La famiglia Punto e Virgola

Punto e virgola

 
Qualcuno ha decretato la morte del punto e virgola, come con molta arguzia Stefano Bartezzaghi, un autentico mito della lingua italiana, ha scritto su Repubblica il 5 Aprile scorso.
Pietro Citati nell’edizione del 7 Aprile di Repubblica parla di assassinio del punto e virgola, perché, secondo lui, “una lingua deve la propria eleganza alla ricchezza dei suoi strumenti espressivi”.
Personalmente non ne ho fatto mai molto uso, ma ogni tanto il vezzo di mettere un punto e virgola in un periodo troppo lungo ce l’ho.
Però ricordo con molta nostalgia una poesia di Gianni Rodari, che leggevo tanti anni fa a mia figlia “La famiglia Punto e Virgola”.

C’era una volta un punto
e c’era anche una virgola:
erano tanti amici,
si sposarono e furono felici.
Di notte e di giorno
andavano intorno
sempre a braccetto.
“Che coppia modello –
la gente diceva –
che vera meraviglia
la famiglia Punto e Virgola”.
Al loro passaggio
in  segno di omaggio
persino le maiuscole
diventavano minuscole:
e se qualcuna, poi,
a chinarsi non è lesta
la matita del maestro
le taglia la testa.

(Da Filastrocche in cielo e in terra – Ed. Enaudi)

 
Veramente le leggevo tutte le poesie di Rodari, come facevo coi racconti tratti da “Novelle fatte a macchina” e “Tante storie da giocare”.
Oggi prendendo quei libri dalla biblioteca si nota come le pagine sono state consumate dallo sfogliare ripetuto. Però torniamo al nostro argomento.
Ha ragione Citati quando parla di assassinio, perché ridurre il punto e virgola a semplice emoticon che ammicca è un autentico delitto.

La crociata è partita dagli inglesi, che hanno trovato inutile conservare questa punteggiatura ormai introvabile negli scritti di tanti autori anglosassoni.

“The line” è nel Regno Unito sotto accusa ed oggetto di accesi dibattiti. The Guardian in occasione del tradizionale pesce d’Aprile ha riportato questa curiosa notizia (ovviamente falsa) “Il presidente francese Sarkozy ha ordinato per difendere l’uso del punto e virgola che deve essere usata almeno tre volte per pagina in tutti i documenti ufficiali”.

Perché il suo uso è oggetto di contraddittorio tra gli studiosi di lingua?
Leggiamo cosa dice l’Accademia della Crusca “Il punto e virgola segnala una pausa intermedia tra il punto e la virgola e il suo dipende spesso da una scelta stilistica personale. Si adopera soprattutto fra proposizioni coordinate complesse e fra enumerazioni complesse e serve ad indicare un’interruzione sul piano formale, ma non sui contenuti”.
Si deduce che il punto e virgola è un vezzo stilistico. Poiché i periodi complessi, le enumerazioni complesse sono ormai merce rara nei romanzi, il punto e virgola tende a sparire.
Tutti scrivono svelti, periodi nervosi, corti e concisi, come se costi fatica scrivere due pensieri in più.
Cosa facciamo del punto e virgola?
Lunga vita alla famiglia Punto e Virgola!

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La passione brucia la carne

“Kanntest jeder Zug in meinem Wesen,
  spaetest wie die reinste Nerve klingt,
  konntest
mich Einem Blicke lesen
  den so schwer ein sterblich Aug durchdringt.
  Tropftest Maessigung den heissen Blute,
  richtetest den wilden irren Lauf,
  und in deinen Engelsarmen ruhte
  die zerstoerte Brust sich wieder auf,
  hieltest zauberleicht ich angebunden
  und vergaukeltest ihm manchen Tag.”

Goethe declamava questi versi, mentre Angelica sistemava la propria persona prima di uscire dall’appartamento.
Lei rispose cantando con la sua bella voce forte, soave e molto sensuale un Lieder dolce, che parlava d’amore.
Il poeta la ascoltava in silenzio: “E’ veramente brava sia come pittrice, sia come cantante. Ha delle doti fuori del comune. Penso che trasformerò Ifigenia da opera di prosa in versi da potere essere rapresentata a teatro. Angelica potrebbe disegnare le scene. Sarebbe una bella idea”.
Il poeta osservava Angelica con gli occhi della passione mentre senza falsi pudori si rivestiva dopo il rapporto amoroso lungo ed inebriante.
“E’ bella e sa accendere il sacro fuoco della passione! E’ sensuale, misteriosa ed eccitante. Come ho potuto essere così cieco e sordo ai suoi richiami?”
Lei disse al termine del canto: “Wolfgang, questo Lieder l’ho cantato per te, per farti assaporare la soddisfazione che porto nel cuore. E’ stato tutto dolce ed inebriante dopo tanta astinenza! Vorrei che questi momenti rimanessero fermi per gustare con calma il calice dell’amore”.
Goethe si alzò e avvicinandosi la baciò con passione, mentre Angelica si abbandonava tra le braccia.
Con dolcezza la portò nuovamente sul letto perché sentiva ancora il desiderio di lei.
Angelica lasciò fare, perché non si sentiva ancora appagata, mentre pensava: “Il piacere è intenso, ma l’amore verso di te è sublime. Vorrei essere posseduta per godere le gioie dell’essere amata! Mi sento tua, ma il sacro fuoco dell’amore arde dentro di me! Mai prima d’ora ho provato sensazioni così intense. Mai prima d’ora ho desiderato un uomo!”
Era pomeriggio inoltrato quando i due amanti emersero dall’appartamento e si avviarono verso Trinità dei Monti, da dove potevano ammirare lo spettacolo di Roma illuminata dal caldo sole di Giugno.
Si sentivano felici come due ragazzini tanto era stato il loro appagamento.
Scesero la scalinata verso la sottostante piazza di Spagna tra i saluti dei passanti e dei conoscenti: Angelica era conosciuta da tutti per la sua fama e la sua bellezza.
Passeggiarono a lungo andando verso il Tevere e da lì a San Pietro, parlando fitto di poesia, di pittura e di musica.
La giornata volgeva al termine, mentre un bel tramonto incendiava la città. Non erano stanchi, né sentivano i morsi della fame, anche se non avevano mangiato nulla dalla mattina.
Stavano tornando indietro verso il Pincio, quando videro sotto un pergolato i tavoli pronti per la sera. Si sedettero e chiesero all’oste di servire loro qualcosa.
“Lo sappiamo che siamo molto in anticipo e voi non siete ancora pronti, ma ci va bene qualsiasi cosa abbiate pronta” disse Goethe alla moglie che con un grembiule bianco si era avvicinata per sentire cosa volevano quest’uomo e questa donna dall’aria distinta.
“Non c’è nulla sul fuoco” rispose la donna un po’ mortificata, “ma se avete pazienza possiamo prepararvi una cenetta a base di agnello ed erbette. Nel frattempo vi posso portare pecorino fresco, pane di giornata e un generoso vino rosso per ingannare l’attesa”.
“Va benissimo. Oltre al vino portateci anche una brocca di acqua fresca, perché abbiamo la gola secca per il caldo” rispose Goethe.
Angelica era radiosa e bella con i capelli scomposti per la lunga giornata trascorsa nell’appartamento, mentre guardava il poeta con intensità.
La donna rientrata in cucina parlò al marito, dicendo: “Quella signora, non ricodo dove l’ho vista. Il viso mi è noto, m non riesco mettere a fuoco chi è”.
“Non ti ricordi? E’ la famosa pittrice Angelica Kauffmann! Per noi è un onore averla al nostro tavolo! Dobbiamo preparare una cena coi fiocchi, perché chissà quando potremmo averla ancora qui!”
“Ora ricordo! Si, è proprio lei! E’ una donna bellissima ed affascinante! Però il suo accompagnatore è un bel giovane”, disse mentre preparava quanto richiesto.
I due amanti parlavano e ridevano, raccontandosi gli ultimi avvenimenti: ne avevano di eventi da descrivere.
Goethe ispirato dal luogo e da Angelica disse ad alta voce: “ Questi sono versi che scrivo in tuo onore”.

Du hast mich rein, und wenn ich’s besser wuesste
so gaeb ich’s Dir; ich tue was ich sage.
So schliesst sie
mich an ihre suessen Brueste
als ob ihr nur an meine Brustbe hange.
Und wie ich Mund und Aug und Stirne kuesste
so war ich doch in wunderbarer Lage:
denn der so hitzig sonst den Meister spielet
wiecht schuleraft zurueck und abgekuehlet.

“Mi lusingate, Wolfgang! Sono davvero belli e tutti per me!” rispose Angelica arrossendo leggeremente.
Era stata una giornata memorabile, da rimanere impressa nelle loro menti e così terminò.

(parte sedicesima)

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Simona – Bollicine04

Era 25 Settembre del 2004. Il gran giorno era arrivato. Vasco Rossi concludeva il suo tour per l’Italia a Catanzaro. Tutta la Calabria e la Sicilia era in fibrillazione per il suo arrivo.
Simona era trepidante per l’evento, come c’era una grande attesa tra gli amici e le amiche Rossella, Paula, Nino, Stefano e ancora altri tanto che l’elenco diventava lunghissimo.
Questo era il secondo mega concerto di Vasco che si accingeva ad ascoltare. Quattro anni prima appena ventenne fece una lunghissima fila per acquistare i biglietti, tanto che i ricordi affioravano netti: come aveva corso per essere tra i primi della fila, come aveva dovuto lottare per convincere i suoi genitori a lasciarla andare! Suo padre diceva che al concerto c’era solo una massa di drogati, ma lui non aveva voluto ascoltare la frase “Papà, tra i drogati c’ero anch’io!”.Voleva dire una cosa a chi le aveva fatto ascoltare Vasco per la prima volta, quando ancora quasi non sapeva dire il suo nome: " CIAO MA’! ".
Lei voleva riascoltare “VOGLIO UNA VITA…CHE NON E’ MAI TARDI! DI QUELLE CHE NON DORMI MAI!!!”.
A Simona come ritornavano i ricordi, come si ripresentava tutto quello che era, che aveva fatto, la verità su tutto e una versione di lei  che era quella reale, fuori degli schemi: sembrava che qualcosa la spingesse avanti, una voglia di ridere incredibile, una gran voglia di correre, come aveva corso otto anni fa per comprare i biglietti del primo concerto.
Non vedeva l’ora che il gran giorno venisse per poi ricominciare a far scorrere fiumi di parole sul suo diario, per poter vivere di rendita come l’altra volta per un concerto che avrebbe durato nella sua testa almeno per un anno!
L’aspettativa era grande, talmente grande che la sera prima Simona non riuscii a dormire. Alla mattina presto presero il treno per Catanzaro per giungere all’Area Verde ed essere là presto (l’ingresso era gratuito), per goderci gli ultimi istanti dei preparativi di Vasco e della sua Band e per prendere un buon posto d’ascolto. Era emozionata come la prima volta!
Il tour 2004 iniziato a Latina il 30 maggio terminava a Catanzaro il 25 Settembre e la scaletta comprendeva 29 canzoni tra cui “Bollicine, ma mancava “Vita spericolata”, che era la sua canzone simbolo, perché tutta la sua vita era stata vissuta sempre di corsa, per schizzare via a prendere i treni, che passavano una sola volta.
Simona e i suoi amici raggiunsero il posto e si sistemarono per bene nella attesa dell’inizio del concerto insieme a tanti altri giovani e meno giovani venuti ad ascoltare il mitico Vasco.
Vasco attaccò con “Cosa vuoi da me” seguito da “Fegato, fegato spapolato” scaldando la platea.
Mentre il concerto si snodava con un susseguirsi delle canzoni, il cielo diventava sempre più imbronciato e minacciava pioggia a catinelle. Sarei riuscita ad ascoltare “Bollicine” prima del diluvio universale per annegare tutti questi peccatori venuti ad ascoltare Vasco, personaggio scomodo e fuori degli schemi?
Simona continuava a guardare il cielo preoccupata, finché le note e le parole della canzone non riecheggiavano nella vasta area.

“….

  bevi la coca cola che ti fa bene

  bevi la coca cola che ti fa digerire

  con tutte quelle, tutte quelle bollicine …

Poi dal cielo cominciò a scendere la pioggia sempre più forte e Simona come aveva corso per non beccarsi tutta la pioggia insieme agli amici, esattamente nello stesso modo per prendere treni che sapeva che passavano una sola volta, sempre, comunque, pensando che la sua vita fosse davvero SPERICOLATA!
Bagnati, ma felici ripresero il treno per casa, Simona lo era in modo particolare, perché aveva potuto riascoltare dal vivo il suo idolo, il suo mito, perché aveva voglia di correre, di non fermarsi mai.
Quest’anno non si era fermata mai per davvero. Dapprima era arrivata la laurea in lingue straniere con il massimo dei voti, poi era riuscita a strappare ai suoi genitori il consenso per frequentare a Milano un master di Marketing e Comunicazione presso una prestigiosa Università e di conseguenza a traslocare e vivere lì per almeno un anno e infine il concerto di Vasco.
Si sentiva inquieta, perché si era persa fra tante parole, scritte e dette, sue e degli altri, diventando poi pensieri sempre più complessi e, alla fine, incubi.
Se, però, si guardava bene dentro di sé, quelle parole le hanno fatto bene solo per un pò, ma adesso era il momento di smettere, perché la incatenavano a quello che era stato, mentre doveva cominciare a pensare che anche oggi era già passato.

Era arrivata a queste conclusioni  riascoltando durante il viaggio di ritorno dal MP3 le canzoni dei Pink Floyd nell’album THE DIVISION BELL. Si rivedeva a diciassette anni, seduta davanti allo stereo, ascoltando queste canzoni, e pensando al suo futuro, visto che di passato ancora allora non poteva parlare. Erano passati sette anni, un pò di passato l’aveva, e proprio per quello “I knew the moment had arrived for killing the past and coming back to life”.
Così capiva che stava inseguendo non un sogno ma un’ossessione  che nel frattempo si era persa dietro i pensieri, che le avevano solo riempito la testa ( e il cellulare) di parole che nella vita reale non servivano.
Ancora “I feel persecuted and paralized” diceva fra se e sé Simona, mentre ripensava a lui, il sogno che inseguiva da tanto tempo, e pensava “Credo sia arrivato il momento di smettere di farmi condizionare dai discorsi di chi  in fondo di me non si preoccupa, TORNO SU ME STESSA! Quello che spero è di rimanere su questa posizione.”.
Si preoccupava un pò di quegli incubi, ma poteva chiamare il suo guardiano dei sogni, che ultimamente si era un pò distratto e disse mentalmente “Deve essere difficile lavorare con me, ma i suoi occhi scuri bastano per calmarmi. A volte sparisce, ma, almeno, non mi riempie la testa di  concetti stupidi.”.
Il giorno dopo si ritrovarono tutti da Billé a gustare gli ultimi gelati di una lunga stagione estiva e a parlare del concerto del giorno precedente, della fuga precipitosa sotto il diluvio universale, che puniva quel popolo di miscredenti, che idolatrava come un Dio il mitico Vasco. Era la giusta punizione verso tutti questi trasgressori, che della trasgrezione facevano uno stile di vita.
Poi la lunga passeggiata sul lungomare a parlare del futuro, di cosa ci riservava il domani, dei sogni e delle speranze, insomma di tutto quello che dei giovani parlano quando si frequentano.
I giorni successivi passarono veloci nella preparazione dell’imminente viaggio a Milano. Simona era impegnata nel trovare un posto dove alloggiare nei primi tempi in attesa di trovare poi una sistemazione meno provvisoria. Doveva comprare del vestiario adatto al clima rigido del Nord, perché lì a Messina non le servivano, insomma per prepararsi a quella lunga trasferta tanto sognata, ma anche tanto temuta.
“Riuscirò a resistere lontano da casa? La nostalgia mi assalirà? Come reagirò a svolgere tutti quei compiti, che ora minimante mi sfiorano?”, questi erano i suoi pensieri, i suoi dubbi, ma non li diceva apertamente, perché voleva dimostrarsi di essere in grado di superare qualsiasi avversità.
Così Simona passava le sue giornate, finché il gran giorno non arrivò. Salutò tutti gli amici, la mamma, che non era contenta di vedere partire la figlia per posti lontani, dopo aver visto allontanarsi il figlio per la carriera militare. Sentiva la casa vuota, svuotarsi di tutti gli affetti ed era triste.
Simona sapeva di dare un grosso dispiacere, ma la voglia di avviarsi per affrontare questa nuova avventura era talmente grande da superare anche l’affetto che provava per lei. Prese il treno e partii per il lungo viaggio attraverso l’Italia verso nuovi orizzonti.

 

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