Altro pezzo scritto ai primordi di blogger sempre sul defunto Windows Space.
Era una bella giornata di Luglio, calda e afosa, quando Elena si avviò verso l’Università. Insieme a lei c’erano amiche e i genitori.
Era un giorno importante: quello della laurea. Era il 16 Luglio 2004 e si sarebbe laureata in lingue con una tesi tutta in inglese, che era stata preparata con molta cura. Per migliorare la pronuncia, visto che si sarebbe svolta in inglese, era stata tre settimane a Londra. Che magnifica vacanza! Quanti ricordi piacevoli! Era la prima volta che andava all’estero da sola. Era stata con gli amici in Grecia e in Croazia, ma mai le era stato permesso di fare un viaggio fuori dell’Italia senza qualcuno che l’accompagnasse.
I genitori non erano stati molto propensi a lasciarla partire, perché pensavano che sarebbe incappata in mille pericoli: era una ragazza di 23 anni e chissà quali brutti incontri avrebbe fatto in quel posto lontano da casa. Elena invece era eccitata e non vedeva l’ora d’imbarcarsi per Londra. Anche il viaggio in aereo era una novità, insomma quante nuove esperienze erano concentrate in queste tre settimane!
Era arrivata finalmente la prima volta anche per lei… Inghilterra e Londra, una città vista finora nelle cartoline e basta. Era difficile spiegare, cosa provava una laureanda in lingue alla vigilia della partenza… Questa città rappresentava per lei un mito.
Il volo andò benissimo senza troppi problemi o apprensioni particolari. Era stato il suo battesimo dell’aria. L’aereo atterrò a Heathrow: un immenso aeroporto distante un quarto d’ora da Londra: per arrivare a Paddington aveva viaggiato su Heathrow Express. Durante il trasferimento in città ebbe modo di vedere ai lati della ferrovia la verde campagna inglese, molto bella nel periodo del viaggio: era maggio.
Per raggiungere l’hotel prenotato in centro a Londra una volta giunta a Paddington aveva preso due metrò, i famosi “tube” londinesi. Scese a Bond Street e dopo una breve passeggiata arrivò in Manchester Street, dove era ubicato l’omonimo hotel.
Si fermò un istante ad ammirarlo dall’esterno. Sembrava molto migliore di quello visto sui depliant dell’agenzia viaggi. Era un grazioso edificio del 1919 in mattoni rossi, piccolo e raccolto, vicinissimo a molti famosi locali di attrazione e di shopping, a due passi da Regent’s Park e dalle sponde del Tamigi. Una breve rinfrescata e via per le vie di Londra per scoprirla.
Dopo il secondo giorno aveva capito che le tre settimane sarebbero state insufficienti per godersela in pieno, anche perché durante la giornata doveva frequentare la scuola per perfezionare la sua conoscenza della lingua inglese.
Rimase sorpresa quando si presentò per conoscere chi le avrebbe fatto compagnia per il tempo del corso. C’erano circa 800 studenti, provenienti da oltre 60 paesi, tutti impegnati a perfezionare la loro pronuncia e conoscenza della lingua. ”Non mi basteranno sicuramente tre settimane per conoscerli tutti!” Fu il primo pensiero vedendo quella moltitudine vociante. Una babele di lingue che non comprendeva.
Tra le attività di contorno l’aspettava una gita in barca sul Tamigi. Però questo non era tutto: doveva andare in giro per la città a fare shopping, a visitare monumenti e musei, a trascorrere insieme a qualche compagno le serate al pub. Come avviene in tutte le aule scolastiche aveva fatto amicizia con un gruppetto di ragazze e ragazzi di colore e razze diverse, con cui trascorreva gran parte del suo tempo libero.
Purtroppo, come tutte le cose belle, anche questa esperienza finii. Mentre preparava il bagaglio per tornare a casa esclamò con un sospiro: «Come tutte le esperienze che per un attimo ti tirano via dal mondo in cui si vive, ti restano per sempre nel cuore. Al di là del posto in sé, che alla fine sta lì. Si può sempre tornare… Per quanto si possa pianificare il ritorno, non sarà mai la stessa esperienza di questi giorni. È il momento che conta, sono le persone che incontri che costituiscono almeno il 70% di ciò che vivrai. La stessa cosa è stata per i miei due mesi a Monaco di Baviera, le mie tre settimane a Malta…niente sarebbe stato senza le persone incontrate sul mio cammino. Le tre settimane sono volate in un baleno e il ritorno è con tanti rimpianti. Alla prossima volta, Londra!»
Il 16 luglio filò tutto liscio ed Elena festeggiò con i genitori e gli amici il traguardo raggiunto. Ora sarebbe cominciata la parte più difficile. ”Che lavoro intraprenderò?” si domandò inquieta e smarrita. I genitori premevano affinché lei trovasse un’occupazione nella scuola, ma Elena non ne era molto propensa, perché non rappresentava il suo obiettivo.
Presentò diligentemente la sua domanda alle scuole medie e superiori disseminate nel Gargano per insegnare lingue: inglese o tedesco. Lei risiedeva a San Severo di Foggia e immaginò che finisse in un qualche buco lontano da casa con quattro sputi di abitazione. Nutriva poche speranze che le domande venissero accettate e in cuor suo avrebbe voluto che la chiamata non arrivasse. Invece, ironia della sorte, le diedero un incarico per un anno in una scuola media di un paesino non molto distante da San Severo. Accettò malvolentieri per accontentare i genitori.
L’anno scolastico fu travagliato: non riusciva a tenere a bada quei ragazzini, che la mettevano in difficoltà nonostante avessero solo dodici anni. Finii l’anno scolastico stremata e stressata e per i mesi estivi non pensò più alla scuola, sperando che il nuovo cominciasse senza di lei, così da potersi dedicare alla ricerca di un lavoro diverso. Le sue preghiere non furono esaudite e si ritrovò con un nuovo incarico in un altro paesino della provincia di Foggia.
Se il primo anno fu angosciante, il secondo fu un’esperienza terrificante: quei ragazzini erano davvero delle pesti e i genitori che li spalleggiavano non da meno. Aveva gli incubi di notte e, quando prendeva la macchina per arrivare a scuola, aveva degli attacchi di panico. Era sull’orlo di una crisi di nervi, quindi decise di cercare un posto come receptionist in uno dei tanti hotel della costa pugliese e di chiudere questa esperienza nella scuola.
A fatica concluse l’anno scolastico e poi via alla ricerca. Fece numerosi colloqui, conobbe molti albergatori e alla fine la sua ricerca fu premiata. Trovò un hotel, che lavorava prevalentemente con clientela straniera praticamente tutto l’anno, Fu assunta in prova. Il grimaldello era stato la sua ottima conoscenza del tedesco e dell’inglese.
Così terminò la sua carriera d’insegnante e iniziò quella di receptionist.
L’hotel era molto grande e dotato di molte risorse: dalla piscina alla palestra, dalla sauna al kindgarten, dagli animatori agli insegnanti di ballo. Si trovava sulla costa nella zona di Peschicci ed era un grande edificio con annessi bungalow e piccole costruzioni destinate al divertimento il tutto immerso nel verde.
Gli erano stati offerti due locali con bagno nel seminterrato dell’edificio principale, dove all’occorrenza poteva trattenersi per la notte o riposarsi tra una pausa e l’altra.
All’inizio non pensava che dopo il periodo di prova la confermassero, perché aveva pasticciato in più di una occasione, ma con suo grande stupore e gioia le dissero che sarebbe rimasta.
Il personale era numeroso anche nei momenti di maggiore calma, perché era come un minuscolo villaggio delle vacanze. Con alcuni legò maggiormente, con altri i rapporti erano freddi e distaccati.
Col primo stipendio si fece un regalo: un bel portatile su cui scrivere tutto quello che le passava per la mente tanto che divenne un compagno fidato e inseparabile.