Marzia mi ha lanciato un nuova sfida. Partendo dall’immagine che segue, devo costruire una storia.
Io ci provo. Il giudizio lo lascio a voi.
Buona lettura
Carola è sempre stata curiosa. Ama le avventure, che qualche volta hanno rischiato di finire male. Come quella volta che ha azzardato l’esplorazione della Fortezza da sola.
La Fortezza è il simbolo di Venusia, un patrimonio comune a tutti i venusiani. Non ha padroni, fuorché gli abitanti di Venusia. Si erge sulla montagna, quel dosso alto poco più di duecento metri, tanto che chiamarla così fa sorridere tutti fuorché loro.
La Fortezza è un luogo ricco di misteri, abitato da fantasmi e frequentato solo dai più coraggiosi. Carola è una di questi.
Un giorno di giugno di qualche anno addietro Carola si è inerpicata sulla montagna passando nel bosco degli spiriti, altro luogo poco amato e frequentato dai venusiani.
Arrivata dinnanzi al grande portone di quercia, che è sempre chiuso si ferma a rifiatare. Per aprirlo serve una robusta chiave, che pende malinconica dal battocchio di ottone. Lo sanno tutti dove si trova e basta infilarla nella toppa e girare con foga per aprire il battente che silenzioso si apre.
Dunque Carola, dopo aver provato a spingere il portone, qualora qualche altro ardimentoso fosse entrato prima di lei, prende la chiave che è di proporzioni generose e pesa un chilo e mezzo. La infila nella serratura e la gira con forza. Dopo un mezzo giro si blocca. Riprova. Niente dopo un mezzo giro non ha intenzione di muoversi.
Carola freme per la novità che la incuriosisce. “Cosa la blocca?” si chiede con lo sguardo meravigliato. “È la prima volta che mi capita”. Osserva la chiave ma non nota nulla di strano. Dà una sbirciatina nella toppa e non vede nulla.
«Questa è proprio bella» esclama con voce squillante. «La chiave si rifiuta di girare».
Ha appena finito di dire queste parole che la chiave infilata nella serratura inizia a girare in silenzio come se fosse dotata di anima. Carola non si scompone nel vederla ruotare senza che qualcuno la muova. Spinge il pesante portone che cigolando sui cardini si apre mostrando il suo interno polveroso. Ride soddisfatta e incuriosita. “Si tratta del famoso fantasma Beniamino” si dice, mentre varca la soglia. “Tutti ne parlano ma nessuno l’ha visto. Sarò io la prima vederlo?”
Muove alcuni passi verso l’androne, quando il portone in silenzio si chiude, lasciandola al buio. Carola come è abituata a fare porta a tracolla uno zainetto rosso, dove appesa c’è una potente torcia. La prende e illumina l’androne. Il fascio luminoso percorre le pareti e il pavimento. Non ci sono tracce di passaggi umani ma nemmeno di animali. Questa la rassicura. Nessuno è pronto a giocarle qualche brutto scherzo.
Con passo marziale si dirige verso lo scalone che porta al piano nobile. Sente solo il rimbombo delle sue scarpe sul pavimento lastricato con pietre d’ardesia. Un suono familiare per lei. Procede senza cautele convinta di essere sola o al massimo seguita dal fantasma.
Salita al primo piano percorre il corridoio che la porterà alla stanza dei giochi. L’ha chiamata così perché ci sono bambole rotte e carrozzine sgangherate. È la sua stanza preferita. “Strano” pensa vedendo la porta socchiusa. “Di solito è chiusa”. Un raggio di luce filtra dall’apertura come se ci fosse una fonte luminosa attiva là dentro.
Le finestre sono sempre chiuse. L’impianto elettrico non esiste. Dal soffitto pende un lampadario di rame dove le candele sono consumate da secoli senza che nessuno abbia mai provveduto a cambiarle.
La curiosità in Carola aumenta un passo dopo l’altro. Si chiede chi abbia aperto le finestre o messo candele nuove nel lampadario.
«Forse è stato Beniamino» borbotta, stringendosi nelle spalle.
Spinge la porta è nota che c’è ancora più disordine. Una carrozzina per bambole rovesciata, pezzi d’intonaco caduti dal soffitto. Il lampadario penzola sghembo.
Carola guarda stupita che tutto è fuori posto. Non ricordava nulla di simile quando un mese prima l’aveva visitata. Le imposte sono aperte e le finestre lasciano entrare l’aria fresca del mattino che solleva minuscoli vortici di polvere.
Sta lì a bocca aperta nel centro della stanza, quando sente chiudere la porta e lo scatto della serratura. Si gira ma non vede nulla. Prova a fare forza sulla maniglia ma il battente rimane fermo.
«Forza Beniamino» esclama con voce squillante Carola per nulla impressionata. «Fatti vedere, così possiamo giocare insieme».
Però tutto tace e la porta rimane chiusa.
Passano i minuti lenti e la situazione non si sblocca. Carola dà segni di nervosismo, camminando per la stanza a scatti. Si avvicina alla finestra ma questa guarda il cortile d’onore al centro della fortezza. Anche l’altra finestra dà sull’interno. Le sembra di udire delle voci. «Aiuto» urla sperando che qualcuno ascolti il grido.
Le parole si perdono come inghiottite da un buco nero. Eppure ne è certa di aver udito voci familiari. Si sporge ma riesce a vedere solo uno spicchio del cortile. Un acciottolato scuro di pietre di fiume. Si siede sconsolata sul pavimento coperto di polvere appoggiandosi con le spalle alla parete, quando sente girare la chiave dall’esterno. Si stava rassegnando a passare la giornata chiusa là dentro, quando vede spuntare la testa castana di Sandra.
«Che ci fai qua dentro?» chiede basita, scorgendola col le mani che stringono le gambe.
«Niente» mormora con un filo di voce. «Ti aspettavo».