Altre storie di sei parole

I tre cunicoli – carteaceo

L’idea di Luisa di costruire delle ministorie di solo 6 parole mi ha incuriosito.

Così ne ho pensate delle altre

Vedo volare una mosca. Sento ronzio.

La campagna veste di festa. Verde.

Il libro sullo scaffale è caduto.

Guardo le stelle. Penso a te.

Non sono molto originali ma non ho saputo fare di meglio.

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Una storia in sei parole

I tre cunicoli – carteaceo

Luisa propone per il gioco linguistico di scrivere una storia completa in sei parole.

[Vacanze]

Dovendo partire per Braies, chiudo casa.

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Cuore

Krimhilde e le fanciulle scomparse

Il post è stato appena pubblicato su Caffè Letterario e lo ripropongo di seguito.

Il suo cuore batteva all’impazzata mentre si avvicinava alla porta della stanza in cui sapeva che l’avrebbe trovato.

Si fermò per ascoltare. Nessun rumore. Mosse un passo e si bloccò con la mano a mezz’aria come una bandiera in segno di lutto.

Sentiva il cuore battere e il rumore prodotto era più intenso perché tutto intorno c’era silenzio.

Mirna rifletté se doveva abbassare quella maniglia oppure girare i tacchi e fuggire. Però sembrava che il pavimento di lucido tek fosse vischioso come la colla da falegname. Incapace di muoversi, paralizzata nella mente restava lì a cinquanta centimetri da quella porta che sapeva d’inferno.

Devo decidermi” mormorò mentalmente, impegnata com’era tra il pensiero della fuga e affrontarlo per chiarire cosa non funzionava.

Piero era il suo capo ma anche il suo amante. E lui era lì dietro quella porta. Aveva capito in ritardo che era tutto sbagliato. Non doveva e invece l’aveva fatto. Si era lasciata coinvolgere in un gioco superiore alle sue forze e si era ritrovata sola. Tutti erano a conoscenza del legame tra lei e Piero e sorridevano ironici quando la vedevano. La scansavano come un’appestata.

Da questa relazione non ci aveva ricavato nulla, solo le frecciate velenose degli altri. Eppure lei era libera senza legami e non doveva rendere conto a nessuno. Semmai era Piero che era in fallo con la sua famiglia. Però adesso doveva decidersi ma era paralizzata.

Mosse un passo indietro riportando il braccio sul fianco, perché aveva sentito delle voci dietro quella porta. Spalancò gli occhi e increspò la fronte. Forse la tensione gli aveva giocato un brusco scherzo. “Non è possibile!” e si avvicinò cauta alla porta per ascoltare meglio. “Sì! È una voce femminile e familiare. Cosa sta a fare lì dentro?”

Udì un cigolare di molle e dei sospiri che non si prestavano a equivoci fino all’esplosione di gioia soddisfatta. «Ancora! Ancora!» Un grugnito animalesco sovrastò la voce femminile e poi fu silenzio pieno di un ansare per respiri affannosi.

Mirna era impietrita. “Devo scappare!” Però rimase lì col viso a pochi centimetri dalla porta, quando…

Il battente si aprì e vide Piero accasciato sul divano rosso e Angela scarmigliata con la gonna in mano che la travolse.

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Miniracconto su Caffè Letterario

L’ultima avventura di Puzzone

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post.

Per chi è pigro lo può leggere anche qui.

L’ultima cosa che ricordo è il suo sorriso, poi tutto è diventato nero.

Quando mi sono svegliato ero disteso su un marmo bianco, almeno questa è stata l’impressione ma non potrei mettere la mano sul fuoco per confermare il ricordo.

Però sentivo freddo sulla schiena. Per forza ero nudo! Ho provato a muovere una mano sinistra senza riuscirci. Pareva ancorata al marmo ma non vedevo o sentivo un qualsivoglia legaccio che me la bloccasse. Poi ho tentato con la destra ma la sensazione è stata la stessa: impossibile a muoverla.

Ho aperto gli occhi ma non ho visto nulla. Solo nero pece. Eppure le palpebre non sono incollate. Si sono mosse liberamente. Ho riprovato col braccio, sperando in miglior fortuna. Niente! Sempre aderente al corpo.

Ho cominciato a sudare perché ho capito che ero in un bel impiccio. Buio e silenzio. Solo il mio respiro rauco. Poi una tenue luce in lontananza.

Era un buon segnale oppure pessimo? Dovevo solo aspettare. Nel mentre sono tornato indietro nel tempo. Ero venuto con Nicola, una bella ragazza bionda conosciuta ai tavolini del Bunga Tavern. Tra una birra e l’altra, un sorriso malizioso e occhiate traditrici abbiamo deciso di fare una puntata nella villa del Capitano.

«C’è una festa in costume molto riservata» aveva aggiunto per convincermi. «Però le voci che girano parlano di festini a base di sesso. Vorrei immortalarli con la mia fida Leica».

Forse le troppe birre mi hanno obnubilato la mente e come uno scemo ho detto di sì.

Così abbiamo scavalcato un cancello laterale. Lei armata di macchina fotografica, io della mia incoscienza.

In silenzio ci siamo addentrati nel parco. Poi… eccomi qui immobilizzato e incapace di scappare e chiedere aiuto.

Che scemo sono stato!

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Angela e il pertugio

Su Caffè letterario è stato da poco pubblicato un nuovo post.

anteprima copertina Un caso per tre

«Con tutti questi superbonus camminare sul marciapiede è diventato un esercizio di acrobazie e di fortuna». Angela è inviperita perché è costretta a slalom pericolosi su e giù sul marciapiede con le macchine e le moto che sfrecciano incuranti dei segnali di limitazione della velocità.

«Fossero solo loro!» Impreca per l’ennesimo ciclista che anziché condurre a mano la bicicletta corre veloce dove passano i pedoni. «Poi ci si mettono anche i monopattini che sfrecciano a cento all’ora!»

Di fronte al nuovo ostacolo Angela sbuffa e si infila nel pertugio con la carrozzina. Aggirare l’impalcatura non ci pensa. «Rischio di finire arrotata» borbotta con tono iroso. La piccola comincia a strillare. «Calma, gioia» la rabbonisce, sfoderando un bel sorriso, il migliore che possiede. Del tutto inutile. A metà del passaggio si ferma per farle una carezza. Neppure un secondo dopo si ritrova con le chiappe per terra e la carrozzina sulle gambe. Solleva lo sguardo smarrita alla ricerca di spiegazioni. Vede solo il viso di una ragazzina abbarbicata sulla capotte, che ride con le lacrime agli occhi. La piccola strilla paonazza, Angela congestionata non riesce a dire neppure «Deficiente!»

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In corteo

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post che ripropongo anche qui.

anteprima copertina Un caso per tre

Il corteo si snoda tranquillo tra le vie di Dog City. I cittadini del paesino li guardano divertiti. Sono quattro gatti e per di più patetici con i loro cartelloni di protesta contro i cambiamenti climatici.

Lo slogan è scandito al ritmo di una pentola. «Basta fossili! Basta auto! Basta emissioni nocive».

Tom seduto sui gradini del saloon grida di andare a lavorare tra gli sghignazzamenti triviali degli altri compari.

Alla testa del corteo c’è Jane, una ragazza rotondetta col viso butterato dall’acne. Accanto a lei c’è Fred, un ragazzone dal viso roseo come un porcellino.

Jane smette di urlare gli slogan e si guarda intorno. Ha sentito cadere qualcosa dal cielo.

«Oh! Mio Dio! Proprio a me?» Sospira ad alta voce, fermandosi.

Fred, che le sta accanto, sghignazza divertito. «Non lo sai che sei fortunata?»

Jane si gira inviperita tutta rossa in viso, mentre riprende a marciare per non intralciare il resto del corteo. «Di che fortuna vai cianciando, stupida creatura?»

Lei si ferma di nuovo e abbassa il cartello con la foto dell’artico che si quaglia per il caldo.

Ora tutti le sono intorno. La guardano. Alcuni sorridono. Altri ridono a crepapelle.

Jane allarga le braccia verso l’alto e ruota lo sguardo dalla terra al cielo come dire “che sfiga!”. Poi con tono stridulo grida: «No, non è possibile». Ha l’occhio umido pronto a una crisi isterica. «Ma come è possibile che tocchi proprio a me?»

Gli altri le fanno cenno di riprendere a marciare, perché il corteo non si può fermare.

Fred ripete prendendola sotto braccio. «Sei fortunata, Jane».

«Sarò fortunata» biascica arrabbiata con amarezza. «Ma sono scagazzata!»

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La guardia

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post.

copertina Una notte magica San Giovanni

La potete leggere anche qui.

La guardia aveva capito, subito s’era resa conto di tutto. Quanto al signore grasso, la faccenda era naturalmente chiarissima. Restava la ragazza. L’agente si chinò su di lei per esaminarla più da vicino e una sincera compassione gli si dipinse sul viso.

Il signore grasso era appoggiato con le spalle alla parete e la testa reclinata di lato. Un filo rosso scendeva dalla bocca e lo sguardo era assente. Non poteva essere differente da così. Era evidente che il suo stato mostrava che era morto.

La guardia, un omino smilzo, non lo degnò di uno sguardo in più. Era la ragazza l’oggetto delle sue attenzioni. Stava rannicchiata con la gonna scivolata in su che mostrava l’intimo bianco.

Il viso candido, illuminato dalla lampada sul tavolo della conferenza, non mostrava segni di terrore. Anzi appariva sereno e disteso.

La guardia si avvicinò ancora di più. Non capiva se respirava oppure no. Le mani in grembo sembravano indicare che si fosse addormentata appoggiando le spalle alla scultura di un cavallo.

Strizzò gli occhi per mettere a fuoco quella figura che ispirava tenerezza. Non doveva avere più di sedici anni. Un viso senza rughe, un caschetto di riccioli biondi, due fossettine sul mento. La corporatura minuta dimostrava che era ancora acerba nel fisico.

Era decisamente morta, dedusse la guardia dopo averla attentamente osservata. Trovava inutile chiamare i soccorsi.

Si allontanò dalla stanza che chiuse a chiave e se ne andò a casa.

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Anagrammar ridendo

Nel gioco linguistico del lunedì proposto da Eletta Senso c’è una bella novità. Ha alzato l’asticella delle difficoltà. Scelta una parola e tutte le sue varianti anagrammate si deve costruire un breve testo dove compaiono almeno una volate tutte le parole.. Facile da dire, difficile da realizzare.

Un caso per tre

La parola scelta è ROMA e gli anagrammi sono

ROMA, AMOR, ARMO, ORMA, MORA, MARO, RAMO

«AMOR mio, andiamo a ROMA la capitale del mondo. Là ci aspettano il Colosseo e il Pantheon».

«Non possiamo andarci. Lascerei un’ORMA evidente! E voglio girare in incognito».

«Allora ARMO il Moro, il nostro brigantino, e partiamo per le isole solitarie dell’Egeo».

Così MARO e MORA, appesi al RAMO, salpano felici verso un mare ignoto, senza visitare ROMA.

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Compagnia per l’estate – Il disegno

Oggi è l’ultimo giorno d’estate e termina qui l’appuntamento del martedì ma visto che sono sadico vi terrò compagnia  – si fa per dire – per tutto l’autunno. Intanto godetevi questo.

Un caso per tre

Ecco il disegno da cui ricavare la storia di questo martedì:

Luigi non capiva perché si fosse lasciato convincere da Clara di presenziare al vernissage della Galleria Due Punti Esclamativi. Si inaugurava la mostra di un artista dal nome curioso, che lui non aveva voluto imparare.

L’arte moderna non gli piaceva. A fatica ammetteva che i quadri del passato fossero dei capolavori. Figuriamoci quelli moderni che non comprendeva, ammesso che ci fosse stato qualcosa da immaginare nell’osservazione di quadri, sculture e disegni. Per lui erano sgorbi colorati che qualcuno spacciava per arte come il disegno, nemmeno a colori, che stava osservando.

«Sono capace anch’io di fare questo» borbottò Luigi, attirando gli sguardi di rimprovero di chi stava alle sue spalle.

Loro parevano in estasi nell’ammirare questo disegno al contrario di Luigi.

Clara lo tirò per una manica per allontanarlo da quel gruppo di persone che continuavano a seguirlo con gli occhi come per dire ‘ma che ci fai qui incompetente’.

Lui diede una scrollata di spalle, ignorando quei rimbrotti silenziosi che scivolavano via senza lasciare traccia.

«Gigi» sussurrò Clara dopo averlo trascinato in un angolo lontano da tutti. «Non farmi fare una figura di merda. Tu non sai…».

Luigi la guardò di traverso. “Figura di merda? Almeno fosse d’artista!” pensò, interrompendola. «Quella sarebbe un’opera d’arte?»

Alzò le spalle per mostrare tutta la sua indifferenza e sbuffò indispettito, alzando un poco la voce. «Fatico a riconoscere che Botticelli abbia dipinto dei capolavori. Figuriamoci se credo a quel fallito che ha disegnato un albero spoglio e un puntino rosso».

Clara arrossì a quelle parole. L’ignoranza del compagno sull’argomento era abissale, pentendosi di aver insistito che l’accompagnasse.

«Quel disegno a pastello vale un milione di euro!» esclamò Clara, abbassando le braccia lungo il corpo in segno di resa. «È una prova d’autore di Piccadali, il più grande artista moderno. Le sue opere sono contese a pacchi di euro da gallerie e collezionisti!»

Lei aveva provato in tutte le maniere a trascinarlo per musei e gallerie d’arte ma adesso intuiva che era irrecuperabile.

Luigi esplose in una risata, attirando di nuovo gli sguardi malevoli dei presenti. Scuoté il capo in segno di sconcerto. “La gente è scema” pensò, avviandosi verso l’uscita. “Molte persone muoiono di fame e qualcuno spreca milioni per qualcosa che non suscita nessuna emozione”.

Arrivato all’ingresso fece un cenno di saluto a Clara.

«Ci vediamo a casa».

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Compagnia per l’estate – 4 – Guarda il disegno

Questo martedì metto a dura prova la vostra fantasia. Vedete il disegno sottostante? Ebbene provate a costruire un miniracconto usando solo 400 parole. Un bel passo in avanti rispetto alle 200 dei martedì precedenti.

Ecco quello che ho creato io.

Andrea si fermò davanti al disegno. Non gli suggeriva nulla.

«Ho pagato quindici euro per vedere dei disegni che un bambino fa meglio?» borbottò, accennando un passo in avanti per osservare il prossimo.

Alice sorrise. “Il mio compagno non capisce l’arte moderna”. Socchiuse gli occhi per coglierne l’essenza. Il tratto minimale traboccava una espressione felice. Una donna? No, una ragazza dai capelli lunghi che ride. Una come me, positiva e solare. Alice lasciò correre avanti Andrea che mugugnava indispettito. Per lui entrare in una galleria o vedere una mostra d’arte era una sofferenza. “Preferisce donare un litro di sangue piuttosto che frequentare questi posti, asettici, climatizzati e immersi nella penombra”.

Sorrise. Adorava visitare mostre e musei. Ci avrebbe mangiato e dormito dentro pur di non staccarsi da essi.

Se avesse avuto libertà di scelta, si sarebbe laureata in una accademia d’arte. I genitori l’avevano costretta a diplomarsi maestra e laurearsi in lettere moderne. «Un titolo di studio vale più di essere un’artista senza futuro» avevano sentenziato. Adesso si ritrovava precaria in una scuola media di un paesino sperduto nella campagna emiliana. Venti ragazzi brufolosi ai quali leggere non piaceva, studiare ancora meno. Fare baldoria, quella sì che garbava molto. E poi sfottere Luciano, l’unico che non perdeva una battuta di quello che diceva durante l’ora di lezione. Scosse il capo, pensando a tutti gli scherzi atroci con i quali lo vessavano.

«Alice» urlò Andrea, incurante degli sguardi di biasimo degli altri visitatori. Stava profanando la sacralità del silenzio. «Ti sei innamorata di quello sgorbio?»

La ragazza arrossì. Si avviò all’uscita ma ci ripensò e lo affiancò. “Ma chi se ne frega se a lui non piacciono”. «Esci pure» sussurrò con un filo di voce. «Io finisco di vedere l’esposizione».

Andrea la guardò storto, socchiuse gli occhi, serrò le labbra. Inspirò aria e contò fino a dieci per calibrare le parole. Di primo acchito gli era venuta una battuta cattiva. “Tu rimani. Io prendo la macchina e me ne torno a casa. Tu arrangiati”. Poi pensò che non sarebbe stato corretto. Avevano fatto più di cento chilometri per vedere ‘Disegni d’avanguardia. 100 anni di collezioni private’. Non riusciva a immaginare come avesse potuto ritornare.

«Ti aspetto nel bar di fronte alla mostra» mormorò conciliante. «Però non farmi aspettare fino a domattina».

Alice lo baciò e disse: «Grazie. Non ci metterò molto». Poi ritornò sui suoi passi ad ammirare gli altri disegni.

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