Ci risiamo con Krimhilde.

Su Caffè Letterario è stato pubblicato da poco la diciottesima puntata di Krimhile e le fanciulle scomparse.

Per chi volesse lo può leggere anche qui.

La strega Ampfel ha fretta di raggiungere il posto. Non vuol perdere tempo perché è prezioso.

Il cavallo schiuma per la frenesia del galoppo e più di una volta incespica rischiando di azzopparsi.

Il drago Michele scuote la testa perché non comprende la foga della corsa e non riesce tenere il suo passo mentre lei irosamente lo incita ad accelerare. Spazientito sbuffa senza controllo e bruciacchia la criniera del cavallo che nitrisce per il dolore.

«Scusa Lucifero» e accarezza il collo della bestia. «È stato involontario».

Il drago Michele rallenta la corsa perché Lucifero dà segni di stanchezza e non desidera tornare tra i monti innevati a piedi.

La strega impreca e sbraita osservando che il compagno di avventura si allontana sempre più da lei, perché ha frenato l’andatura. Blocca Mefistofele, un nome insolito per una roana dal mantello nero, e attende l’arrivo del drago Michele. “Facevo meglio a prendere con me il drago Mario e l’irrequieto Matteo invece del tiratardi Michele”. Però riflette che è inutile rammaricarsi adesso ma in realtà il drago Michele le è più utile degli altri due.

Riprendono la strada a un’andatura più moderata risparmiando i cavalli. Lei sbuffa ma lui sorride senza alitare pericolose zaffate di fuoco. La natura pare in festa. Fiori e gemme fanno capolino, anche se i due cavalieri non sembrano accorgersene.

Il sole ha scaldato l’aria, quando arrivano nel prato dove il drago Michele ha incontrato Baldegunde.

«Questo è il posto. Io ero lì e la donna venti passi sulla mia destra».

La strega Ampfel non ascolta le sue parole ma quasi a carponi esamina piante e fiori, finché non si lascia uscire un “Sgrunt” di soddisfazione. Ha trovato quello che cercava.

Ne raccoglie un bel mazzo e invita il drago Michele a fare altrettanto.

«Cosa devo prendere?» Chiede smarrito perché non ha compreso quali fiori cercare. Il suo sguardo si muove in circolo mentre resta immobile accanto a Lucifero.

«Non fare domande cretine!» Il tono è iroso di chi è spazientito. «Si notano subito. Hanno colori più vivaci e sembrano freschi come la rugiada della notte».

È mezzogiorno e il sole è allo zenit, quando la strega Ampfel decide che la raccolta è sufficiente. Hanno riempito due ceste di bambù e una sacca di pelle di leopardo delle nevi.

Il drago Michele non ha capito nulla di questo raccolto, perché la strega è stata sibillina. Comunque ha eseguito gli ordini senza troppo brontolare. “È inutile avviare un contraddittorio. Sarebbe una discussione senza senso”. Però avverte che la compagna è in tensione come se dovesse trovare qualcosa d’altro. Scuote la testa e aspetta l’imbeccata di cosa cercare.

La strega Ampfel si domanda chi può aver suggerito alla capitana delle dragonesse a cavallo di raccogliere quei fiori. “Solamente qualche persona anziana che ricorda i racconti dei suoi antenati”. Però è un’inutile perdita di tempo scoprire chi. Adesso è più impellente cercare un altro oggetto, che però non riesce a quantificare.

I suoi movimenti sono scrutati dall’occhio vigile e curioso del drago Michele che si è seduto su un masso vicino al torrente Ginestro. Ascolta il gracidare delle raganelle rosse e osserva le sue acque trasparenti. Piccoli pesci colorati di giallo e di blu guizzano liberi catturando moscerini e addentando le alghe che fluttuano libere. È assorto nell’osservare questi scampoli di vita, quando sobbalza riportato alla realtà da un urlo disumano della strega Ampfel. Un grido che rimbomba nella foresta, amplificato dall’eco delle formazioni rocciose lungo il torrente Ginestro.

È cadaverica come se avesse visto la morte in faccia. Il mantello invisibile è ridotto in mille pezzetti. Una lunga strisciata nera deturpa il suo viso dall’occhio destro che appare tumefatto. Un leggero rigagnolo di sangue scende dal collo senza mostrare l’origine. Il braccio sinistro rimane a penzoloni, inerte.

Il drago Michele vorrebbe chiedere cosa l’ha ridotta così ma un perentorio «Andiamo!» tronca sul nascere una qualsiasi curiosità.

Messi al galoppo i cavalli, si allontanano velocemente dalla radura. La strega Ampfel vuol raggiungere il più rapidamente possibile la sua abitazione per riparare i danni subiti.

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Nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la puntata 16 dell’affascinante racconto Krimhilde e le fanciulle scomparse.

Per chi fosse pigro la ripropongo anche qui.

Primo iris

Mentre Markus e Baldegunde stanno decifrando le mappe, sulle montagne innevate la strega Ampfel e il drago Michele studiano una nuova strategia per arrivare ad Annelinde, la sesta vergine che manca per soggiogare la Terra di Mezzo e vivere al Castello.

La strega avrebbe voluto coinvolgere anche il Drago Mario e il draghetto Matteo. È convinta che il pragmatismo del drago Mario sarebbe molto utile per scardinare le difese della capitana delle dragonesse a cavallo, mentre il draghetto Matteo con tutte le sue giravolte lessicali avrebbe fatto perdere il senno anche alla donna più scafata.

Dopo una lunga discussione la strega Ampfel si è arresa e ha lasciato perdere il suo proposito. “Ci sarà tempo per utilizzare anche loro”.

«Prima di cominciare, c’è un dubbio che mi è sorto ripensando al comportamento della capitana» inizia cauto il drago Michele modulando la voce in falsetto come è solito fare in queste occasioni.

«Cosa?» La strega Ampfel si raddrizza dalla postura semi sdraiata per prestargli maggiore attenzione.

Il nerd di montagna inspira aria e cerca di evitare di lanciare fiamme dalla bocca. “Meglio essere cauti e non incendiare nulla” riflette.

«Ricordo che ha tenuto per tutto il tempo, che è stata con noi, una mano dentro la salopette come se avesse un amuleto».

La strega Ampfel si mette ritta con la schiena e si fa più attenta. “Che abbia capito come la donna l’ha gabbato?” Sorride storta, perché drago Michele a volte è ingenuo, perché un amuleto preserva dalla sfortuna e non dona poteri magici.

Drago Michele prosegue cauto nella sua ipotesi.

«Però ieri vicino al torrente Ginestro, quando ha tentato di spacciarsi per la figlia teneva in mano un mazzo di fiori variopinti che non ho mai visto. Conosceva molti dettagli di me e sembrava che riuscisse a leggermi la mente. Ieri non ci ho fatto caso ma oggi sì».

La strega Ampfel si passa la mano sulla fronte rugosa, perché qualcosa si è acceso nella sua mente. “Questa invece è più plausibile. Fiori dotati di poteri magici ne esistono e crescono anche nella Terra di Mezzo”.

«Fiori variopinti? Che tipo?»

Sa per certo che lungo le rive del Ginestro crescono e fioriscono fiori dotati di particolari poteri. Non ha mai indagato a fondo sulla loro natura ma ricorda che nei racconti del focolare durante le sabba serali, radunata con le sorelle intorno al cammino, si narravano effetti straordinari per questi fiori che crescono spontanei e molto belli da vedere.

«Ma… non saprei… Non li ho mai visti. Colori brillanti, anzi sgargianti, che colpiscono. Corolle incredibilmente voluminose. Molto di più dei soliti fiori spontanei. Però un dettaglio mi aveva colpito che adesso affiora nella mente. Sembravano appena colti anche dopo un’ora di botta e risposta. Ero troppo impegnato nelle schermaglie dialettiche per prestarci attenzione».

La strega Ampfel si alza di scatto e dalla libreria posta alle sue spalle prende un voluminoso libro pieno di polvere e ragnatele. Col bordo della manica lo ripulisce un po’, tossendo per la polvere inalata.

Lo apre all’incirca a metà e mostra le figure disegnate in grandezza naturale. «Come queste?»

Il drago Michele stringe gli occhi per mettere a fuoco l’immagine tenendo con cura la bocca chiusa.

«Non ero vicino ma ci assomigliano molto. Oltre a questo, qualora corrispondano, ce ne erano degli altri diversi per forma e colori. Ero troppo impegnato a ribattere per prestare attenzione».

Dunque” borbotta con tono stridulo che nessuno capta. “Dunque questi dannati fiori esistono e hanno poteri straordinari. Bisogna fare un sopralluogo nel posto dell’incontro”.

La strega Ampfel depone il librone dalla copertina di cuoio rosso con fregi neri e dorati sulla mensola delle pozioni terribili e si gira verso drago Michele.

«È urgente fare una visita al posto del vostro incontro. Ricordi con esattezza il punto?»

Drago Michele annuisce. “Certo che lo ricordo. E là dove avrei catturato la sesta vergine. Ci mancherebbe che non saprei ritrovare il luogo”.

«Quando si parte?»

«Domani mattina di buon ora. Adesso rischiamo di arrivare col buio». Detto questo la strega Ampfel batte le mani per chiamare l’apprendista strega Rotapfel.

«Preparami la mantella invisibile e il roano Lucifero per domattina prima dell’albore» urla con tono stridulo quando compare.

«Ma io…» balbetta drago Michele.

Però la strega Ampfel è già sparita avvolta nel mantello invisibile e al drago Michele non resta altro che correre a casa per prepararsi la partenza di lì a poche ore. “Ma dove crede di andare senza le mie indicazioni…”.

Si affanna a mangiare qualcosa. Sta digiunando e lo stomaco reclama cibo. Prova a coricarsi ma non riesce a dormire. L’ansia gli mette agitazione. Quando gli occhi si chiudono, ecco che si sveglia.

«Muovi il culo. Tra due minuti si parte» strepita la strega Ampfel facendosi sentire nella mente.

Il drago Michele sobbalza e si fionda in un amen verso la casa della strega. Sa che non può perdere un secondo se non vuol diventare una statua di ghiaccio.

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Gioco del lunedì: lipogramma in A

Per questo lunedì Elettasenso propone un lipogramma in onore dell’autunno, Se per onore non si deve usare la A ma va bene.

Ecco cosa ho escogitato

Il mio orto

Perché il mio orto? Non lo so però me lo sento mio. I colori sono forti come possono essere in questo momento. I frutti sono raccolti per quello che può offrire. Fichi e mele. Sufficienti? Per me sì. Sono nelle misure giuste. L’inverno è vicino e l’orto perde il sole. È buio e triste.

Osservo con occhio sereno: il tempo scorre. Non si può eludere né fingere. Sei mesi e poi tripudio di fiori per il benvenuto del novello periodo.

Ho barato un po’ 😀 Non era l’orto ma il giardino ma la A mi tradiva

 

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Trovate la figurina con la C

Questo post è la copia di quello pubblicato su Caffè Letterario.

Clara ritorna dall’ufficio sfinita. Dieci ore d’inferno e il bus che la riporta a Venusia pieno. Ha dovuto aspettare le due corse successive per poter salire. Tutti col loro green pass in mano e lei a sbuffare perché vorrebbe essere già nel suo bilocale in Via del Verde, alla periferia ovest di Venusia.

“Mi devo decidere. Non ne posso più di questa vita da pendolare specialmente in tempo di pandemia. Green Pass, distanziamento, mascherine e code interminabili per i controlli”. Tuttavia l’idea di abbandonare Venusia per Ludi, il capoluogo di provincia di Ludiland, non l’attira per nulla. Lei è nata in casa come tutti gli abitanti di Venusia, anziché all’ospedale come i ludensi. I venusiani odiano quel mondo odoroso di disinfettante e preferiscono nascere tra le quattro mura amiche con l’aiuto dei vicini di casa. Clara non ha fatto l’eccezione.

Venusia è per lei, come per tutti i suoi abitanti, un mondo fantastico, unico e non copiabile.

Oggi è stato peggio degli altri giorni. Mister Tai-no, un malese piccolo ed esile, l’ha tediata con mille incombenze, perché Monica era assente con un fantomatico mal di pancia. “Altro che mal di pancia” ha pensato quando ha letto il biglietto sulla sua scrivania con la grafia tremolante di Mister Tai-no. ‘Monica non c’è. Male al pancino. Forse domani. Non so’. Clara ha sogghignato. “Pancino? Pancione!”.

In effetti Monica è tutt’altro che mingherlina. Il giro vita pare un monumento all’obeso. “Credo che faccia fatica a vedere la punta dei piedi” ha pensato Clara ridendo di gusto leggendo quel biglietto.

Nella sua testa è rimbombato per dieci ore: «Trovate la figurina con la C. È qui tra voi. Trovate la figurina con la C. È qui tra voi…». Per strada, al bar, alla radio e persino sul suo computer. Un martellare continuo, incessante. “Eppure” si disse, lanciando le scarpe sul pavimento appena entrata nel suo bilocale. “Eppure nessuno pareva interessato a questo annuncio. Mister Tai-no la solita sfinge che si materializza come un fantasma accanto alla mia scrivania, col suo italiano bleso mi comanda di andare al bar. Tuttavia non pare fare caso al tormentone”.

È talmente stanca che non ha nemmeno la forza di cuocersi un uovo. Si distende sul divano e chiude gli occhi.

«Trovate la figurina con la C. È qui tra voi».

Clara vede una macchina con l’altoparlante su tettuccio che sta accanto a lei. «Trovate la figurina con la C. È qui tra voi».

L’utilitaria è ferma accanto a lei. Si avvicina al posto di guida per chiedere spiegazioni. Un signore con barba e capelli bianchi tiene in mano un microfono e continua nella sua cantilena. «Trovate la figurina con la C. È qui tra voi».

«Mi scusi» fa Clara bussando con discrezione al vetro. «Perché continua a dire quel ritornello?»

L’uomo scuote il capo in segno di diniego mentre continua nella sua monotona cantilena.

Clara è esasperata. Vorrebbe mettersi dei tappi di gomma nelle orecchie ma non può. Quel tormentone l’ossessiona mentre è in coda per salire sul bus, durante il viaggio e adesso anche a casa sua. Le sembra di impazzire. “Cosa vuol dire?” Non riesce a dare una spiegazione logica eppure rimbomba nella sua mente. Un martello pneumatico.

“La figurina con la C? Quale? Quella dell’album Panini coi giocatori? Non può essere”. Lei non distingue un portiere da un attaccante. Scuote la testa e i capelli rossi ondeggiano qua e là come mossi dal vento.

Si gira e rigira sul divano ma il «Trovate la figurina con la C. È qui tra voi» continua. Vorrebbe dormire ma l’ossessionate e monotono ritornello continua.

C’è un attimo di pace e distende i lineamenti. Il tormentone tace.

«Trovate la figurina con la C. È qui tra voi. In via del Verde a Venusia».

Clara si sveglia di botto e aprendo gli occhi si guarda in giro. C’è già buio. Le giornate di settembre si sono accorciate. Tutto spento. Televisore, radio, computer. «Eppure ho sentito bene» afferma con una punta d’angoscia». Si mette ritta sul divano. I capelli rossi sono bagnati come se fosse stata sotto la doccia.

«Eppure ho sentito bene. Via del Verde a Venusia. Qui abito io».

Va in cerca dell’interruttore ma a piedi scalzi urta qualcosa di duro. Le scappa un’imprecazione volgare mentre saltella su un piede. Raggiunto l’interruttore nel mezzo della stanza vede una scatola di latta. Ha discrete dimensioni e sul coperchio vede una strana figura sbiadita, di un giallo pallido. Parte delle scritte sono in venusiano e parte in una lingua sconosciuta.

Il mignolo destro duole tremendamente e zoppica vistosamente. Si accoccola sui talloni per esaminare la scatola che le ha prodotto tutto dolore. Solleva il coperchio e … spavento. Uno strano pupazzo a forma di jolly esce sospinto da una molla. «Trovate la figurina con la C. È davanti a voi. In via del Verde a Venusia. Vi sta guardando!»

Clara fa un balzo all’indietro andando a sbattere con la schiena nel mobile basso alle sue spalle.

Il pupazzo dondolante ripete: «Trovate la figurina con la C. È davanti a voi. In via del Verde a Venusia. Vi sta guardando!»

Clara si avvicina alla scatola da dove sono uscite decine di figurine colorate e un po’ malconce. Bordi rovinati, pieghe e scritte sul retro. Ne prende una in mano. Una ragazzina vestita con foggia strana. Ha un sussulto. Il viso le assomiglia in modo incredibile. Sembra una vecchia fotografia di quando aveva dieci anni. Nell’angolo superiore a sinistra c’è una bella C e in basso a destra campeggia Clara. La lascia cadere come se scottasse e poi la raccoglie. Si è dimenticata del pupazzo che ripete «Ha trovato la figurina con la C. È davanti voi. In via del Verde a Venusia. Vi sta guardando!»

Sente bussare alla porta. Non aspetta nessuno ma apre lo stesso.

«Buon compleanno Clara!»

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