Oltremare – racconto

Sempre dal libro mai pubblicato estraggo questo mini racconto.

Le linee parallele si incrociano

Fu di sera, già di buio; era ottobre. Il cielo era coperto. Il giorno avevamo vendemmiato e attraverso i filari vedevamo nel mare grigio avvicinarsi le vele d’una nave che batteva bandiera imperiale.” (Italo Calvino, Il visconte dimezzato. I meridiani – Arnaldo Mondadori Editore)

Marco aveva dieci anni, quando una sera vide la nave sull’orizzonte. Era snella e andava a vela come i vecchi vascelli. Sembrava che volasse tra cielo e acqua, perché lì l’orizzonte si confonde. Nel vederla accese la fantasia.

Stava sul ponte di comando a guidare quella ciurma indisciplinata, mentre il timoniere teneva la barra a dritta.

Si sgolava e imprecava ad alta voce.

«Alzate la vela maestra! Mollate il fiocco! C’è troppo vento, virate a manca col vento contro!»

La voce roca e tagliente dava ordini secchi come schioppettate che arrivano diritti al cuore dei marinai.

Il veliero cavalcava agile l’onda bianca, pronta a scendere nell’incavo del mare e poi salire su quella successiva.

Marco era ritto come un fuso sulla plancia sferzato da vento e salsedine, pronto a odorare il suo profumo e dirigersi dove questo vola dritto.

La prua sottile taglia il verde marino come la lama nel burro, mentre dietro una danza di salti e tuffi l’accompagna.

Ormai cinquantenne sogna ancora il mare, mentre osserva corrucciato il brulicare di uomini indaffarati e spenti che si agitano nella vita cittadina.

È un cittadino, che ama l’aria, la salsedine e i velieri senza essere ricambiato.

È marzo, ma il tempo per rifugiarsi nella vecchia casa in riva al mare tra filari di vite e noci dalle larghe chiome non è ancora arrivato.

Si strugge dalla malinconia e dal ricordo, perché non è potuto diventare un marinaio. I suoi vecchi non hanno voluto, doveva diventare Dottore, avere una casa in città, una moglie e dei figli belli come lui.

«Papà» disse un giorno di trent’anni prima, «anche all’Accademia divento Dottore».

Suo padre fu irremovibile. Doveva andare in città all’università per diventare Dottore.

Marco si rassegnò esternamente, ma dentro coltivava l’idea del mare, ma la coltivò solo, perché trovò Mara e la sposò.

Anche a Mara il mare non piaceva, diceva che le incuteva paura e poi non sapeva nuotare.

Si rassegnò a malincuore a vivere fra cemento, auto, rumori e polvere in una casa che molti dicevano essere confortevole, ma che a lui stava stretta.

A questi pensieri gli viene un groppo in gola. Lui ha soddisfatto i suoi vecchi ma dentro di sé si sente infelice. La casa in città l’ha comprata tanti anni prima. La moglie c’è come pure i due figli belli come lui.

Marco per vedere il mare deve andare da solo nella vecchia casa paterna. È spoglia e vuota dopo che i suoi vecchi uno alla volta in punta di piedi se ne sono andati nel piccolo cimitero in fondo alla strada.

Quella casa non la ha voluta mai vendere, come le quindici pertiche di vigna ormai inselvatichitasi, ma tenuta ordinata da Giuseppe, il vecchio fattore.

Mara e i due ragazzi non l’hanno mai voluto vedere sperando che la vendesse.

Marco si mette là dove a dieci anni aveva visto la nave con la bandiera imperiale. In quel punto l’orizzonte si confonde con l’acqua. Là il sole si inabissa colorando di rosso terra, acqua e cielo. Lui stava lì a bocca aperta per aspirare il gusto del sale che arrivava da dietro le dune.

Ancora qualche settimana di supplizio a respirare cemento, poi da solo avrebbe preso quel viottolo polveroso che conduce alla casa paterna senza luce e senza acqua. Con gli scuri incrostati di sale e le pietre rosse che sono imbiancate. È un casale troppo grande per lui ma avrebbe vissuto nelle stanze al pianoterra.

L’ampia cucina col camino di pietra che guarda l’orizzonte. Un tavolo rustico inscurito dal tempo. Qui sarebbe stato di vedetta, mentre mangia osservando il mare. La vecchia sala da pranzo col divano di cretonne liso e dai colori indefiniti. Questo è il suo letto. Avrebbe riattivato il camino per cuocere e riscaldare l’ambiente.

Sul fratino in cucina avrebbe scritto il suo amore per il mare alla luce della lampada a olio. Qui i ricordi di quaranta anni fa lo conducono per mano.

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Oltremare – Ultramarine’s – presentazione

Sempre dai fondi di magazzino ho estratto questo testo che era mia intenzione pubblicarlo ma poi ho deciso di non fare nulla.

Copertina di un Paese rinasce

Presentazione

Quando lessi per la prima volta la poesia di Guido Cavalcanti

Veggio negli occhi de la donna mia

      Veggio negli occhi de la donna mia

      un lume pien di spiriti d’amore,

     che porta uno piacer novo nel core,

     sì che vi desta d’allegrezza vita.

05 Cosa m’aven, quand’ i’ le son presente,

     ch’i’ non la posso a lo ‘ntelletto dire:

    veder mi par de la sua labbia uscire

    una sì bella donna, che la mente

    comprender no la può, che ‘mmantenente

10 ne nasce un’altra di bellezza nova,

     da la qual par ch’una stella si mova

    e dica: – La salute tua è apparita – .

    Là dove questa bella donna appare

   s’ode una voce che le vèn davanti

15 e par che d’umiltà il su’ nome canti

    sì dolcemente, che, s’i’ ‘l vo’ contare,

    sento che ‘l su’ valor mi fa tremare;

    e movonsi nell’anima sospiri

    che dicon: – Guarda; se tu coste’ miri,

20 vedra’ la sua vertù nel ciel salita – .

(ripreso dal sito www.liberliber.it alla voce Calvalcanti – Rime)

sentì l’impulso di scrivere poesie, che in qualche modo riecheggiavano gli stinovisti. Di quelle prime poesie rozze e non troppo originali non sono rimaste tracce, perché, quando nel 1970 ho ricopiato tutte le poesie in un quaderno ad anelli, sono state cancellate.

In quei lontani anni, ero uno studente del liceo scientifico, cercavo l’ispirazione coi sensi: vista e udito, emozioni e sentimenti. Oggi con la maturità volo con la fantasia accarezzando tutto quello che sta intorno a me alla ricerca e alla scoperta del senso della vita.

Questa raccolta non viaggia per terre lontane, ma osserva e viaggia con la fantasia spaziando tra sentimenti ed emozioni.

Chi le leggerà, viaggerà con me nel mondo fantastico dei sensi lungo un cammino fatto di sensazioni e immagini.

Per te

Per Te,
che sai vivere le sensazioni
migliori della vita
e ti agiti e sei in continuo divenire,

per Te,
che assapori la terra e la tocchi
e senti il vento
che ti fa socchiudere gli occhi,

per Te,
che sai guardare il cielo,
è questa vita
in tutta la sua forza.

Rosalba

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