Konnie – parte ventinovesima

nuova copertina Un caso per tre

Da poxo è stata pubblicata la ventinovesima parte di Konnie su Caffè Letterario. La potete leggere anche qui.

14 settembre 2144 Città del Sole

Dopo le turbolenze dei giorni precedenti il tempo vira con decisione al bello. Il cielo è limpido e il sole inonda l’abetaia.

Dal Consiglio dei Saggi non è arrivata nessuna risposta. Tutto tace. Hanno letto molte pagine del diario di Konnie ma nella giornata odierna il tempo finalmente stabile li invita a passeggiare nel bosco. Cucciolo è sempre vicino a loro e si allontana di poco come se temesse di essere abbandonato.

Alba e Matteo si tengono per mano come due innamorati. «Il pensiero di rintanarmi di nuovo sottoterra mi perseguita da quando ho scoperto il mondo di sopra» spiega il ragazzo dando alla voce un’intonazione acida.

«Cosa pensi di fare?» Alba si irrigidisce perché fatica a comprendere il senso dell’affermazione. Immagina che ha in mente qualcosa ma non riesce a concretizzare il pensiero.

«Mi piacerebbe tornare a Bozen, nel bunker di Konnie. Salire o scendere senza chiedere il permesso tutte le volte ai saggi».

La ragazza rimane in silenzio. Riflette. Quell’idea l’ha sfiorata in questi giorni ma ci sono troppe variabili da tener presente. “Sì. Il pensiero è solleticante ma… Ci sono i viveri, la stanza di decontaminazione e poi noi due”. Si ferma ed espone cosa pensa. «Se spieghi meglio il progetto che hai in testa, ne possiamo ragionare».

«Il bunker è abbastanza ampio per ospitare diverse persone. Ci sono quattro ampie stanze, una sala e una cucina oltre ai servizi. C’è una zona del freddo che è ideale per conservare viveri e altro…».

«Ma Cosa pensi di fare dei corpi di Kurt e Marie?»

«Dare loro una degna sepoltura oppure cremarli come abbiamo fatto con Konnie. Lasciarli là in attesa che il generatore atomico smetta di funzionare mi sembra un insulto alla loro memoria».

Alba annuisce perché si trova d’accordo con lui. Però ci sono altri aspetti da vagliare. «Manca la stanza di decontaminazione perché l’ambiente esterno è e sarà pericoloso ancora per lungo tempo».

«La si può costruire. Serve una doccia».

Alba scuote la testa. Matteo la fa troppo semplice. «Poi c’è il problema dei viveri. Non è come nella Città del Sole che una vasta area è destinata alla coltivazione e all’allevamento di animali».

«Lo ammetto questo è più complicato ma è risolvibile costruendo una serra in superficie. Nel giardino».

«D’accordo. I problemi principali sono superabili ma servono materiali e competenze. Bozen è lontana. Ci sono due fiumi da scavalcare, due passi da scalare e delle vie in condizioni disastrose. Non abbiamo mezzi di locomozione che ci possano aiutare nel trasporto dei materiali. Tutto questo mi sgomenta» confessa la ragazza che ritiene non fattibile il progetto.

Matteo annuisce. Le obiezioni della compagna se le è poste anche lui, trovando soluzioni praticabili. Il progetto è solo in embrione. Va sistemato in tutti i suoi tasselli e sottoposto al Consiglio dei Saggi per la sua approvazione. Deve essere a prova di critiche. «Se studiamo bene il progetto in modo che sia realizzabile, poi abbiamo otto o nove mesi per attuarlo, perché prima di aprile maggio del prossimo anno non può diventare esecutivo. Dobbiamo parlare con Arturo per la stanza di decontaminazione e la serra. Se ci dice che possiamo costruirle trasportando i pezzi, abbiamo un jolly per le mani. Poi se troviamo altre coppie disposte a condividere il nostro progetto, potremo dire che è una prima colonia esterna della Città del Sole».

Alba sorride al pensiero di costruirsi un futuro con Matteo. «Ma Cucciolo nel frattempo?»

«Al di là se il progetto Colonia verrà approvato o meno, ho pensato di lasciare intatto il nostro accampamento esterno e di uscire tutti i giorni per tenergli compagnia. Se il tempo è clemente, anche più a lungo».

Alba lo abbraccia. È stata timida perché non ha proposto per prima quella soluzione. Però è contenta che Matteo abbia pensato come lei. Si sente in sintonia con lui.

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Konnie – parte ventisettesima

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la nuova puntata di Konnie. Con l’occasione auguro a tutti voi un sereno 2025.

Buona lettura.

11 settembre 2144 – Città del Sole

Il tempo incerto rallenta la marcia dei due ragazzi che devono fare continue soste per ripararsi dai temporali.

I segnaposti lasciati quattro settimane prima sono stati utili per non perdersi durante la salita alla Città del Sole.

Fa buio presto nel bosco specialmente se il cielo è nuvoloso. Sanno che mancherebbe una manciata di ore di cammino per arrivare all’ingresso ma preferiscono fare una sosta. Un giorno in più non fa differenza.

Si sistemano al riparo di gruppo di rocce che li protegge dal vento e dalla pioggia. Hanno le ultime provviste. La mattina successiva non ci sarà nulla per colazione. Cucciolo non ha problemi. È diventato un abile cacciatore e trova sempre una preda con cui sfamarsi.

«Se i saggi non lo accettano, non corre il rischio di morire di fame. È autosufficiente e avverte di essere nel suo ambiente naturale per come di muove e agisce» espone con voce calma Matteo.

«Mi dispiace lasciarlo libero. Mi sono affezionata. Sento che mi mancherà. La sua presenza mi ha dato fiducia e sicurezza in queste settimane».

Il ragazzo annuisce ma conosce bene le regole. Sono ammessi solo animali utili alla comunità. Quindi non crede che avranno il permesso di portarlo dentro. Inoltre c’è un altro aspetto non meno importante: ha vissuto in un ambiente contaminato e si è nutrito di prede esposte alla radioattività.

Comunque un tentativo lo farà. Non gli piace lasciare nulla al caso.

La giornata è limpida e soleggiata ma la temperatura è bassa. Le piogge ha fatto crescere nel bosco molti funghi, che loro lasciano nel loro habitat evitando di calpestarli.

A mezzogiorno vedono il lucido acciaio dell’ingresso della Città del Sole. Finora non sono riusciti a mettersi in contatto per annunciare il loro arrivo. Però questa volta riescono a comunicare con grande gioia.

«Siamo Alba e Matteo» si presenta il ragazzo al loro pronto. «Siamo davanti all’ingresso. Abbiamo con noi un ospite. Un cucciolo di lupo che ci ha accompagnati in queste quattro settimane. Possiamo portarlo dentro?»

Il ricevitore ammutolisce.

«Sono Alba» grida con tono quasi isterico nel trasmettitore. «Mentre voi ci fate tutti i ragionamenti del caso, noi ci accampiamo qui fuori in attesa di una risposta. Però abbiamo necessità di provviste. Le nostre si sono esaurite».

Matteo annuisce e le stringe la mano, perché è d’accordo su tutta la linea. “Ha temperamento la ragazza. Se fossero stati presenti, li avrebbe azzannati!”

Dal ricevitore escono alcuni gorgogli come se qualcuno si fosse strozzato con un boccone di traverso.

«Sono Matteo. Avete compreso bene quello che ha detto la mia compagna? Ci servono viveri e noi restiamo qui fuori in attesa che il Consiglio dei Saggi decida cosa fare col lupetto» scandisce con cura le parole senza alzare il tono di un’ottava. «Siamo rimasti in giro per quattro settimane e non temiamo di restarci ancora per molti giorni. Qui all’esterno è un altro mondo. Adrenalico e stupendo. Ci servono viveri per almeno una settimana se non vi sbrigate prima a darci una risposta».

Alba lo abbraccia e lo bacerebbe senza la barriera del casco.

Un gracchiare confuso esce dal ricevitore prima che una voce non li informi che preparano uno zaino di vivere e poi lo mettono nella stanza di compensazione.

Cucciolo durante tutta la conversazione ha ascoltato i due ragazzi seduto composto sulle zampe posteriori. L’occhio appare triste, come se avesse capito che presto lo avrebbero abbandonato. Non li ha mai sentiti parlare con quel tono concitato, quasi stridulo, durante quelle quattro settimane. Avverte affetto da parte di entrambi. Hanno condiviso i pasti. Insomma quei due umani sono entrati nel suo cuore.

I due ragazzi adocchiano di fianco all’ingresso un anfratto abbastanza capiente per ospitarli. Il fondo è umido ma non fangoso. L’esterno è in parte coperto da un morbido strato di muschio e colonizzato dalla semprevivo maggiore. Fissano la tenda alle pareti e coprono l’imboccatura con un telo mobile per impedire alla pioggia di entrare in caso di vento forte.

Finito di sistemarsi, recuperano i viveri.

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Konnie – parte ventiseiesima

omaggio di Yelling Rosa

Su Caffè Letterario è stato pubblicato da poco la ventiseiesima puntata del mio racconto Konnie che potete leggere anche qui.

Buona lettura e un sereno Santo Natale.

8 settembre 2144 ore 15

Non hanno fatto altri incontri pericolosi per raggiungere il ponte che appare più malandato di quanto ricordano. Le crepe sono più profonde e il piano stradale ancor di più dissestato. Decidono ugualmente di passare anche se appare pericolante e sotto si è accumulato una specie di tappo coi tronchi trascinati dalla corrente.

Trattenendo il fiato e senza parlare giungono sull’altra sponda incolumi. Durante il passaggio hanno sentito sinistri scricchiolii e qualche pezzo del ponte che è precipitato con un tonfo preoccupante nell’acqua tumultuosa del torrente.

«Se faremo un’altra escursione dobbiamo trovare un altro punto per attraversare perché non credo che resisterà alla prossima piena» espone Alba con tono piatto. «Però farei una piccola sosta perché ho necessità di rifiatare».

«Okay!»

Si sistemano su delle rocce sporgenti dal terreno ricoperte di muschio bagnato, mentre Cucciolo corre per la radura lieto di essere tornato a casa.

«Provo a mettermi in contatto con la Città del Sole. Non l’abbiamo più sentita dal giorno successivo la partenza» annuncia Matteo, mentre con il braccio indica qualcosa in cielo.

Alba osserva incuriosita. Un’aquila sta volteggiando sopra il bosco, forse ha visto una preda. «Che splendido uccello! È enorme! Cosa sarà?»

Cucciolo di gran carriera torna e si sistema tra i due ragazzi. Il rapace gli incute paura. Forse teme di essere l’obiettivo dell’aquila, perché ha le fattezze di un agnello come dimensioni.

Matteo ride, mentre gli accarezza la testa. Prova a gracchiare un ‘pronto’ nel ricevitore avendo come risposta solo un fruscio disturbato. «Pare che non ci sia nessun collegamento» spiega mentre osserva le evoluzioni del rapace. Poi lo vede fiondarsi a velocità impressionante verso terra, afferrare qualcosa che si dimena mentre risale in quota.

Alba rinnova la domanda sulla specie di uccello, perché Matteo impegnato con la ricetrasmittente non ha risposto.

«Di sicuro è un rapace. Viste le dimensioni credo che sia un’aquila reale. Ricordo d’aver letto che vivono tra queste montagne e tra le prede ci sono anche i cuccioli di lupo». Matteo ridacchia vedendo come Cucciolo rimane acquattato tra di loro.

Alba sorride perché ha capito il motivo per cui il lupetto non corre più per la radura alla ricerca di prede. «Evidentemente la radioattività ha colpito solo gli umani annientandoli, mentre flora e fauna hanno superato indenni il periodo critico» afferma la ragazza con tono allegro. Il pensiero che tra qualche giorno potrà riabbracciare la famiglia e gli amici la riempie di euforia. Di Marcello ha cancellato ogni traccia. Se deve fare una scelta questa cade di certo su Matteo che ha scoperto giorno dopo giorno come una persona sensibile e con molte affinità con lei.

«Restiamo qui oppure cerchiamo una postazione più a monte?»

«No. Meglio un posto più su. Non dovremmo essere molto distanti dalla strada per la Città del Sole» afferma Alba mettendosi in marcia.

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Konnie parte venticinquesima

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicata la nuova puntata di Konnie, che potete leggere anche qui.

8 settembre 2144 ore 8

La relativa sicurezza del luogo unitamente alla stanchezza ha favorito il riposo notturno. Dopo una frugale cena a base di gallette e formaggio sono sprofondati in un sonno pesante senza sogni o incubi. Cucciolo anche se in apparenza sembra dormire ha i sensi all’erta per captare eventuali pericoli o minacce.

Dopo molte giornate incerte o piovose la mattina li sveglia con un cielo azzurro senza nuvole. La temperatura rimane comunque rigida.

«Sbaglio o la strada è in condizioni peggiori rispetto a tre settimane fa?» Chiede con voce dubbiosa Alba, osservando come sono cresciute altre piante spuntate dal fondo della strada.

Matteo sta per rispondere, quando Cucciolo comincia a ringhiare sommesso mostrando i denti. Si gira alla sua sinistra cercando di scorgere il possibile pericolo. La sua visuale è occultata da vistose felci. “Eppure in quella direzione c’è in agguato una potenziale insidia. Cucciolo non ringhia per dare aria ai denti» riflette afferrando la mano di Alba.

«Cosa pensi che ci sia?» Domanda la ragazza con un’intonazione del voce che denota paura.

Poi sentono un fracasso di rami rotti come se qualcuno a forza stia tentando di aprirsi un varco.

«Fermo Cucciolo! Se non ci attacca lo lasciamo in pace!» Esclama Matteo vedendo il lupetto pronto a scattare in avanti.

«Cosa facciamo?»

«Nulla. Non sappiamo cosa è».

Poi vedono sbucare una massa pelosa e scura che cammina a quattro zampe. «Cos’è?» Chiede Alba terrorizzata, mentre Matteo trattiene Cucciolo col braccio intorno al collo.

Il ragazzo cerca di ricordare le figure degli animali selvatici presenti in montagna. «Potrebbe essere un orso ma non ne sono sicuro».

La bestia si erge sulle zampe posteriori e ruglia con un verso poderoso. Poi si gira e torna nel folto del boschetto alla loro sinistra.

La ragazza respira a fondo rilassata. «Orso o non orso mi sono spaventata. Se ci avesse attaccato saremo finiti male» farfuglia incespicandosi nelle parole.

Matteo sorride perché è andata bene. È riuscito a trattenere Cucciolo e l’orso ha preferito ritornare nel folto del bosco.

«Ora che il pericolo è scampato, devo ammettere che era un bestione enorme. Di certo con una zampata ci avrebbe abbattuto come birilli».

Ripreso il cammino e metabolizzato lo spavento, i due ragazzi vanno alla ricerca del ponte per passare il torrente e iniziare la salita alla Città del Sole.

Il torrente è gonfio di acqua color ruggine e trascina a valle rami e tronchi d’albero. «Era molto più quieto qualche settimana fa» borbotta Alba con l’intonazione della voce preoccupata. «Il ponte era messo male quando l’abbiamo attraversato. Mat, pensi che abbia resistito?»

Matteo ha il viso aggrottato perché la domanda della ragazza se l’è posta anche lui. Non l’ha esternata perché non era sua intenzione metterle apprensione ma adesso deve rispondere. «In tutta franchezza non lo so ma spero che sia ancora transitabile. Altrimenti sarà un vero guaio».

Il ragazzo si ferma e riflette. «Alba, prendi la cartina che la consultiamo. Vediamo di fare un piano di riserva».

Dispiegano la mappa su una roccia rotolata dal monte, mentre Cucciolo si siede sulle zampe posteriori con lo sguardo vigile.

«Noi siamo qui» illustra Matteo con tono sicuro.

«Ne sei certo?» Replica Alba con voce incerta. Dubita molto che conoscano la località esatta dove si trovano.

«No» esclama ridendo. «Suppongo che siamo qui» e col medio indica un posto sulla carta.

«Ti ricordi la posizione?»

Matteo rimane in silenzio prima di rispondere. «Presumo che sia questo. Almeno credo. C’erano un paio di insediamenti tra Arabba e il ponte».

Alba ridacchia perché Matteo è un ottimista incorreggibile. “È una bella cosa ma se si sbaglia sono dolori”. E allora chiede: «Se è questo, ce ne è una prima. Ma non si capisce se la strada sia agibile oppure è franata nel torrente».

Matteo scuote il capo in segno di diniego, perché è troppo lontano dal percorso verso la Città del Sole. «Però ce ne è uno a valle che potrebbe essere interessante per scavalcare il torrente e relativamente vicino alla strada che dobbiamo seguire per salire in quota».

Ripiegata la mappa, riprendono il cammino.

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Konnie parte ventiquattresima

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato la ventiquattresima parte del mio romanzo distopico Konnie che potete leggere anche qui.

7 settembre 2144

La notte trascorre tranquilla, anche se il vento ha imperversato creando mulinelli di neve. Nessuna visita sgradita ha disturbato il loro riposo. Cucciolo è rimasto tra loro senza mostrare segni di nervosismo. Per terra ci sono diversi centimetri di neve che alle prime luci del giorno appare immacolata.

«Non abbiamo letto nessuna pagina del diario» sentenzia Alba mentre raccoglie le sue cose per essere pronta alla partenza.

«Non c’è stato il tempo materiale per farlo» replica Matteo che ripiega la tenda. «Senza questa e altri oggetti usciti dalle mani d’oro di Arturo non so come avremmo potuto sopravvivere» precisa con tono allegro pensando che tra pochi giorni saranno al caldo nella loro Città del Sole.

Le nubi si sono sollevate e lasciano filtrare deboli raggi solari. «Sembra una giornata discreta senza pioggia» afferma Alba con voce gioiosa. «Però ho l’impressione che la discesa non sia facile da affrontare».

Caricati zaini e sacche sulle spalle la affrontano con cautela. È ricoperta da uno strato di neve. I piedi tendono a scivolare per il velo di ghiaccio che la ricopre. Procedono in diagonale aiutandosi con gli alpenstock.

Scorgono su un pianoro una volpe dal pelo argentato. Cucciolo ringhia mostrando i denti ma non azzarda nessuna manovra. Ha compreso che non è il caso di andare all’attacco. «Che splendido animale! Ha una pelliccia folta e lucida» esclama Alba con tono sorpreso. Nei video visti alla Città del Sole le volpi avevano un manto rossiccio e meno voluminoso di quello avvistato. L’animale si allontana con passo lento come se snobbasse quegli intrusi nel suo regno.

«Non pensavo che fossero così in quota» dichiara Matteo rimasto affascinato da quella visione. È stato colto di sorpresa e non ha pensato di fotografarla.

È quasi buio quando raggiungono quello che resta dell’abitato di Arabba.

La discesa è stata faticosa anche se fortunatamente il tempo è stato clemente a parte alcune raffiche violente del vento.

Prese le torce dal sacco di iuta, illuminano la strada perlustrandola alla ricerca di un posto dove trascorrere la notte.

«Sono distrutta» afferma Alba con la voce incrinata dalla stanchezza. «Per me va bene anche uno spiazzo, un posto qualsiasi. Non mi sento più le gambe».

Matteo cerca un posto riparato dal vento che ha cominciato a soffiare impetuoso. Il cielo è coperto e minaccia pioggia. Negli ultimi giorni hanno avvistato diversi animali selvatici. Qualcuno decisamente innocui come cervi e daini, altri più minacciosi come lupi od orsi. Se nel tragitto di andata gli incontri sono stati sporadici e comunque senza nessun pericolo per loro, durante il ritorno la frequenza è stata più alta e ravvicinata. Sembra quasi che abbiano avvertito la presenza di intrusi nei loro territori e li vogliano scacciare.

«Alba ti capisco. Anch’io sono stanchissimo ma preferisco un posto che ci dia riparo» spiega con voce calma per rassicurarla. “In realtà cerco un luogo che possa offrirci una difesa da eventuali animali”. Tiene per sé questa riflessione per non impressionare la compagna.

«Ecco!» Grida il ragazzo indicando un rudere di quello che un tempo era la stazione a valle di una funivia. Il tetto è collassato all’interno ma le quattro pareti sono parzialmente in piedi. Ha un unico punto d’accesso e un varco posteriore in parte ostruito da un rudere di cabina.

 

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Konnie – parte ventiduesima

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la parte ventiduesima del mio romanzo Konnie. La potete leggere anche qui.

29 agosto 2144 ore 8

Durante il percorso di ritorno dal bunker Alba si è sentita in colpa pensando che il corpo di Konnie fosse esposto al dileggio del tempo e degli animali. Lancia la proposta di bruciarlo, trovando Matteo d’accordo.

Alle prime luci dell’alba del giorno dopo i due ragazzi preparano una pira usando arbusti ed erba secca su cui depongono il corpo di Konnie. Alimentato il fuoco con altra legna, aspettano finché non è ridotto in cenere che disperdono nell’aria.

Sono passate due settimane da quando hanno lasciato la Città del Sole, affrontando situazioni diverse. Hanno capito che il mondo esterno al loro rifugio può essere affascinante ma anche pericoloso. Inoltre Il ritmo circadiano, quello che regola la veglia e il sonno, è molto diverso da quello che hanno sperimentato nella Città del Sole. Qui le stagioni non ci sono, il sonno è programmato e la veglia pure. All’esterno il loro orologio biologico si è dovuto adattare alla luce e al buio, alle situazioni meteorologiche e ad altri fattori esterni. Il vento, la pioggia, la neve, il sole sono eventi non prevedibili a priori. Tutto questo sono state scoperte che all’inizio li hanno sorpresi ma poi hanno capito che fanno parte della natura del mondo esterno. Adesso dopo due settimane è giunto il momento di rimettersi in marcia per fare ritorno alla Città del Sole.

L’ascesa al Karerpass si è svolta in silenzio tenendo un occhio rivolto al cielo e uno alla strada. Nuvoloni neri carichi di pioggia sono comparsi lungo la salita, mentre alla loro sinistra il torrente Ega rumoreggia sinistro.

«Credi che ce la faremo ad arrivare in cima al passo prima che quei cumulonembi scarichino il loro fardello di acqua?» L’intonazione della voce di Alba denota preoccupazione.

«Non dovrebbe mancare molto» afferma Matteo con tono sicuro, accelerando il passo.

Gocce di pioggia gelida accompagnano l’ultimo tratto ma è quello meno ostico. Arrivati in cima, si sistemano per la notte vicino a un gruppo di rocce, che formano una specie di cavità naturale. Non è completamente un riparo ma rimangono protetti a sufficienza dalla furia del vento e dell’acqua, che tende a trasformarsi in neve. La notte non sembra mai passare e crea apprensione nei due ragazzi che temono di rimanere bloccati lì per diversi giorni.

All’alba del nuovo giorno le raffiche di vento e gli scrosci di pioggia sono diminuiti in maniera consistente. Il cielo è meno grigio rispetto alla sera precedente ma minaccia ancora burrasca. «Proviamo a scendere a valle?» Propone con la voce velata dall’ansia Matteo che lo osserva preoccupato.

Alba ha l’aria perplessa. «Non ricordo qualche punto della discesa che possa essere sfruttato per ripararci se il tempo peggiora».

«Però se non tentiamo, c’è il concreto rischio di rimanere bloccati per giorni qua su, se la pioggia si trasforma in neve».

Tra dubbi e ansie decidono di affrontare la discesa a valle. Tra violenti scrosci d’acqua che trasformano la strada piuttosto sconnessa in piccoli torrenti e squarci di sereno all’imbrunire raggiungono il fondovalle.

I due ragazzi e Cucciolo sono stanchissimi per la tensione delle due giornate appena trascorse. Però adesso il loro cammino è meno pericoloso perché a parte il passo Pordoi non ci sono montagne da scalare. Si sistemano tra le rovine del primo paese che incontrano sfiniti dalla fatica dalle condizioni meteorologiche avverse. Si rendono conto che non è stata una passeggiata distensiva ma ha compreso che la vita all’esterno della Città del Sole può rivelarsi assai complessa.

Hanno appena terminato di montare la tenda, quando un violento temporale si abbatte su di loro. «Siamo stati fortunati» esclama Alba osservando la violenza dell’acqua che colpisce il loro riparo. Il picchiettare intenso della pioggia con qualche chicco di grandine tiene loro compagnia per tutta la notte. Avrebbero voluto leggere qualche pagina del diario di Konnie ma il rumore delle gocce e la stanchezza tolgono loro la voglia di sfogliarlo. Si addormentano vicini con Cucciolo sistemato tra loro.

Quando l’alba del nuovo giorno si presenta rischiarando l’oscurità della notte, il brontolio del tuono e la luce violacea dei lampi si vanno smorzando. I due ragazzi hanno scelto bene il luogo dove accamparsi, perché è leggermente sopraelevato. Sbirciando fuori dalla tenda sono circondati da un velo d’acqua di svariati centimetri. Cucciolo uggiola con un verso disperato. Vorrebbe uscire ma pioggia ancora intensa e acqua glielo impediscono, finché non si decide per espletare i suoi bisogni.

La mattinata trascorre lenta sotto una pioggerellina continua e dispettosa. Si sono dimenticati del diario e sonnecchiano per recuperare le forze dopo le due giornate stressanti appena trascorse.

«Sembra che il cielo abbia smesso di gocciolare» osserva Alba alzando gli occhi. «Ci prepariamo per rimetterci in marcia?»

Matteo si stiracchia allungando le gambe. «Direi di sì. Di soste improvvise credo che ne faremo prima di affrontare l’ultimo ostacolo».

Smontata la tenda si rimettono in cammino sulla strada ricoperta di acqua.

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Konnie – parte diciannove

nuova copertina Un caso per tre

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicata la parte diciannove di Konnie.

La potete leggere anche qui.

28 agosto 2144 ore 8

Le prime ore della giornata tingono di rosa le cime delle Torri del Vajolet e del gruppo del Catinaccio, mentre nubi rosate volano leggere come piume nel cielo di un azzurro slavato.

Questa meravigliosa vista sorprende i due ragazzi al loro risveglio all’alba del nuovo giorno, mentre Cucciolo è già fuori alla caccia di improbabili prede.

I due ragazzi, dopo aver ammirato questo spettacolo che la natura riserva agli amanti del bello, ragionano sulle prossime mosse.

«Credo che ci sia poco da osservare qui a Bozen. A parte i ruderi ricoperti di erica e muschio e come l’assenza umana ha spinto la natura a riappropriarsi di quello che era suo» esordisce Alba con tono serio.

«Hai ragione» concorda Matteo, annuendo col capo.

«Quindi se sei d’accordo. Oggi lo dedichiamo all’esplorazione di quello che è rimasto. Domani mattina all’alba prendiamo la via del ritorno» aggiunge la ragazza, proseguendo nel suo ragionamento. «La salita al Karersee è ostica affrontata col tempo buono. Diventa pericolosa in caso di pioggia o vento. Siamo stati fortunati negli ultimi giorni. Sole e qualche nuvola ci hanno fatto compagnia».

«Sì, l’inizio è stato poco promettente con pioggia e neve. Poi per fortuna il tempo si è stabilizzato al bello. Inutile sfidare la buona sorte. Domani si ritorna».

Chiacchierando, si sono dimenticati dell’assenza di Cucciolo. Mentre riempiono gli zaini con gli oggetti usati nella notte, Alba si accorge che il lupetto è scomparso. «Il nostro portafortuna» ridacchia mentre lo dice, «non c’è. Pare sparito nel nulla. Stanotte era con noi sotto la tenda ma al risveglio non c’era. Dobbiamo cercarlo».

Matteo si guarda intorno alla ricerca visiva del lupetto. «Dove si è cacciato?» borbotta aggrottando la fronte. «È un giovane in cerca di guai!» Sbuffa infastidito, perché può essere in un qualsiasi posto. Prova a chiamarlo inutilmente.

Si sono affezionati a questo giovane lupo molto affettuoso. Sembra un talismano, perché da quando è con loro la buona sorte pare avere avuto un occhio di riguardo per loro. Sanno che prima del rientro alla Città del Sole dovranno fare una scelta: o sfidare le regole portandolo all’interno oppure abbandonarlo nel bosco. Gli animali all’interno del loro mondo non sono molti ma sono tutti utili alla comunità per quello che possono offrire. Cani e gatti sono banditi. Cucciolo sarebbe una bocca in più da sfamare e poi di certo sarà contaminato.

I ragazzi si erano fermati per la notte nelle adiacenze di quello che resta del Duomo, decidono di andare verso la ferrovia, sperando di rintracciare Cucciolo. «Chissà dove si è cacciato» borbotta Matteo tenendo per mano Alba. Quando sono usciti dalla Città del Sole la prima volta non c’era nulla tra loro. Una semplice amicizia e neppure troppo stretta. Lui faceva gli occhi dolci verso Clarissa senza che lei ricambiasse il suo interessamento. Alba invece faceva coppia fissa con Marcello ma senza che fosse sfociato in qualcosa di più di una calda amicizia. Poi il destino sotto forma di un sorteggio li aveva messi in coppia. Da quel giorno hanno imparato a conoscersi meglio e apprezzarsi a vicenda. Così hanno compreso che poteva esserci qualcosa di più di una banale compagnia dovuta all’essere insieme. Come il germoglio cresce e si sviluppa sul ramo sotto l’effetto del sole, della pioggia e del vento, così è sbocciato tra Matteo e Alba un tenero affetto che diventa un giorno dopo l’altro più solido. Hanno scoperto delle affinità che ignoravano che esistessero: la curiosità di scoprire il mondo e come vivevano i loro genitori. Entrambi si riconoscono diversi dai coetanei che sono rimasti nella Città del Sole. A loro l’ignoto non fa paura, anzi li stimola. Gli altri preferiscono il caldo rifugio della città sotterranea. Matteo in modo discreto tende a proteggere la compagna ma non prende mai una decisione senza ascoltare il suo parere che tiene in grande considerazione. Lei avverte sicurezza perché è certa che in qualsiasi situazione può contare su di lui.

Anche questa mattina la direzione da prendere è stata presa dopo che hanno vagliato i possibili obiettivi. Vogliono stimare lo stato della rete ferroviaria. Il ponte è messo piuttosto male ma i restanti binari sono da valutare.

Mentre si dirigono verso la stazione sentono in lontananza la voce di Cucciolo.

 

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Konnie – parte sedicesima

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Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la parte sedicesima di Konnie, il mio romanzo distopico. Lo potete leggere anche qui.

12 agosto 2144 Bozen

Konnie si sveglia, perché una lama di luce lo colpisce sugli occhi. Raggi di sole illuminano l’interno passando attraverso i buchi del soffitto.

Ha ancora davanti agli occhi quella visione che lo ha perseguitato durante la notte. Due persone imprigionate in uno scafandro argentato come l’alluminio e un cucciolo di cane dal pelo tutto arruffato. Camminano su strade a lui sconosciute, stanno scendendo dalla montagna. Si sforza a ricordare altri dettagli. La testa gli duole, pare scoppiare per la forte emicrania.

Si mette ritto e si bagna la bocca con la borraccia. Altri spezzoni del sogno ritornano a galla. Sono diretti a Bozen. «Sono degli umani oppure degli extraterrestri?» Si sfrega gli occhi e prova ad alzarsi. Traballa e ha la vista appannata. Prova a mangiare qualcosa ma lo stomaco è chiuso. Rinuncia. Mette lo zaino sulle spalle ed esce all’aria aperta. La temperatura è fresca e l’aria gli accarezza il viso svegliandolo.

Cammina non troppo saldo sulle gambe ma deve fare un po’ di moto per riattivare la circolazione. Ricorda che sua madre gli aveva parlato di una piazza con un monumento al centro dove alla sera si radunavano tutti i giovani. «Forse è questa» borbotta ruotando lo sguardo circolarmente. Però adesso è una desolazione. Palazzi crollati, la pavimentazione spaccata in più punti che hanno fatto emergere alberi ed erbacce.

Cammina con lentezza e raggiunge la stazione di cui è rimasto solo uno scheletro annerito. Ritorna indietro ma avventurasi in quel dedalo di strade anguste alle spalle della piazza non ci pensa nemmeno: troppo pericoloso. Il porticato è semi crollato e quello che resta sembra più un miracolo di equilibrio precario piuttosto che la sicurezza di non rimanere sotto un crollo.

Torna verso quello che un tempo era una chiesa. La osserva dallo spiazzo antistante. A parte la facciata che per miracolo è rimasta integra il tetto è franato in più punti. Ci gira intorno e in più punti i muri laterali lasciano intravvedere altari e quadri ridotti in pessime condizioni. L’abside sembra miracolosamente integra ma Konnie scuote il capo. «Non credo che l’interno sia messo in buone condizioni».

Si allontana vagando per le vie più ampie. Evita quelle più strette ingombre di rottami. Ogni tanto ascolta il rumore sordo di calcinacci che rovinano a terra.

Arrivato vicino a un corso d’acqua, la cui portata lascia intravvedere rocce e sassi, decide di ritornare al suo rifugio. Avverte stanchezza e il sole sta declinando dietro ai monti illuminando la pianura.

«Forse domani provo ad attraversare il ponte e spingermi verso le montagne».

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Konnie – parte quindicesima

L’ultima avventura di Puzzone

Su Caffè letterario è stata da poco pubblicata la nuova puntata di Konnie, che potete leggere anche qui.

25 agosto 2144

Il tempo è rimasto stabile con una temperatura gradevole. Questo ha favorito la marcia dei due ragazzi.

«Fino a questo momento non abbiamo fatto cattivi incontri» afferma Matteo, mentre prepara la colazione dove un tempo era l’abitato di Vigo di Fassa che adesso è ridotto a un ammasso di pietre sgretolate.

«Forse la presenza di Cucciolo li ha tenuti lontani» replica Alba con tono sicuro, mentre il lupetto alza la testa, sentendosi chiamato in causa. «Dobbiamo decidere quale strada prendere per arrivare al Karersee. Quella più diretta e corta o quella più facile ma lunga?»

Matteo sembra riflettere ma dentro di lui punterebbe a quella più corta. Vuole arrivare in fretta a Bozen e prendere la via del ritorno il prima possibile. L’esperienza del maltempo al Passo Pordoi ha lasciato il segno in negativo.

«Se sei d’accordo, prenderei il Karerpass, cercando di fare tappa sul lago prima di scendere su Bozen. Un paio di giorni di riposo prima di intraprendere il percorso di ritorno. Da una settimana non riusciamo a contattare Città del Sole».

Alba annuisce perché il crono programma è lo stesso che ha pensato lei. «Sì, in effetti non abbiamo dato notizia di noi. Pensi che ci sia una ragione per cui non riusciamo a contattarli?»

Il ragazzo scuote la testa in segno di diniego. «No. D’altra parte non abbiamo mai testato le comunicazioni a lunga distanza».

Stanno raccogliendo tutte le loro attrezzature per sistemarle negli zaini, quando sentono ringhiare Cucciolo in posizione di difesa. Mostra i denti minaccioso puntando verso un gruppo di alberi alla loro destra.

Alba sbianca e si sistema al riparo di un muretto miracolosamente ancora in piedi. Matteo si gira per osservare quale pericolo incombe su di loro.

Dal boschetto vede spuntare una sagoma imponente: un orso, anzi un’orsa seguita dei due piccoli.

«Buono Cucciolo. Se non li minacciamo, se ne vanno per la loro strada» sussurra Matteo, accarezzando la testa del lupetto, che sembra aver compreso il suggerimento del ragazzo. Il ringhio si smorza ma la postura rimane quella di prima: pronto ad attaccare se l’orsa si avvicina troppo con intenzioni bellicose.

Con calma Matteo raccoglie le ultime cose senza perdere di vista l’orsa. I due orsacchiotti giocano fra loro sotto lo sguardo vigile della madre che in apparenza pare disinteressarsi dei due ragazzi e del lupetto.

«Vieni Cucciolo» ordina Matteo avviandosi con Alba verso l’imbocco della strada che li dovrà condurre a Karersee.

«Ho avuto paura» ammette Alba arrancando su una strada alquanto dissestata. «Ho letto che le orse sono particolarmente aggressive quando sono con i loro cuccioli. Poi il ringhiare feroce di Cucciolo mi ha fatto pensare male».

Il lupetto sentendo il suo nome solleva la testa con la lingua rossa a penzoloni per la salita e la sete. Negli ultimi giorni ha integrato la sua dieta andando a caccia di piccole prede nei boschi lungo la strada. Però nella giornata odierna preferisce rimanere vicino ai due ragazzi. Non gli sembra un luogo adatto per allontanarsi. Ci sono solo roccia e dirupi e la vegetazione è scarsa.

Arrivati in cima al passo, lo spettacolo è desolante: non c’è nulla che sia rimasto in piedi. Il bosco ha ricoperto quasi tutto quello che un tempo era il paese. Il lago s’intravvede a malapena e si confonde con l’abetaia. Vanno alla ricerca di uno spiazzo dove piantare la tenda. Lo trovano dove un tempo era un’area di ristoro attrezzata, di cui non ne è rimasta traccia, sommersa da erba secca e rovi di more. Matteo col coltellaccio crea una zona libera, dove sistemano la tenda.

La sera è stellata e fredda. Accendono un piccolo fuoco usando rami e arbusti secchi. Non li riscalda ma possono tenere lontano dei predatori notturni in collaborazione del fine udito di Cucciolo.

«Proviamo a stilare un bilancio dei nostri dieci giorni» suggerisce Matteo, mentre mastica un pezzo di formaggio.

«Pensavo meglio ma anche peggio» replica Alba distendendo le gambe. «L’inizio è stato duro con tutto il maltempo che abbiamo subito ma poi il tempo stabile ci ha consentito di procedere più spediti».

Il ragazzo annuisce ma il suo pensiero è su come hanno trovato il mondo esterno. «Credo, se un giorno l’aria sarà respirabile senza protezioni, la situazione richiederà molti lavori. Le vie di comunicazione sono in pessimo stato e non rimane nulla dei paesi. La natura si è ripreso tutto quello che era suo».

«Ma non siamo arrivati a Bozen. Potrebbe esserci lì una situazione migliore…».

Matteo ride. «Sei una ottimista inguaribile» la interrompe. «Dubito che la situazione sia migliore. In questi dieci giorni non abbiamo incontrato nessun essere umano. Temo che siamo rimasti solo noi». Osserva il minigeiger che segnala valori ancora elevati e pericolosi per l’uomo. Scuote la testa al pensiero dell’ottimismo della compagna.

Alba non si dà per vinta. «Dobbiamo esplorare la pianura prima di trarre delle conclusioni negative».

Matteo sorride per non smorzare i pensieri positivi della ragazza. Le prende la mano e gliela stringe con vigore. «Ora pensiamo a riposarci per essere in forma domani mattina. Se siamo fortunati, possiamo raggiungere in serata Bozen».

Poi si distendono dentro la tenda mentre il fuoco divampa allegro con l’ultima legna che lo alimenta. Cucciolo tra di loro sembra già nel mondo dei sogni perché le zampe tremano. Tuttavia sanno che un minimo rumore lo svegliare all’istante.

Le ombre rossastre guizzano attraverso il telo a formare immagini fantastiche.

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Konnie – parte dodicesima

I tre cunicoli – carteaceo

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post del racconto Konnie, pensando di far cosa paicere lo ripublico anche qui.

10 agosto 2144 Bozen

Konnie si deve fermare ogni venti passi. Fatica a respirare, tossisce. Avverte stanchezza con le gambe che gemono per il dolore. Cerca riparo dalla luce troppa intensa. Gli occhi lacrimano e faticano a rimanere aperti.

Quello che intravvede attraverso la visione opaca dello sguardo è tutto nuovo. I suoi ricordi basati sui filmati visti nelle lunghe serate nel bunker non collimano con quello che osserva intorno. Nemmeno le montagne che contornano la città sono le stesse. Sembra che abbiamo un altro aspetto. «Come?» Rantola col cuore che batte all’impazzata.

Carcasse arrugginite di qualcosa che battezza come auto sostano ai bordi di quello che un tempo era una strada. Ruderi o montagne di macerie sono ricoperte di verde.

Ascolta il rumore tipico di acqua che scorre sulla sua destra. «Dove sono?» Ricorda che suo padre gli ha descritto tre fiumi che passano per la città. «Quale dei tre?» La curiosità lo spinge ad avvicinarsi. Dalla sponda osserva che un fitto bosco gli preclude quasi per intero la vista. Intravvede un rigagnolo d’acqua in basso. «Forse è solo un’illusione ottica» Prosegue il suo cammino sulla sponda che lascia intuire che un tempo c’erano dei sentieri che a fatica sono percorribili.

Si allontana sempre più dal suo rifugio e capisce che non vi farà più ritorno. Non ha il senso dell’orientamento e tutti i posti sembrano uguali. Non saprebbe riconoscere da dove è passato. Questo lo spinge a proseguire.

Il sole è alto sull’orizzonte e fa molto caldo. Suda copiosamente. Si ferma all’ombra di imponente abete per detergersi il sudore e bere qualcosa dalla borraccia.

Alza verso il cielo lo sguardo e rimane affascinato: un azzurro così nitido non lo ricorda. Ride scuotendo la testa. Il suo occhio per ottant’anni ha visto solo grigio e nero, i colori unicamente nei film e nelle illustrazioni dei libri. «Dovrebbe essere mezzogiorno». L’ha dedotto dal fatto che il sole è alto nel cielo. La calura è insopportabile ma vuole spostarsi in città alla ricerca di un riparo per la notte.

«In città?» Ride, alzandosi a fatica. «Ma sono già in città! Forse in centro».

La fitta boscaglia nata sulla sponda del fiume rende l’aria ancor più rovente e afosa. S’incammina mentre sta sudando copiosamente. Si gira più volte. Gli pare di udire dei latrati alle sue spalle. «Lupi o cani?» Non vede nulla. «Se mi assalgono, per me è finita». Anche volendo non riesce accelerare il passo. Vede la traccia di un sentiero che scende dolcemente verso il basso. «Forse mi porta in centro città» borbotta mentre lo segue.

L’intuizione è corretta. Case crollate, selciato divelto è l’immagine che si presenta alla sua vista. Si ferma a rifiatare mentre studia il percorso da seguire. Non si fida infilare quelle stradine strette dove a fatica potrebbe procedere. Una desolazione è quello che vede. Preferisce proseguire in quella più ampia perché la parte centrale sembra meno ostruita.

Arriva in uno slargo dove alla sua destra osserva la facciata di una chiesa. Si ferma appoggiandosi al tronco di albero. Fatica a respirare, gli manca l’aria.

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