Disegna la tua storia con un incipit di Massimolegnani – incipì 2

Massimolegnani – orea rovescio – ha scritto un post con due incipit troncati a metà. Ebbene ho raccolto la sfida e propongo la mia continuazione del secondo.

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Di fronte a lui la donna chinò il capo. Sembrava affranta, soverchiata dalla vergogna, invece stava raccogliendo le forze, come un’atleta prima di spiccare il salto, voleva far esplodere la collera in un’invettiva che avrebbe fatto tremare i vetri alle finestre e i baffi tinti a quel pallone gonfiato. Tu, disse sollevando un indice imperioso, tu…

…abbassò l’indice. Era sbollito tutto come un pallone forato.

Lo guardò e poi gli volse le spalle che sembravano spiovere verso il basso rassegnate. La vergogna di avere un compagno fannullone era troppo per lei che credeva nell’onestà delle persone. E lui pareva proprio non averla.

Più di una volta aveva dimostrato di essere inaffidabile e bugiardo. Questo la faceva vergognare tantissimo. Aveva origliato i commenti malevoli delle vicine sul compagno e i risolini di compatimento su di lei. Avrebbe voluto replicare a muso duro ma poi aveva capito che avevano ragione.

Sonia era una donna di cinquant’anni ma ne dimostrava dieci di più. Quel bastardo del compagno le stava succhiando tutta la linfa vitale, prosciugandola. Piccola, vestita modestamente ma sempre ordinata. Capelli raccolti a crocchia a formare uno chignon appena abbozzato. Non c’era vicina che non si prodigava a darle dei consigli che ascoltava con umiltà senza trovare quella forza necessaria per troncare quel rapporto ormai logoro. Però dopo tanti anni non se la sentiva di abbandonarlo anche se avrebbe meritato di subire questa mortificazione.

Angelo rimase a guardarla mentre si allontanava verso la cucina. Sollevò le spalle in segno d’indifferenza. Alto con una bella pancia pronunciata aveva in testa radi capelli gialli. In realtà avrebbero dovuti essere candidi ma l’unto li rendeva di un colore indefinito tra il giallo e il grigio sporco. Avrebbero avuto bisogno di un bel lavaggio ma Angelo erano settimane che rimandava.

Si sedette sulla poltrona con le mani in grembo. Questa volta l’aveva fatta grossa e difficilmente Sonia l’avrebbe perdonato. Quando l’aveva vista congestionata in viso, paonazza e con la giugulare che pulsava pericolosamente si era detto che era arrivato al capolinea. Poi aveva tirato un sospiro di sollievo quando, dopo averlo additato e urlato in faccia «Tu», se ne era andata in cucina. Il respiro che aveva trattenuto proruppe dal petto con un rumore sordo.

“Sonia è fin troppo paziente con me” rifletté Angelo, grattandosi la guancia ispida ricoperta da una peluria bianca. “Io l’avrei presa a calci nel culo e sbattuta fuori dalla porta”. Invece no. Gli sembrò di averla sfangata ancora una volta oppure era solo un’illusione. Provò a non pensarci perché la sua vita era una collezione d’insuccessi.

Ricordò il motivo dell’ira della compagna: invece di comprare le scatolette per Tobi, il loro gatto, aveva giocato alle slot machine nel bar sotto casa e ovviamente aveva perso tutto. Anzi aveva contratto un debito di cento euro con Martino, che glieli aveva prestati.

Il gatto miagolò strusciandosi sul calzone logoro in cerca di una coccola.

Angelo lo allontanò in malo modo. Non aveva nessuna voglia delle sue fusa. Si torse le mani, perché non sapeva come chiedere a Sonia quei cento euro da restituire a Martino. Lui non lavorava o meglio faceva lavoretti saltuari di poco conto, perché era in mobilità e prossimo al licenziamento. Se non ci fosse stata Sonia avrebbe dovuto mendicare un piatto alla Charitas.

Però adesso la priorità era recuperare cento euro. Una somma enorme per loro che dovevano lesinare anche il centesimo.

«Tobi che facciamo?» disse al gatto che era rimasto offeso da quel gesto poco urbano.

«Lascia perdere Tobi» gli sibillò acida Sonia. «Alza il culo e vai a pulire le scale del condominio, se vuoi stare ancora in questa casa».

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Un viaggio, un incubo – dodicesima puntata

Il nostro Mark non demorde e ci riprova. Prosegue la storia di Simona. Per chi avesse perso qualcosa la può rintracciare qui.

Buona lettura

Foto di Luis Dalvan da Pexels

Il prato brulica di persone alla ricerca di un posto a sedere. Diversi eventi fanno degna cornice a questo angolo di verde situato nelle vicinanze di Times Square e i locali sono pieni.
Ha fortuna perché si libera un tavolo, senza dover attendere molto. Preferisce al classico dinner un brunch a base di Buttermilk Pancakes with Banana & Walnuts mixed berry salad, banana bourbon compote. Classic Eggs Benedict Canadian bacon, chive hollandaise sauce, roasted fingerling potatoes. Acqua minerale. Per dessert Chocolate Coconut, Créme Brulee, Coconut Sorbet.
La serata calda e immersa in un’atmosfera rilassante gli consente di dimenticare per un po’ i progetti della notte. Le portate sono di suo gradimento. La fama del posto è meritata.
“Quella troietta mi fa impazzire. Ma stanotte sarà mia!” pensa gustando il dessert. “Acc! Chi mi cerca?” Non desidera essere disturbato e chiude la chiamata. È concentrato sul piano e non vuole interferenze. La telefonata è di una donna contattata la sera prima in una sexchat. Per lei non c’è posto, forse nelle prossime sere.
“Per primo deve smontare quello stronzo nero che mi ha messo nel mirino. Poi devo tentare di arrivare agli ascensori senza farmi notare. Il numero della suite lo conosco. È stato sufficiente osservare la casella dove hanno messo la mia busta. Sono stato fortunato perché era visibile e io ho due occhi da falco. Con un pizzico di fortuna in un baleno sono davanti alla porta” e si fa una bella risata.
Finito di cenare, si incammina verso il residence Inn Patriot, fischiettando un motivetto. Allegro intuisce che sarà una notte speciale.
Osserva la reception e nota con soddisfazione che il personale è cambiato. Ha via libera per raggiungere Simona salvo intoppi. Sa che questi sono sempre in agguato e non deve abbassare la guardia.
Con noncuranza entra per avviarsi agli ascensori, ma si trova sbarrata la strada da un bianco che ha tutta l’aria di essere della sicurezza. A prima vista gli è sembrato un cliente, ma la troppa fiducia nelle sue capacità di riconoscere le persone l’ha tradito.
«Dove vuoi andare?» chiede con tono che non ammette repliche.
«Alla suite 510» risponde sicuro Mark. «Ho un appuntamento con Miss Ferrari».
L’addetto lo blocca e lo fa accomodare in una saletta, mentre verifica le affermazioni di Mark.
«Mi spiace, ma non c’è nessuna Miss Ferrari alla suite 510» dice con tono secco. «O mi spiega perché ha tentato di salire senza passare dalla reception o chiamo la polizia».
Sa di essere in trappola e deve confezionare una bugia credibile se vuole uscire senza danni dal residence. Non lo preoccupa la minaccia della polizia, perché sa che lo lascerebbero andare dopo qualche ora. Però nel frattempo la bella Simona potrebbe cambiare suite o residence. E lui ne avrebbe perso le tracce.
In fretta confeziona la storiella, raccontando che ha conosciuto Miss Ferrari sul web e che lei è arrivata dall’Italia nella grande mela il giorno prima per incontrarlo.
«Vedi» dice Mark. «C’è una chiamata al mio telefono dalla suite 510, se leggi i tabulati delle telefonate uscenti» e aggiunge con tono dimesso: «Mi ha chiesto di raggiungerla per la notte. Non pensavo che ci fosse tutta questa fiscalità».
Dick, il poliziotto privato, lo osserva con attenzione poco convinto dal racconto che a prima vista è probabile. Però resta il fatto che anche John, del turno precedente, ha segnalato un tentativo sospetto d’introdursi di soppiatto di un uomo che corrisponde a quello che sta davanti alui. Nell’arco di poche ore ha provato due volte a salire senza passare dalla reception o farsi annunciare. Inoltre la data di arrivo non coincide. Deduce che solo una parte del racconto è vera, ma il resto no.
“Se chiamo il poliziotto di quartiere, questo lo lascia libero in un amen, perché non ha compiuto nessuna infrazione. Se gli permetto di salire, rischio grosso, perché non ho vigilato a dovere. Miss Ferrari ha detto con decisione di non aspettare nessuno né stasera né domani. Lo accompagno alla porta e gli dico di girare al largo” riflette Dick.
Senza troppo chiasso e dare nell’occhio accompagna Mark fuori dal residence con l’ingiunzione di non provarci più.
«Se vuoi salire nella suite di qualche donna alloggiata qui, passa dalla reception e fatti annunciare» intima con tono secco.
Per la seconda volta si trova sul marciapiede prospiciente l’ingresso con la minaccia nemmeno troppo velata di finire in pasto ai piedipiatti. NYPD non ha la fama di essere tenera coi molestatori, ma lui non dà ascolto alla ragione e si apposta all’ingresso del parking sotterraneo pronto a cogliere l’occasione giusta.
“La fortuna non mi ha girato le spalle” si dice osservando un pickup che si appresta a scendere nel parcheggio sotterraneo. E lui si appresta a salire dietro per raggiungere gli ascensori.
Mark sorride, perché la notte è appena iniziata.

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Disegna la tua storia con un incipit di Massimolegnani – incipì 1

Massimolegnani – orea rovescio – ha scritto un post con due incipit troncati a metà. Ebbene ho raccolto la sfida e propongo la mia continuazione del primo. Per il secondo pazientate qualche giorno. Se qualcuno volesse farsi avanti, si palesi.

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Buona lettura

La sua mimica facciale assomigliava a una fiumara calabrese. Impetuosa, violenta, fuori dagli argini, dopo un temporale primaverile, e totalmente inespressiva, svuotata, un faccione inutilmente ampio, durante la siccità estiva. Mai un’espressione che fosse di equilibrio tra i due estremi, mai un…

…un sorriso intermedio. Passava da moti di rabbia all’indifferenza totale verso chi gli stava di fronte. Le mezze misure non esisteva per lui.

Simone guardò fuori dalla finestra. La giornata prometteva bene, ma era lui che si sentiva fuori posto. Era inutile girarci attorno: Sonia l’aveva destabilizzato con la violenta discussione la sera precedente. Stava finendo col mettersi le mani addosso, quando calò una bonaccia tra loro come se nulla fosse stato. Poi ognuno si ritirò nelle proprie stanze.

Simone e Sonia pur essendo sposati da sei mesi dormivano in due camere separate e distanti tra loro. Se per qualche ignoto motivo o pulsazione sessuale uno dei due desiderava consumare un amplesso d’amore si spostava dalla propria stanza in quella dell’altro. Poi ognuno dei due tornava nella propria. Mai una volta dopo la prima notte di matrimonio si erano dati la sveglia nello stesso letto.

Simone si chiese se questo rapporto fosse sano e la risposta era stata negativa. Le loro discussioni sugli argomenti più futili finivano sempre in rissa. Una tempesta di parole che si placava in un abbraccio dolce.

Ieri sera non era stato diverso. La discussione verteva su chi doveva accudire Tobi, il gatto tigrato che avevano raccolto per strada. Era lui il vero padrone della casa e non Simone o Sonia.

«È compito tuo» aveva tuonato Sonia agitando le mani vorticosamente, mentre Tobi apriva un occhio disturbato da quella voce acuta.

«E perché?» rimbeccò Simone alzando il tono di un’ottava rispetto a quello di Sonia. «L’hai raccolto tu».

La moglie divenne paonazza strozzando le parole che volevano uscire dalla gola.

«Ma tu non hai detto nulla!» urlò con tono feroce Sonia. «Anzi eri felice come un bambino, quando l’ho portato a casa».

«E con questo cosa vuoi dire?» strepitò Simone con lo sguardo assassino. «Forse è di mia proprietà?»

Tobi si alzò disgustato da quelle urla feroci che ferivano le sue orecchie e con passo regale, lanciando di sottecchi sguardi schifati, si avviò verso la lettiera.

Simone si alzò dalla poltrona, abbracciò Sonia seduta sul divano e disse: «Vieni Tobi che andiamo a fare un giro in giardino».

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Un viaggio, un incubo – undicesima puntata

Nuova puntata che vede protagonista Mark. Cosa architetta il nostro uomo? Leggete se siete curiosi di conoscere gli sviluppi. Per chi avesse perso qualche puntata precedenti li trova qui.

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Mark sogghigna mentre ritorna alla postazione PC, perché sa come rintracciare Simona.

«Sono stato uno sciocco a non pensarci subito!» esclama soddisfatto. «Quella troietta ha i minuti contati. Lo smacco mi ha annebbiato la testa, ma sbollita l’ira ha ricominciato a funzionare a dovere».

Lui sa cosa cercare: si collega al suo account di Verizon per stampare il tabulato delle chiamate del giorno precedente.

«È inutile perdere tempo col registro sul mio telefono. Con l’elenco stampato si fa prima» prosegue con un ghigno feroce. «La troietta è furba. Nessuna chiamata da una scheda italiana. Solo Nord America».

I numeri da controllare sono circa una dozzina che si riducono a quattro dopo aver scartato quelli impossibili per distanza geografica od operatori indisponibili nell’area di New York. “Due sono fissi e due telefonia mobile. Se per caso ha comprato una scheda al JFK dopo l’arrivo, potrebbe essere uno dei due” pensa sorridente.

Compone il primo e sente «Hello» dall’inconfondibile accento maschile. Riattacca soddisfatto cancellando il numero. Prova il secondo. Una cadenza del sud gli fa capire che non corrisponde a Simona, il cui inglese è pulito, scolastico e privo di accentazioni particolari.

«Rimangono i due fissi, che indicano il passaggio dal centralino. Li chiamo e sento a chi corrispondono» dice, perché è sicuro di essere arrivato a dama.

Chiama il primo e ascolta: «Hello. Inn Patriot Times Square speaking».

Riattacca perché certo di aver centrato il bersaglio.

«È qui che la troietta si nasconde. Aspettami, sto arrivando!» urla con la voce roca. «Ma prima controlliamo il secondo per precauzione».

Al secondo risponde una ditta di Manhattan, che conosce. Ha lo stesso sguardo del gatto che ha appena pranzato col topolino, mentre esce dall’appartamento.

Si dirige verso la 6th Avenue deciso a riprendersi la preda sfuggita poche ore prima. Guida con calma, non ha fretta, perché sa che non gli sguscerà di nuovo tra le mani. Non ci sarà un nuovo problema con la cerniera, perché lei sarà in trappola senza scampo e dovrà accettare quello che ha intenzione di fare.

Sorride sornione, mentre parcheggia nelle vicinanze.

Entrato punta decisamente verso gli ascensori, ma una voce autoritaria lo ferma.

«Sto andando da Miss Ferrari» risponde Mark senza esitazioni. Deve dimostrare sicurezza se la vuole fare franca.

«Nessuna Miss Ferrari alloggia qui» replica una persona di colore alta e prestante dallo sguardo arcigno.

Non gli sembra il caso di fare il furbo perché la grinta usata per parlare e la corporatura minacciano solo guai. Ritiene opportuno abbassare l’intensità della voce.

«Eppure mi ha detto che ha un appartamento qui» suggerisce con tono umile l’uomo.

«Mi dispiace ma le tue informazioni sono incorrette» e lo accompagna fuori dalla bussola senza molti complimenti.

Mark schiuma di rabbia per essere stato cacciato in malo modo e sibilla: «Sporco negro, me la pagherai!»

Però deve modificare i suoi piani e non può tornare all’ingresso finché il cerbero nero è appostato lì perché non fa sconti. Non desidera l’arrivo della polizia, perché per lui potrebbero nascere guai a iosa. Gli conviene essere prudente e battere in ritirata per il momento.

Si guarda intorno alla ricerca di un posto dove scrivere una lettera. Si sistema in un bar. In attesa di un Martini con l’oliva pensa a cosa mettere nero su bianco.

“Niente minacce, solo un avvertimento” sorride mentre verga poche righe che infila nella busta bianca. Sopra in maiuscolo scrive

Miss Simona Ferrari – Inn Patriot Times Square, NY

Finisce il Martini. “La vendetta è un piatto freddo da gustare con calma” riflette con l’occhio di chi pregusta i prossimi sviluppi. “Prima ti metto ansia, poi mi conoscerai meglio. Cerchiamo un ragazzino che per un dollaro sarà contento di consegnare la missiva”.

Esce alla ricerca del messaggero, mentre il sole tramonta tingendo di rosso le facciate dei grattacieli.

Senza fatica trova un ragazzo di colore che va a consegnare la busta felice col suo dollaro in tasca. Adesso deve aspettare che il cerbero nero smonti dal servizio per attuare la seconda parte del piano.

Mark cammina fino al parco Bryant. “Devo aspettare la mezzanotte prima che possa mettere le mani su Simona. Tanto vale mettere qualcosa sotto i denti”. Pensa di cenare all’aperto al Park Bryant Grill che ne ha sentito parlare, anche se non si è mai recato al Bryant Park. “La cornice è splendida e dovrò faticare per trovare un tavolo libero” riflette arrivando al ristorante.

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Un viaggio, un incubo – decima puntata

Eccoci con la decima puntata che vede protagonista Simona in un viaggio nella grande mela, che si sta tramutando un incubo. Per chi volesse leggere le puntate precedenti le trova qui.

Buona lettura.

Foto di Luis Dalvan da Pexels

 

La stanchezza, lo stress accumulato e il non perfetto adattamento al nuovo fuso orario conducono Simona in breve in braccio a Morfeo.

È in un appartamento che non conosce piccolo e disordinato. Due stanze: una camera con un letto matrimoniale dozzinale e una sala con l’uso di cucina nemmeno troppo pulita. Il letto è semi disfatto e le lenzuola sono stropicciate con macchie gialle qua e là.

Simona è vestita con la camicetta bianca e la gonna del pomeriggio e sotto nulla. Non ha paura ma si aggira guardinga, perché sembra disabitato. Dalla finestra della stanza da letto si intravede la scala di sicurezza. Si domanda perché è lì, non ricorda come ci sia arrivata.

Apre i cassetti: dentro indumenti maschili. Si trova in un appartamento dove vive un uomo. Chi è? Non riesce a capirlo ma un particolare l’inquieta: la porta d’ingresso è chiusa a chiave e lei non ce l’ha per aprirla.

«Userò la scala di sicurezza per scendere».

Però la finestra è bloccata. Perlustra l’appartamento alla ricerca come uscire. La tranquillità di poco prima si incrina e uno stato d’ansia la fa muovere a scatti. Cerca le chiavi nei cassetti, dove trova attrezzature sadomaso. “Dove sono capitata?” si domanda in preda al terrore.

In frigo scova una bottiglia di acqua Evian, che beve tutta d’un fiato per alleviare l’arsura.

Simona stanca di stare chiusa lì dentro si avvia verso la finestra decisa a sfondarla, quando sente una chiave girare nella serratura. Si ferma. Aspetta di vedere il misterioso inquilino.

Come se si fosse spenta la luce, i suoi occhi non scorgono nulla, né riesce a parlare. È immobilizzata con le braccia stese di fianco alla testa e le gambe divaricate.

Vorrebbe urlare, chiedere aiuto, implorare che non le facciano del male ma dalla bocca non esce nemmeno un sussurro. Percepisce la presenza di più persone che parlano, che ansano, senza distinguere i tratti dei loro visi. Ha gli occhi coperti da una benda.

Sono voci familiari. Ascolta Roberto col tono impastato, quando è sotto l’effetto della droga e del alcol. “Non cambierà mai! Avrà sempre il suo solito cliché: borioso, fatto e inconcludente”.

Le parole pronunciate dal primo grande amore si sovrappongono a quelle garrule, effeminate di Enrico che domanda quando può iniziare. “Nemmeno lui è cambiato. Pensa solo a se stesso. Quale imperdonabile leggerezza ho commesso mettendomi con lui”.

Ascolta l’inconfondibile accento dialettale di Anna, che smania di mettere le sue mani sul corpo di Simona. “No, lei proprio no! Il solo pensiero di sentire le sue dita che frugano dentro di me, rende più penosa questa situazione”.

All’appello manca Mark e il suo slang. “Perché?” si chiede ma come avessero letto nel suo pensiero ascolta le parole del messaggio ricevuto nel pomeriggio, mentre la pelle diventa grinza come un’arancia. “E lui che temo. Lui sa essere sadico. Però non posso chiedere aiuto”.

Non vede i volti, ma sente le loro voci che si accavallano una sopra l’altra. Sono tutti tesi a dare sfogo alle loro menti malate.

Percepisce un enorme dildo posato sul ventre pronto per essere manovrato con cattiveria. La mente sta cedendo alla paura per l’impotenza delle reazioni da parte sua, quando ode in lontananza un trillo acuto che si ripete cadenzato. Le loro voci diventano stridule e paiono in dissolvenza, mentre comprende che i lacci che le immobilizzano i polsi e le caviglie lentamente si sciolgono.

«Sono libera» urla con tutto il fiato che ha in gola e si mette ritta sul letto col corpo madido di sudore.

Il trillo continua a perforare i suoi timpani. Si guarda attorno mentre legge l’orario sul soffitto: zero e quindici p.m.

“È stato solo un sogno ed è mezzanotte appena passata”. Sente quel suono continuare. “Da dove proviene?” Si gira verso la mensola dove sta appoggiato il telefono che lampeggia.

«Hello» grida nel ricevitore.

«Miss Ferrari. È la reception che parla. Mi scusi se l’ho svegliata, ma un signore insiste nel dire che ha un appuntamento urgente con lei e vuole salire».

Simona rabbrividisce prima di rispondere. «Non conosco nessun signore a New York» mente. «Se insiste chiami la polizia. Non voglio essere disturbata. Notte».

E chiude la conversazione bruscamente.

Si alza a controllare la chiusura della porta e vi appoggia una sedia, prima di tornare a letto.

Il sonno è sparito. È sveglia e trema al pensiero di Mark che possa comparire dalla porta della suite.

Infila un paio di jeans e una maglietta leggera, mentre riflette sul sogno e sulla realtà, che in questo momento si confondono come l’acqua del mare col cielo.

Le sembra di udire dei movimenti dalla porta e si precipita tenendo in mano il telefono con impostato il numero della reception.

E trattiene il respiro.

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Un viaggio, un incubo – nona puntata

Eccoci ancora con Simona che prosegue il suo viaggio a New York. Per chi avesse perso qualche puntata le può trovare qui.

Buona lettura

Foto di Quintin Gellar da Pexels

Simona riprende il foglio mentre mangia un trancio di pizza e lo rilegge per l’ennesima volta.

Don’t run away from me!

My dick ‘ll reach wherever you are, my blonde pussy.

I’ll fuck you and you ‘ll be my bitch.

Catch ya in a few. Check it out!

M.

«Ma va a fanculo, bastardo! Avrai pane per i tuoi denti! Se ne hai ancora!» urla con la bocca piena, mentre si versa una birra. «Dunque, mi hai scovato. Non devo nascondermi, perché sai dove sono. Sei un lurido bastardo! In rete eri gentile, ma qui sei violento».

Mentre la rabbia monta sempre di più, appallottola il messaggio e urla: «Mi vuoi scopare? Provaci se ci riesci!»

Manda giù l’ultimo sorso di birra, mentre si distende sul sofà. Deve far sbollire l’ira che le sta annebbiando la mente.

«Non scapperò!» aggiunge mentre accende il televisore. «Non mi avrai, né sarò la tua puttana. Mi hai sottovalutato, bastardo!»

Ride con le lacrime agli occhi ripensando alla chat. Gli ha mostrato il pelo nero del suo sesso e gli ha raccontato scopate del tutto inverosimili. Mark si è fatta un’opinione errata di lei: pronta ad aprire le gambe. Ride perché si è divertita sentirlo ansare mentre si masturbava. Ha commesso un unico errore che poteva costarle caro: accettare quell’invito ambiguo del pomeriggio ma lo ha creduto diverso: un uomo e non una bestia. Adesso lo conosce e non ripeterà lo sbaglio. “Chi persevera non avrà scampo, ma questo non vale per me” pensa.

Osserva lo schermo del televisore senza interesse. “Sex and City l’ho già visto. Un thriller non mi pare il caso, anche se Moon, della saga di Twilight mi incuriosisce. Lo vedrò in Italia” riflette decidendo di leggere qualcosa con il sottofondo della musica classica.

La rabbia sta sbollendo. Simona si aggira per la suite con solo le mutandine, perché la serata è torrida.

Accende la postazione internet e si connette a Twitter per leggere qualche cinguettio. Non le interessa se Mark sia in linea e poi può usare un altro nick che lui non conosce.

«Chi se ne frega» sbotta facendo il login con Simo69.

Legge molti cinguettii senza rispondere, perché non c’è nulla d’interessante. Sa che lui lascia sempre la connessione attiva, ma di sicuro sarà in giro alla caccia di qualche preda.

«Si, ho capito chi è! È il classico cacciatore di fanciulle da adescare. Non mi stupirei che sia un pedofilo. Però su Twitter è passato senza lasciare tracce».

Tra la posta scopre una mail di Irene di due giorni prima, che le annuncia il suo arrivo per il quattro luglio.

“Peccato, che non l’abbia letta subito. Di sicuro non avrei contattato Mark prima del suo arrivo. Chissà come avrà fatto a scovarmi nel giro di poche ore. Eppure sono stata discreta. Ma adesso basta pensare a quel bastardo”.

Spegne tutto, regola la temperatura della suite per la notte e nuda si getta nel lettone.

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Un viaggio, un incubo – ottava puntata

Prosegue il viaggio di Simona che non sembra una passeggiata. Per chi volesse, senza impegno 😀 , trova qui le altre puntate.

Foto di Quincy Anderson da Pexels

Buona lettura.

Mentre legge il foglio, Simona sente squillare il telefono. Inghiotte la saliva, osserva il display e risponde.

«Ciao bella! Come va?» urla una voce lontana che riconosce subito.

«Bene» risponde fiocca Simona rassegnata a parlare con Irene.

«Tutto bene? Hai una strana voce come se avessi mangiato un topo! Ho una splendida notizia…».

«Si, tutto bene. Solo che non mi aspettavo la tua telefonata. Quale notizia?» ribatte con tono più franco.

«Nella mattinata parto per New York e atterro alle tre e trequarti! Ah! È vero che per te è ancora pomeriggio. Dimenticavo la differenza di fuso orario. Non vedo l’ora di abbracciarti! Mi ospiti nella tua suite?»

Simona rimane a bocca aperta senza parole. Osserva il telefono e il foglio che tiene stretto nell’altra mano e non sa cosa rispondere. Pensieri confusi si ammassano nella testa tanto che si sente frastornata. È stata una giornata dura e difficile sotto tutti gli aspetti.

«Ci sei? Non sento più nulla. Devo dedurre che non sei contenta di avermi tra i piedi!» afferma con la voce spezzata dall’amarezza.

«No, no! Semplicemente è una notizia strepitosa! Certo che posso ospitarti nella mia suite. Oltre al letto matrimoniale, luxury bed come dicono i fogli promozionali, che può ospitare almeno tre persone, c’è anche un divano letto nel salotto. Non hai che l’imbarazzo della scelta: o vieni nel lettone con me o dormi da sola sul divano…» e accennò a una mezza risata per nulla imbarazzata.

Non è la prima volta che dorme con una donna senza costituirle motivo di turbamento. Con Irene ha perso il conto.

«Non cambi mai! Lo sai che preferisco gli uomini, ma ti terrò compagnia nel lettone! Però niente scherzi! Si dorme solo e basta. Mi vieni a prendere all’aeroporto?»

«Certo. Mi deludi però» ribatte con una punta di malizia senza disagio e aggiunge: «Non sapevo che avessi pronunciato i voti di castità. Dunque a domani».

«Nessun voto di castità!» esclama con voce squillante. «Se mi trovi un negrone, me lo faccio nel lettone!» e una nuova risata fragorosa arriva alle orecchi di Simona. «Dicono che sono dei portenti! Ma con te niente! Piuttosto dimmi: con Mark come va? Com’è? Ti rompo le uova nel paniere?»

Simona ha un momento d’incertezza nel rispondere alla domanda. Vorrebbe mentire ma preferisce una risposta cauta.

«Mark?» fa una piccola pausa prima di spiegarsi. «Non è quello che pensavo e credo che difficilmente lo vedrò nei prossimi giorni».

Irene trattiene il fiato e resta in silenzio, sperando che l’amica sia meno parca di parole.

«Mi terrai compagnia in giro per New York, che non ho ancora visto per nulla. A parte il Central Park. A domani” conclude Simona.

La notizia che l’amica sarà domani a New York le solleva un po’ lo spirito dopo una giornata stressante. Nella mano sinistra tiene stretto il foglio, che rilegge.

«Vedremo» replica bellicosa, depositandolo sul tavolo. Si sente più forte e decisa. L’arrivo dell’amica ha alzato il tono di adrenalina.

«Domani è un altro giorno».

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Un viaggio, un incubo -settima puntata

Per chi aspettava la nuvoa puntata, eccolo servito. Qui potete trovare le altre puntate pubblicatre in precedenza.

Foto di Luis Dalvan da Pexels

Buona lettura.

Mark arrabbiato e accaldato raggiunge il proprio appartamento nel Bronx, masticando amaro l’insuccesso patito.

Non era mai capitato prima e per di più è stato giocato astutamente.

“Si, quella femmina non avrebbe aperto con facilità le gambe e la scopata sarebbe stata sudata” riflette mentre stappa una birra.

«Pur in un ambiente difficile si è mossa con attenzione senza commettere errori» chiosa mentre ansa per scaricare il suo membro. «Non si è persa d’animo, ritrovando con facilità la via d’uscita. Si è diretta verso l’unico punto che poteva garantirle la salvezza: la fermata dell’autobus. E io ho perso tempo a cercarla tra le carcasse d’auto! Però me la voglio fottere! Costi quel che costi! E sarà una prigioniera senza possibilità di evadere».

È disteso sul letto, mentre dà sfogo alle sue fantasie erotiche. Il pensiero di Simona è in cima alle sue preferenze, perché è veramente una bella donna, dopo averla vista di persona.

«Ha quarant’anni, ma non li dimostra! Ha una pelle morbida ed elastica come una ventenne!» continua il suo monologo dopo essersi sfogato. «Niente grasso. Ha forme rotonde e toniche. La pancia è appena pronunciata, ma sembra soda e invitante. E poi ha due tette della giusta misura e che si reggono benissimo senza reggiseno! Altro che quelle siliconate che sembrano mele avvizzite e dalla buccia plastificata! Quando mi attacco ai loro capezzoli, mi sembra di avere in bocca due pezzi di plastica! Che schifo! Non trovo più nessuna donna che non abbia le tette rifatte! Si, se me la fotto, sarà uno schianto!»

Liberatosi del peso del sesso, si alza e va in bagno a ripulirsi. Non è soddisfatto di come è andata la giornata. Aveva altri obiettivi. Adesso deve rifare i piani che aveva in mente e non sa da dove cominciare. Quello che ha pensato di fare con Simona è andato in fumo, perché è stato troppo precipitoso.

Quando l’ha vista al Central Park non è riuscito a contenersi anticipando le mosse, perché ha pensato a una facile passeggiata. Doveva procedere con maggior cautela e guadagnarsi la fiducia di Simona. La voglia di sesso è stata troppo forte senza che sia riuscito a trattenersi.

«Di persona è ancora più affascinante. La devo riprendere».

Accende il condizionatore e si prepara una canna. Deve ragionare come raggiungerla.

«È stata furba. Niente numero di telefono, nessun indirizzo» esclama contrariato. «Sarà come cercare un ago nel pagliaio. Vediamo se per caso è sul web».

Si spoglia mettendosi in canottiera e boxer prima di sedersi davanti al computer sempre acceso pronto a ordire la sua tela di ragno. Ne ha catturate molte, ma niente d’interessante: un paio di scopate senza sugo e un addio senza rimpianti.

Mark ha circa quarant’anni, è un broker assicurativo di discreto valore. Ha due matrimoni falliti alle spalle e una ragazzina di tredici anni per figlia, che per fortuna vive con la madre, una mezza baldracca, che se la faceva col suo migliore amico.

A volte gli viene il dubbio che Alessia, la figlia, sia nata dalle scopate di Ricky, perché non gli assomiglia per nulla. Sono anni che non la vede o la sente, ma non prova nessuna nostalgia, perché proprio non gliene importa nulla.

«Che si vadano a fottere Alessia e Susan! Le donne sono capaci solo di aprire le gambe» dice alzando il tono della voce, mentre dà una lunga tirata alla canna.

L’universo femminile è la sua ossessione senza distinzione tra etero, bisex od omo, purché siano belle e che la diano. A volte gli pare di discendere da Geronimo, perché dopo il fallimento con Susan pensa solo ad arricchire la collezione di scalpi di donne per soddisfare la propria libido.

Guarda la posta, che come al solito è piena di schifezze. Un po’ di spam, qualche mail di donne in cerca di un manico.

“Ma che vadano a farsi fottere! Al solo vedervi lui si ammoscia” si dice buttando tutto nel cestino.

Si collega a Twitter per scoprire se @Simo69 sta cinguettando o lo ha fatto.

«Nessun trillo da quando è arrivata a NY!» impreca sottovoce. «Nessun passaggio in rete! Muta e invisibile! Porca cagna! Eppure… vuoi che sia alloggiata in una topaia senza internet? No, lei evita, non vuole essere intercettata! È furba quella troietta, ma quando era a casa, aveva sempre la webcam puntata tra le gambe! E raccontava delle scopate con gli amici! E io solo a sbavare e masturbarmi! Si divertiva a eccitarmi, perché si sentiva al sicuro. Se solo si collegasse, scoprirei in un baleno da dove sta navigando e zac! piomberei subito a prenderla in consegna. Non sono mai riuscito ad adescare una donna europea per scoparmela. Solo siliconate americane o canadesi, che non ti danno nessuna emozione. Tutte sfondate dall’uso del dildo. Con loro pare di navigare nel deserto al buio. Puah! Che schifo!»

Deluso si alza per prepararsi un caffè e una nuova canna.

«Fumo troppo! Dovrò limitarmi o finirò male!» strepita mentre arrotola la bustina. «Però sono troppo nervoso. Quella cagna mi ha stregato».

Guarda l’ora: sono le sei p.m. E da due ore si trova rinchiuso in quel buco che chiama appartamento. Due stanze più i servizi per quasi 600 dollari al mese. Una donna a ore gli tiene ordinate le due camere.

Si guarda intorno e scrolla la testa. “Fa schifo! Devo cambiare Shelly, perché a malapena si nota che ha pulito. Va bene che la pago in natura, quella baldracca, ma non posso portarci nessuna donna qui. Scapperebbero subito per lo sporco che si annida in ogni angolo. Devo farci un bel discorso e allungarle qualche dollaro extra, ma deve cambiare registro”.

Però a Shelly non rinuncia, perché gli garantisce sesso settimanale per tutto l’anno. È una donna di colore di origini cubane di circa trentacinque anni, dalle forme rotonde come piacciono a lui e senza parti rifatte, sempre disponibile anche quando ha il ciclo. Non è bellissima, ma ci sa fare e lo soddisfa in tutto. Non c’è orifizio che non venga passato in rassegna con cura meticolosa. Al termine del servizio di pulizia si trattiene per la notte per il pagamento. Non ha mai capito perché abbia rinunciato a qualche dollaro in cambio di sesso.

Torna alla postazione per vedere se ci sono novità.

E subito si accende la lampadina. Adesso sa come scovare Simona.

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Un viaggio, un incubo – sesta puntata

Eccoci alla sesta puntata di questo racconto lungo. Per chi volesse – a suo rischio e pericolo – leggere le puntate precedenti può trovarle qui.

Buona Lettura

Foto di Quintin Gellar da Pexels

Un pallido sorriso compare sul viso di Simona sdraiata sul letto dove si è sistemata dopo aver mangiato qualche spicchio di pizza.

Spazia con l’occhio fuori della grande vetrata per ammirare lo spettacolo del tramonto, che gioca fra i grandi palazzi di fronte. La mente è vuota, come se tutti i pensieri fossero volati via impauriti per lo scampato pericolo.

Non sa il perché, ma ricorda Anna, mentre osserva tra le cosce aperte il ciuffo nero, che si riflette senza imbarazzi nello specchio di fronte al letto.

Non è stata un’esperienza esaltante, eppure qualcosa ha imparato. “Devi essere più aggressiva se vuoi sopravvivere!” le aveva detto quando si sono lasciate, ma a quanto sembra la lezione non le è servita.

Hanno lavorato come segretarie nella ditta Bombardi per qualche anno prima della chiusura.

«E per fortuna!» esclama contenta. «Ognuna di noi ha seguito strade diverse. Io ho trovato un impiego a Carugate, lei è rimasta a spasso prima di tornare ad Aci Castello. Senza troppi rimpianti la nostra storia è finita».

Per qualche mese si sono sentite per telefono, poi l’oblio è sceso sul loro rapporto. E ripensandoci col senno del poi, non avrebbe fatto l’errore di avere una nuova relazione con lei.

È interdetta perché non comprende i motivi per i quali ripercorre quella parte della sua vita, quando uno squillo la distoglie dal pensare ad Anna. Si guarda intorno alla ricerca della fonte rumorosa.

“Non è il mio telefono” si chiede mentre il suono si fa sentire a intervalli cadenzati.

«Ah!» esclama afferrando la cornetta del telefono a fianco al letto. «Chi è che mi cerca? Nessuno sa dove alloggio a parte i miei genitori. Nemmeno Irene, che voleva accompagnarmi. Però forse… Sarà meglio che risponda così smette di ululare».

Un brivido di terrore le percorre la schiena mentre solleva il ricevitore.

«Hello!»

«Miss Ferrari?»

«It’s me».

«Reception speaking. There’s a message to you».

«A message? Who?» replica attonita. Non riusce a comprendere chi le ha scritto.

«I don’know. I send it to you with an office boy».

«I’m sorry. Wait a moment, please. I can’t receive someone».

«Sure! You arrive in a quarter of an hour. Goodbye!»

«Thank, goodbye».

In fretta si toglie il baby doll e indossa un paio di jeans e la camicetta, mentre s’infila un paio di ballerine nell’attesa di sentire bussare.

Aspetta con ansia di leggere il contenuto del messaggio e conoscere il misterioso mittente.

“Chi sarà mai? Eppure sono stata discreta negli spostamenti” pensa in preda all’angoscia.

Uno squillo annuncia l’arrivo del fattorino e gli mette mezzo dollaro in mano.

Tremolante apre la busta ed estrae un foglio scritto a mano.

Legge e sbianca.

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Un viaggio, un incubo – quinta puntata

Eccoci con il nuovo appuntamento con la storia di Simona. Per chi avesse perso qualche puntata precedente, le può trovare qui.

Buona lettura.

credits by Pexels.com

Simona osserva l’ora proiettata sul soffitto e ha un sobbalzo.

«Ho dormito due ore! E sono ancora nuda!»

C’è ancora luce. Le giornate sono lunghe e il sole sta scendendo dietro le punte dei grattacieli.

La suite è confortevole come potrebbe essere un caldo abbraccio. Ha una vasta stanza divisa idealmente in tre parti. L’area sonno con un letto di dimensioni enormi che guarda in lontananza un parco, una grande isola verde contornata da alti palazzi. Nei due angoli ai lati del letto da una parte c’è la zona cottura e dall’altra l’area relax con due poltrone e un tavolo. Un bagno ampio con doccia e vasca completa la suite. L’arredamento è moderno con colori tenui.

Simona ha trovato di suo gradimento la sistemazione. Quando la prenotato via internet, non pensava che fosse così confortevole.

Si guarda intorno con l’occhio ancora assonnato. Sente il corpo caldo nonostante l’aria condizionata. Fuori una leggera nebbiolina increspa le guglie dei grattacieli e opta per non uscire alla ricerca di un ristorante. Rinuncia all’idea di farsi servire un pasto nella suite dal servizio ristorante come le sere precedenti.

«Userò il servizio di cucina» mormora dirigendosi verso l’angolo cottura, dopo aver indossato un baby doll. «Nel congelatore ho visto pizze e nel frigorifero formaggio, birra e acqua. Per stasera va bene così».

C’è la televisione via cavo che le servirà per allietare la serata. Nell’angolo che funziona da salotto sta un computer con accesso a Internet funzionante se ha voglia di navigare in rete.

Il viso è rilassato nonostante la brutta avventura del pomeriggio. Canticchia e si organizza per trascorrere la serata. “Ok. Più tardi mi faccio un giro sul web per leggere le ultime novità e visualizzare la posta” si dice soddisfatta, mettendo nel microonde la pizza.

Ritiene inutile recriminare sugli avvenimenti del pomeriggio, perché non cambierebbe nulla. Si è dimostrata ingenua e incauta, ma dovrà raddoppiare le precauzioni per non cadere tra le grinfie di Mark di nuovo. Fa mente locale sul viaggio di ritorno programmato per il quattordici luglio. Legge la data sulla sveglia digitale: tre luglio.

“Ancora undici giorni, prima di recarmi al JFK Airport e imbarcarmi sul volo Air France con destinazione Milano con tappa a Parigi” riflette. Saranno undici giorni di supplizio con l’incubo di vedere sbucare all’improvviso il viso di Mark. New York è grande, ma la sfiga ci vede bene, anzi benissimo. “Quando ritieni di essere al sicuro… zac! e spunta la persona più indesiderata! E lui lo è! E se capita come farò a districarmi? Riuscirò a sfuggirgli oppure finirò sua prigioniera senza diritto di riscatto?”

Simona osserva sulla parete il display dell’orologio che segna le otto p.m. In Italia sono la mezzanotte. Non ha nessuna intenzione di chiamare casa, perché è tardi e non desidera raccontare gli avvenimenti odierni.

“Lo farò domani” si ripromette. “Saranno in pensiero perché non mi sono fatta viva, ma Dio mio sono una donna adulta! Questo lo devono capire”.

Il microonde l’avverte che la pizza è pronta. La mette nel piatto con formaggio e birra sedendosi al tavolo. Mentre mangia in silenzio si ripromette di fare il punto della situazione. “Di sicuro non ne parlerò con loro, perché sento già i pianti di mamma e le urla di papà che mi intima di prendere il primo volo di ritorno!” riflette pulendosi la bocca con una salvietta. “Sono a New York e voglio finire la mia vacanza anche se l’ansia mi farà da scorta immancabile”.

Non ha intenzione di barricarsi dentro nel residence per undici giorni. “Per stasera passi, tanto più che non ho molta fame” si dice mettendo il piatto sporco nel lavello. “Domani si esce per New York e che Dio me la mandi buona”.

Quello che ha mangiato non sembra volere andare giù. Ha un groppo alla gola e lo stomaco chiuso. Lo stress del pomeriggio sta presentando il conto ma si deve rilassarsi per affrontare la notte.

«Domani è un nuovo giorno» borbotta, sistemandosi sulla poltrona per vedere un po’ di televisione.

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