalle. Però soprattutto gli occhi erano i medesimi. Stessa luminosità, stessa mobilità, colore identico. Spiccavano sul viso diafano. Quel giorno era rimasto folgorato nell’osservarli, provando la medesima emozione, che lo aveva colpito, quando aveva conosciuto Elisa. Al solo ripensarci in questo momento provava gli stessi brividi, esattamente come quel 30 marzo. Però non era Elisa. Era un’altra donna conosciuta attraverso il racconto di Klaus. Una figura femminile che sfumava dal reale al fantastico. Quel giorno scambiò pochi concetti, perché la sorpresa era stata talmente intensa che non era riuscito a mantenere un filo logico nei pensieri, facendo cadere quasi immediatamente la connessione mentale.
In quel preciso istante Pietro ebbe l’impressioni che qualcuno fosse entrato nella baita. Esattamente come quel giorno in casa. Però allora c’era un senso, ma adesso non più. Pensò ancora una volta che fosse suggestione legata alle riflessioni su una visita inattesa e per certi tratti sconvolgente.
“Non può essere Amanda, perché dopo quella volta è sparita o almeno questo è quello che ho creduto. Non l’ho più vista aggirarsi per casa e la mia Amanda non ne ha accennato mai più. Si era disciolta nell’aria”.
Eppure i sensi captavano delle presenze senza riuscire a individuarle.
“Presenze? No, forse una presenza o forse è suggestione!” si disse come per rincuorarsi.
Quei ricordi l’avevano marchiato e erano rimasti impressi in maniera indelebile nella mente. Era stato un fenomeno paranormale da tenere celato agli altri. Loro non avrebbero capito. Già l’ultima sera della vacanza con Elisa nella baita aveva fatto quell’esperienza di colloquiare attraverso il pensiero. Però era rimasto un episodio isolato che non si era più ripetuto finché il 30 marzo non lo aveva replicato. Però era stato diverso perché la donna non era un essere vivente. Almeno questo era quello che credeva.
“E’ stato un dialogo povero e breve ma sono riuscito a stabilire un contatto mentale con questa creatura incorporea. Non pensavo nemmeno di esserne capace. Ma è avvenuto”.
Era solo mezzogiorno e non aveva fame, quando Pietro decise di uscire nel bosco per rompere con quei pensieri che sembravano condurlo alla paranoia. La giornata di settembre era limpida ma fredda e il cielo era sgombro di nuvole. Preparò lo zainetto con quanto occorreva per una passeggiata: qualche tavoletta di cioccolato extrafondente, una borraccia d’acqua fresca, qualche frutto, una giacca leggera impermeabile in caso di pioggia, l’immancabile telefono gps con batteria di ricambio e un coltellino svizzero multiuso Victorinox. Indossò degli scarponcini pesanti adatti alla stagione che ormai volgeva al brutto, calzoni pesanti di fustagno marroni e un piumino caldo e leggero. La temperatura era bassa di pochi gradi sopra lo zero. Doveva tenere caldo il corpo se non voleva rischiare una brutta infreddatura.
“Certo che sono imprudente andare per il bosco alla mia età. Se mi succede un qualsiasi inciampo nessuno mi verrà a cercare” e mentre faceva queste riflessioni si mise lo zaino sulle spalle e si avviò verso l’abete che doveva curare con amore secondo le disposizioni testamentarie. E non aveva mai mancato di eseguire con scrupolosità quelle volontà contenute nel testamento.
Si avvicinò osservando con cura che tutto fosse in ordine. Secondo quanto scriveva Klaus qui avrebbe dovuto trovare l’eterno riposo Amanda. Però non c’era nessun segno esteriore che là sotto si trovasse il corpo della donna.
“Sarà vero?” si interrogò sostando dinnanzi al maestoso cespuglio di more selvatiche cresciuto alla base dell’albero. Molti frutti erano già di un blu intenso, maturi e pronti per essere raccolti. Quelli meno soleggiati erano ancora verdi ma anche loro tra qualche giorno sarebbero andati a maturazione. Il rovo era cresciuto disordinatamente formando un intrico di rami e di spine che solo gli uccelli del bosco praticavano. Nessuna mano umana aveva profanato la sacralità del posto o aveva colto un frutto o uno dei tanti fiori che crescevano spontaneamente nella radura.
Pietro era fermo osservando con cura tutto lo spazio intorno. Nulla era fuori posto, tutto sembrava apparentemente in ordine.
“Questa è dunque la dimora di Amanda. Dopo quel giorno non ho avuto più occasione di contattarla. Vorrei parlarle e udire la sua voce. Ma forse sono solo fantasie di un vecchio che torna bambino coi ricordi”.
Poi prese il sentiero alla sinistra dell’abete e aiutandosi con un bastone da montagna si incamminò verso il folto del bosco.
Il pensiero della morta accompagnava come un mantra ogni passo e non c’era modo di staccare la spina.
“Dunque Amanda non è una creatura fantastica creata da Klaus, ma una donna vera che non è riuscita a trovare la pace nemmeno dopo la morte. E’ singolare la grande somiglianza con Elisa. Però è ancor più straordinario che si rendesse visibile alla mia Amanda, frutto dell’amore con la copia identica di lei. Non sono mai riuscito a comprendere in che modo Elisa conoscesse questa donna o molto probabilmente non ho mai voluto approfondire l’argomento. Forse era il terrore di apprendere degli aspetti sgradevoli o percepire di essere stato trascinato in un ingranaggio mostruosamente difficile da gestire che mi ha distolto dal chiedere tutte le spiegazioni. Ora in qualche modo ne sono pentito ma allora non era il mio pensiero. Avrò un’occasione per chiarire tutti questi aspetti oscuri e misteriosi?”
Pietro si fermò sono un imponente larice che sembrava felice di ripararlo con la sua chioma.
“Questo bosco è decisamente magico come diceva Elisa. Pare che sussurri qualcosa e ascolti le mie parole! Senti che sinfonia di consonanti e lettere trasportate dal vento che sibila allegro tra le fronde”.
Il suo orecchio allenato percepiva il canto del bosco e la sua ansia si andava placando.
Quando all’improvviso ..
Amanda 7
Il giorno prima ha nevicato furiosamente e la neve adesso ricopre ogni cosa. Pietro osserva dalla porta finestra del terrazzo la montagna bianca che si è accumulata ai suoi angoli.
Il sole risplende nel cielo stranamente terso e azzurro come da mesi non si vedeva. La temperatura si aggira attorno allo zero.
“Fortunatamente la neve di primavera dura lo spazio di un giorno e poi lascia il posto al verde del prato. Però questa non pare temporanea e chissà ..”.
Pietro sta facendo queste riflessioni, quando sente un soffio d’aria scorrere lungo la schiena come se qualcuno velocemente fosse passato dietro di lui.
Si volta ma non nota nulla. Tutto appare immobile: le tende sono ferme, il lampadario non si sposta neppure in maniera impercettibile.
“Eppure non mi sono sognato! Ho percepito nettamente uno spostamento d’aria come se qualcuno si fosse mosso velocemente alle mie spalle”.
Si guarda intorno alla ricerca di un qualsiasi segnale che indichi la presenza di qualcuno. Si interroga non su chi possa essere ma sul come abbia potuto entrare nella casa.
Controlla le finestre della sala: tutte chiuse ermeticamente anche perché molta neve è adagiata sul vetro. Prosegue il giro di ispezione nell’ingresso dove trova la porta chiusa con l’allarme inserito. Va in cucina ma anche qui la porta finestra è chiusa dall’imposta, bloccata dall’interno. Sale in mansarda e constata che i velux sono serrati senza possibilità di apertura, perché sono ricoperti da uno strato abbondante di neve. Rimane la stanza dove riposa Amanda. La camera è in penombra per favorire il sonno della bambina. Una piccola luce rischiara debolmente un angolo. Si avvicina cautamente al lettino per non svegliarla. Però avverte una presenza. Si irrigidisce e muove gli occhi ora a destra ora a sinistra alla ricerca dell’intruso. Trattiene il respiro e vorrebbe fermare i battiti del cuore che sembrano rimbombare nel silenzio della casa.
Nulla.
Eppure i sensi percepiscono che qualcosa sta alterando l’equilibrio della stanza.
“Cos’è?” si chiede inquieto.
“Chi è?” riflette angosciato.
“Da dove è entrato?” urla dentro di sé.
Lo sente muoversi con disinvoltura come se conoscesse perfettamente la dislocazione degli ostacoli. Ne avverte la presenza senza riuscire a intercettarla. Sono solo sensazioni ma precise e inconfutabili. Muove un passo con cautela senza lasciarsi aggredire dall’ansia. Rimane calmo o almeno questa è la sua intenzione. Si avvicina al letto per osservare Amanda e la trova con gli occhi spalancati.
“Ciao, papi” grida una vocina dolce rompendo un silenzio carico di angoscia.
“Sei sveglia” le chiede con delicatezza prendendole una mano.
La bambina lo osserva con i suoi occhi grigio verdi che brillano come se fossero fosforescenti. Un lieve sorriso increspa le labbra mentre si alza col busto appoggiandosi al cuscino.
“E’ venuta”.
“Chi è venuta?” replica con il tono della voce tra lo stupito e il curioso.
“Chi è venuta?” ridomanda come se la prima fosse andata perduta.
Amanda sorride e scuote il capo, muovendo i lunghi capelli rossi che ondeggiano sulle spalle.
“Amanda”.
Pietro rimane sbigottito. E’ senza parole. Non può essere lei, perché è stata sempre lì, nella sua stanza. E poi non avrebbe senso. Non può essere nemmeno quella Amanda della quale cinque anni prima ha letto il blog, il diario e che è morta per mano di Klaus, almeno così c’era scritto nei fogli. E’ una figura fantastica, che non appartiene alla realtà di tutti i giorni ma solo alla fantasia di qualcuno a lui sconosciuto.
“Anche se fosse esistita, ormai è morta da molti anni. Non può essere il suo spirito, perché la presenza che ho avvertito e che tuttora percepisco chiaramente è quella di un essere vivente. Si ode il respiro cadenzato e quasi sibilante. Sposta l’aria al suo passaggio. Un essere incorporeo non lascia queste tracce. Dunque è una persona viva e dotata di corpo. Perché la vista non riesce a inquadrarla, quando gli altri sensi lo fanno?”
“E cosa di ha detto la signora?” chiede con naturalezza alla bambina.
“Non è una signora, papi! E’ Amanda! Viene sempre a trovarmi e mi fa compagnia. La tata non l’ha mai vista perché arriva silenziosa e silenziosa se ne va”.
Pietro resta in silenzio perché scopre qualcosa che non conosceva. Però resta al gioco e continua a parlare con Amanda su come le tiene compagnia questa misteriosa figura. Non vuole mostrare la sua contrarietà per evitare che lei si chiuda alle confidenze.
“Anche oggi è venuta. Cosa ti ha detto?”
“Non è ancora andata via” risponde la bambina.
Pietro sgrana gli occhi e si morde la lingua prima di rispondere. Conta mentalmente fino a dieci prima di chiederle dov’è in quell’istante.
“E’ lì, accanto a te che ti ascolta”.
Lui ha un sussulto e si gira di scatto a destra ma vede solo la piccola illuminazione nella presa elettrica. Poi con lentezza volge lo sguardo a sinistra ma osserva solo il chiarore che filtra dalla porta. E’ basito, incredulo. Percepisce chiaramente il rumore silenzioso di un respiro, il profumo di una donna ma non scorge nulla. Come se fosse un fantasma.
“E lo è!” dice a se stesso.
“Ma papi… Ti sta osservando! Aspetta solo che tu le stringa le mani. Si sente tanto sola ..” riprende Amanda.
“Come se fosse facile stringere la mano a un fantasma!” commenta muto.
“Se è questo quello che vuoi..” e sente due mani fredde afferrare le sue.
Gli sembra di stringere le mani di un morto: gelide e ossute. Un brivido percorre la schiena ma deve fingere.
La situazione gli appare assurda. Una donna sconosciuta, morta molti anni prima si è materializzata accanto a lui senza che la vista riesca metterla a fuoco. Una donna che porta lo stesso nome di sua figlia con la quale si intrattiene quando lui è al lavoro. Per caso nella giornata odierna è a casa perché la forte nevicata ha messo out le comunicazioni. Se non ci fosse stato questo eccezionale vento, lui avrebbe continuato a ignorare che questa donna fa visita alla figlia.
“E’ incredibile! Lo raccontassi, qualcuno mi prenderebbe per matto! Eppure ..” continua a riflettere velocemente mentre il gelo si trasmette lentamente dalle mani alle braccia.
“Noi non ci conosciamo, Amanda. Ho letto qualcosa ma ..”.
“Ma papi! Lei non ti sente! Devi parlare con la mente. Devi stabilire un contatto mentale per colloquiare con lei!” lo interrompe la figlia rimproverandolo.
“Ma ha solo quattro anni, mia figlia! Un contatto? Come quella volta .. l’ultimo giorno della vacanza alla baita con Elisa!” esclama in silenzio.
Pietro si concentra per scoprire come stabilire l’apertura del flusso delle idee tra lui e Amanda.
“Ma sarà Amanda oppure è un’altra persona?”.
Mille pensieri lo distolgono dai suoi propositi, gli tolgono la concentrazione, gli impediscono di parlare con la donna misteriosa.
“Papi, è semplice. Non devi avere paura. Basta .. e ..”
Pietro si concentra, vorrebbe vederla materializzarsi dinnanzi a suoi occhi. Un rivolo di sudore scivola dalla fronte. La tensione cresce, finché come un boato esplode la voce di Amanda nella sua mente.
Come per incanto la vede e resta a bocca aperta.
“E’ Elisa!” si lascia sfuggire.
Amanda 6
Pietro era ancora immerso nei suoi ricordi di molti, troppi anni prima. Il fuoco languiva stancamente non più alimentato con continuità come i pensieri che stancamente vagavano per la mente.
Percepiva un senso di stordimento, di angoscia che gli chiudeva la gola.
“Dove sarà Amanda? E Elisa perché è sparita senza lasciare tracce? E Marco? Non ho mai capito la sua figura. Eppure era una pedina grossa nell’ingranaggio che mi ha trascinato in questa avventura”.
Un profondo sospiro uscì dai polmoni di Pietro come un piccolo tornado, mentre lui ravvivava il fuoco morente.
Elisa era stata una breve meteora, una parentesi bellissima, che ha riempito la vita di Pietro. Però era stata Amanda il regalo più bello.
Sentiva che qualcosa si era modificato senza comprendere quale aspetto e in quale maniera si sarebbe manifestato.
L’uomo si immerse un'altra volta nei suoi pensieri e un nuovo flashback illuminò la sua mente.
Questa nuova sequenza di ricordi lo riportarono a quando Amanda aveva quattro anni.
Pietro si domandò, mentre osservava le lingue di fuoco che avevano iniziato a guizzare, sui motivi di questo suo divagare nel passato.
“Non è da me tornare al passato. Ho sempre guardato avanti nel futuro. Ma ora mi ritrovo con lo sguardo che spazia a … A quanti anni prima?”
Aveva perso il conto da quando Amanda era uscita dalla sua vita come se avesse voluto fermare il tempo. Sapeva solo che lei aveva venticinque anni quando se ne era andata di casa. Per un curioso scherzo del destino aveva esattamente gli stessi anni di Elisa, quando lei aveva fatto irruzione dentro l’esistenza di Pietro, cambiandone il senso e le prospettive.
Non ne aveva mai percepito i motivi di quegli avvenimenti, ma sapeva solo che era finalizzato a diventare il proprietario del bosco degli elfi.
“Mi domando perché hanno scelto me tra milioni di persone come colui che doveva sovraintendere alla conduzione del bosco. Quale era il reale obiettivo? Era forse Amanda? Oppure un altro che non conosco? Eppure sia Marco sia Elisa, pur essendosi volatilizzati, sono sempre presenti nella mia vita. Prima con Amanda, poi seguendola con discrezione. E ora… Cosa mi riserverà il futuro? Ho strane sensazioni. Come se … Negli anni passati non avvertivo queste presenze. Venivo qui, passavo le mie ferie passeggiando tra questi alberi amici. Però oggi sento delle forze misteriose che aleggiano intorno a me. Forze amiche o nemiche? Questo non riesco a captarlo ancora”.
Pietro si alzò dalla vecchia sedia di legno dura come un ramo nodoso e si affacciò alla finestra, osservando l’abete posto in fondo alla radura. Ricordò un particolare curioso del testamento di Klaus che lo nominava proprietario del bosco.
“L’abete non va abbattuto per nessuna ragione. Se muore, deve rimanere lì finché il tempo non lo ridurrà in polvere. L’area prospiciente va tenuta curata, con particolare attenzione al cespuglio di more. Nessuno deve profanare quel lembo di bosco”.
E lui aveva rispettato con cura le disposizioni testamentarie. L’abete era ancora lì, imponente e rigoglioso. L’area era stata conservata come nel 2009: sgombra da erbacce e ricca di flora spontanea: genzianelle e altri fiori alpestri. I fiori nascevano liberi senza che nessuno ne cogliesse uno. Il cespuglio di more selvatiche cresceva e fruttificava anno dopo anno secondo un ciclo vecchio di secoli. Nessun frutto veniva colto: erano il pasto di uccelli e animali.
Adesso Pietro osservando con attenzione quell’abete notava qualcosa di stonato senza comprenderne i motivi. Nonostante tutto sembrava esattamente come trent’anni prima, c’erano particolari che non quadravano. Il quadro d’insieme sembrava monco, quasi come se mancasse qualche aspetto che era ormai diventato familiare al suo occhio.
Si concentrò ma non riuscì a mettere a fuoco il dettaglio fuori posto. Scosse il capo e tornò alla sedia accanto al camino. Questa sensazione lo accompagnava da qualche giorno distraendolo dalle normali occupazioni.
“E’ forse questa sfasatura impercettibile alla mia vista che mi costringe a rivolgermi al passato? Perché affiorano questi ricordi dismessi tanti anni fa?”
Arrivato a sessantotto anni li sentiva tutti nonostante il fisico asciutto e ancora tonico. Percepiva quel senso di solitudine che lo immalinconiva in misura superiore agli anni precedenti.
Amanda gli mancava terribilmente, aveva lasciato un vuoto dentro di lui che non era mai riuscito a colmare.
Alimentò il fuoco con nuova legna ma poi tornò alla finestra a osservare l’abete alla ricerca del particolare che non era capace di individuare. Non sapeva il motivo per il quale esaminando quell’albero gli veniva naturale associarlo a Amanda.
“Ma quale Amanda? La nostra figlia, mia e di Elisa oppure quella donna misteriosa morta per mano di Klaus, il vecchio proprietario? E poi perché la mia mente torna a quando Amanda aveva quattro anni? Un’età insignificante per lo più. Un episodio del tutto trascurabile. Eppure non trovo pace finché non ho ricordato quel 30 marzo del 2014. Sembra che rileggendo quel giorno riesca a placare l’ansia che mi pervade”.
E cominciò a riportare a gallo quei frammenti di vita.
Amanda 5
E’ il 14 febbraio 2011, la festa degli innamorati. Però è anche la prima candelina di Amanda. Sembra una bambina sveglia e vivace, perennemente in movimento.
Pietro si è chiesto più volte se è troppo precoce, visto che a nove mesi voleva già cominciare a camminare. Lui in questo campo non ha nessuna esperienza, né certamente può permettersi di chiedere informazioni al riguardo. Si ricorda che sua madre diceva sempre che non voleva camminare e ha cominciato a parlare quando aveva più di un anno.
“Beh! camminare è una parola grossa. Diciamo a caracollare incerta sulle sue gambe! Che fatica convincerla a rimanere sul passeggino, che voleva governarlo lei! E poi quei goffi tentativi di dire qualche parola! Forse è meglio dire pronunciare dei suoni articolati che assomigliano a parole”.
Quando alla mattina parte per Longarone, sente un peso dentro di lui, perché la sta abbandonando. Anche Amanda appare triste quando passa a salutarla con un bacio. A volte non riesce a concentrarsi sul lavoro, perché la pensa, ma tutto diventa semplice quando ritorna a casa.
Incontra la tata, che l’ha curata durante la sua assenza e le chiede invariabilmente come è andata nella giornata.
“Buona sera, Maria. Amanda è stata brava, oggi? Nessun problema?”
Le risposte sono sempre in fotocopia.
“Buonasera, Pietro. Amanda è stata bravissima. Ha mangiato tutto quello che le ho preparato senza fare storie. Fossero tutti così i bambini! Sarebbe fantastico. Il mio Nicola mi ha fatto dannare! Non voleva mai mangiare niente, regolarmente! Era sempre svagato e irrequieto. Insomma un disastro per me! Amanda mangia e dorme con la regolarità di un orologio svizzero e mi lascia molto spazio durante il giorno. E’ un vero piacere curarla. Quando è sveglia è bellissimo ascoltare i suoi «U, o, a» che sembrano dei gorgheggi”.
Pietro non ricorda che mai la Maria si è lamentata di Amanda. Si ritiene fortunato averla trovata, perché è consapevole che la cura come se fosse sua figlia. E poi ha un’altra virtù: non fa domande indiscrete che possano metterlo in imbarazzo.
Nella giornata odierna ha preparato una torta leggera con su una grossa candelina rosa per festeggiare il primo compleanno. In realtà l’ha ordinata alla Caffetteria Belluno, perché non si è mai cimentato in cucina, né mai l’ha sfiorato il pensiero di farlo.
Saranno solo loro due senza altri invitati, perché Maria ha declinato l’invito.
“La capisco. Trascorre l’intera giornata con Amanda e ha una famiglia da seguire. Due figli, un maschio e una femmina, e un marito emigrato in Germania. Se non la pagassi più del minimo, credo che non avrebbe accettato. I miei soldi sono per lei una vera manna. Le permettono di vivere con dignità e mantenere agli studi i figli. Quanti anni abbia, non lo so con precisione ma penso sui quaranta. Nicola frequenta le superiori e Anna le medie. Quindi.. Lei parla poco di se stessa come faccio d’altra parte anch’io. Certi discorsi personali è meglio nemmeno sfiorarli. D’altronde ci incrociamo velocemente. Alla mattina sono io che ho fretta, alla sera è lei. Qualche frase di circostanza, qualche raccomandazione e nulla più. Meglio così”.
Mette Amanda sul seggiolone accanto al tavolo dove campeggia la torta. E’ allegra e vivace, sente che è la sua festa. Batte le mani festosamente e come al solito cerca di dire qualcosa.
“Ho capito. Vuoi spegnere la candelina. Non puoi aspettare che finisca di cantarti «Happy birthday to you»?”
Un pensiero di tristezza gli attraversa la mente. I suoi genitori sono all’oscuro che sono diventati nonni e la sorella zia. Però cosa poteva dire loro. Poco e niente. La madre, Elisa, è scomparsa e difficilmente potrà conoscere i componenti della famiglia.
“E poi non ci siamo sposati e ha vissuti poche settimane con me. Troppo complicato da spiegare loro cosa è successo. Non capirebbero mai”.
Accende con una piccola trepidazione la candela e scatta qualche fotografia.
Quando rivedrà tra qualche anno queste foto, sarà assalito da un fiorro di ricordi piacevoli appena offuscati dall’assenza di Elisa.
“Ma sarà vero? Eppure percepisco che nell’aria c’è qualcosa. Cosa non lo so. Solo sensazioni e nulla più!”
Adesso si concentra su Amanda e distoglie i pensieri da quelli tristi.
“Buon compleanno, Amanda!” urla allegro spegnendo la candela, mentre lei applaude felice.
Amanda 4
“Sono preso da Amanda totalmente e ormai capisco ogni sfumatura di pianto o dell’espressione. Quando è stizzoso, lo so: vuole le coccole. Ma non sempre sono in vena di farle. Quando è rabbioso, devo subito controllarla bene: sicuramente ha dolore da qualche parte. Se sorride dolce con quella bocca senza denti, capisco che è contenta di vedermi. Se stringe le labbra e corruga la fronte, mi sta rimproverando per qualche mancanza. Quale sarà? Non è detto di sapere. Però è un vero incanto. Non mi stanco di osservarla, di analizzare ogni gesto, ogni sorriso”.
Pietro trascorre l’estate tra la casa di Belluno e la baita sulle pendici dell’Antelao. Ha trovato una donna che si occupa di Amanda quando lui è al lavoro. E non ha chiesto nulla perché lui single ha una neonata per casa. Però è certo che qualche domanda se l’è posta sulla madre che non compare.
Lui rimanda di giorno in giorno la denuncia della figlia all’anagrafe e tutte quelle incombenze burocratiche relative.
“Se mi chiedono dove è nata, a che ora e quando, non posso rispondere «Non lo so». Susciterebbe un vespaio di domande. Però non posso nemmeno inventarmi tutto! Se solo Elisa avesse appuntato qualcosa in merito, ora non sarei in difficoltà. Eppure quel biglietto che conservo con cura, era molto laconico. Se mi chiedono il nome della madre, ne conosco solo il nome: Elisa. Mi pare troppo poco. Ma il passo lo devo fare! Devo trovare la forza per farlo”.
Guarda il calendario che indica 15 settembre. E sospira. Ha imparato da subito a pesarla e misurarla con regolarità segnando i vari progressi. In questi due mesi Amanda è cresciuta in altezza e in peso secondo quelle progressioni segnalate nei siti specializzati per neonati. Gli sembra però che abbia più dei sei mesi che secondo un calcolo a spanne dovrebbe avere.
“Ieri l’ho pesata e misurata. E’ lunga 65cm e pesa sei chili. Secondo alcune tabelle dovrebbe avere almeno sette mesi di vita. Però non conosco i dati partenza. Quindi non so se sottopeso oppure no. Beh! fingiamo che pesasse 3,4 chilogrammi e fosse lunga i canonici 49cm. Dunque dovrebbe avere già sette mesi. Quindi dovrebbe essere nata all’incirca a metà febbraio. Un acquario in sostanza. Ma se fosse nata il mese dopo sarebbe un pesci. Ma ha importanza questo?” si domanda sbigottito per questa incertezza, persa in un mare pieno di dati non certi.
Mentre è immerso in questi pensieri, sente la voce di Amanda che suona allegra come se stesse comunicando con qualcuno. Scuote il capo perché sta solo fantasticando. Torna a leggere il giornale, ma la mente è distratta da un pensiero «Con chi stava parlando?». Di nuovo cerca di scrollare dalla mente quelle sensazioni, ma sono più forti e si alza per andare nella stanza dove sta nella culla.
Amanda lo guarda sorridente come se volesse comunicare qualcosa. Pietro osserva intorno per analizzare se qualcosa gli è sfuggito. L’occhio cade su alcuni fogli posati con cura sul bordo del lettino. Con apprensione si avvicina e vede che sono documenti dell’anagrafe di Belluno.
«Estratto di nascita di Amanda Boschetti» recita l’intestazione del foglio superiore. Lo sguardo corre alla data «redatto il 16 febbraio 2010».
Lo legge febbrilmente alla ricerca di altre date e località. «Data di nascita: 14 febbraio 2010. Ora di nascita 14:55 Luogo di nascita Bosco degli elfi». E’ segnata solo la paternità.
“Non è possibile! Non è possibile!” bofonchia osservando quei fogli.
Però lo stupore non cessa, perché esiste anche uno stato di famiglia datato qualche giorno dopo.
Il capofamiglia è Pietro Boschetti e Amanda Boschetti è la figlia. L’indirizzo corrisponde al suo, quello di Belluno.
“Ci manca solo il certificato di battesimo e poi abbiamo fatto bingo!” esclama con un tono tra il basito e l’incredulo.
E l’ultimo foglio è proprio quello.
Uno stranito Pietro consulta febbrilmente anche questo. Non riesce a comprendere come possa essere successo. Sembra il frutto di una magia che ha dell’inverosimile.
“Il padrino di Amanda è Marco! Non posso crederci! E il battesimo sarebbe avvenuto il 14 luglio? No, non è possibile! Il giorno che l’ho trovata alla baita! Si stanno beffando di me! E poi chi avrebbe messo questi fogli vicino alla culla? Anche se rischio una figuraccia telefono al parroco della chiesa di San Vito per chiedere informazioni”.
“Sì”, gli risponde una voce non più giovanile “Ricordo bene il battesimo di quel giorno. Lo strano era che c’era la madre …”
“Mi perdoni, padre, se la interrompo. Ma era una donna dai capelli rossi e dagli occhi blu?” domanda Pietro con la voce incrinata dall’emozione.
Dall’altro capo del telefono avverte un momento di riflessione come se si sforzasse nel riportare a galla i ricordi.
“Mi coglie di sorpresa” risponde il parroco.
“Ripensandoci non ricordo questo particolare, ma gli occhi, sì! Portava sul capo una cuffietta e non ho notato i capelli. Però aveva due occhi blu da Madonna. Quelli mi sono rimasti impressi. Le stavo dicendo …”.
Nuovamente Pietro lo interrompe per porle altre domande sulla madre senza ottenere grandi risposte. Poi la conversazione langue e devia su particolari insignificante, almeno questa è la sua impressione.
Al termine della conversazione nella mente c’è molta confusione per la ricomparsa di Elisa, della quale ha perso le tracce da un anno, di Marco che sembrava svanito nel nulla, sui misteri dei certificati che sono camparsi come per magia.
Si siede vicino a Amanda e le chiede: “E’ venuta Elisa prima?” come se lei potesse rispondere o un «si» o un «no».
“Ho capito” le disse osservando un bel sorriso.
Amanda 3
Non ha nessun’idea dove trovare una farmacia in paese. Vede un gruppo di donne che avanzano lentamente con le borse della spesa. Si accosta e chiede loro l’indicazione.
“Una farmacia? Quella del Dr. Incerti?” risponde una ponendogli un quesito anziché una risposta.
“Perché quante farmacie ci sono in paese?” domanda stupito Pietro.
“Due!”
“Allora la più vicina. Ho una certa urgenza”.
“Era sufficiente dirlo subito” replica come infastidita la donna.
“Se lascia questo macchinone qua, con venti passi la raggiunge. Vede quel negozio di frutta e verdura..”.
Pietro allunga il collo ma non vede nulla.
“Quale, signora?” domanda tentando inutilmente di tenere il tono della voce il più dolce e calmo possibile.
“Deve scendere se vuole vederlo. Comunque girato l’angolo dopo il fruttivendolo Bepi vede l’insegna della farmacia” prosegue imperterrita la donna.
“Mi perdoni la domanda. Non è possibile arrivarci con la macchina?” chiede stupito Pietro.
Però la donna riprende a camminare con le altre senza degnarlo di una risposta, lasciandolo di sasso.
Rimasto incerto sul da farsi, si pone la domanda se deve ascoltarla oppure proseguire in macchina.
“Mica posso scendere dal fuoristrada portandomi a presso una cesta di vimini con dentro un neonato… Scusami, Amanda, ma non sono ancora abituato all’idea che tu sia una femmina”.
Riavvia il fuoristrada verso Bepi, quando si accende una lampadine nella testa. In farmacia troverà qualche pappetta, qualche attrezzo o forse altre minutaglie, ma gli servono altri oggetti.
“La lascio nella cesta? Non è quel che si dice comoda per portarla in giro e poi stanotte dorme lì? Mi pare di ricordare che ci sono negozi specializzati per neonati. Come si chiama? Pre..? Premaman.. Ma si chiama così oppure no? E se mi allungo fino a Cortina forse ho molta più scelta. E vabbé! Passiamo prima dal Dr. Knapp? Aveva detto questo nome? Chi se ne frega, basta che sia una farmacia!”
Intravvede il fruttivendolo e gira l’angolo vedendo una bella insegna lampeggiante con una croce tutta verde che sfavilla invitante.
“Amanda,” esclama Pietro tutto contento “oggi siamo nati con la camicia. Tu perché hai trovato me e io perché c’è un bel parcheggio libero davanti la farmacia”.
Preso il cesto sotto il braccio Pietro fa l’ingresso trionfale in farmacia sotto l’occhi increduli e ironici di clienti e personale in camice bianco.
Si sistema pazientemente in fondo alla coda in attesa del turno.
“Amanda, pazienta un pochino… Abbiamo qualcuno che ci precede” bisbiglia sorridente guardando il cesto.
Una donna, incuriosita da quei bisbigli, sbircia nel cesto ed esclama: “Ma che bela fia! E’ ‘na pupa! Onde è soa mare?”
Tutta la fila si volta verso Pietro che impassibile tiene ben stretto il cesto. Dentro di lui manda la diavolo quella donna impicciona, che continua a guardare e toccare Amanda.
“’Sta a vedere che adesso si mette a strillare! Così la frittata è completa”.
La fila si muove lenta mentre lui comincia a spazientirsi, perché la donna prosegue a parlare e fare domande alle quali risponde con dei monosillabi.
“Che te ne frega!” urla dentro di lui tutta la sua rabbia “Ma bada ai tuoi interessi!”
Finalmente è il suo turno e un po’ impacciato comincia a porre delle domande.
“Porca miseria! Anche un farmacista uomo mi deve capitare!”
Farfuglia qualcosa, chiede informazioni.
“Ma quanti mesi ha, la neonata?” chiede paziente il farmacista.
Pietro entra nel panico. “Cosa gli rispondo? Che non lo so? Provo a sparare una cifra. Perché fa differenza? Deve mangiare e cambiarsi e basta”.
Finge di fare un po’ di conti e poi dice sicuro senza tentennamenti: “Settanta giorni esatti, esatti oggi!”
Il farmacista lo osserva, poi guarda Amanda e torna a posare lo sguardo su Pietro per nulla convinto.
“Ha fatto i conti giusti? Mi sembra troppo sviluppata per avere poco più di due mesi… Pensando a mia figlia, direi che ne ha almeno il doppio”.
Lui cerca di mantenere la calma senza tradire l’intima ansia che sta salendo inesorabile dentro di lui. Non ha voglia di intavolare una discussione sull’argomento. Vorrebbe andarsene immediatamente ma qualcosa deve dire.
“Beh! forse ho sbagliato il conto… Credo che abbia ragione … Sì, sì che sbadato! Il tempo vola molto più rapidamente di quello che penso. Sì, avrà all’incirca quattro mesi e mezzo”.
Il farmacista non è molto convinto. Lo guarda storto con sospetto e gli pone la domanda che non voleva sentire pronunciare.
“Ma lei è il padre? E la madre non c’è?”
“Si, sono il padre. Lei è Amanda. La madre? Certo che esiste! Ci mancherebbe altro! E’ a letto con la febbre”.
Il farmacista si allontana, confabula con una donna con simbolo dell’ordine appuntato sul bavero del camice bianco. Lo guardano e lo esaminano attentamente, poi scuotono il capo, mentre torna al banco con un discreto numero di scatole tra le braccia.
“Ecco quello che ha chiesto. Sono 120€. E’ … sicuro di sapere preparare la poppata per sua figlia?”
Pietro lo guarda infastidito e sibilla un secco «Sì», mentre si avvia verso l’uscita tra gli sguardi curiosi di diverse donne.
Sul marciapiede vede un vigile che mette un foglietto della contravvenzione sotto il tergicristallo.
“Amanda” sussurra dolce “mi sono sbagliato! La giornata non è fortunata per me!”
Si interroga se rincorrere il vigile e conciliare la multa oppure pensarci domani.
“Al diavolo anche i vigili! Ecco perché la donna mi aveva consigliato di andarci a piedi! Ci penserò domani. Ora corriamo a Cortina alla ricerca del negozio Prebebé!”
E caricato cesto e borsa della farmacia sul fuoristrada si avvia verso Cortina.
Amanda 2
Pietro osserva questo piccolo essere che gli ricorda le sembianze di una bambola ma che in realtà respira, si muove e lo guarda curiosa.
Un piccolo ciuffo impertinente di capelli appena accennati al rosso, due guance rosate come certe pesche che stanno maturando al sole di luglio sono le forme più evidenti che nota fissandola.
Passato il primo momento di stupore si chiede cosa deve fare. Amanda ha smesso di piangere, un pianto più di solitudine che di fame, e lo scruta con due occhi grandi e mobili di un grigio azzurro brillante, percependo la presenza di Pietro come amica.
“Mio Dio!” esclama risvegliandosi dallo stupore di questa realtà inaspettata. “Ora che faccio?”
Sembra in preda del panico, dell’ansia, perché non conosce nulla delle esigenze di un neonato. E’ un aspetto che mai fino a quel momento si era posto, perché sono tematiche distanti anni luce dai suoi pensieri, ammesso che si fosse posto il problema in precedenza.
Amanda continua a guardarlo fiduciosa come se dicesse «Non aver paura. Aspetto con pazienza che tu faccia qualcosa.»
Però è Pietro che continua a osservarla smarrito, incapace di formulare un qualsiasi piano che la contempli.
“Cosa mangia una neonata?” si chiede come se il sesso influisse qualcosa sull’alimentazione.
“Latte o omogeneizzati?” e si sforza di ricordare qualche spot pubblicitario. Però è anche consapevole che guarda di rado la televisione e quindi anche raramente vede degli spot pubblicitari.
“Eppure la TV è piena di pubblicità indirizzata verso i bambini. Però .. io non sono mica una donna, che ha il seno per allattarli! Quelli che appaiono corrono e sgambettano che è un piacere. Sono grandi, ma questa è piccola e se ne sta lì buona, buona e aspetta che io faccia la mia parte. Ma quale parte devo svolgere?”
Si avvicina sorridente per infonderle fiducia nelle sue qualità di genitore, sapendo benissimo di mentire. Però, pensa, lei mica se ne accorge.
“Amanda” sussurra più per fare coraggio a se stesso che a lei “Non ti preoccupare troveremo una soluzione. Quale? Ci penserò dopo. Adesso lasciami riflettere”.
Mentre rimane a fissarla, cerca di ricapitolare brevemente la situazione. Ormai è abituato a fare mente locale per trovare la scelta più appropriata ai quesiti più complessi. Però questo li supera tutti e in particolare si trova a corto di idee.
“Con me non ho nulla che .. Ma poi so di cosa abbia necessità? Non ho mai avuta una figlia né ho mai partecipato a discussioni che avevano come oggetto un neonato …Scusa, Amanda! una neonata. Faccio un salto in paese e .. La lascio qui oppure metto la cesta sul fuoristrada e ci andiamo tutti e due? Bella domanda!”
E’ concentrato su questi pensieri, quando Amanda scoppia in un pianto irrefrenabile. Non è quello di prima, ma diverso più acuto, più coinvolgente come quello di uno che chiede aiuto.
“Che c’è pupa? Hai fame? O… diamine forse devi …Mio Dio! E adesso?” e si guarda intorno disperato alla ricerca di qualcosa che neppure lui è in grado di quantificare.
Nuovamente il panico si impadronisce di Pietro che comincia a muoversi agitato per la stanza.
“Ma, porca miseria!” esclama stizzito “Cosa mi serve per accudire a una neonata?”
Raccoglie la cesta e velocemente si dirige verso il fuoristrada.
“E’ inutile piangersi addosso. Vado in paese e troverò una farmacia aperta. Di solito ci sono delle farmaciste femmine. Mi diranno bene cosa serve per una neonata! Certo che mi guarderanno male ipotizzando che sono un kidnapper! Sì, un bruto che rapisce i neonati!”
Una nuova preoccupazione sfiora la mente di Pietro.
“E se mi chiedono della madre cosa dico? Che era una elfa ed è svanita nel nulla? Se lo dico, beh! .. Forse è meglio dire che è fuggita e non so dove si trovi!”
Con infinita pazienza e delicatezza imbocca lo sterrato che porta a San Vito.
Amanda 1
Era salito alla baita a maggio, quando l’estate pareva iniziare, come faceva regolarmente da quando era andato in pensione. Lì sarebbe rimasto finché le prime nevi non rendevano difficoltoso lo scendere in paese. Non aveva più la capacità di adattamento di molti anni prima e qualsiasi attività fisica diventava sempre più faticosa.
Il bosco degli elfi lo accoglieva felice. Percepiva il loro benvenuto non appena imboccava lo sterrato che conduceva alla baita. Lui mutamente ricambiava il saluto, abbracciando idealmente tutti gli abeti e i larici.
Si sentiva a casa come nel lontano 2009, quando era salito per la prima volta con Marco e Elisa.
Pietro fissava il fuoco che scoppiettava nel camino e tornava indietro con la memoria a quel giorno quando aveva trovato Amanda. Un fiume di ricordi si addensavano nella testa in maniera caotica scomparendo o riaffiorando come un corso d'acqua carsico.
Erano passati molti anni da quel momento, mentre lei cresceva forte e robusta col carattere di Elisa. Pietro era stato un padre pieno di premure senza mai eccedere. Nessuna donna le aveva fatto da madre e questo aveva avuto il suo peso. Però non ne avevano mai parlato mentre lei non aveva mai domandato chi era e perché non c’era mai stata con loro. Nonostante questo erano molto legati, non c’erano segreti ad eccezione degli affari di cuore di Amanda.
Lei un giorno l’aveva salutato: “Vado via. Non so se tornerò” e sparì dalla sua vita.
Era rimasto basito, senza parole, ma si aspettava che prima o poi avrebbe ascoltato quella frase, anche se in cuor suo sperava di non udirla mai. Ormai era una donna matura e affascinante. Aveva già venticinque anni e sicuramente qualcuno o qualcuna l’avrebbe attratta, sottraendola al suo affetto. Sapeva che non aveva armi per tenerla vicina. Era consapevole che avrebbe preso il volo per affrontare da sola quel mare ignoto, dal quale lui aveva cercato di tenerla lontana.
Non rispose nient’altro che «Questa è la tua casa. Quando vuoi la porta è sempre aperta. Buona fortuna». E si volse per non vederla andare via. Così rimase solo nella casa di Belluno, invecchiando solitario.
Non seppe più nulla. Si era volatilizzata come Elisa. Però era certo che loro si erano sempre parlate in silenzio e si erano tenute in contatto. Era sicuro che anche adesso che Amanda era lontana loro continuavano a scambiarsi silenziosamente sensazioni e confidenze. Lui ne era sempre stato escluso. Il motivo non l’aveva mai capito.
“Però è inutile pensarci. Forse un giorno lo scoprirò”.
Erano questi i pensieri che attraversavano la mente di Pietro, che osservava l’ultimo ciocco che sfrigolava mentre si spezzava in brace ardenti.
Con un bastone rimescolava il fuoco. Fuori il tempo era mutevole come può esserlo in settembre. Sole e nuvole, pioggia e calore si mescolavano e si alternavano senza soste. Era una specie di caleidoscopio della natura.
Cercava di comprendere perché tornavano a galla questi pensieri, ormai vecchi e lontani nel tempo. Forse lo sapeva ma non lo voleva ammettere: aveva sempre sperato che un giorno avrebbe rivisto entrare dalla porta la figura di Elisa e sentirne la voce.
Amanda aveva i capelli rossi, di un rosso meno acceso della madre, il viso pieno di efelidi che spiccavano sulla carnagione bianca. Gli occhi erano diversi, perché variavano come il cielo di settembre: sfumature dal grigio azzurro a grigio verde. Però erano sempre belli a vedersi.
Ripensando al viso della figlia una lacrima scivolò silenziosa sulla guancia. Gli mancava e aveva lasciato un vuoto dentro di lui. Ormai era vecchio e al pensiero di andarsene senza il conforto di nessuno gli metteva tristezza e malinconia.
Si domandò dove aveva sbagliato con la figlia. Eppure non gli pareva di avere commesso degli errori.
Ancora una volta riaffiorò il ricordo di quel lontano 14 luglio e di tutto quello che aveva fatto quel giorno.