Scarpe gialle, guanti gialli

Scarpe gialle, guanti gialli,

odore di erba tagliata di fresco,

portato dal vento,

candidi pappi dorati

che scendono dai pioppi in fiore.

Scarpe gialle, guanti gialli,

colori che si notano tra la folla,

odore di erba tagliata di fresco

che riempe le narici di vita…,

candidi pappi dorati,

che volano veloci, come il tempo sa fare.

Scarpe gialle, guanti gialli,

odore di erba tagliata di fresco,

candidi pappi dorati,

sono gli elementi della nostra esistenza,

sono gli aspetti della nostra morte,

che si mescolano,

che si agitano

nella limpida mattina di maggio.

Scarpe gialle, guanti gialli,

sono gli elementi esteriori di un vivere senza ideali,

odore di erba tagliata di fresco

è la serena esuberanza di una vita giovane,

candidi pappi dorati

sono la vuota purezza di una vita spregevole.

Perché?

Scarpe gialle, guanti gialli,

odore di erba tagliata di fresco,

candidi pappi dorati,

rappresentano

la superficialità, la serenità,

la purezza e l’inutilità

della vita che scorre.

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Il mio ideale

Gli alberi scuotono il capo,
le imposte chiuse tremano,
ed io penso.
Penso all’inutilità della vita,
perché vago qua e là
senza una meta
alla ricerca di ipotetico ideale.
Tutto sfuma
nella tremolante immagine del mare.
Tutto è inutile,
tutto è vuoto,
perché siamo senza nerbo,
perché mancano gli stimoli.
Gli alberi inchinano la fronte,
le imposte chiuse tacciono per un attimo
ed io non penso più.
La vita si arresta precipitosa
dinnanzi alla propria inutilità.
Il sangue non pulsa più nelle vene,
lo spirito vegeta:
il mio corpo è morto
per il mondo.
Ogni cosa s’acquieta
e, caduto in letargo,
aspetto la figura ideale
nel sonno,
perché mi inciti,
perché mi sproni a rinascere.
Vedo girare inane sotto di me
iI vuoto,
sono spaventato dalla mia solitudine.
Vedo, mi sembra di vedere,
mi sembra di scorgere
quello che a lungo ho creato:
il mio ideale.
Vorrei raggiungerlo e tornare alla vita,
liberarmi per sempre dalla tristezza
che, come una cappa, m’avvolge.
Invece, impotente,
assisto al disfacimento del mio corpo.
Perché scrivo?
Perché penso?
La morte dello spirito s’affretta
col veleno della ragione.
Attorno a me facce ridenti s’accalcano:
devo vederle, anche se non voglio.
Vedo il disprezzo dipingersi sui loro volti
e non posso fare nulla.
Osservo la loro gioia per il mio affanno
e mi dispiace.
No! Non voglio e non devo soccombere,
perché dovrei giacere ai loro piedi,
sconfitto?
Devo e voglio vincerli,
perché vincerei il loro inutile disprezzo,
perché sconfiggerei il loro vuoto desiderio di vivere.
“Solo vivendo scoprirai,
che la tua esistenza non è stata inutile,
e potrai osservare superiore
il vacuo pulsare di un mondo fatuo ed inutile.”
Ecco il mio ideale:
a ricerca è terminata,
lo scopo della vita è trovato.
Finalmente potrò riposare in pace per l’eternità.

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A me stesso

Scruto ansioso la strada
in attesa del responso.
Il tempo passa,
il tempo vola.
Gli occhi frugano tra la folla
alla ricerca del tempo perduto.
Perché tutto tace?
Perché la folla zittisce
e osserva solo me?
Che cosa ho fatto?
La strada prosegue
oltre la curva,
che si staglia in lontananza,
e prosegue senza di me.
Perché non mi aspetta?
Perché la folla se ne va?
Scruto ansioso la strada
alla ricerca del mondo,
che va sparendo.
Il tempo non si ferma,
il tempo travolge.
Lo sguardo cerca tra la folla
la sua vita.
La folla tace e si ritrae.
Mi sento sperduto,
mi sento osservato.
La strada continua
oltre quella curva,
oltre la siepe,
che delimita il mio mondo.
Passo la vita errabondo,
ed isolato nel mondo,
limitato nello spazio.
Cerco il mio responso
tra la folla che evita la mia persona.
Cerco lo scopo dime stesso
nella gente che scansa il mio corpo.
Cerco lo spazio oltre la siepe
che à delimita la mia vista.
Il tempo avanza e la vita s’accorcia
ed io mi sento sempre più solo,
sempre più meschino, sempre più limitato.

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Foglie portate dal vento

Foglie, portate dal vento
sull’aria dorata dal sole,
volano via.
Tutto fugge e rifugge dal mondo.
Foglie, portate dal vento
sull’aria dorata dal sole,
parlano di cose lontane.
Tutto scorre e fluisce.
Foglie, portate dal vento
sull’aria dorata dal sole,
vagano qua e là
alla ricerca del tempo passato.
Tutto riappare ai nostri occhi.
Il senso, i sensi
impregnati di vividi ricordi,
sembrano impazziti.
Impazziti per che cosa?
Tutto fugge e rifugge dal mondo.
Tutto scorre e fluisce.
Tutto appare e scompare.
Solo una cosa non va:
il mio ricordo per te.

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Nell'azzurro cielo…..

Nell’azzurro cielo
tu sei immersa.
Nella vivida aria del mattino
tu mi appari come un’aurora.
Ma tu chi sei?
Ma tu che cerchi?
Il radioso sorriso del mondo
si specchia nei tuoi occhi.
Ma tu chi sei?
Ma tu che vuoi?
All’alba, quando il cielo
biancorosato si tinge d’azzurro,
all’alba, quando il cantore
assonnato per la lunga veglia notturna
s’addormenta,
tutto mi sembra di favola.
Pure tu, dolce fantasma dei miei sogni,
per un attimo appari reale,
umana persona che soffre,
che ride, che parla
della mia sorte.
Il mio destino,
la mia esile vita
legata al tenue filo
dell’inconscio,
giace nelle tue mani.
E’ tutto un attimo,
è tutto uno sfavillio,
che scorre, che fluisce
or veloce, or lento,
al ritmo di una primordiale cantilena,
nata col sorgere del sole,
morta col tramontare del sole:
è così…
una lieta alternanza amara
della luce col buio.
E quando tutto tacerà,
e quando il dì si farà notte,
ascolta:
la rumorosa vita s’è chetata,
tutto è silenzio,
più nulla si sente.
E così tutto finisce:
non più lieta alternanza amara
di suoni e di luci,
non più cieco dinamismo
d’una umanità egoista,
ma solo e per sempre
silenzio e quiete.

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Cala la sera

Cala la sera,
scende la noia:
è scomparsa la vita.
A tratti s’ode il rumore smorzato
della vita che va.
A tratti si sente il richiamo angoscioso
della vita che va.
E’ bella la sera, …
è bella la sera,
perché tutto zittisce.
Solo un tenue mormorio
s’affera:
è il timido richiamo
dell’essere con l’essere,
è il sottile legame
del soggetto col soggetto,
è l’ultimo vincolo
della persona con la persona.
E’ bella la sera,…
è bella la sera,
perché tutto appare
più chiaro, più limpido,
perché anche il sogno
può divenire realtà
e la realtà sogno.
E’ bella la sera, …
è bella la sera,
perché l’ombra rincorre
la propria ombra
in un incessante gioco
di girotondi senza fine.
Io amo la sera,
perché finalmente posso sognare
ed essere contento.

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Il sole sta calando sui rossi tetti

Il sole sta calando sui rossi tetti,

penetrando con gli ultimi raggi nella stretta via,

dove il gatto per l’ultima volta si stende

a cogliere ancora, prima di tornare sui tetti

a contemplare il cielo stellato e la pallida luna,

gli ultimi attimi di luci del sole morente.

La via s’anima ancora, mentre le prime ombre

incutono paura ai fanciulli, che giocano sul selciato.

E’ un’emozione frettolosa, piena di ansie,

perché si vuole tornare prima di sera

accanto al focolare spento,

che riposa ancora per poco nella penombra incipiente.

Le lampade si confondono con il cielo,

acquistando una luminosità via via più intensa,

mentre il crepuscolo tremolante si va spegnendo.

E l’aria diventa greve ad afosa per un attimo,

pesando sugli abitatori di questo lembo di terra,

non propriamente felici, ma sereni e tranquilli.

Tutto si assopisce in un vellutato silenzio,

interrotto qua e là dal rauco stridore delle rondini

che innalzano al cielo il loro grazie,

per avere volato felici negli ampi spazi ancora una volta.

Dalle finestre esce un sospiro appena accennato,

velato dalla malinconia, impregnato dalla tristezza,

mentre le sfere dell’orologio proseguono inesorabili.

Lassù le stelle osservano con occhio amoroso,

perché nulla venga a turbare la pace del quartiere,

ultimo tempio aperto alla speranza e alla felicità.

La luna inonda con la luce carpita ad astri lontani

la stretta via che si insinua serpeggiante

nel cuore della città sonnolenta, che aspetta

il rinascere del sole per riprendere la vita troncata dalla sera.

Ad una ad una tutte le stelle scendono

dopo il faticoso perigrinare sulla volta celeste

e salutano di sfuggita la via, che va animandosi.

Quando la luce si confonde di nuovo con le lampade

E il gatto dopo aver girovagato per i tetti,

scende a dormire sul focolare spento,

allora il padrone si sveglia e va.

Coi primi raggi di un timido sole la pace estiva

si spezza, i rumori stridono

con la natura pacifica della via.

Tutto torna alla luce del giorno,

mentre nel cielo rondini intrecciano nuovi voli,

e i tetti ricevono nuovo calore.

La strada torna ad illuminarsi con la luce del sole.

Tutto torna alle sue naturali attività:

i gatti a rubare i raggi dorati,

gli uomini a sudare sul duro e faticoso lavoro,

la natura a riprendere l’incessante generazione di vita,

e la via ad essere un qualunque lembo di terra,

confuso in una città, che è dispersa su una verde piana,

solcata da un limaccioso fiume

e bruciata dall’ardente sole d’estate.

Così la felicità della notte torna a disperdersi

nell’infelicità di tutti.

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Cos’è il bacio?

Cos’è il bacio?

E’ il dolce sapore di te

che penetra dentro di me.

E’ la passione,

che brucia dentro di noi.

E’ l’amore che sboccia,

che cresce

come una pianta

nel verde prato del desiderio.

Sono istanti

brevi ed intensi,

che non vorremmo mai

che finissero.

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Sola

La poesia è di un poeta cinese, Won Han, vissuto nel 628 d.c. sotto la dinastia di T’Ang e trovata su un vecchissimo numero di EPOCA.

Intorno a me

limpido e silenzioso

è il vasto spazio.

La brezza tepente sfoglia

i fiori.

sull’orlo dello stagno.

E la terra

è arrossata

dai loro petali. 

Siedo e sogno

di te, mio amore

così lontano,

e, improvviso

una perla, una lacrima

mi cade sulla mano

suggellando la triste

anima amante

Fin dalla prima volta che l’ho letta l’ho trovata bellissima.

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L'acqua

Chiare e dolci sono le acque,

che scendono spumeggianti

dai monti ammantati di neve,

dai monti ricporti d’abeti.

Fresche e ciarliere sono le acque,

che allegre fra i levigati sassi

scorrono e rumoreggiano

nelle odorose giornate d’Aprile.

La vita ricomincia attorno a loro:

cervi e cerbiatte si dissetano,

pecore euomini si rinfrescano,

piante e fiori si specchiano.

Le acque sono orgogliose

e per la gioia saltano e spumeggiano

e scendono ancor più veloci a valle,

raccontando al viandante,

che si ferma in riva d’esse,

mille storie fantastiche.

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