Un femminicidio mancato

Per il laboratorio di scrittura ho prodotto questo.

Sara ricorda perfettamente quel giorno di aprile di un anno prima. Seduta sulla poltrona di creton rossa osserva la magnolia del suo giardino completamente fiorita senza una foglia lucida. Però la mente ritorna sempre a quella mattina quando ha incontrato Riccardo. “Ho perso la testa” riflette con amarezza. “Sì, non dovevo cedere”.

Riccardo era il suo ex. Si erano lasciati non in armonia per usare un eufemismo. Però lui voleva ricucire mentre io tenevo il punto.

Rammenta con chiarezza il motivo: aveva tradito la sua fiducia lasciandosi coinvolgere in una tresca amorosa con la sua segretaria. Erano volate parole grosse che aveva incattivito il diverbio. Quella che ha fatto traboccare il vaso è stata la violenza che lui ha usato contro di lei.

Aveva dovuto ricorrere al pronto soccorso per tamponare il sangue e sistemare il naso.

Aveva sporto denuncia ma poi ci aveva ripensato e l’aveva ritirata. Però aveva ritirato dalla casa tutto quello che le apparteneva trasferendosi in un nuovo appartamento. Non c’era stato la necessità di chiedere il divorzio perché convivevano. Per alcuni mesi aveva vissuto nel terrore che comparisse all’improvviso e le facesse del male. Pian piano aveva capito che era finito tutto senza troppe tragedie come si leggeva sui quotidiani e si ascoltava in TV. Si era messo il cuore in pace ed era tornata a coltivare la speranza di trovare un compagno meno brutale di Riccardo.

Inconsciamente era passata davanti al portone della vecchia casa. Più per curiosità che altro. Si era aperto ed era comparso lui più bello che mai. Non ha saputo resistere e l’ha abbracciato. In un amen si sono ritrovati a togliersi gli indumenti con frenesia e finire nel grande lettone.

Al termina di una maratona passionale Riccardo l’ha cominciata a insultarla. «Sei una puttana!» e giù botte come se fosse grandine.

Sarebbe finita male se non fosse arrivata provvidenziale la nuova compagna.

«È vero! Mai tornare sul luogo del delitto» afferma Sara col senno del poi.

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Un litigio

Laboratorio di scrittura

Lei era lì, assorta nei suoi pensieri che la turbavano dalla sera precedente. Si era alzata pensando di uscire ma poi aveva cambiato idea. Non riusciva a comprendere il motivo del cambio di programma. Però forse lo conosceva.

Davanti allo specchio aveva provato diversi abiti. Un vestito d’organza liscio fino alla caviglia. Un abito di lino bianco con balze blu che lasciava nude le spalle.

«No!» aveva sussurrato gettandoli con furia sul letto disfatto, mentre osservava l’interno dell’armadio dove si dondolavano con pigrizia altri abiti, che le sembravano fare l’occhiolino.

Poi con furia aveva chiuso l’anta dove lo specchio rifletteva la sua figura esile nel solo intimo.

Infilato un vestito da sera bianco si era sistemata pensosa nella sala della musica ma il silenzio regnava nell’appartamento. Aveva rinunciato all’uscita mattutina, come faceva tutti i giorni. Una visita al bar per un cappuccino e una brioche. Un giro nella piazza dello struscio ad ammirare le vetrine che si preparavano per la Pasqua. Una puntata al mercato per acquistare qualcosa per il mezzogiorno. E infine il rientro a casa.

Una lacrima scivolò lungo la guancia, mentre la mente andava alla sera precedente. Tutti i suoi affanni prendevano lo spunto da lì. Era netto il ricordo del litigio. «Perché?» Nessuna delle due aveva voluto cedere e con testardaggine avevano alimentato il battibecco. A pensarci bene avevano torto entrambe ma non lo volevano ammettere. Così la questione banale di un fiore musicale era diventato il terreno di scontro tra loro. Una sfumatura policroma della musica. Una vera inezia ma sufficiente a scatenare un litigio sordo ma accidioso.

Adesso era inutile ritornare sull’argomento ma lei non voleva fare il primo passo per riconciliarsi. «No! Deve essere lei!» Proruppe in un grido che fece eco nella casa.

Si alzò con un grosso peso sul petto e andò in cucina.

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Accadde il 27 dicembre

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Da Il laboratorio di scrittura è stato posto questo tema

“Il 27 dicembre successe una cosa incredibile. Da quel giorno nulla fu come prima…”

Il 27 dicembre successe una cosa incredibile. Da quel giorno nulla fu come prima…

«Va bene! Mi hai convinto» annunciai a Giovanna ai primi di giugno. Erano sei mesi che voleva fare una vacanza in India per seguire due settimane di terapia ayurvedica in una località del Kerala. Per poi raggiungere Rishikesh, una città di cui ignoravo l’esistenza. Qui avremmo passato due giorni con un santone, un mistico dal nome impronunciabile, che scrutava il futuro con delle perline colorate e altri strumenti come mi aveva assicurato Giovanna. Con Google Map scoprì che si trovava alle pendici dell’Himalaya. «Ma non farà troppo freddo?» le domandai tra il curioso e il dubbioso. La risposta fu «No!». Però io ci credetti poco ma finsi il contrario.

Prenotati i voli con Air India con partenza da Milano e arrivo a New Dehli per il 2 dicembre, mi documentai su questa terapia che secondo Wiki serviva a disintossicare mente e fisico. Decisi di viaggiare leggero, perché era nostra intenzione girare per l’India. Per il ritorno trovammo due voli: uno per il 27 e l’altro per il 28. “Pazienza” mi dissi, “viaggeremmo separati”. Io optai per il volo del 28, lasciando quello del 27 a Giovanna.

Il 2 dicembre partimmo per l’India.

Raggiunto il resort, immerso nella folta e verde vegetazione del Kerala, rimasi stupito dal posto e dalle persone. Era incantevole e si mangiava divinamente ma non solo aveva anche una spiaggia privata. Era stata una scelta oculata.

Ci sentivamo in piena forma quando il 17 partimmo per il tour in India che ci avrebbe condotto dal santone la vigilia di Natale.

Ero dubbioso di raggiungere il posto. Nubi basse e nere coprivano la catena e ci informarono che stava nevicando. Faceva freddo ed era tutto bianco intorno. Battendo i denti ci accodammo a una fila di persone in attesa di entrare nella grotta del santone. Volevo desistere ma Giovanna mi spronò a rimanere in coda. Quando fu il nostro turno, rimasi colpito da quella persona. In pratica aveva solo un drappo colorato intorno al petto. Ci scrutò, prese una decina di bastoncini di bambù, ma non ne sono sicuro oggi perché ho un ricordo confuso. Ce ne fece scegliere uno a testa e poi gli altri li gettò per terra. Disegnò un 27, un aereo e un boom. Insomma ci sconsigliava di prendere il volo del 27 dicembre.

Io risi ma Giovanna lo prese sul serio. «C’è poco da ridere» affermò con tono serio. «Se dice di non volare il 27 è meglio non farlo. Io rinuncio e vedo di convertirlo per un altro giorno».

Avrei potuto scambiare il mio volo col suo ma non mi piaceva lasciarla una giornata da sola. Il giorno di Natale Air India mi mandò un SMS con la possibilità di due posti per il 27 oppure per il 28. Optammo per quello del 28. Potevamo fare il viaggio insieme.

Il 27 dicembre eravamo sul treno che ci riportava a New Dehli, quando sul telefono comparve una notizia spaventosa. Il volo AI-980 era stato dirottato ed era esploso in volo. Nessun superstite.

«Il santone aveva ragione» affermai con voce roca. «Se avessimo preso quel volo, ora saremmo morti».

«Ma quello non l’avrei preso anche se avessi perso il costo del biglietto!» esclamò con tono deciso. «Io l’ho preso sul serio. Non raccontava balle!»

Da quel 27 dicembre decisi che appena alzato avrei messo in pratica quello che aveva insegnato il santone per vedere cosa mi riservava la giornata.

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