Il racconto sotto l’ombrellone

nuova copertina Un caso per tre

Un racconto

Qualche settimana fa ho proposto questo racconto che parteciperà al contest dell’estate di navigazione con zero probabilità di vincere qualcosa ma De Coubertin insegna anche a gareggiare. Il precedente non andava bene perché mancavano due tasselli: le parole impreviste. Adesso è completo. Quindi quattro parole chiave: ondivago, bardo, clafoutis e brillante più due parole misteriose che non rivelerò nemmeno sotto tortura. Non si scherza mica. Non sono bruscolini.

Adesso basta, leggete, dite la vostra. L’ombrellone vi aspetta.

Arrivati a marzo si pone il problema di come superare lo spartiacque estivo, come se poi tutto il resto dell’anno filasse liscio.

È questo il pensiero di Emilia che non sa come organizzare i tre mesi estivi. Qualcuno strabuzza gli occhi. «Tre mesi di vacanza?» «Sì, proprio così. Giugno, luglio e agosto. Per settembre si torna a casa per riprendersi dalla sbornia vacanziera».

Un pensiero ondivago si fa strada nella mente di Emilia che non sa decidersi quest’anno. L’anno scorso è stato un viaggio a piedi per l’Europa del sud. Tanti i chilometri e tantissimi i posti visitati. Quello precedente si è affidata al treno che l’ha portata in giro per la Russia. L’anno ancora prima partendo da Milano ha raggiunto il nord America e da lì è iniziato un viaggio verso la Patagonia. Per gli altri anni non ricorda dove ma sono stati bellissimi.

Però il problema è adesso. L’entropia del sistema vacanze non ammette deroghe. Il disordine regna sovrano nella testa di Emilia. Il passaggio dallo stato ordinato del metronomo casa, lavoro, casa a quello disorganizzato di un viaggio lungo tre mesi racchiude tutta la sua insicurezza.

Giugno è vicino e gli amici con i quali condivide le vacanze estive premono per sapere dove. Però Emilia non riesce a decidere né il mezzo né le località da toccare. Viaggiare a piedi è stancante. Ricorda le piaghe dello scorso anno. Il treno è bello perché durante gli spostamenti si può chiacchierare in santa pace ma è limitato alle sole tratte ferroviarie. L’aereo è costoso e poi i viaggi low-cost sono snervanti. Barca? No, grazie! Bicicletta? Auto? Tanti mezzi ma non tutti graditi dai compagni di viaggio: Sara, Michele e Marietto.

È un nucleo adamantino il loro, difficile da scalfire ma pronto a incidere nella scelta delle vacanze. Sembrano due coppie ma in realtà sono quattro amici legati dalla stessa volontà di divertirsi, di fare qualcosa fuori del comune.

“No, devo trovare qualcosa di originale? Ma cosa?” riflette Emilia, legando i lunghi capelli con un elastico. “Siamo a marzo ma fa già caldo ma zero idee”.

Sono dieci anni che fanno questa scorpacciata di vacanze e quindi le ipotesi sui luoghi diventano sempre più complicate. “Ma loro vengono a rimorchio. Mai una volta che suggeriscano un itinerario da esplorare. Devo fare tutto io. Tappe, prenotazioni e organizzare ogni dettaglio” mormora un po’ infastidita ma al tempo stesso soddisfatta, pensando alle esperienze passate.

In realtà non è così. A lei piace fare tutto da sola e poi presentare il tour seduti a tavola con grandi slide proiettate sul soffitto. ‘Con la pancia piena si ragiona meglio’ è sempre stato il suo motto ma adesso si trova un po’ in difficoltà.

“Ma quest’anno dove li porterò?” si domanda aprendo Google map sull’Europa.

Seduta davanti al suo computer gira gli occhi per la stanza. Di fronte sta la libreria con sotto il divano. Alla sua destra un mobile dei primi del novecento in radica e borchie di rame in stile liberty. Alle sue spalle l’impianto hi-fi. Però per terra ci sono libri accatastati alla rinfusa.

“Un viaggio solo acqua? Oppure un mix?”

Niente, nessuna idea viene in soccorso, quando l’occhio cade su un volume dei Meridiani mescolato insieme ad altri testi. ‘Teatro completo. Testo inglese a fronte. Vol. 4: Le tragedie’ di William Shakespeare. Un vecchio volumetto un po’ malmesso. Lampadina.

«Ecco la destinazione. Stratford-upon-Avon e al ritorno Limoges» esclama entusiasta. «Con quale mezzo?» L’entusiasmo si sgonfia come un palloncino bucato.

Tre sere più tardi sono attorno un tavolo pieno di briciole e gocce di vino. Con un colpo di mouse srotola sulla parete un’immensa carta dell’Europa occidentale che pare animata di vita propria.

«Ecco questo è l’itinerario proposto».

Sara rimane interdetta. Pare un serpente che si morda la coda.

«Non ti pare di essere stata un po’ ondivaga?»

«Cosa c’è di male andare per mare?» replica divertita Emilia.

Arriva giugno e si parte.

«Oh, Bardo del mio cuore, stiamo arrivando!» esclama Emilia salendo sul treno per Varazze, dove un Oceanis 48 li sta attendendo.

Quest’anno non si è badato a spese. Una bella barca da crociera comoda e sicura per affrontare l’Oceano Atlantico e le sue insidie.

Nessuno di loro sa governare un’imbarcazione ma hanno ingaggiato un skipper per i tre mesi. Non hanno fretta e chi ne avrebbe con oltre novanta giorni a disposizione? Con lo skipper hanno concordato il piano di navigazione. Quello ambizioso in assenza di tempeste traiettorie diritte. Quello prudente se il tempo non sarebbe stato clemente veleggiare sotto costa.

Dopo venti giorni di navigazione siamo a Brest per il meritato riposo. Un giorno solo ma camminare sul solido terreno è una sensazione appagante. Un vento gagliardo ci ha spinto verso Gibilterra e poi in direzione nord. Sono stati venti giorni di allegria con lo skipper che ci ha torchiato per bene, perché di miglia marine ne abbiamo dovuto macinare molte. Ora so che il cockpit non è un dolce e il genoa non è l’altra squadra di Genova. Marietto sa come alzare una vela senza aggrovigliare i cavi. Passi da gigante senza dubbio. Ci rimane un tratto insidioso quello che sta davanti alla Cornovaglia, che doppiata ci fa arrivare a destinazione.

«Bardo, aspettaci che stiamo arrivando».

La gita a Stratford-upon-Avon è stata magnifica. Dieci giorni per la vallata del Severn e dell’Avon in barca, in bicicletta e a piedi sotto il sole e la pioggia che non può mancare da queste parti. Questa bella cittadina vive nel ricordo del suo illustre antenato e ogni angolo ce lo ricorda. Adesso dopo la circumnavigazione della perfida Albione con una puntata a visitare le Orcadi siamo a S. Nazaire pronti per raggiungere Limoges attraverso la valle della Loira e dei suoi castelli. Ho promesso loro la clafoutis più invitante della loro vita. Non sanno cosa li aspetta! Pensano a tutto: porcellane, vino, luoghi misteriosi. Non sanno, i poverini, che si mangeranno una fetta di torta con dentro le ciliege nere ma forse con altra frutta di stagione, perché le ciliege a fine luglio sono un pallido ricordo. Abbiamo due settimane per raggiungere Limoges e puntare su La Rochelle dove il nostro skipper impaziente ci aspetterà per riportarci il 31 agosto a Varazze. La Loira appare un fiume sonnacchioso che scorre su un letto sabbioso in questo periodo. Quest’anno è ancora più magro perché un inverno mite e asciutto l’hanno prosciugato. Tuttavia noi non demordiamo. Qualsiasi mezzo è buono e poi siamo in perfetta forma e rilassati. Il colorito scuro ci fa sembrare dei vu’ cumpra’ se non fosse per i capelli che variano dal rossiccio di Marietto al biondo cenere di Sara con tutte le sfumature intermedie. Ci muoviamo come un sinuoso serpente allungando la strada pur di visitare i vari castelli che sono in zona.

«Limoges!» è il grido di tutti noi coi piedi piagati dalle vesciche, quando arriviamo in centro città. Affamati, distrutti ma felici ci sistemiamo sotto un ombrellone della ‘brasserie Le Cap’tain’ di fronte a les Halles. Mangiamo di tutto ma la sorpresa arriva alla fine. Una torta intera di clafoutis alle pere, che non è la stessa cosa di quella alle ciliege ma per mangiarla dovevamo fare come prima tappa questa magnifica città fondata da Augusto nel 10 d.C. Però non era possibile e una bella risata mi sfugge dalla bocca.

Da La Rochelle riprendiamo il viaggio di ritorno con la pelle cotta dal sole e dalla salsedine. Siamo tutti stanchi ma felici. Un’esperienza favolosa, frutto di una brillante idea. Un po’ ci dispiace tornare all’ovile ma dopo tre mesi su una barca abbiamo voglia di calpestare la terra e non ballare sul ponte di legno di un Oceanis 48. Per fortuna non abbiamo dovuto affrontare tempeste ma solo mare mosso. Una cosa accettabile tutto sommato, da firmare prima della partenza. Il vento ha spirato nella giusta direzione gonfiando le vele e facendoci correre veloci sull’acqua.

Adesso siamo qui sul terrazzo della mia casa a vedere le immagini più significative della vacanza, a gustarci uno spritz con tartine al prosciutto ma in particolare a ridere per qualche disavventura capitata nei tre mesi di viaggio.

Non credo di avere mai avuto un’abbronzatura così perfetta. Sembro proprio una marocchina.

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Un litigio

Laboratorio di scrittura

Lei era lì, assorta nei suoi pensieri che la turbavano dalla sera precedente. Si era alzata pensando di uscire ma poi aveva cambiato idea. Non riusciva a comprendere il motivo del cambio di programma. Però forse lo conosceva.

Davanti allo specchio aveva provato diversi abiti. Un vestito d’organza liscio fino alla caviglia. Un abito di lino bianco con balze blu che lasciava nude le spalle.

«No!» aveva sussurrato gettandoli con furia sul letto disfatto, mentre osservava l’interno dell’armadio dove si dondolavano con pigrizia altri abiti, che le sembravano fare l’occhiolino.

Poi con furia aveva chiuso l’anta dove lo specchio rifletteva la sua figura esile nel solo intimo.

Infilato un vestito da sera bianco si era sistemata pensosa nella sala della musica ma il silenzio regnava nell’appartamento. Aveva rinunciato all’uscita mattutina, come faceva tutti i giorni. Una visita al bar per un cappuccino e una brioche. Un giro nella piazza dello struscio ad ammirare le vetrine che si preparavano per la Pasqua. Una puntata al mercato per acquistare qualcosa per il mezzogiorno. E infine il rientro a casa.

Una lacrima scivolò lungo la guancia, mentre la mente andava alla sera precedente. Tutti i suoi affanni prendevano lo spunto da lì. Era netto il ricordo del litigio. «Perché?» Nessuna delle due aveva voluto cedere e con testardaggine avevano alimentato il battibecco. A pensarci bene avevano torto entrambe ma non lo volevano ammettere. Così la questione banale di un fiore musicale era diventato il terreno di scontro tra loro. Una sfumatura policroma della musica. Una vera inezia ma sufficiente a scatenare un litigio sordo ma accidioso.

Adesso era inutile ritornare sull’argomento ma lei non voleva fare il primo passo per riconciliarsi. «No! Deve essere lei!» Proruppe in un grido che fece eco nella casa.

Si alzò con un grosso peso sul petto e andò in cucina.

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Konnie -parte trentaduesima

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Proseguono le puntate di Konnie. Buona lettura

11 ottobre 2144 Città del Sole ore 9

Matteo e Alba hanno lavorato sodo tutta la sera precedente per mettere insieme tutti i dischi olografici per la visione prima al Consiglio dei Saggi poi al resto della comunità, sempre che sia dato il via libera.

«Pensi che sia troppo un’ora di proiezione?» Chiede Alba, distendendo le gambe sotto il tavolo e sbadigliando rumorosamente.

«Non credo. Ti meriti un bacio» e detto fatto. «Sei un’artista nata per come hai montato il filmato. Immagini, video e sopratutto audio perfetti».

«Quindi merito altri tre baci!» sussurra maliziosa la ragazza.

«Solo tre?» E ridono fragorosamente.

Alle nove in punto si presentano al Consiglio dei Saggi per la presentazione del filmato che proiettano su uno schermo virtuale posto di fronte a loro. Lo osservano in silenzio, chiedendo qualche volte delle spiegazioni. Non fanno alcun apprezzamento come se tutto fosse banale.

Alba storce più volte il naso e increspa le labbra per manifestare il suo disappunto. Matteo mantiene un aplomb perfetto. Non muove un muscolo facciale, ha lo sguardo serio fisso sulle immagini. Si limita a rispondere con cortesia anche se in un paio di occasione avrebbe voluto replicare con acidità. Quando un Savio ha fatto un commento ironico su Cucciolo, Matteo ha pizzicato la coscia di Alba, perché con la coda dell’occhio ha notato che stava per ribattere polemicamente.

Visto che al termine tutti sono rimasti muti, Matteo, tenendo sotto il braccio Alba, li ha ringraziati con cortesia, perché hanno presenziato alla proiezione. Poi con passo deciso sono usciti, mettendo in bacheca l’avviso per le ventuno.

«E se non sono d’accordo?» Esterna Alba guardandolo in viso.

«La regola parla chiaro. Chi tace acconsente. E loro sono rimasti muti».

Sente vibrare il ricevitore. È Arturo che li informa che tutto è fattibile e di passare da lui domani alle dieci per discutere di persona i dettagli. «Un problema in meno» afferma la ragazza, stringendosi a Matteo.

«Sono dei fetenti» sbotta Alba appena entrati nel monolocale di Matteo, dove si è trasferita dopo il loro rientro nella Città del Sole. Si siede sulla poltrona, scalciando i mocassini lontano.

Il ragazzo l’abbraccia e sigilla la bocca con un bacio dolcissimo. Prende un blocco di carta e scrive: “Modera i termini. A volte ho avuto l’impressione di essere spiato. Dobbiamo essere furbi se vogliamo trasferirci a Bozen. Usiamo questo per trattare le questioni più delicate”.

Alba ride. Lei più impulsiva e ribelle, lui è più riflessivo e calmo. Prende il blocco: “Ho capito tutto. Sono doppiamente fetenti!! Spero che Arturo ci dia delle buone notizie”.

Matteo con la mano destra accosta il pollice con l’indice per formare la O di ok.

«Anche se non hanno detto molto, il disco olografico è piaciuto. Sono curioso di conoscere le reazioni degli altri».

Alba annuisce con la testa. È d’accordo col compagno. «Andiamo a fare una passeggiata fuori con Cucciolo?»

Matteo col movimento del capo dice di sì. Fuori possono parlare più liberamente.

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Accadde il 27 dicembre

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Da Il laboratorio di scrittura è stato posto questo tema

“Il 27 dicembre successe una cosa incredibile. Da quel giorno nulla fu come prima…”

Il 27 dicembre successe una cosa incredibile. Da quel giorno nulla fu come prima…

«Va bene! Mi hai convinto» annunciai a Giovanna ai primi di giugno. Erano sei mesi che voleva fare una vacanza in India per seguire due settimane di terapia ayurvedica in una località del Kerala. Per poi raggiungere Rishikesh, una città di cui ignoravo l’esistenza. Qui avremmo passato due giorni con un santone, un mistico dal nome impronunciabile, che scrutava il futuro con delle perline colorate e altri strumenti come mi aveva assicurato Giovanna. Con Google Map scoprì che si trovava alle pendici dell’Himalaya. «Ma non farà troppo freddo?» le domandai tra il curioso e il dubbioso. La risposta fu «No!». Però io ci credetti poco ma finsi il contrario.

Prenotati i voli con Air India con partenza da Milano e arrivo a New Dehli per il 2 dicembre, mi documentai su questa terapia che secondo Wiki serviva a disintossicare mente e fisico. Decisi di viaggiare leggero, perché era nostra intenzione girare per l’India. Per il ritorno trovammo due voli: uno per il 27 e l’altro per il 28. “Pazienza” mi dissi, “viaggeremmo separati”. Io optai per il volo del 28, lasciando quello del 27 a Giovanna.

Il 2 dicembre partimmo per l’India.

Raggiunto il resort, immerso nella folta e verde vegetazione del Kerala, rimasi stupito dal posto e dalle persone. Era incantevole e si mangiava divinamente ma non solo aveva anche una spiaggia privata. Era stata una scelta oculata.

Ci sentivamo in piena forma quando il 17 partimmo per il tour in India che ci avrebbe condotto dal santone la vigilia di Natale.

Ero dubbioso di raggiungere il posto. Nubi basse e nere coprivano la catena e ci informarono che stava nevicando. Faceva freddo ed era tutto bianco intorno. Battendo i denti ci accodammo a una fila di persone in attesa di entrare nella grotta del santone. Volevo desistere ma Giovanna mi spronò a rimanere in coda. Quando fu il nostro turno, rimasi colpito da quella persona. In pratica aveva solo un drappo colorato intorno al petto. Ci scrutò, prese una decina di bastoncini di bambù, ma non ne sono sicuro oggi perché ho un ricordo confuso. Ce ne fece scegliere uno a testa e poi gli altri li gettò per terra. Disegnò un 27, un aereo e un boom. Insomma ci sconsigliava di prendere il volo del 27 dicembre.

Io risi ma Giovanna lo prese sul serio. «C’è poco da ridere» affermò con tono serio. «Se dice di non volare il 27 è meglio non farlo. Io rinuncio e vedo di convertirlo per un altro giorno».

Avrei potuto scambiare il mio volo col suo ma non mi piaceva lasciarla una giornata da sola. Il giorno di Natale Air India mi mandò un SMS con la possibilità di due posti per il 27 oppure per il 28. Optammo per quello del 28. Potevamo fare il viaggio insieme.

Il 27 dicembre eravamo sul treno che ci riportava a New Dehli, quando sul telefono comparve una notizia spaventosa. Il volo AI-980 era stato dirottato ed era esploso in volo. Nessun superstite.

«Il santone aveva ragione» affermai con voce roca. «Se avessimo preso quel volo, ora saremmo morti».

«Ma quello non l’avrei preso anche se avessi perso il costo del biglietto!» esclamò con tono deciso. «Io l’ho preso sul serio. Non raccontava balle!»

Da quel 27 dicembre decisi che appena alzato avrei messo in pratica quello che aveva insegnato il santone per vedere cosa mi riservava la giornata.

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Konnie – parte ventinovesima

nuova copertina Un caso per tre

Da poxo è stata pubblicata la ventinovesima parte di Konnie su Caffè Letterario. La potete leggere anche qui.

14 settembre 2144 Città del Sole

Dopo le turbolenze dei giorni precedenti il tempo vira con decisione al bello. Il cielo è limpido e il sole inonda l’abetaia.

Dal Consiglio dei Saggi non è arrivata nessuna risposta. Tutto tace. Hanno letto molte pagine del diario di Konnie ma nella giornata odierna il tempo finalmente stabile li invita a passeggiare nel bosco. Cucciolo è sempre vicino a loro e si allontana di poco come se temesse di essere abbandonato.

Alba e Matteo si tengono per mano come due innamorati. «Il pensiero di rintanarmi di nuovo sottoterra mi perseguita da quando ho scoperto il mondo di sopra» spiega il ragazzo dando alla voce un’intonazione acida.

«Cosa pensi di fare?» Alba si irrigidisce perché fatica a comprendere il senso dell’affermazione. Immagina che ha in mente qualcosa ma non riesce a concretizzare il pensiero.

«Mi piacerebbe tornare a Bozen, nel bunker di Konnie. Salire o scendere senza chiedere il permesso tutte le volte ai saggi».

La ragazza rimane in silenzio. Riflette. Quell’idea l’ha sfiorata in questi giorni ma ci sono troppe variabili da tener presente. “Sì. Il pensiero è solleticante ma… Ci sono i viveri, la stanza di decontaminazione e poi noi due”. Si ferma ed espone cosa pensa. «Se spieghi meglio il progetto che hai in testa, ne possiamo ragionare».

«Il bunker è abbastanza ampio per ospitare diverse persone. Ci sono quattro ampie stanze, una sala e una cucina oltre ai servizi. C’è una zona del freddo che è ideale per conservare viveri e altro…».

«Ma Cosa pensi di fare dei corpi di Kurt e Marie?»

«Dare loro una degna sepoltura oppure cremarli come abbiamo fatto con Konnie. Lasciarli là in attesa che il generatore atomico smetta di funzionare mi sembra un insulto alla loro memoria».

Alba annuisce perché si trova d’accordo con lui. Però ci sono altri aspetti da vagliare. «Manca la stanza di decontaminazione perché l’ambiente esterno è e sarà pericoloso ancora per lungo tempo».

«La si può costruire. Serve una doccia».

Alba scuote la testa. Matteo la fa troppo semplice. «Poi c’è il problema dei viveri. Non è come nella Città del Sole che una vasta area è destinata alla coltivazione e all’allevamento di animali».

«Lo ammetto questo è più complicato ma è risolvibile costruendo una serra in superficie. Nel giardino».

«D’accordo. I problemi principali sono superabili ma servono materiali e competenze. Bozen è lontana. Ci sono due fiumi da scavalcare, due passi da scalare e delle vie in condizioni disastrose. Non abbiamo mezzi di locomozione che ci possano aiutare nel trasporto dei materiali. Tutto questo mi sgomenta» confessa la ragazza che ritiene non fattibile il progetto.

Matteo annuisce. Le obiezioni della compagna se le è poste anche lui, trovando soluzioni praticabili. Il progetto è solo in embrione. Va sistemato in tutti i suoi tasselli e sottoposto al Consiglio dei Saggi per la sua approvazione. Deve essere a prova di critiche. «Se studiamo bene il progetto in modo che sia realizzabile, poi abbiamo otto o nove mesi per attuarlo, perché prima di aprile maggio del prossimo anno non può diventare esecutivo. Dobbiamo parlare con Arturo per la stanza di decontaminazione e la serra. Se ci dice che possiamo costruirle trasportando i pezzi, abbiamo un jolly per le mani. Poi se troviamo altre coppie disposte a condividere il nostro progetto, potremo dire che è una prima colonia esterna della Città del Sole».

Alba sorride al pensiero di costruirsi un futuro con Matteo. «Ma Cucciolo nel frattempo?»

«Al di là se il progetto Colonia verrà approvato o meno, ho pensato di lasciare intatto il nostro accampamento esterno e di uscire tutti i giorni per tenergli compagnia. Se il tempo è clemente, anche più a lungo».

Alba lo abbraccia. È stata timida perché non ha proposto per prima quella soluzione. Però è contenta che Matteo abbia pensato come lei. Si sente in sintonia con lui.

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Konnie – parte ventisettesima

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la nuova puntata di Konnie. Con l’occasione auguro a tutti voi un sereno 2025.

Buona lettura.

11 settembre 2144 – Città del Sole

Il tempo incerto rallenta la marcia dei due ragazzi che devono fare continue soste per ripararsi dai temporali.

I segnaposti lasciati quattro settimane prima sono stati utili per non perdersi durante la salita alla Città del Sole.

Fa buio presto nel bosco specialmente se il cielo è nuvoloso. Sanno che mancherebbe una manciata di ore di cammino per arrivare all’ingresso ma preferiscono fare una sosta. Un giorno in più non fa differenza.

Si sistemano al riparo di gruppo di rocce che li protegge dal vento e dalla pioggia. Hanno le ultime provviste. La mattina successiva non ci sarà nulla per colazione. Cucciolo non ha problemi. È diventato un abile cacciatore e trova sempre una preda con cui sfamarsi.

«Se i saggi non lo accettano, non corre il rischio di morire di fame. È autosufficiente e avverte di essere nel suo ambiente naturale per come di muove e agisce» espone con voce calma Matteo.

«Mi dispiace lasciarlo libero. Mi sono affezionata. Sento che mi mancherà. La sua presenza mi ha dato fiducia e sicurezza in queste settimane».

Il ragazzo annuisce ma conosce bene le regole. Sono ammessi solo animali utili alla comunità. Quindi non crede che avranno il permesso di portarlo dentro. Inoltre c’è un altro aspetto non meno importante: ha vissuto in un ambiente contaminato e si è nutrito di prede esposte alla radioattività.

Comunque un tentativo lo farà. Non gli piace lasciare nulla al caso.

La giornata è limpida e soleggiata ma la temperatura è bassa. Le piogge ha fatto crescere nel bosco molti funghi, che loro lasciano nel loro habitat evitando di calpestarli.

A mezzogiorno vedono il lucido acciaio dell’ingresso della Città del Sole. Finora non sono riusciti a mettersi in contatto per annunciare il loro arrivo. Però questa volta riescono a comunicare con grande gioia.

«Siamo Alba e Matteo» si presenta il ragazzo al loro pronto. «Siamo davanti all’ingresso. Abbiamo con noi un ospite. Un cucciolo di lupo che ci ha accompagnati in queste quattro settimane. Possiamo portarlo dentro?»

Il ricevitore ammutolisce.

«Sono Alba» grida con tono quasi isterico nel trasmettitore. «Mentre voi ci fate tutti i ragionamenti del caso, noi ci accampiamo qui fuori in attesa di una risposta. Però abbiamo necessità di provviste. Le nostre si sono esaurite».

Matteo annuisce e le stringe la mano, perché è d’accordo su tutta la linea. “Ha temperamento la ragazza. Se fossero stati presenti, li avrebbe azzannati!”

Dal ricevitore escono alcuni gorgogli come se qualcuno si fosse strozzato con un boccone di traverso.

«Sono Matteo. Avete compreso bene quello che ha detto la mia compagna? Ci servono viveri e noi restiamo qui fuori in attesa che il Consiglio dei Saggi decida cosa fare col lupetto» scandisce con cura le parole senza alzare il tono di un’ottava. «Siamo rimasti in giro per quattro settimane e non temiamo di restarci ancora per molti giorni. Qui all’esterno è un altro mondo. Adrenalico e stupendo. Ci servono viveri per almeno una settimana se non vi sbrigate prima a darci una risposta».

Alba lo abbraccia e lo bacerebbe senza la barriera del casco.

Un gracchiare confuso esce dal ricevitore prima che una voce non li informi che preparano uno zaino di vivere e poi lo mettono nella stanza di compensazione.

Cucciolo durante tutta la conversazione ha ascoltato i due ragazzi seduto composto sulle zampe posteriori. L’occhio appare triste, come se avesse capito che presto lo avrebbero abbandonato. Non li ha mai sentiti parlare con quel tono concitato, quasi stridulo, durante quelle quattro settimane. Avverte affetto da parte di entrambi. Hanno condiviso i pasti. Insomma quei due umani sono entrati nel suo cuore.

I due ragazzi adocchiano di fianco all’ingresso un anfratto abbastanza capiente per ospitarli. Il fondo è umido ma non fangoso. L’esterno è in parte coperto da un morbido strato di muschio e colonizzato dalla semprevivo maggiore. Fissano la tenda alle pareti e coprono l’imboccatura con un telo mobile per impedire alla pioggia di entrare in caso di vento forte.

Finito di sistemarsi, recuperano i viveri.

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Konnie – parte ventiseiesima

omaggio di Yelling Rosa

Su Caffè Letterario è stato pubblicato da poco la ventiseiesima puntata del mio racconto Konnie che potete leggere anche qui.

Buona lettura e un sereno Santo Natale.

8 settembre 2144 ore 15

Non hanno fatto altri incontri pericolosi per raggiungere il ponte che appare più malandato di quanto ricordano. Le crepe sono più profonde e il piano stradale ancor di più dissestato. Decidono ugualmente di passare anche se appare pericolante e sotto si è accumulato una specie di tappo coi tronchi trascinati dalla corrente.

Trattenendo il fiato e senza parlare giungono sull’altra sponda incolumi. Durante il passaggio hanno sentito sinistri scricchiolii e qualche pezzo del ponte che è precipitato con un tonfo preoccupante nell’acqua tumultuosa del torrente.

«Se faremo un’altra escursione dobbiamo trovare un altro punto per attraversare perché non credo che resisterà alla prossima piena» espone Alba con tono piatto. «Però farei una piccola sosta perché ho necessità di rifiatare».

«Okay!»

Si sistemano su delle rocce sporgenti dal terreno ricoperte di muschio bagnato, mentre Cucciolo corre per la radura lieto di essere tornato a casa.

«Provo a mettermi in contatto con la Città del Sole. Non l’abbiamo più sentita dal giorno successivo la partenza» annuncia Matteo, mentre con il braccio indica qualcosa in cielo.

Alba osserva incuriosita. Un’aquila sta volteggiando sopra il bosco, forse ha visto una preda. «Che splendido uccello! È enorme! Cosa sarà?»

Cucciolo di gran carriera torna e si sistema tra i due ragazzi. Il rapace gli incute paura. Forse teme di essere l’obiettivo dell’aquila, perché ha le fattezze di un agnello come dimensioni.

Matteo ride, mentre gli accarezza la testa. Prova a gracchiare un ‘pronto’ nel ricevitore avendo come risposta solo un fruscio disturbato. «Pare che non ci sia nessun collegamento» spiega mentre osserva le evoluzioni del rapace. Poi lo vede fiondarsi a velocità impressionante verso terra, afferrare qualcosa che si dimena mentre risale in quota.

Alba rinnova la domanda sulla specie di uccello, perché Matteo impegnato con la ricetrasmittente non ha risposto.

«Di sicuro è un rapace. Viste le dimensioni credo che sia un’aquila reale. Ricordo d’aver letto che vivono tra queste montagne e tra le prede ci sono anche i cuccioli di lupo». Matteo ridacchia vedendo come Cucciolo rimane acquattato tra di loro.

Alba sorride perché ha capito il motivo per cui il lupetto non corre più per la radura alla ricerca di prede. «Evidentemente la radioattività ha colpito solo gli umani annientandoli, mentre flora e fauna hanno superato indenni il periodo critico» afferma la ragazza con tono allegro. Il pensiero che tra qualche giorno potrà riabbracciare la famiglia e gli amici la riempie di euforia. Di Marcello ha cancellato ogni traccia. Se deve fare una scelta questa cade di certo su Matteo che ha scoperto giorno dopo giorno come una persona sensibile e con molte affinità con lei.

«Restiamo qui oppure cerchiamo una postazione più a monte?»

«No. Meglio un posto più su. Non dovremmo essere molto distanti dalla strada per la Città del Sole» afferma Alba mettendosi in marcia.

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Konnie parte venticinquesima

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicata la nuova puntata di Konnie, che potete leggere anche qui.

8 settembre 2144 ore 8

La relativa sicurezza del luogo unitamente alla stanchezza ha favorito il riposo notturno. Dopo una frugale cena a base di gallette e formaggio sono sprofondati in un sonno pesante senza sogni o incubi. Cucciolo anche se in apparenza sembra dormire ha i sensi all’erta per captare eventuali pericoli o minacce.

Dopo molte giornate incerte o piovose la mattina li sveglia con un cielo azzurro senza nuvole. La temperatura rimane comunque rigida.

«Sbaglio o la strada è in condizioni peggiori rispetto a tre settimane fa?» Chiede con voce dubbiosa Alba, osservando come sono cresciute altre piante spuntate dal fondo della strada.

Matteo sta per rispondere, quando Cucciolo comincia a ringhiare sommesso mostrando i denti. Si gira alla sua sinistra cercando di scorgere il possibile pericolo. La sua visuale è occultata da vistose felci. “Eppure in quella direzione c’è in agguato una potenziale insidia. Cucciolo non ringhia per dare aria ai denti» riflette afferrando la mano di Alba.

«Cosa pensi che ci sia?» Domanda la ragazza con un’intonazione del voce che denota paura.

Poi sentono un fracasso di rami rotti come se qualcuno a forza stia tentando di aprirsi un varco.

«Fermo Cucciolo! Se non ci attacca lo lasciamo in pace!» Esclama Matteo vedendo il lupetto pronto a scattare in avanti.

«Cosa facciamo?»

«Nulla. Non sappiamo cosa è».

Poi vedono sbucare una massa pelosa e scura che cammina a quattro zampe. «Cos’è?» Chiede Alba terrorizzata, mentre Matteo trattiene Cucciolo col braccio intorno al collo.

Il ragazzo cerca di ricordare le figure degli animali selvatici presenti in montagna. «Potrebbe essere un orso ma non ne sono sicuro».

La bestia si erge sulle zampe posteriori e ruglia con un verso poderoso. Poi si gira e torna nel folto del boschetto alla loro sinistra.

La ragazza respira a fondo rilassata. «Orso o non orso mi sono spaventata. Se ci avesse attaccato saremo finiti male» farfuglia incespicandosi nelle parole.

Matteo sorride perché è andata bene. È riuscito a trattenere Cucciolo e l’orso ha preferito ritornare nel folto del bosco.

«Ora che il pericolo è scampato, devo ammettere che era un bestione enorme. Di certo con una zampata ci avrebbe abbattuto come birilli».

Ripreso il cammino e metabolizzato lo spavento, i due ragazzi vanno alla ricerca del ponte per passare il torrente e iniziare la salita alla Città del Sole.

Il torrente è gonfio di acqua color ruggine e trascina a valle rami e tronchi d’albero. «Era molto più quieto qualche settimana fa» borbotta Alba con l’intonazione della voce preoccupata. «Il ponte era messo male quando l’abbiamo attraversato. Mat, pensi che abbia resistito?»

Matteo ha il viso aggrottato perché la domanda della ragazza se l’è posta anche lui. Non l’ha esternata perché non era sua intenzione metterle apprensione ma adesso deve rispondere. «In tutta franchezza non lo so ma spero che sia ancora transitabile. Altrimenti sarà un vero guaio».

Il ragazzo si ferma e riflette. «Alba, prendi la cartina che la consultiamo. Vediamo di fare un piano di riserva».

Dispiegano la mappa su una roccia rotolata dal monte, mentre Cucciolo si siede sulle zampe posteriori con lo sguardo vigile.

«Noi siamo qui» illustra Matteo con tono sicuro.

«Ne sei certo?» Replica Alba con voce incerta. Dubita molto che conoscano la località esatta dove si trovano.

«No» esclama ridendo. «Suppongo che siamo qui» e col medio indica un posto sulla carta.

«Ti ricordi la posizione?»

Matteo rimane in silenzio prima di rispondere. «Presumo che sia questo. Almeno credo. C’erano un paio di insediamenti tra Arabba e il ponte».

Alba ridacchia perché Matteo è un ottimista incorreggibile. “È una bella cosa ma se si sbaglia sono dolori”. E allora chiede: «Se è questo, ce ne è una prima. Ma non si capisce se la strada sia agibile oppure è franata nel torrente».

Matteo scuote il capo in segno di diniego, perché è troppo lontano dal percorso verso la Città del Sole. «Però ce ne è uno a valle che potrebbe essere interessante per scavalcare il torrente e relativamente vicino alla strada che dobbiamo seguire per salire in quota».

Ripiegata la mappa, riprendono il cammino.

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Konnie parte ventiquattresima

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato la ventiquattresima parte del mio romanzo distopico Konnie che potete leggere anche qui.

7 settembre 2144

La notte trascorre tranquilla, anche se il vento ha imperversato creando mulinelli di neve. Nessuna visita sgradita ha disturbato il loro riposo. Cucciolo è rimasto tra loro senza mostrare segni di nervosismo. Per terra ci sono diversi centimetri di neve che alle prime luci del giorno appare immacolata.

«Non abbiamo letto nessuna pagina del diario» sentenzia Alba mentre raccoglie le sue cose per essere pronta alla partenza.

«Non c’è stato il tempo materiale per farlo» replica Matteo che ripiega la tenda. «Senza questa e altri oggetti usciti dalle mani d’oro di Arturo non so come avremmo potuto sopravvivere» precisa con tono allegro pensando che tra pochi giorni saranno al caldo nella loro Città del Sole.

Le nubi si sono sollevate e lasciano filtrare deboli raggi solari. «Sembra una giornata discreta senza pioggia» afferma Alba con voce gioiosa. «Però ho l’impressione che la discesa non sia facile da affrontare».

Caricati zaini e sacche sulle spalle la affrontano con cautela. È ricoperta da uno strato di neve. I piedi tendono a scivolare per il velo di ghiaccio che la ricopre. Procedono in diagonale aiutandosi con gli alpenstock.

Scorgono su un pianoro una volpe dal pelo argentato. Cucciolo ringhia mostrando i denti ma non azzarda nessuna manovra. Ha compreso che non è il caso di andare all’attacco. «Che splendido animale! Ha una pelliccia folta e lucida» esclama Alba con tono sorpreso. Nei video visti alla Città del Sole le volpi avevano un manto rossiccio e meno voluminoso di quello avvistato. L’animale si allontana con passo lento come se snobbasse quegli intrusi nel suo regno.

«Non pensavo che fossero così in quota» dichiara Matteo rimasto affascinato da quella visione. È stato colto di sorpresa e non ha pensato di fotografarla.

È quasi buio quando raggiungono quello che resta dell’abitato di Arabba.

La discesa è stata faticosa anche se fortunatamente il tempo è stato clemente a parte alcune raffiche violente del vento.

Prese le torce dal sacco di iuta, illuminano la strada perlustrandola alla ricerca di un posto dove trascorrere la notte.

«Sono distrutta» afferma Alba con la voce incrinata dalla stanchezza. «Per me va bene anche uno spiazzo, un posto qualsiasi. Non mi sento più le gambe».

Matteo cerca un posto riparato dal vento che ha cominciato a soffiare impetuoso. Il cielo è coperto e minaccia pioggia. Negli ultimi giorni hanno avvistato diversi animali selvatici. Qualcuno decisamente innocui come cervi e daini, altri più minacciosi come lupi od orsi. Se nel tragitto di andata gli incontri sono stati sporadici e comunque senza nessun pericolo per loro, durante il ritorno la frequenza è stata più alta e ravvicinata. Sembra quasi che abbiano avvertito la presenza di intrusi nei loro territori e li vogliano scacciare.

«Alba ti capisco. Anch’io sono stanchissimo ma preferisco un posto che ci dia riparo» spiega con voce calma per rassicurarla. “In realtà cerco un luogo che possa offrirci una difesa da eventuali animali”. Tiene per sé questa riflessione per non impressionare la compagna.

«Ecco!» Grida il ragazzo indicando un rudere di quello che un tempo era la stazione a valle di una funivia. Il tetto è collassato all’interno ma le quattro pareti sono parzialmente in piedi. Ha un unico punto d’accesso e un varco posteriore in parte ostruito da un rudere di cabina.

 

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Konnie – parte ventiduesima

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la parte ventiduesima del mio romanzo Konnie. La potete leggere anche qui.

29 agosto 2144 ore 8

Durante il percorso di ritorno dal bunker Alba si è sentita in colpa pensando che il corpo di Konnie fosse esposto al dileggio del tempo e degli animali. Lancia la proposta di bruciarlo, trovando Matteo d’accordo.

Alle prime luci dell’alba del giorno dopo i due ragazzi preparano una pira usando arbusti ed erba secca su cui depongono il corpo di Konnie. Alimentato il fuoco con altra legna, aspettano finché non è ridotto in cenere che disperdono nell’aria.

Sono passate due settimane da quando hanno lasciato la Città del Sole, affrontando situazioni diverse. Hanno capito che il mondo esterno al loro rifugio può essere affascinante ma anche pericoloso. Inoltre Il ritmo circadiano, quello che regola la veglia e il sonno, è molto diverso da quello che hanno sperimentato nella Città del Sole. Qui le stagioni non ci sono, il sonno è programmato e la veglia pure. All’esterno il loro orologio biologico si è dovuto adattare alla luce e al buio, alle situazioni meteorologiche e ad altri fattori esterni. Il vento, la pioggia, la neve, il sole sono eventi non prevedibili a priori. Tutto questo sono state scoperte che all’inizio li hanno sorpresi ma poi hanno capito che fanno parte della natura del mondo esterno. Adesso dopo due settimane è giunto il momento di rimettersi in marcia per fare ritorno alla Città del Sole.

L’ascesa al Karerpass si è svolta in silenzio tenendo un occhio rivolto al cielo e uno alla strada. Nuvoloni neri carichi di pioggia sono comparsi lungo la salita, mentre alla loro sinistra il torrente Ega rumoreggia sinistro.

«Credi che ce la faremo ad arrivare in cima al passo prima che quei cumulonembi scarichino il loro fardello di acqua?» L’intonazione della voce di Alba denota preoccupazione.

«Non dovrebbe mancare molto» afferma Matteo con tono sicuro, accelerando il passo.

Gocce di pioggia gelida accompagnano l’ultimo tratto ma è quello meno ostico. Arrivati in cima, si sistemano per la notte vicino a un gruppo di rocce, che formano una specie di cavità naturale. Non è completamente un riparo ma rimangono protetti a sufficienza dalla furia del vento e dell’acqua, che tende a trasformarsi in neve. La notte non sembra mai passare e crea apprensione nei due ragazzi che temono di rimanere bloccati lì per diversi giorni.

All’alba del nuovo giorno le raffiche di vento e gli scrosci di pioggia sono diminuiti in maniera consistente. Il cielo è meno grigio rispetto alla sera precedente ma minaccia ancora burrasca. «Proviamo a scendere a valle?» Propone con la voce velata dall’ansia Matteo che lo osserva preoccupato.

Alba ha l’aria perplessa. «Non ricordo qualche punto della discesa che possa essere sfruttato per ripararci se il tempo peggiora».

«Però se non tentiamo, c’è il concreto rischio di rimanere bloccati per giorni qua su, se la pioggia si trasforma in neve».

Tra dubbi e ansie decidono di affrontare la discesa a valle. Tra violenti scrosci d’acqua che trasformano la strada piuttosto sconnessa in piccoli torrenti e squarci di sereno all’imbrunire raggiungono il fondovalle.

I due ragazzi e Cucciolo sono stanchissimi per la tensione delle due giornate appena trascorse. Però adesso il loro cammino è meno pericoloso perché a parte il passo Pordoi non ci sono montagne da scalare. Si sistemano tra le rovine del primo paese che incontrano sfiniti dalla fatica dalle condizioni meteorologiche avverse. Si rendono conto che non è stata una passeggiata distensiva ma ha compreso che la vita all’esterno della Città del Sole può rivelarsi assai complessa.

Hanno appena terminato di montare la tenda, quando un violento temporale si abbatte su di loro. «Siamo stati fortunati» esclama Alba osservando la violenza dell’acqua che colpisce il loro riparo. Il picchiettare intenso della pioggia con qualche chicco di grandine tiene loro compagnia per tutta la notte. Avrebbero voluto leggere qualche pagina del diario di Konnie ma il rumore delle gocce e la stanchezza tolgono loro la voglia di sfogliarlo. Si addormentano vicini con Cucciolo sistemato tra loro.

Quando l’alba del nuovo giorno si presenta rischiarando l’oscurità della notte, il brontolio del tuono e la luce violacea dei lampi si vanno smorzando. I due ragazzi hanno scelto bene il luogo dove accamparsi, perché è leggermente sopraelevato. Sbirciando fuori dalla tenda sono circondati da un velo d’acqua di svariati centimetri. Cucciolo uggiola con un verso disperato. Vorrebbe uscire ma pioggia ancora intensa e acqua glielo impediscono, finché non si decide per espletare i suoi bisogni.

La mattinata trascorre lenta sotto una pioggerellina continua e dispettosa. Si sono dimenticati del diario e sonnecchiano per recuperare le forze dopo le due giornate stressanti appena trascorse.

«Sembra che il cielo abbia smesso di gocciolare» osserva Alba alzando gli occhi. «Ci prepariamo per rimetterci in marcia?»

Matteo si stiracchia allungando le gambe. «Direi di sì. Di soste improvvise credo che ne faremo prima di affrontare l’ultimo ostacolo».

Smontata la tenda si rimettono in cammino sulla strada ricoperta di acqua.

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