Nuova puntata su Caffè Letterario

Su Caffè Letterario è stato pubblicato la puntata ventitré di Krimhilde e le fanciulle scomparse. Per i pigri la riporto anche qui.

Un caso per tre

Markus osserva con interesse professionale la stanza. Legni pregiati di cui ne ha sentito solo parlare ma mai visti e di cui ignora il nome esatto, disegni di alta classe usciti dalle menti più creative della Terra di Mezzo. Sfiora con le mani un comò nell’angolo sinistro della stanza da letto dalle linee semplici. Una forma pulita senza fronzoli pretenziosi e con le maniglie di avorio giallo che rappresentano una mano chiusa a pugno. Apre il cassetto in alto e strabuzza gli occhi. Una serie di camice di lino mediano azzurre, bianche, a righe larghe o strette sono riposte con cura. Controlla e rimane a bocca aperta. Sono la sua taglia. Sembrano fatte su misura per lui. Dall’armadio sceglie un vestito di lana pettinata che si intona perfettamente con la camicia a righe larghe bianca e azzurra.

Si sta ammirando davanti allo specchio interno dell’anta quando sente la voce di Baldegunde che lo riporta sulla terra. «Non sei ancora pronto? Tra cinque minuti ci aspettano da basso».

Markus si gira e apre la bocca per la sorpresa. Nessuna parola esce dalle sue labbra. Gli occhi sfavillano osservandola. “Se non sapessi chi è, non l’avrei riconosciuta”.

«Non fare il buffone!» lo rimbrotta sapendo che il suo abbigliamento avrebbe generato stupore. «Non hai mai visto una donna?»

Un abito di organza rosa con la blusa blu tutta sbuffi e aderente al corpo mette in evidenza le forme di Baldegunde. Markus l’ha vista sempre infagottata nei vestiti di ordinanza anonimi e scialbi, dai colori smorti come il grigio, il verde sbiadito o il viola. Lui li ha sempre definiti come sacchi di patate indossati da una donna fatta uomo. Il seno che può ammirare, quando nel letto la stringe a sé, rimane nascosto dalle camice di tela grezza ampie e informi che coprono anche i fianchi ben modellati. Non migliora l’aspetto nemmeno quando indossa le uniforme di gala ugualmente sgraziate che occultano l’essenza di donna. Adesso la può apprezzare in tutto il suo fascino femminile.

Fischia per l’ammirazione verso la compagna che ride soddisfatta. Poi lo prende sottobraccio e raggiungono la sala al piano terra.

Markus osserva la disposizione delle stanze che non ricorda che fossero così al loro ingresso. Gli sembra di essere immerso in caleidoscopio che modifica le immagini a ogni giro.

Baldegunde lo spinge dentro un enorme salone nel cui centro sta una lunga tavola. «Uno, due, tre…» conta i posti e strabuzza gli occhi. «Tanti commensali?»

Una tovaglia di broccato rosso con disegni in oro è stesa sotto piatti e posate di argento che brillano illuminate dalle candele poste sulle pareti. Bicchieri e calici di cristallo colorato sono disposti davanti alle stoviglie.

Baldegunde è affascinata da simile opulenza e tiene la bocca aperta per lo stupore. Adesso è Markus a ridere per lo sguardo incantato della compagna di fronte alla meraviglia della preparazione della tavola.

Si avvicina e legge i segnaposti ‘Brunhilde, Andrea, Sofia, Gwendolin,…’ Ai due estremi del tavolo scopre che la mano che sorregge il biglietto reca i loro nomi. «Tu sei là» e indica il posto da capotavola. «E io qua».

«Sedetevi. Tra pochi minuti arrivano le portate. Mancavate solo voi».

Una voce cristallina e giovanile fa sobbalzare Baldegunde che si guarda intorno poiché non vede nessuno degli altri commensali.

«Non ti preoccupare Baldegunde. Noi ti vediamo ma tu non puoi vedere noi».

Le sorprese non sembrano finire mai.

***

La notte è passata e dalla fessura nel soffitto della caverna filtra un pallido raggio di luce.

Nessuna delle cinque fanciulle è riuscita a dormire. Si sono lamentate, si sono chiamate l’un l’altra, hanno pianto in modo disperato.

Un nuovo giorno sta cominciando senza nessuna certezza che qualcuno venga o a liberarle o a portare qualcosa da mangiare.

Gislinde si lamenta perché secondo lei è da una vita che si trova prigioniera lì.

«Ma no!» La corregge Agnete. «È passata solo una settimana».

«Come fai a saperlo?» Rimbecca Reinhilde, perché secondo lei il tempo si è fermato.

Aglaja sorride in silenzio mentre col dito scorre sul legno a contare le tacche. “Io sono qui da nove giorni e sono stata l’ultima”. Tace per evitare che le compagne siano colte da angoscia e paura. “La tensione si è stemperata con questa vivace discussione sul tempo della prigionia e non la voglio incrinare”.

Il suo stomaco vuoto brontola perché reclama cibo. Deve pazientare e sperare che la loro carceriera passi. Se nei giorni precedenti faceva la preziosa col cibo, piluccando qua e là qualcosa, nella giornata odierna mangerebbe qualsiasi cosa di commestibile.

Adelinde, che passava le sue giornate in posizione fetale, parlando il minimo indispensabile, adesso sembra aver perso l’uso delle parole. Ascolta il chiacchiericcio delle compagne ma non memorizza nella mente nulla. È come se fosse sorda.

Parlando tra loro riescono in un qualche modo dimenticare che sono da due giorni senza cibo.

«Sta arrivando!» urla Reinhilde che è la più prossima all’ingresso.

«Chi?» Adelinde sembra aver riacquistato l’uso della parola.

«Lei!» Conferma Reinhilde che per la prima volta è felice per l’arrivo della carceriera. Ha sentito il passo pesante dello stallone delle nevi che annuncia il suo avvento.

Senza proferire una parola porta cibo e indumenti freschi. Si sbriga veloce come se avesse un appuntamento urgente. Vuole evitare di dover dare spiegazioni sulla mancata venuta del giorno precedente e per farsi perdonare ha portato razioni abbondanti. Poi frettolosa se ne va senza salutare.

Le fanciulle si gettano sulle porzioni con voracità, ignorando il comportamento sbrigativo della carceriera. Nessuna parla. Non ne hanno tempo perché devono placare la fame.

«Oggi la cuoca per farsi perdonare ha proposto piatti più gustosi». Gislinde si umetta le labbra per cogliere tutti i residui del cibo.

«Forse la fame ti ha fatto apprezzare lo stufato di montone nero duro come un sasso» replica divertita Agnete tutt’altro che soddisfatta del pranzo.

«Meglio le patate nere lessate e insipide che il nulla. Non facciamo troppo le schizzinose, perché ieri avremo mangiato qualsiasi cosa per la fame. E oggi pure ma troviamo tanti difetti alle porzioni ricevute».

Aglaja ride nel sentire le chiacchiere delle compagne. “Sarebbe andato bene qualsiasi cosa, purché fosse commestibile” e col dito pulisce la scodella, perché ha finito tutto il pane nero al timo di montagna. “E stasera?” Alza le spalle: pulirà la scodella con la lingua e il dito.

Reinhilde, rimasta in silenzio fino a quel momento, trova stucchevoli tutte quelle lamentele. “Il cibo non è stato mai all’altezza della mensa del Castello. Che a dire il vero era modesta. Però oggi era buonissimo!”

Anche Adelinde ha trovato che nella giornata odierna tutto era gustoso. “È inutile fare le difficili. Piuttosto che rimanere anche oggi a pancia vuota, va bene tutto”.

Finito il pranzo è il momento del cambio dei vestiti e dell’intimo che dopo quattro giorni emana un afrore non proprio gradevole. Soliti gridolini e imprecazioni per la ruvidezza dei tessuti salgono dalle varie celle. L’atmosfera è mutata rispetto al risveglio. Allegra e vivace. Per qualche ora dimenticano la loro condizione di prigioniere.

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Si aggiunge una nuova puntata

Su Caffè Letterario si aggiunge una nuova puntata di krimhile e le fanciulle scomparse e siamo a quota ventidue.

Per chi vuole la può leggere qui.

Oggi la loro carceriera non è passata come di consueto e le cinque fanciulle provano brividi di paura.

«Cosa sarà successo?» Si chiede Aglaja a voce alta, un po’ stridula per il timore di essere state abbandonate.

Le compagne di sventura rispondono con pensieri smozzicati inframmezzati da pianti.

«Non credo!» È la replica di Gislinde che passato il primo attimo di sgomento ha riacquistato la sicurezza nelle sue parole. «Siamo troppo importanti per essere abbandonate a una fine terribile».

Agnete domanda tra un singhiozzo e l’altro i motivi del loro rapimento.

«Lo ignoro» afferma in un momento di lucidità Adelinde.

Reinhilde rimasta in silenzio fino a quel momento si chiede a voce alta i motivi per cui loro rappresentano un patrimonio importante. «Aglaja, chi ti ha detto che siamo importanti e quindi non siamo state abbandonate?»

Aglaja abbozza un sorriso stentato, perché la compagna l’ha confusa. «Nessuno».

Gislinde stava per replicare ma la lascia parlare. “Tanto avrei data la medesima risposta”.

«E allora?» Incalza Reinhilde non paga della risposta.

Aglaja spiega che rapire cinque fanciulle illibate sotto gli occhi della regina Krimhilde rappresenta un grosso rischio per chiunque. Una vera sfida alla sua proverbiale collera, quando sono coinvolte delle figure femminili. «Facciamo parte di un piano misterioso ma di certo molto importante per i nostri rapitori. Siamo merce troppo preziosa per essere lasciata morire di inedia e stenti».

Le ore passano e non si vede nessuno. Qualcuna inizia a percepire i morsi della fame, perché nella giornata odierna hanno potuto mangiare solo i resti del giorno precedente. Domani sarà peggio se non arriverà nessuno.

Dalla fessura la luce diventa sempre più fievole fino a sparire del tutto. Nella giornata odierna è tutto diverso a cominciare dal mancato arrivo della carceriera. Poi le loro inquietudini per la sensazione di essere abbandonate a una morte atroce. Infine la nostalgia delle persone amate che rischiano di non vedere più.

Col buio l’angoscia cresce, mentre un’altra notte le aspetta con l’incognita di non vedere la nuova luce dalla fessura.

Aglaja ha perso la baldanza che fa parte del suo carattere e piange in silenzio. Non le piace mostrare la sua debolezza. Singhiozzi ovattati e respiro sincopato accompagnano i suoi pensieri. “Non potrò rivedere Karl, né le amiche. E…” e si interrompe perché avverte un groppo alla gola che le impedisce di respirare.

Gislinde, la veterana del gruppo, chiama a una a una le compagne. Un modo per tenere alto il morale. «Adelinde…».

Con la voce impastata dalla paura e dal pianto lei risponde al richiamo.

«Dobbiamo essere forti. Parliamo per farci coraggio e compagnia, così la notte ci farà meno paura». Gislinde con gli occhi arrossati per il pianto suggerisce questo approccio per le prossime ore.

La strega Ampfel urla, si dimena per il dolore che il veleno le procura e per effetto delle erbe che usa per combatterlo.

L’apprendista strega Rotapfel è terrorizzata e gli occhi sbarrati lo dimostrano. Continua a massaggiare con forza le piaghe che sembrano non finire mai di espurgare quel siero puzzolente. Il ritorno della strega Ampfel le ha fatto dimenticare il compito giornaliero ma non lo esterna per non incappare nelle sue ire. “Forse riuscirò ad assolverlo prima del calare del sole” riflette mentre continua a strofinare con energia l’olio di maleleuca. Le mani sono arrossate e le braccia indolenzite ma non osa lamentarsi.

Il drago Michele si è seduto sul divano nero e aspetta con pazienza che venga chiamato. Sono passate molte ore da quando si è sistemato e vorrebbe tornarsene nella sua abitazione e mangiare un boccone. È a digiuno dalla sera precedente. Come l’apprendista strega non ha il coraggio di sfidare il furore collerico della strega Ampfel: l’ha già assaggiato in occasioni precedenti. «Pazienza…» mormora col labiale per non farsi udire.

Cala la sera e i lumi si accendono, mentre il drago Michele sonnecchia ronfando. Si desta sentendo il suo nome e per poco non provoca un disastro. Per un pelo riesce a trattenere lo sbuffo che come un lanciafiamme avrebbe carbonizzato l’intero arredo della stanza. Si mette eretto con difficoltà, perché ha tutti i muscoli rattrappiti per la scomoda posizione. Barcollando raggiunge la stanza dove la strega Ampfel si sta curando.

«Hai chiamato?» Il tono ironico della voce e lo sguardo beffardo che illumina il suo viso la irritano, mentre Rotapfel si allontana per prudenza. “Quando è in queste condizioni può succedere di tutto”.

La strega Ampfel si trattiene e controlla la collera che monta. Ha bisogno di entrambi e non desidera innescare un battibecco inutile.

«Nella Caverna del Pozzo Maledetto c’era una quarta persona che teneva la verga ammazzastrega. L’ho capito stamattina vicino al torrente Ginestro. Stesse sensazioni… Ma non è questo l’argomento da discutere. Piuttosto è da capire quali altri strumenti pericolosi la donna e il suo compagno…».

Sul viso del drago Michele il sorriso beffardo si ghiaccia e stringe gli occhi per prestare maggiore attenzione. «Sicura che sia un uomo la quarta persona?» Se fosse così senza dubbio si tratta del compagno della donna. Eppure non ha avvertito la presenza umana del quarto ospite oltre a loro.

«È possibile abbiano strumenti così potenti da ingannarci?»

La strega Ampfel annuisce e fa una smorfia per il dolore che le piaghe le procurano.

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Si aggiunge una nuova parte del racconto ‘Krimhilde e le fanciulle scomparse’

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova parte dell’avvincente racconto della Terra di Mezzo, che ripropongo qui sotto.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

La strega Ampfel entra come una furia urlando. «Apprendista strega dove sei? Quando ho bisogno di te, sei sempre imboscata!»

Getta in un cestino accanto alla porta quel che resta del mantello invisibile e si guarda intorno con gli occhi color delle braci. «Dove si è nascosta quella presunta strega Rotapfel? La declasserò al nulla!»

La ragazza intimorita con lentezza e con gli occhi bassi si affaccia alla porta dello studio in nero.

«Ha bisogno, signora?»

Un urlo sovrumano prorompe dalla bocca della strega Ampfel e tutta la cristalleria della casa inizia a tintinnare. La vallata lo ha sentito e i nerd di montagna si rifugiano in casa per sfuggire all’ira della strega Ampfel.

«Portami iperico, aglio, rosmarino e il miscuglio di lavanda, erica e salvia. Voglio la boccetta dell’olio di maleleuca e che sia piena! E poi…». A questo punto le manca la voce e con il viso stravolto dalle piaghe purulente, in preda alle convulsioni per il veleno che sta entrando in circolo, si siede in attesa di quanto ordinato. Si sente esausta. Ansima e maledice tutti quanti. Si alza, gira per la stanza e si siede di nuovo. Tutta questa attività frenetica peggiora la situazione, perché avverte che il veleno è entrato in circolo e deve bloccarlo.

Subito si fa strofinare l’olio con energia sulle piaghe, mentre si prepara una tisana di lavanda selvatica ed enula che assume ancora calda. Non prova sollievo ma avverte le contrazioni del suo corpo che contrasta l’avanzata. Si prepara una nuova tisana con salvia, iperico e aglio, un miscuglio maleodorante e dal gusto tutt’altro che gradevole. Manda giù tutto d’un fiato. Le piaghe emanano un odore repellente ma si sente meglio.

L’apprendista strega Rotapfel esegue gli ordini come se fosse in catalessi facendosi forza per non vomitare alla vista di quelle piaghe che espurgano un liquido serioso nero e puzzolente.

«Mettici più energia!» Sollecita, avvertendo che il fisico combatte il veleno e sta vincendo.

«Sì, signora» balbetta mangiandosi le parole un’inebetita apprendista strega.

Il drago Michele, che è arrivato al piccolo trotto senza fretta, si affaccia sull’uscio per controllare come sta.

«Non scappare! Tra poco ho bisogno di te». Urla per il dolore che piaghe e veleno le stanno procurando ma deve resistere e sopportare se vuol vincere la sua guerra.

Markus e Baldegunde si avvicinano senza fretta alla costruzione che da vicino sembra più imponente rispetto alla prima visione. Un po’ di timore c’è perché la situazione non appare normale. Sembra una realtà deformata.

La porta si apre da sola come se qualcuno da dentro avesse azionata l’apertura.

Si consultano con gli occhi e poi alzano le spalle come gesto di rassegnazione. Le alternative non sono molte: o entrare sperando nella fortuna oppure restare all’esterno col rischio di congelarsi per la sera imminente. Nessuna delle due prospettive appare allettante.

«Benvenuti nella casa delle Anime Immortali! Aspettavamo con impazienza la vostra venuta».

Markus e Baldegunde si bloccano sul limitare dell’uscio e si guardano con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Una sorpresa dietro l’altra. Entrambi hanno un comune pensiero: la costruzione è dotata di aspetti che vanno oltre la loro immaginazione e abitata da personaggi magici. “Come diavolo sanno della nostra venuta? Abbiamo deciso solo ieri sera!”

Avanzano di qualche passo all’interno e la porta si richiude da sola senza far rumore.

«Siamo in trappola» avverte Markus per nulla rassegnato alla situazione.

Baldegunde maledice l’ostinazione del compagno a voler proseguire. «E adesso?»

«Nulla. Aspettiamo gli eventi e prepariamoci…»

Brevi risolini echeggiano nella stanza come a prendere in giro i due ospiti che appaiono timorosi e sospettosi. Il cuore accelera, il respiro diventa un roco suono. I loro passi risuonano come se camminassero su una scatola vuota.

Markus si ferma nel centro della stanza che ondeggia al ritmo dei loro polmoni. Ha un momento di sbandamento e incertezza, mentre prende sotto braccio Baldegunde in atteggiamento protettivo.

Nuovi risolini di scherno echeggiano beffardi.

«Le vostre stanze sono pronte al primo piano. Si mangia tra un’ora».

Markus non fa in tempo a replicare un po’ stizzito quando la parete di fronte si apre mostrando una scala.

«Vieni» sussurra Baldegunde che con senso pratico ha capito che sarà un’impresa uscire da lì senza il consenso della voce misteriosa. «È inutile fare resistenza. Cinque minuti fa…».

«Lo so! Mi hai maledetto per la mia cocciutaggine. Ho capito che era meglio tornare indietro per procurarsi quello che serve per arrivare alla Prigione…».

«Ci arriverete. Ora salite. Ci ritroviamo qui tra un ora».

Markus scrolla il capo e segue la compagna in silenzio. Non avverte pericoli ma si sente prigioniero di una strana magia. Un edificio senza tempo che appare di dimensioni modeste all’esterno ma che internamente sembra vastissimo. Voci che dialogano e danno istruzioni. Però è quel ‘vi aspettavamo con impazienza’ che lo fa riflettere: sembra che siano gli ospiti d’onore tanto attesi.

Percorso un lungo corridoio illuminato da torce che non bruciano, appare all’improvviso una porta aperta, l’unica incontrata finora.

«Forse sono queste le nostre stanze» azzarda con un filo di voce Baldegunde che ha perso la sicura baldanza di poco prima. “Ha ragione Markus. C’è qualcosa di strano nell’aria. Non di pericolo ma di magia che non possiamo controllare”.

Varcata la soglia, la porta sparisce. Sono chiusi dentro senza possibilità di uscire.

«Magia buona oppure no?» Borbotta Baldegunde che con lo sguardo vuoto esamina la loro prigione.

«Non saprei dirlo con precisione. L’unica certezza è che il nostro libero arbitrio non esiste più».

Baldegunde superato il momento sconforto si guarda intorno con occhio curioso. “Due, no tre o forse quattro stanze. Un sogno”. Il confronto con la loro foresteria che le sembrava lussuoso non regge sia per gli arredi sia per le dimensioni.

Markus dimentica in fretta la loro situazione precaria perché la sua attenzione è concentrata sui mobili che sfiora. “Credevo di essere il più abile ebanista della Terra di Mezzo ma questi mi surclassano e mi relegano a modesto apprendista”.

Le essenze gli sono sconosciute, la radica è uno splendore, il disegno è superbo e la fattura appare come un miracolo di falegnameria.

La voce della compagna lo scuote facendolo ritornare alla realtà.

«Andiamo a prepararci. Un’ora passa in fretta».

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Krimhilde e le fanciulle scomparse – Nuova puntata

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse, che potete leggere anche qui.

Un caso per tre

Il drago Michele non ha compreso il motivo della raccolta di tutti quei fiori. “Sarebbero stati sufficiente raccoglierne uno per tipo. Bah!” Borbotta cavalcando Lucifero che per contro ha gradito molto la sosta nel prato vicino al ruscello Ginestro. Acqua fresca ed erba tenera e saporita come mai aveva mangiato prima di quel momento. ‘Peccato che sia durato poco’ riflette mentre a malincuore riprende la strada verso quelle vette innevate e inospitali.

La strega Ampfel stringe i denti per le ferite dolorose sul volto e sul collo ma sorride a denti stretti. “Poteva andare peggio e ci avrei rimesso la vita. Quella mitica diceria che c’è una verga ammazzastreghe è tutt’altro che infondata! Se non avessi avuto il mantello invisibile non so come sarebbe finita”. Affiorano nella sua mente quei racconti, che ha sempre giudicato fantasie, sui poteri di questa verga. È in grado di incenerire una strega ma anche di iniettare un veleno per una morte dolorosa. Le ha sperimentate entrambe. Le vistose bruciature del mantello invisibile mostra che senza di quello sarebbe stata ridotta a un mucchietto di cenere. Deve correre il più veloce possibile, perché Il veleno che le ha iniettato deve essere eliminato prima che vada in circolo e già ne sente l’influsso.

Non le interessa se il drago Michele resta indietro, lei sprona Mefistofele perché ogni minuto perso è una stilla in più nel corpo.

Non ha compreso quale tra le canne era l’elemento pericoloso ma le sensazioni di pericolo percepite le ha memorizzate tutte per evitarlo.

Mentre riflette su questo e rievoca le sensazioni provate, ha un lampo. Gli stimoli di pericolo percepiti hanno un qualcosa di familiare, già avvertiti in precedenza. “Quando?” ed ecco che si vede nella Caverna del Pozzo Maledetto e quel brivido si materializza. “Dunque i miei sensi non mi hanno ingannata allora. C’era qualcuno all’interno con quella verga pronto a minacciarmi”.

Però i conti non tornano. Erano in tre e la donna è da escludere, perché teneva solo i fiori magici. “C’era una quarta persona invisibile e non riconoscibile con noi. Aveva quella verga pronto a colpirmi se fosse stato necessario”.

Le sorprese e le scoperte inquietanti sembrano funghi nati dopo la pioggia. Deve riflettere per capire quali altre minacce possono essere usate contro di lei ma adesso è urgente eliminare il veleno che avanza nel suo corpo e sprona Mefistofele per farla volare. Poi avrà tutto il tempo per capire la dinamica degli eventi di quella mattina.

Markus con Baldegunde attaccata al suo braccio come una sanguisuga procede con calma. Vuol evitare passi falsi e creare situazioni di pericolo. L’oscurità fitta appena mitigata dalla lanterna cieca non permette di riconoscere in anticipo gli eventuali ostacoli che l’edificio fatiscente propone a ogni passo.

Trovare un segnale che indichi l’accesso al sentiero segreto è come riconoscere una goccia del mare dalle altre. Però Markus non demorde. Sente la compagna che borbotta qualcosa come “usciamo. Mi sento soffocare”. Si deve sbrigare prima che abbia una crisi di nervi. Buio pesto e pessimi odori danno una sensazione di claustrofobia difficile da domare.

Ancora dieci passi e poi si torna indietro se non si trova nulla. Comincia a contare ‘uno, due, tre,…’ quando si sente attratto verso una stanza a sinistra. Che lo sia lo comprende solo quando varca una stretta porta o meglio un’apertura tondeggiante dove va a sbattere la testa.

«Ci siamo!»

Baldegunde che a fatica attraversa questo oblò spalanca gli occhi non capendo l’affermazione del compagno. Non vede nulla, solo un’oscurità nera come la pece che non permette di distinguere nulla. «Dove?»

«Ci siamo». Ripete con tono allegro di chi ha trovato un tesoro. «Questo è l’ingresso cercato!»

Baldegunde scuote la testa, perché non afferra il concetto d’ingresso visto che non riesce a distinguere la punta del proprio naso. «Sicuro?»

«Sì! Certissimo. Il pollice della mano destra si è mosso!»

Baldegunde scoppia in una fragorosa risata amplificata dalle pareti della stanza. “Quella è di legno. Di certo è rigida come il marmo”.

«Vieni tra un attimo siamo fuori» e la strattona verso sinistra. Alza la lanterna cieca per fare luce e trovare il pertugio che conduce fuori.

Come promesso rivedono la luce del sole o meglio le ombre che le vette circostanti proiettano nella vallata stretta che appare come l’oasi per un viandante smarrito nel deserto.

Baldegunde sbatte le palpebre per adattarsi alla luce incerta della giornata. «Ma è tardissimo! Tra poco cala la sera e sarà buio!»

Markus scuote la testa e spiega che è solo pomeriggio inoltrato.

Si interrogano se è il caso di proseguire oppure tornare indietro. Baldegunde con senso pratico spiega che le scorte di cibo sono esaurite e non hanno l’equipaggiamento adatto alle temperature della notte.

«Se le carte non mentono, tra poco dovremo trovare un riparo e forse anche cibo per calmare la fame».

Baldegunde non replica trovando fantasioso il pensiero del compagno. “Carte di mille anni fa come possono essere valide oggi? Il riparo potrebbe esserci ma il cibo proprio no”.

Il freddo comincia a mordere la pelle mentre percorrono in silenzio il sentiero incassato tra due alte pareti senza una possibile via di fuga. Come per incanto dopo una stretta curva a gomito appare un piccolo pianoro illuminato di rosso dal tramonto. Si fermano incantati dalla visione e per la vista di una piccola costruzione di legno e pietre irregolari addossata alla parete. Lo stupore è ancor maggiore osservando la capanna che appare costruita di recente e mai abitata.

Baldegunde non dice nulla ma gli occhi trasmettono un chiaro messaggio di ammirazione: brillano e sono spalancati per lo stupore. Aveva dubitato delle affermazioni di Markus ma adesso si deve ricredere. “Dopo mille anni appare come se fosse terminata ieri. Quale magia sta dietro tutto questo?”

Markus ride di gusto leggendo il pensiero nella mente della compagna. «Hai ragione. Questa capanna è magica come i fiori che hai trovato. Rimane sempre linda e pulita come se il tempo si fosse fermato».

Baldegunde annuisce. Finora il compagno non ha sbagliato nulla e di sicuro oltre al riparo troveranno cibo per rifocillarsi.

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Non perdete la nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse.

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la puntata 17 dell’affascinante racconto Krimhilde e le fanciulle scomparse.

Per chi fosse pigro la ripropongo anche qui.

Gertrude Jekill – rose inglesi rampicanti

Il gallo sprecone annuncia che il sole sorgerà tra poco e i dormiglioni non sono graditi. Con tre vigorosi chicchrichi sveglia Markus che si mette ritto. Non ha bisogno di leggere l’ora perché la conosce già. Un lieve tocco alla compagna che sta dormendo con la bocca semi aperta. Il suo leggero russare sembra una deliziosa melodia.

«Balde» sussurra con tono dolce, «è tempo di alzarsi».

Baldegunde si muove infastidita. Il sogno che sta facendo si è disciolto e ignora come andrà a finire con la strega Ampfel.

«Ma è ancora buio!» Borbotta mangiandosi le parole come se la lingua si fosse inceppata.

«Lo so» bisbiglia abbracciandola. «La strada è lunga e non sappiamo quanto ci vuole per arrivare al punto d’inizio. Dobbiamo procedere a piedi».

In silenzio si preparano. Non hanno bisogno di parlarsi: i loro movimenti sono sincronizzati. Uno zaino di pelle di camoscio di pianura, vestiti comodi e in grado di proteggerli dal freddo, scarponcini di pelle di daino urlatore. Per il mangiare e le bevande passeranno dalla mensa. Non ci sarà molto perché il personale non ha preso ancora servizio ma solo avanzi della sera precedente.

Afferrati i fiori magici, prendono la tisana per rendersi invisibili. Per nascondere il loro afrore di umani ci penseranno quando sono vicini a punto critico presidiato dai nerd di montagna.

Baldegunde sa che con una cavalcatura sarebbe stato rapido raggiungere il posto indicato dalle carte, che Markus ha riposto nello zaino. Però non sarebbe stato possibile eludere le guardiane del Bitfrost, il ponte arcobaleno che consente l’uscita dal Castello.

È ancora buio e nel cielo sereno le ultime stelle li accompagnano silenti nella marcia di avvicinamento.

Sono in cammino da qualche ora e il sole è già comparso tra sbuffi di nuvole rosate che diventano sempre più chiare. La giornata sembra promettere di essere calda anche se finora la brezza fresca dell’alba mette brividi nei due viandanti. Baldegunde avverte qualcosa di strano nell’aria. Il sesto senso la mette in allerta. Quel formicolio al mignolo della destra le suggerisce prudenza.

«Markus» sussurra al compagno. «Avverto che c’è qualcosa di pericoloso nello spazio intorno a noi. Forse una minaccia ma non chiedermi cosa. Non saprei risponderti. Cerchiamo un riparo e aspettiamo».

Markus non percepisce nulla ma conosce la compagna e le sue proverbiali doti di presentire i pericoli. Annuisce e la segue in un vicino canneto ai margini del sentiero. La visuale è ampia sia a destra sia sinistra senza essere individuati da chi passa perché la vegetazione li nasconde.

«Però è prudente nascondere la nostra natura umana. Questo sciroppo che ho preparato ci trasforma in stambecchi della neve. Quelli che stanno nei boschi delle montagne innevate».

Non passa molto tempo quando sentono lo scalpiccio furioso di cavalli. “Ecco quello che l’ha messa sull’avviso” pensa allungando il collo per conoscere quali cavalieri sono in arrivo. Strabuzza gli occhi. Sono due. Uno è il drago Michele, che riconosce per gli sbuffi di fuoco che emette dalla bocca a ogni respiro. Sorride per la precauzione presa. Tuttavia è l’altro che lo lascia perplesso. Osserva un cavallo che corre senza cavaliere.

Subito il pensiero corre alla strega Ampfel, la degna compagna di merenda del drago Michele, che avrà operato una delle sue innumerevoli magie.

Marcus si sente tirare nella manica destra. Sa chi è e cosa vuol ipotizzare nell’osservazione del cavallo che galoppa senza cavaliere. Annuisce con la testa e con l’indice sinistro sulla bocca le intima di tacere. Non è il momento adatto per parlare. Hanno dimenticato che possono colloquiare col pensiero ma forse no. Sanno che i due cavalieri possono frugare nelle loro menti e leggere dentro.

Se per un certo verso si rallegra che siano lontani dalle montagne innevate, da un altro punto di vista si chiede dove stiano correndo con tanta furia. La strada li può condurre verso molte direzioni. Escludendo il Castello che per il momento è imprendibile, il posto più probabile è il torrente Ginestro. “Ma dove?”

Baldegunde interroga con gli occhi il compagno che scrolla le spalle, perché ignora dove siano diretti.

Il rumore degli zoccoli al galoppo si fa sempre più lontano fino a diventare un suono ovattato.

Markus e Baldegunde escono dal loro nascondiglio e riprendono il cammino. Hanno una missione da portare a termine: le fanciulle rapite. Con la strega Ampfel e il drago Michele ci sarà il tempo per chiudere i conti.

Il sole alto nel cielo indica che è mezzogiorno, quando arrivano in prossimità del presidio dei nerd di montagna. Dunque la previsione supposta era corretta.

Sanno che potrebbero aggirarsi tra i guardiani senza essere scoperti ma preferiscono muoversi lontani da loro per intuire dove si potrebbe aprire il passaggio segreto. D’altra parte la mappa mostrava un edificio che non era la casermetta dei nerd di montagna.

Markus si concentra su alcune rocce alla sua sinistra. Lì vicino sta una costruzione bassa occupata dai guardiani. “Ma cosa cercare?” Nessun segno indica che ci possa essere un’apertura occulta. Scuote il capo scoraggiato. È come cercare un ago nel pagliaio. Sente un’onda di parole nella mente. Se ne era dimenticato che i fiori magici permettono di comunicare senza parlare. Adesso lo possono fare senza il pericolo di essere intercettati.

«Markus, qui perdiamo tempo. Il punto d’ingresso va cercato altrove».

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eccoci… è pronta la 14-esima parte

Su Caffè Letterario è stata pubblicata da poco la nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse.

L’ultima avventura di Puzzone

Per chi fosse pigro la riporto anche qui. Buona lettura.

 

La strega Ampfel ha una strega per capello e la capigliatura è piuttosto folta. Quindi… Se la prende con il drago Michele che non è riuscito a portare a termine il progetto pianificato con cura. “Eppure conosceva i dettagli. Doveva intimidirla e io fare l’esorcismo zumba cadum per trasformarla in guscio vuoto. Mi sono fidata di un inetto”.

Il nerd di montagna trattiene il fiato perché l’ira che cova dentro incenerirebbe l’intero mondo se per caso aprisse la bocca.

In silenzio tornano ai monti innevati ognuno chiuso nei suoi pensieri.

Il drago Michele riflette che è stato preso in giro da una donna e questo gli ruga assai. Immagina gli sberleffi degli altri draghi. In particolare di Drago Mario, quello che odia con tutte le sue forze. Ricorda nitide le parole della strega Ampfel. «Devi spaventare la donna. Al resto penso io». Però è andata in modo diverso rispetto a quello concordato. “Mi ha preso per i fondelli… Eppure secondo la strega Ampfel era una facile preda. Sarà…”. Scuote il capo con vigore mentre calcia stizzoso un sasso che trova sul suo cammino.

La strega Ampfel è furiosa e al tempo stesso perplessa e preoccupata. Ha trovato strana l’atmosfera nella Caverna del Pozzo Maledetto. Spirava un’aura non amichevole. Percepiva pericoli che non vedeva. Però il comportamento della capitana delle dragonesse a cavallo è stato atipico, a tratti imprevedibile con quel alternare finte paure a mosse audaci. A mente fredda adesso gli appare come se sapesse in anticipo le loro mosse. “È come se ci leggesse i pensieri per aggiustare il comportamento da tenere”. Ricorda di averla frugata nella mente diverse volte senza risultati pratici: solo vuoto e basta. Però c’era anche qualcosa nell’aria che la minacciava da vicino. “Cosa?” Non è riuscita a comprenderlo. “C’eravamo solo noi tre ma l’avvertimento era palese. Una quarta persona? Non poteva essere invisibile e sfuggire alle mie ricerche”. Tuttavia il tarlo lavora perché la capitana era troppo sicura di sé nell’affrontarli. “Il compagno?” Scuote la testa mentre imbocca il sentiero presidiato dai nerd di montagna che si spostano di lato per farli passare. “Lui non si è mai visto né prima né dopo. Nessun odore umano ma solo di selvatici. Eppure…”.

Lei prende la via di destra che la conduce alla sua abitazione immersa nella neve. Ad accoglierla c’è l’apprendista strega Rotapfel che prende il mantello e gli stivali di cuoio ballerino.

«Non ho fame» brontola la strega Ampfel gettandosi sul divano rosso.

Se stamattina avrei mangiato un intero bue, adesso lo stomaco ha chiuso bottega e non vuole nulla. Quella donna mi ha tolto l’appetito”. Incrocia le braccia, abbracciandosi, e tenta di distendere la fronte aggrottata per il pensiero fisso della minaccia.

«Non mi sembra che quell’uomo conosca magie o pozioni da rendersi invisibili. Le mie spie al Castello dicono che sia un abile falegname e basta. Poi è sufficiente vederlo con quella mano di legno per capirlo. Eppure…». Borbotta a mezza voce chiudendo l’occhio sinistro. “E se avesse avuto delle imbeccate? Ma da chi? I miei informatori negano la presenza di persone in grado di produrre magie o preparare pozioni…”. La parola pozione le risveglia qualcosa nella mente. Esistono pozioni in grado di trasformare una persona e renderla irriconoscibile o invisibile. “Se fosse vero…” riflette sull’ultima ipotesi, “vuol dire che esistono delle persone che conoscono i segreti dei fiori e delle piante. E sono sfuggiti alle mie spie”.

Adesso è troppo stanca per attivarsi e chiude gli occhi. Sogna o meglio ha degli incubi. La capitana la imprigiona nelle segrete del Castello in una cella senza finestre. Il compagno senza viso passa indenne attraverso i loro controlli e riporta al Castello le ragazze prigioniere. Si sveglia in un lago di sudore. Sa d’aver visto il futuro e questo le mette terrore e ansia.

«Rotapfel!» Urla in preda al panico. «Preparami un bagno caldissimo!»

Mentre la strega Ampfel è terrorizzata dal suo futuro, il drago Michele rimugina su tutti gli eventi. Sono molte le stonature che trova. “Quando ho incontrato la capitana, lei conosceva molto di me. Sgrunt!” e un fiotto di aria incandescente esce dalla bocca e dal naso.

Un broccato rosso va in cenere. «Devo fare attenzione» mormora osservando il piccolo disastro combinato. “Dovrò ricomprarne un altro uguale se lo trovo e questo era pregiatissimo. Un bel fiotto di schei di montagna mi è costata la mia ira”.

Si siede sulla poltrona di pelle conciata nell’angolo sinistro della stanza per calmare l’agitazione interna. “Altrimenti brucio tutto”. Prova a riflettere sull’incontro della mattina. “Anomalo” è la risposta. “La capitana delle dragonesse a cavallo ha finto molto ed è stata sincera molto meno”. Sorride perché la speranza che avesse collaborato di sua spontanea volontà non è stata tra le opzioni disponibili. Però ricorda che a pelle il suo comportamento l’ha indispettito più di una volta. Un lampo. «Quella mano sinistra sempre dentro la salopette non mi ha fatto scattare nessun avvertimento ma ora appare sospetto. Che tenesse un amuleto? O cosa?»

Scuote la testa ma trattiene il fiato per non provocare altri danni. La sua casa è piena di bruciature e il mucchietto di cenere rossa glielo ricorda. Arriva alla conclusione che, se è arrivata tranquilla, vuol dire che non li temeva. È stata troppo sicura di sé per lasciarsi intimorire e di certo ha tenuto dentro la salopette un qualcosa che le ha dato facoltà superiori alle loro. “Ne devo parlare con la strega Ampfel ma ora non è il momento propizio”.

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