Che fine avrà fatto Simona? Rapita? Andata via? Per chi fosse interessato qui trova le precedenti puntate.
La telefonata inquietante distoglie Dick dall’euforia di avere intercettato il presunto cognome di Mark e quindi dare un volto a questa persona.
«Dick, qui c’è l’amica di Miss Ferrari. È in preda al panico e afferma che è sparita. Balbetta ed è terrorizzata» dice la voce concitata del portiere di notte.
Un’imprecazione gli sfugge mentre vede materializzarsi le sue paure.
Scende nella hall e trova una donna dalla corporatura non proprio snella che continua a berciare a ruota libera in maniera confusa.
«Sono Dick» le dice afferrandola per un braccio. «Vieni con me e parliamo con calma. Grazie Martin» e si appartano in un salottino.
Telefona per avere un po’ d’acqua fresca, mentre cerca di mettere a suo agio Irene visibilmente frastornata e in confusione.
Lei continua a parlare in maniera frenetica, saltando da un particolare all’altro senza seguire un filo logico, impedendo di comprendere come si sono svolti gli eventi.
Dick fatica a seguirla e riflette: “Devo calmarla. Altrimenti non si comprende nulla e si perde tempo prezioso per niente. Se è quello che penso, ogni secondo diventa importante e vitale”.
«Chi sei?» chiede secco per mettere ordine alla loquacità incontrollata della donna.
Come se avessero staccata la spina, Irene zittisce e guarda il viso severo dell’uomo che le sta di fronte. Si accorge di essere finita nel panico. Stringe le labbra e corruga la fronte. Osserva il viso di Dick: ha la fronte spaziosa e lo sguardo franco sia pure tendente al severo. Si chiede chi è e perché è in quel salotto.
«Irene» risponde come un automa.
«Bene, Irene» fa Dick addolcendo il tono della voce. «Quando sei arrivata?»
«Oggi pomeriggio alle tre e trequarti. Simona mi è venuta a prendere al JFK…».
«Simona è miss Ferrari?» chiede con calma e gentilezza Dick, interrompendola.
«Si» ammette sistemandosi meglio sulla poltroncina. «Siamo arrivati al residence per depositare i bagagli».
Irene fa una breve pausa ma Dick col capo le fa cenno di proseguire il resoconto.
«Non avevo intenzione di restare chiusa nella suite» prosegue. «Abbiamo deciso di raggiungere New York Public Library, ma ci siamo fermate al Bryant Park. Faceva troppo caldo e abbiamo cercato refrigerio nel parco».
Dick annuisce e interrompe il racconto con qualche domanda.
Irene spiega che il parco stava chiudendo, quando hanno deciso di tornare al residence.
«Mi sono fermata un istante alla giostra dei cavalli. Che meraviglia!» esclama entusiasta prima di riprendere il racconto. «Lì ho perso i contatti con Simona. Poiché diceva di essere stanca ho pensato che fosse rientrata da sola. Ma mi sono sbagliata. È scomparsa… Non so dove sia finita!» e scoppia in un pianto convulso.
Dick l’abbraccia e le accarezza i capelli.
«Ok. Ora ho il quadro completo della serata» afferma Dick alzandosi dalla sua poltrona. «Andiamo al Bryant Park. Forse miss Ferrari è là ad aspettarti».
Escono in silenzio dal salottino e si dirigono verso Bryant Park ma ha brutti presentimenti. Deve fare questo sopralluogo per avere la certezza che sia sparita. Ritiene inutile questo giro ma per innescare una caccia all’uomo si è sempre in tempo senza rimetterci la faccia.
Percorrono il mezzo miglio, arrivando prima della chiusura dei cancelli. Incontrano gli ultimi ritardatari, ma di Simona non trovano traccia né dentro né in prossimità del cancello. Si allungano alla NYPL ma trovano solo qualcuno seduto sui gradini tra i due leoni. Fanno qualche domanda senza ottenere la risposta che sperano di sentire.
Dunque è certo che la donna sia stata rapita. Dick sa chi è stato e ne parla con Irene che rimane stupita. Ignorava questi dettagli ma pensandoci ricorda la reticenza di Simona sull’argomento. Adesso comprende il segreto che le ha tenuto nascosto.
Rientrano nell’ufficio di Dick per organizzare le ricerche. Telefona all’ispettore Todd, che conosce di persona e opera a Park Row, One Police Plaza, la sede principale del NYPD.
«Todd, sono Dick, Come stai?» inizia con i convenevoli ma sente dei grugniti non proprio amichevoli in risposta. Sa che è un orso ruvido ma nasconde una grande umanità. «Ho un problema e vorrei confrontarmi con te».
Nuovi grugniti lo invitano a proseguire.
«La questione è delicata. Solo tu mi puoi consigliare la strada giusta» ribatte con pacatezza, ignorando i borbottii e inizia il racconto degli avvenimenti.
Durante lo snodarsi del resoconto l’ispettore non emette più grugniti d’insofferenza ma senza fare commenti acidi presta attenzione alle parole di Dick che espone con chiarezza gli eventi.
«Mi libero delle quattro rogne che sto trattando e arrivo da voi» afferma tutto d’un fiato Todd. «Non fate nulla e non dite nulla».
Dick osserva Irene che ha lo sguardo perso nel vuoto come se la colpa della scomparsa di Simona fosse sua.
«Todd, oltre a essere un amico, è il migliore detective del NYPD. Vedrai che recuperiamo in fretta miss Ferrari» spiega Dick per rassicurarla anche se pensa che non sarà una passeggiata.
Irene lo guarda e annuisce, ma è assente con la testa. Il capo si muove per riflesso condizionato piuttosto che per la sua volontà.
Nell’attesa Dick fa ricerche su Mark Flannagan, partendo dalla scarna scheda presente nel loro database. Consulta l’elenco telefonico on line di New York, rintracciando una mezza dozzina di omonimi. Si annota indirizzo e telefono.
“Se ho fortuna, bastano un paio di telefonate e lo becco di sicuro” riflette mentre annota qualche altro dato ricavato da Google. “Viceversa è il classico ago nel pagliaio da cercare. In questo caso mi serve l’aiuto di Todd”.
Dopo una mezz’ora abbondante entra un uomo dalla corporatura massiccia e dai modi bruschi, che si piazza sulla poltrona dinnanzi a Dick senza salutare nessuno né presentarsi a Irene.
Senza tanti preamboli chiede volgendo lo sguardo verso Irene: «È questa l’italiana?» Poi la invita a esporre il resoconto della serata. Ascolta paziente lo snocciolare degli avvenimenti senza interromperlo per porre delle domande.
Aggrotta la fronte e stringe la labbra, capisce che è un caso da prendere con le molle. Sa solo che miss Ferrari è scomparsa e non è tornata al residence. Potrebbe esserne andata via di sua volontà, senza coercizioni come possono fare le persone adulte, ma sarebbe possibile il contrario.
Afferma pacato che gli episodi della notte precedente sono inquietanti, ma associare quel Mark col tizio che ha tentato di penetrare nella camera di Simona con l’eventuale rapitore sono solo supposizioni senza certezze. Non si conosce il cognome, mancano fotografie a parte alcuni fotogrammi sgranati delle registrazioni video. Si ignora cosa abbia combinato durante la giornata quella donna. Insomma sono più i punti di domanda che quelli esclamativi.
Inarca una sopracciglia e sbotta: «Quali sono gli elementi che vi spingono a credere che sia stata rapita?»
Irene ha un sussulto di vitalità. Mi mette eretta e guarda negli occhi il detective prima di rispondere: «Simona era strana quando le ho telefonato ieri sera. Sembrava reticente, incerta, assente, come se avesse subito un trauma. Non era la Simona che ricordavo. Allegra, spigliata, dinamica…».
Dick l’interrompe, ricordando un dettaglio sfuggito nel racconto. Lo ritiene importante.
«Todd, ieri sera miss Ferrari ha ricevuto un messaggio recapitato da un ragazzino di colore» spiega catturando l’attenzione del poliziotto. «Presumo che sia nella suite. Potrebbe rivelare particolari decisivi per comprendere cosa è successo stasera».
Entrati nella suite dopo una breve ricerca ritrovano la busta con dentro un foglio. Decidono di leggerlo con calma nell’ufficio di Dick. Il contenuto scioglie ogni dubbio residuo. Però inizia la parte più complessa della ricerca: individuare dove è stata nascosta.