Compagnia per l’estate – 6 – il sorriso

Su newwhitebear è stato pubblicato il sesto esercizio di scrivere creativo.

Ecco le regole.

Dovrete creare un racconto, lungo 1000 parole,

“Se alle tre del mattino ti svegli e per la dolcezza del sogno ti viene da sorridere… non farlo” è la voce suadente di Aldo, che l’ammonisce.

Giada si sveglia di botto e si guarda intorno. Buio e silenzio ma di Aldo, il suo compagno neppure l’ombra. Il suo posto nel grande letto matrimoniale è freddo. È sparito da tre giorni senza lasciare tracce. Si mette dritta e scruta la radiosveglia. Sono le tre, mugugna infastidita. Il sogno merita non un sorriso ma un milione di sorrisi e non posso farli. Sembra incredibile ma da tre giorni non si può sorridere, nemmeno un accenno. Donaldo Briscola, il presidente di Sufferland, stanco di vedere visi sorridenti, ha deciso che è abolito per decreto. Chi è trovato a sorridere prenderà dieci nerbate sulla schiena. Per i recidivi l’aumento sarà in proporzione al numero di mancanze.

Giada ha pensato alla solita battuta del presidente arancione su twitter, perché, quando cinguetta, non si capisce una mazza. Questa volte è stato chiaro: dieci nerbate sulla schiena nuda sulla pubblica piazza. Il primo giorno hanno beccato una ragazza dalla pelle scura, che ha il sorriso incollato sulle labbra, rammenta Giada, mentre sveglia fa il viso mesto di circostanza. “Non si sa mai” ammette mogia con l’occhio spento e la bocca storta. Ha visto la scena sul televisore. Roba da mettersi a piangere, altro che ridere. Le immagini andavano in loop su tutti i canali TV. L’avevano agguantata, denudata dalla cintura in su e giù nerbate con perfido sadismo. Avevano il loro daffare nel usare il nerbo di bue ma il sorriso restava beffardo mentre gli occhi erano pieni di lacrime.

Aldo è rientrato furibondo. Da lui ha saputo che è intervenuto il capo della polizia per spiegare a quegli energumeni che l’avrebbero potuto anche ucciderla ma il sorriso sarebbe rimasto in eterno. Madre natura l’aveva generata sempre sorridente. Al termine del racconto ha fatto un sacco di telefonate tutto arrabbiato ed è sparito. Aldo è una testa calda e per questo Giada è in apprensione per lui.

Il pensiero di non poter più sorridere l’angoscia. “Ma in privato?” Qui casca l’asino. Non è chiaro se sarà possibile ma un codicillo scritto con carattere quattro, da leggere con lente d’ingrandimento, parrebbe vietarlo. O meglio è istituito la Gran croce della spia, da assegnare a chi fa più soffiate documentate da immagini. Dunque nemmeno tra le mura di casa si può stare tranquilli. Poi c’è il rischio di una webcam azionata da qualche software spia, non più malevole ma benevole nella nuova accezione del termine. La Sicurezza Nazionale li inietta in tutti i computer. Lo faceva prima in modo illegale ma subdolo. Lo fa adesso alla luce del sole. Sono vietati per legge l’uso di antivirus o sistemi operativi refrattari a questi software. Giada tiene il PC spento. Non usa più lo smartphone ma un vecchio telefono non connesso che fa solo telefonate e manda o riceve SMS. Niente più Whatsapp, né i social, né consultare le mail. Niente più navigazione.

Però ritorna a pensare ad Aldo e si domanda dove sia finito. “È sempre stato una testa calda” ammette sconsolata. “Ma tre giorni fa ha superato il limite di guardia. Lui con altri esagitati ha manifestato davanti alla Casa Arancione con striscioni e megafoni”. La ragazza teme che sia stato messo in prigione. Forse non durante la contestazione, perché la polizia a cavallo ha caricato i manifestanti che si sono dispersi nel parco e nelle vie adiacenti. “Non ha chiamato, né mi ha mandato un messaggio. Dissolto nel nulla”. Giada fa il viso triste. Di dormire non ci pensa più. Eppure le è apparso nel sogno.

Aldo per sfuggire alla cattura si è nascosto insieme a due amici dentro un ufficio di onoranze funebri.

“Qui non ci vengono a pescare” ha sostenuto, nascondendosi dentro una bara.

“Ma non possiamo restare in eterno tra urne cinerarie e casse da morto” contesta Giacomo, che preferisce un’atmosfera più gaia.

“Cosa dici, Aldo?” interviene Giovanni col viso da funerale.

Aldo si grata la testa pelata, guarda i due amici con cui ha condiviso tante risate ma resta muto.

“Le pompe funebri sono aperte ventiquattro ore per trecento sessanta cinque giorni l’anno” borbotta Aldo. “E poi non fanno ridere”.

Si mette a dormire in una cassa foderata di raso viola con un cuscino di velluto rosso.

Donaldo è furioso. Si muove secondo un’ellisse nel suo studio presidenziale. Il suo consigliere Bannone, il Rasputin della situazione, non osa avvicinarsi. Ci ha provato e porta i segni della sua dentiera sul braccio. Per fortuna aveva una giacca pesante, che ha impedito che affondasse i denti nella carne.

Il presidente si domanda dove ha sbagliato. ‘Tre giorni fa tutti erano felici e sorridenti” borbotta incavolato come una biscia. “Adesso sembrano spot pubblicitari della mestizia al cubo. Manco uno sorride! Solo quella minorata del primo giorno”. Poi sono arrivati i contestatori, pensa con il viso paonazzo dalla rabbia, con megafoni e striscioni. Devo cacciare il capo della polizia. Un inetto.

Si ferma davanti al computer e twitta “Da questo momento Rossello, il comandante della polizia di Surfunia, non è più il capo”.

Ha appena battuto ‘Invia’ che sente del tramestio alle sue spalle. Diventa tutto buio, come se un cappuccio nero fosse stato calato sulla sua testa.

Giada apre il televisore, sperando di trovare qualcosa di soporifero. Strabuzza gli occhi. Legge ‘Edizione straordinaria” sullo schermo e vede il suo Aldo che trascina per i cappelli arancioni un omone che assomiglia in modo incredibile a Donaldo Briscola. L’annunciatore comincia a recitare la sua litania.

“Tre giovani audaci, Aldo, Giovanni e Giacomo, hanno catturato il gemello pazzo del nostro presidente, che sfruttando la completa somiglianza ne aveva preso il posto. Ronaldo Briscola era internato nella clinica psichiatrica ‘Dottor Stranamore’ ma era riuscito a fuggire con la complicità di un funzionario disonesto. Il vero Donaldo Briscola era finito imbavagliato in un cassa da morto delle onoranze funebri ‘Visi tristi’. Qui si erano rifugiati i tre ragazzi e l’avevano liberato. Tra bare e urne hanno messo a punto il piano per catturare il gemello pazzo. Una risata ci seppellirà” aveva concluso l’annunciatore ridendo a crepapelle.

in cui i sorrisi vengono vietati/cancellati/esiliati/dimenticati/scegliete voi.

Dovrete:

  1. Inventare il motivo per il quale non sarà possibile sorridere;
  2. Creare due personaggi principali;
  3. Un “antagonista”;
  4. Un colpo di scena finale.
  5. Iniziare il racconto con “Se alle tre del mattino ti svegli e per la dolcezza del sogno ti viene da sorridere… non farlo.”

ecco il mio racconto

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continua la saga di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la venticinquesima puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse. La puntata la potete leggere anche qui.

L’ultima avventura di Puzzone

Markus non ha fatto i conti con la voce femminile di cui ignora il nome. Non appena si corica accanto a Baldegunde per prendere sonno, sente sibilare nella mente. «Alzati e unisciti con me. Diventerai immortale».

Lui senza rispondere si gira su un fianco e ascolta il lento ronfare della compagna che si è addormentata come un sasso. Anche lui vorrebbe prendere sonno, perché la giornata è stata lunga e complicata. Però quella voce lo tedia e lo incita ad abbandonare Baldegunde.

Markus comprende che è una trappola senza capire lo scopo di tutta questa insistenza. “Dunque non sono quelle che dicono di essere”. Sa che questo pensiero sarà letto dalla voce femminile. Sorride e dubita che sia veramente una femmina.

«Te ne pentirai» urla inviperita e aggiunge con voce stridula. «Conoscerai la nostra rabbia e rimarrete nostri prigionieri».

«Tutto questo è da vedere» replica calmo Markus puntando su alcune erbe che ha nei suo zaino. Queste hanno il potere di trasformarli in altri umani e rendersi irriconoscibili.

Si alza, osserva la compagna che ha i lineamenti distesi di chi dorme beato. La sfiora con la mano prima di afferrare lo zaino che contiene preziose erbe e la verga ammazzastrega.

La estrae e avverte in tutto il braccio la vibrazione che emette. “Dunque siamo finiti in un covo di streghe. Ora è chiaro il disegno”.

La verga inizia lentamente a muoversi a destra e sinistra, poi rotea fendendo l’aria con decisione. Markus non è più in grado di controllare la frenesia dei fendenti perché la verga pare animata di vita propria.

Dapprima ascolta dei gemiti, poi delle invocazioni di aiuto per far cessare il supplizio.

«Mostrati e chiedi perdono per quello che hai tentato di fare» sussurra Markus pronto a usare il tiglio tignoso per imprigionare questa presunta anima immortale.

«Trattieni questo strumento. Faccio ammenda di aver tentato di intrappolarvi per impedire di proseguire oltre».

Come d’incanto compare una fanciulla dai capelli arruffati e volto e corpo piagati da brutte ferite nere. Trema e balbetta.

Markus la osserva con disprezzo mentre richiama a sé la verga che vibra minacciosamente, pronta a riprendere il lavoro interrotto. «Chi siete veramente».

«Siamo le megere scampate al rogo della regina Eberhilde che ha sterminato tutte le mie compagne. Prendiamo ordini dalla strega Ampfel e siamo state poste a guardia di questo sentiero occulto. Il nostro compito è catturare tutti i viandanti che lo percorrono. Nessuno deve raggiungere la Prigione del Tempo Perduto».

Detto questo la fanciulla diventa grinza e ingrigisce fino a diventare un mucchietto di cenere.

«Abbiamo corso un grosso rischio». È la voce assonnata di Baldegunde che ritta sul letto ha ascoltato le parole della megera e osservata la sua fine. «Dobbiamo eliminare subito anche le altre».

Markus scuote il capo. «Sono certo che sono già fuggite per raggiungere la strega Ampfel. Il posto non è più sicuro. Vestiti in fretta mentre preparo qualche tisana. Tra cinque minuti dobbiamo essere in marcia anche se fuori è buio».

Diventati invisibili e confuso il loro odore di umani con quello del leopardo delle nevi si mettono in cammino verso la Prigione del Tempo Perduto.

***

«Signora sono affranta ma la devo disturbare».

L’apprendista strega Rotapfel è ritta dinnanzi al baldacchino dove riposa la strega Ampfel e si contorce le mani. Svegliarla quando si è appena assopita è sempre un rischio ma vista l’urgenza non ha alternative.

La strega Ampfel grugnisce. È a letto da un paio di ore ma solo da pochi minuti ha preso sonno. Le ferite dolgono e il veleno non è ancora debellato. Si gira su un fianco e poi sull’altro, infine si mette ritta con gli occhi socchiusi.

«Cosa c’è di tanto urgente da svegliarmi nel cuore della notte?»

L’apprendista strega si schiarisce la voce con due colpetti di tosse. «Nel salotto grigio ci sono le megere, le anime immortali messe a guardia del sentiero perduto…».

«E allora?» Il tono si alza di più di un’ottava e gli occhi si stringono nervosamente. «Perché hanno abbandonato il loro compito?»

L’apprendista strega abbassa lo sguardo. Sa che sta per scatenare l’inferno. «Dicono che sono fuggite perché un uomo e una donna hanno incenerito Krienhilde, il loro capo con un oggetto sconosciuto ma potente».

La strega Ampfel sembra svegliarsi di botto e la mente prende a vorticare vertiginosamente. «Loro in tredici messe in fuga da due persone umane! Non posso crederci». Però qualcosa si insinua nella sua testa. “Krienhilde è una megera potente e navigata. Mi sembra strano che abbia permesso a un umano di renderla in cenere. A meno che…”. Adesso deve ascoltare la megera anziana Swanhilde.

La megera anziana racconta che Krienhilde ha tentato d’irretire l’uomo come ha sempre fatto in passato con successo. Però questa volta le ha andata male. «Con esattezza non so cosa sia successo. Noi eravamo in un’altra stanza. Abbiamo sentito delle grida di dolore e invocare aiuto. Quando siamo accorse, l’abbiamo trovata in un mucchietto di cenere grigia».

La strega Ampfel stringe gli occhi per il dolore delle ferite e per concentrarsi su quello che ha udito.

«Mi avete parlato di due umani che vi hanno costretto alla fuga».

La megera Swanhilde abbassa lo sguardo per non incrociare quello della strega Ampfel. In effetti non sono accorse subito ma dopo un po’ di tempo perché hanno avuto paura. La strega legge questo pensiero che scatena la sua collera. Alza il tono della voce perché la vorrebbe incenerire.

«Non siete lì per scaldare la panca ma per impedire che degli intrusi possano salire al Picco dell’Impiccato».

Poi la congeda con un gesto imperioso della mano. «Siete sollevate dal vostro compito. Rimanete nel salotto nero finché non sono di ritorno». E comanda all’apprendista strega di convocare con la massima urgenza sia il drago Michele sia il draghetto Matteo.

«Tra meno di un minuto siano qui!» Tuona infuriata, mentre si prepara per uscire.

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Una prof mancante – una storia da Venusia

È una giornata tra Natale e Capodanno. Una come tante nel periodo delle vacanze invernali. Si mangia, s’ingrassa e si sonnecchia. Niente di che a rompere la monotonia di quei giorni nell’attesa dell’Epifania che le feste si porta via. Anche a Venusia non succede mai nulla in questi giorni sonnacchiosi.

«Ingegner Lamonaca Claretta?»

Clara sobbalza ascoltando queste parole, aprendo la comunicazione. Allarga la bocca e spalanca gli occhi, increspando la fronte. Non riesce rispondere né con un sì, né con un no: è interdetta. Nessuno la chiama Claretta. Tutti la conoscono come Clara. Odia quel nome ma sa chi glielo ha messo: sua madre che stravedeva per una grande attrice del muto, Claretta Pitocca. Però è quel “ingegnere” che non si aspetta. In effetti le mancano due esami non piccoli: ‘Scienza delle costruzioni’ e ‘Fisica tecnica’. Due prove che sembrano per lei la scalata all’Everest. Poi alla fine la sospirata tesi e finalmente può fregiarsi del titolo di ingegnere.

«Sì» risponde timidamente, quasi timorosa di apparire vanitosa e di usurpare quella qualifica che non le spetta ancora.

«Buongiorno signorina. Qui la segreteria dell’Istituto Tecnico Industriale Ilario Tersiano…». Una breve pausa interrompe la presentazione, perché ascolta un respiro affannoso dall’altra parte del telefono.

«Mi dica». Clara riprende il controllo della respirazione e delle pulsazioni del suo cuore. La voce esce più franca. Si sistema comoda sulla poltrona di raso giallo e aspetta che l’interlocutore chiarisca il senso della telefonata.

«Ci sarebbe un posto per l’insegnamento di ‘Impianti elettrici’ e ‘Planimetria tecnica’. Assunzione come supplente con incarico a tempo indeterminato e trentasei ore settimanali».

Clara trattiene il respiro, conta fino a dieci prima di rispondere. Sarebbe la manna piovuta dal cielo accettare l’offerta ma preferisce essere sincera.

«Però non sono ancora ingegnere. Mi mancano due esami e la tesi. Se tutto va bene, finisco con la sessione estiva di luglio».

Una breve risata subito repressa precede le parole. «Lo sappiamo. Però il suo profilo è apparso nei primi posti della graduatoria».

Clara deglutisce vistosamente come se avesse ingoiato un rospo intero. Non capisce come possa essere finita in graduatoria visto che non è mai stata sua intenzione di insegnare a scuola.

L’interlocutore dà un colpetto di tosse, tamburella con le dita sul tavolo, si agita sulla poltrona di pelle nera che scricchiola.

«Se le interessa, chieda di Giovanni Piscopo all’ingresso tra due ore. Altrimenti…».

Non riesce finire il discorso, perché Clara risponde di sì. «Tra due ore sarò lì».

«Conosce il posto?»

«Sì» e conferma muovendo il capo e facendo ondeggiare la sua folta capigliatura rossa che sembra un cespuglio di rose fiorite.

Un freddo ‘buongiorno’ chiude la comunicazione.

Clara balza in piedi per prepararsi a raggiungere Ludi. È euforica perché questa offerta capita proprio nel momento giusto. Ha perso un anno perché si era trovata un lavoretto da venditrice porta a porta. Pareva di poco conto come impegno temporale, invece ha assorbito tutte le sue energie e le ore del giorno. Di fatto non aveva avuto tempo per preparare esami o frequentare le lezioni. Così l’anno precedente era andato perso. Però le motivazioni era più che valide. Sua madre era in difficoltà economiche e non poteva garantirle il pagamento delle tasse universitarie. “Questo posto mi dà qualche sicurezza economica in più e mi lascia il tempo libero per preparare gli ultimi esami e la tesi». Questo pensiero l’accompagna, mentre infila i jeans e la camicetta azzurra. Per stare comoda calza delle ballerine verdi. Poi di corsa a prendere la bicicletta. Non può perdere un minuto se vuol arrivare a Ludi per tempo. Pedala di gran lena come in trance quando si sente afferrare per un braccio e strattonare a terra. Un volo sulla strada in ciottoli di fiume. Non ha il tempo per comprendere perché è successo e per quale motivo qualcuno la strattonata.

Addio corriera! Addio posto da prof” recita guardando il disastro della caduta. I jeans strappati mostrano i segni dell’acciottolato sulle gambe. Sangue e brandelli di pelle staccati dalle ginocchia.

È a terra dolorante, quando…

«Claretta ancora un incubo? Hai gridato e smaniato».

Altre storie di Venusia le trovate qui.

 

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Ci risiamo con Krimhilde.

Su Caffè Letterario è stato pubblicato da poco la diciottesima puntata di Krimhile e le fanciulle scomparse.

Per chi volesse lo può leggere anche qui.

La strega Ampfel ha fretta di raggiungere il posto. Non vuol perdere tempo perché è prezioso.

Il cavallo schiuma per la frenesia del galoppo e più di una volta incespica rischiando di azzopparsi.

Il drago Michele scuote la testa perché non comprende la foga della corsa e non riesce tenere il suo passo mentre lei irosamente lo incita ad accelerare. Spazientito sbuffa senza controllo e bruciacchia la criniera del cavallo che nitrisce per il dolore.

«Scusa Lucifero» e accarezza il collo della bestia. «È stato involontario».

Il drago Michele rallenta la corsa perché Lucifero dà segni di stanchezza e non desidera tornare tra i monti innevati a piedi.

La strega impreca e sbraita osservando che il compagno di avventura si allontana sempre più da lei, perché ha frenato l’andatura. Blocca Mefistofele, un nome insolito per una roana dal mantello nero, e attende l’arrivo del drago Michele. “Facevo meglio a prendere con me il drago Mario e l’irrequieto Matteo invece del tiratardi Michele”. Però riflette che è inutile rammaricarsi adesso ma in realtà il drago Michele le è più utile degli altri due.

Riprendono la strada a un’andatura più moderata risparmiando i cavalli. Lei sbuffa ma lui sorride senza alitare pericolose zaffate di fuoco. La natura pare in festa. Fiori e gemme fanno capolino, anche se i due cavalieri non sembrano accorgersene.

Il sole ha scaldato l’aria, quando arrivano nel prato dove il drago Michele ha incontrato Baldegunde.

«Questo è il posto. Io ero lì e la donna venti passi sulla mia destra».

La strega Ampfel non ascolta le sue parole ma quasi a carponi esamina piante e fiori, finché non si lascia uscire un “Sgrunt” di soddisfazione. Ha trovato quello che cercava.

Ne raccoglie un bel mazzo e invita il drago Michele a fare altrettanto.

«Cosa devo prendere?» Chiede smarrito perché non ha compreso quali fiori cercare. Il suo sguardo si muove in circolo mentre resta immobile accanto a Lucifero.

«Non fare domande cretine!» Il tono è iroso di chi è spazientito. «Si notano subito. Hanno colori più vivaci e sembrano freschi come la rugiada della notte».

È mezzogiorno e il sole è allo zenit, quando la strega Ampfel decide che la raccolta è sufficiente. Hanno riempito due ceste di bambù e una sacca di pelle di leopardo delle nevi.

Il drago Michele non ha capito nulla di questo raccolto, perché la strega è stata sibillina. Comunque ha eseguito gli ordini senza troppo brontolare. “È inutile avviare un contraddittorio. Sarebbe una discussione senza senso”. Però avverte che la compagna è in tensione come se dovesse trovare qualcosa d’altro. Scuote la testa e aspetta l’imbeccata di cosa cercare.

La strega Ampfel si domanda chi può aver suggerito alla capitana delle dragonesse a cavallo di raccogliere quei fiori. “Solamente qualche persona anziana che ricorda i racconti dei suoi antenati”. Però è un’inutile perdita di tempo scoprire chi. Adesso è più impellente cercare un altro oggetto, che però non riesce a quantificare.

I suoi movimenti sono scrutati dall’occhio vigile e curioso del drago Michele che si è seduto su un masso vicino al torrente Ginestro. Ascolta il gracidare delle raganelle rosse e osserva le sue acque trasparenti. Piccoli pesci colorati di giallo e di blu guizzano liberi catturando moscerini e addentando le alghe che fluttuano libere. È assorto nell’osservare questi scampoli di vita, quando sobbalza riportato alla realtà da un urlo disumano della strega Ampfel. Un grido che rimbomba nella foresta, amplificato dall’eco delle formazioni rocciose lungo il torrente Ginestro.

È cadaverica come se avesse visto la morte in faccia. Il mantello invisibile è ridotto in mille pezzetti. Una lunga strisciata nera deturpa il suo viso dall’occhio destro che appare tumefatto. Un leggero rigagnolo di sangue scende dal collo senza mostrare l’origine. Il braccio sinistro rimane a penzoloni, inerte.

Il drago Michele vorrebbe chiedere cosa l’ha ridotta così ma un perentorio «Andiamo!» tronca sul nascere una qualsiasi curiosità.

Messi al galoppo i cavalli, si allontanano velocemente dalla radura. La strega Ampfel vuol raggiungere il più rapidamente possibile la sua abitazione per riparare i danni subiti.

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Nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la puntata 16 dell’affascinante racconto Krimhilde e le fanciulle scomparse.

Per chi fosse pigro la ripropongo anche qui.

Primo iris

Mentre Markus e Baldegunde stanno decifrando le mappe, sulle montagne innevate la strega Ampfel e il drago Michele studiano una nuova strategia per arrivare ad Annelinde, la sesta vergine che manca per soggiogare la Terra di Mezzo e vivere al Castello.

La strega avrebbe voluto coinvolgere anche il Drago Mario e il draghetto Matteo. È convinta che il pragmatismo del drago Mario sarebbe molto utile per scardinare le difese della capitana delle dragonesse a cavallo, mentre il draghetto Matteo con tutte le sue giravolte lessicali avrebbe fatto perdere il senno anche alla donna più scafata.

Dopo una lunga discussione la strega Ampfel si è arresa e ha lasciato perdere il suo proposito. “Ci sarà tempo per utilizzare anche loro”.

«Prima di cominciare, c’è un dubbio che mi è sorto ripensando al comportamento della capitana» inizia cauto il drago Michele modulando la voce in falsetto come è solito fare in queste occasioni.

«Cosa?» La strega Ampfel si raddrizza dalla postura semi sdraiata per prestargli maggiore attenzione.

Il nerd di montagna inspira aria e cerca di evitare di lanciare fiamme dalla bocca. “Meglio essere cauti e non incendiare nulla” riflette.

«Ricordo che ha tenuto per tutto il tempo, che è stata con noi, una mano dentro la salopette come se avesse un amuleto».

La strega Ampfel si mette ritta con la schiena e si fa più attenta. “Che abbia capito come la donna l’ha gabbato?” Sorride storta, perché drago Michele a volte è ingenuo, perché un amuleto preserva dalla sfortuna e non dona poteri magici.

Drago Michele prosegue cauto nella sua ipotesi.

«Però ieri vicino al torrente Ginestro, quando ha tentato di spacciarsi per la figlia teneva in mano un mazzo di fiori variopinti che non ho mai visto. Conosceva molti dettagli di me e sembrava che riuscisse a leggermi la mente. Ieri non ci ho fatto caso ma oggi sì».

La strega Ampfel si passa la mano sulla fronte rugosa, perché qualcosa si è acceso nella sua mente. “Questa invece è più plausibile. Fiori dotati di poteri magici ne esistono e crescono anche nella Terra di Mezzo”.

«Fiori variopinti? Che tipo?»

Sa per certo che lungo le rive del Ginestro crescono e fioriscono fiori dotati di particolari poteri. Non ha mai indagato a fondo sulla loro natura ma ricorda che nei racconti del focolare durante le sabba serali, radunata con le sorelle intorno al cammino, si narravano effetti straordinari per questi fiori che crescono spontanei e molto belli da vedere.

«Ma… non saprei… Non li ho mai visti. Colori brillanti, anzi sgargianti, che colpiscono. Corolle incredibilmente voluminose. Molto di più dei soliti fiori spontanei. Però un dettaglio mi aveva colpito che adesso affiora nella mente. Sembravano appena colti anche dopo un’ora di botta e risposta. Ero troppo impegnato nelle schermaglie dialettiche per prestarci attenzione».

La strega Ampfel si alza di scatto e dalla libreria posta alle sue spalle prende un voluminoso libro pieno di polvere e ragnatele. Col bordo della manica lo ripulisce un po’, tossendo per la polvere inalata.

Lo apre all’incirca a metà e mostra le figure disegnate in grandezza naturale. «Come queste?»

Il drago Michele stringe gli occhi per mettere a fuoco l’immagine tenendo con cura la bocca chiusa.

«Non ero vicino ma ci assomigliano molto. Oltre a questo, qualora corrispondano, ce ne erano degli altri diversi per forma e colori. Ero troppo impegnato a ribattere per prestare attenzione».

Dunque” borbotta con tono stridulo che nessuno capta. “Dunque questi dannati fiori esistono e hanno poteri straordinari. Bisogna fare un sopralluogo nel posto dell’incontro”.

La strega Ampfel depone il librone dalla copertina di cuoio rosso con fregi neri e dorati sulla mensola delle pozioni terribili e si gira verso drago Michele.

«È urgente fare una visita al posto del vostro incontro. Ricordi con esattezza il punto?»

Drago Michele annuisce. “Certo che lo ricordo. E là dove avrei catturato la sesta vergine. Ci mancherebbe che non saprei ritrovare il luogo”.

«Quando si parte?»

«Domani mattina di buon ora. Adesso rischiamo di arrivare col buio». Detto questo la strega Ampfel batte le mani per chiamare l’apprendista strega Rotapfel.

«Preparami la mantella invisibile e il roano Lucifero per domattina prima dell’albore» urla con tono stridulo quando compare.

«Ma io…» balbetta drago Michele.

Però la strega Ampfel è già sparita avvolta nel mantello invisibile e al drago Michele non resta altro che correre a casa per prepararsi la partenza di lì a poche ore. “Ma dove crede di andare senza le mie indicazioni…”.

Si affanna a mangiare qualcosa. Sta digiunando e lo stomaco reclama cibo. Prova a coricarsi ma non riesce a dormire. L’ansia gli mette agitazione. Quando gli occhi si chiudono, ecco che si sveglia.

«Muovi il culo. Tra due minuti si parte» strepita la strega Ampfel facendosi sentire nella mente.

Il drago Michele sobbalza e si fionda in un amen verso la casa della strega. Sa che non può perdere un secondo se non vuol diventare una statua di ghiaccio.

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Gioco del lunedì: lipogramma in A

Per questo lunedì Elettasenso propone un lipogramma in onore dell’autunno, Se per onore non si deve usare la A ma va bene.

Ecco cosa ho escogitato

Il mio orto

Perché il mio orto? Non lo so però me lo sento mio. I colori sono forti come possono essere in questo momento. I frutti sono raccolti per quello che può offrire. Fichi e mele. Sufficienti? Per me sì. Sono nelle misure giuste. L’inverno è vicino e l’orto perde il sole. È buio e triste.

Osservo con occhio sereno: il tempo scorre. Non si può eludere né fingere. Sei mesi e poi tripudio di fiori per il benvenuto del novello periodo.

Ho barato un po’ 😀 Non era l’orto ma il giardino ma la A mi tradiva

 

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