La partenza

Angie si aggirava spaesata per la casa adesso che Dan era partito per Deal Island. L’aveva accompagnato al postale, che aspettava il suo carico umano e la sacca della corrispondenza. Era stato un commiato triste. Entrambi avrebbero voluto che non si fosse verificato, ma lui doveva rientrare. Affari urgenti richiedevano la sua presenza altrove.
Un lungo bacio e «Quando mi vieni a trovare? Scrivimi e io sarò al molo ad attenderti» era stato il suggello melanconico della partenza.
Lei aveva gli occhi lucidi e aveva farfugliato qualche parola incomprensibile. Si era compreso solo qualche monosillabo e spezzone di frase «Sì. Verrò presto!», «..sistemo ..» e nulla più. Poi si era allontanata volgendo le spalle al postale, perché non desiderava osservarne il distacco dal molo. Non le piaceva mostrarsi col viso rigato di lacrime.
“Sono stati quindici giorni… i più belli della mia vita! Devo farmi forza senza sprofondare nell’apatia. Quando lo andrò a trovare? Domani? La prossima settimana? Tra un mese? Mai? No, no… è inutile pensarci oggi! Devo lasciar decantare la sbornia e ragionare lucidamente. Dan è forse l’uomo che ho cercato in questi anni?”
Erano queste le domande che Angie seduta sulla poltrona di vimini accanto al fuoco acceso con le poesie di Whitman in mano si poneva. Interrogava se stessa alla ricerca della risposta giusta senza trovarla.
“Perché? Perché devo ragionare lucidamente senza dare ascolto a quello che il mio istinto mi suggerisce? Il mio cuore dice di partire presto, anzi che dovevo partire con lui! Ma forse è stato più prudente fare qualche piccola riflessione. La fretta può essere una cattiva consigliera”.
Lei teneva in mano il libro di Walt Whitman, la sua raccolta di poesie «Leaves of grass», che sfogliava ogni volta che si sentiva triste alla ricerca di un’ispirazione felice. In realtà aveva una discreta biblioteca, in parte accumulata dal padre, in parte incrementata da lei. Le piaceva molto il modo di scrivere di Mark Twain ironico e scanzonato, ma l’autore preferito era Henry James con i due romanzi «The portrait of Lady» e «The wings of the dove», dove si descrivono gli amori di due giovani donne alle prese con gli inganni e le delusioni amorose. Però l’autore che l’aveva sconvolta maggiormente era Nathaniel Hawthorne con «Scarlet letter», un libro ereditato dal padre. L’eroina del romanzo, tragica e umana allo stesso tempo, l’aveva impressionata, perché non riusciva a capacitarsi come fosse stata possibile una situazione simile.
Essere condannata al pubblico ludibrio con l’infamante lettera A cucita sul petto solamente perché ha avuto una relazione fuori dal matrimonio col marito lontano, chissà dove era, è qualcosa di sconvolgente e di immaginabile. Inoltre questo puritanesimo bigotto e ipocrita non mi è mai andato a fagiolo. Ricordo che era inconcepibile fino a qualche anno fa che una donna avesse potuto comprare questo libro. Era il romanzo dello scandalo! Fortunatamente mio padre l’aveva acquistato a Baltimora durante uno dei nostri viaggi. Però leggerlo mi mette i brividi. Divento nervosa… Però è incredibile come Hester abbia sopportato tutte le angherie e le vessazioni delle comari e poi del marito senza rivelare mai il nome dell’amante! Era veramente una donna innamorata e forte! Io al suo posto mi sarei ribellata! Avrei gridato ai quattro venti il nome del padre di mia figlia e avrei affrontato i pettegolezzi della gente. Però… però nel periodo nel quale è stato ambientato il romanzo un’adultera rischiava il patibolo! Una vera vigliaccata.
Erano queste le riflessioni, che faceva ogni volta che toccava quel libro, anche quando semplicemente lo sfiorava.
La sua mente adesso era assorbita dal pensiero di Dan, che era partito da pochi giorni.
“Cosa scrivo? Ora? O tra qualche giorno?” rifletteva ad alta voce, sfogliando stancamente il libro che teneva in mano senza soffermarsi sulle parole.
Si alzava e girava per la stanza sempre col pensiero fisso: il desiderio di stare nuovamente tra le sue braccia. Poi tornava a sedersi sulla poltrona di vimini, incapace di trovare una soluzione al tormento che divorava la mente.
“Basta!” urlò ad alta voce.
“Basta! Scrivo e parto per Deal Island! Mi manchi moltissimo!”
Si alzò decisa e andò nello studio fermamente determinata a scrivere la missiva.
 
Holland Island, 15 novembre 1910
 
Mio adorato Dan!
Sono passati pochi giorni, ma sento la tua mancanza! C’è un vuoto dentro di me e dentro questa casa, come se fosse sceso all’improvviso una grossa gelata notturna.
Ogni cosa compreso il mio corpo è ricoperto dal ghiaccio.
I giorni trascorsi insieme sono stati i più emozionanti della mia breve vita. Avevo ascoltato e letto parole su quello che viene chiamato amore, ma credo che tutto questo sia niente rispetto a quello che provo.
Nei quindici giorni non ho mai avvertito la necessità di dichiararlo apertamente: sono stati sufficienti gli atti, il modo di propormi. Con naturalezza e semplicità, ma ora che non ci sei lo devo gridare affinché tu lo possa sentire.
La prossima settimana, martedì 22, prenderò il postale e arriverò a Deal Island alle tredici! Così potrò essere stretta nuovamente tra le tue braccia.
Da questo momento conterò i minuti, come i grani del rosario.
Vorrei che oggi fosse già lunedì!
Un abbraccio fortissimo.
Tua
Angie
 
Lasciato asciugare l’inchiostro, si precipitò all’ufficio della corrispondenza affinché la lettera finisse nel sacco pronto per imbarcarsi sul postale in partenza da Holland Island.
Angie era riuscita a calmare la propria agitazione che stava crescendo a dismisura, mentre una nuova ansia stava facendo capolino: era quella legata all’attesa per la partenza.
Mentre stava facendo ritorno a casa, avvolta nel pesante mantello, incrociò il reverendo White che accennò a fermarla senza riuscirci.
Lei era talmente avvolta nei suoi pensieri che non vide il pastore, ignorando il tentativo di parlarle. Camminava come se fosse in trance, desiderosa solamente di rientrare nella casa.
Al reverendo bruciava ancora la brusca cacciata di qualche giorno prima e la mancanza di rispetto alla sua autorità, ma di un aspetto era intimamente contento: la partenza dell’uomo che aveva originato lo scandalo.
“Se ne è andato perché io e gli isolani gli abbiamo fatto comprendere che non era ben accetto! Mi auguro che non rimetta più piede a Holland Island! Il suo comportamento è stato altamente lesivo alla onorabilità di Miss Fairbanks e dei suoi concittadini”.
Il pastore ignorava che Dan sarebbe partito comunque, perché alcuni impegni lo richiedevano a Deal Island con notevole urgenza. Però nella sua boria vantava con se stesso di essere stato la causa del precipitoso allontanamento.
“Non importa, se non sono riuscito a parlare con Miss Fairbanks. Lo farò nei prossimi giorni. L’importante è che sia stato rimosso l’origine del loro scandaloso comportamento” e si avviò verso la chiesa.
Angie chiuse il portone alle spalle e si avviò di corsa nella sua stanza. Doveva pensare a cosa desiderava portare con sé. Da un armadio estrasse una pesante borsa di cuoio scuro che poteva contenere un paio di vestiti e qualche altro abito ancora. La gettò sulla poltrona in attesa di riempirla. Poi cominciò a ragionare cosa altro le serviva.
Si sedette sconsolata su una poltrona di raso rosso, perché non sapeva il numero di giorni che sarebbe stata ospite di Dan.
“L’ultimo viaggio che ho fatto è stato il 20 di settembre per la festa di Mabon. Però in quell’occasione dovevo prendere con me solo lo stretto necessario per trascorrere la notte e fare il viaggio di ritorno la mattina successiva. Ora la situazione è molta diversa. Conosco la data di partenza, ma non quella del ritorno! Da Dan rimarrò per pochi giorni oppure per una settimana o oltre? Già mi sono autoinvitata senza nemmeno conoscere se lui ha concluso tutti i suoi impegni oppure no. Fissare in modo arbitrario la durata della mia permanenza mi sembra una forzatura. Non credo che lui possa rispondere ai quesiti rispondendo alla mia missiva, perché manca il tempo per farlo. Dunque…”.
Comprese che era inutile pensare al bagaglio. Avrebbe atteso una improbabile risposta e poi avrebbe preso una decisione legata la momento.
Rinfrancata e con la mente leggermente più tranquilla si avviò verso la cucina per preparare qualcosa da mangiare, perché da domenica aveva piluccato qualcosa senza eseguire un pranzo o una cena degna del nome.
Però il tarlo continuava a lavorare.

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Chiacchiere

Di Holland Island è rimasto uno scampolo di terra che viene eroso a ogni tempesta. Con l’alta marea scompare sott’acqua lasciando apparire solo qualche moncherino di arbusto che ricorda che un tempo era un’isola abitata.
Il gracchiare incessante dei gabbiani che litigano tra loro e giocano a rimpiattino con le increspature della baia li accompagna durante il periplo di quello che una volta era un’isola abitata da esseri umani.
Sottocoperta Ellie e i suoi amici osservano muti in silenzio la triste sfilata di una costa che non c’è più. Si ode solo il leggero sciabordio dell’acqua sui fianchi di Rebecca e il secco schiocco della vela che sbatte per un salto di vento. Loro respirano solo.
Poi si vede unicamente acqua, la terra è alle loro spalle come un ricordo lontano.
“Impressionante!” è il commento di Dashiell.
“Avevo letto sul NYT che l’isola non c’era più o forse c’era ancora per poco. Però fa impressione vedere quel lembo di terra che disperatamente sta aggrappata alle acque, tenendo fuori la testa per non annegare”.
Annie non dice nulla. La contagiosa allegria si è smorzata in un malinconico silenzio.
“Cosa si può fare per salvarla?” chiede con un brusio di voce.
“Nulla” risponde laconica Ellie “Nulla. L’uomo con le sue attività e le acque che si riprendono ciò che le è sempre appartenuto l’hanno condannata. Io quando esco con Rebecca ci faccio un mesto pellegrinaggio. Ma ora basta quest’aria da funerale! Stiamo facendo una gita e dobbiamo divertirci!”.
Matt, che è rimasto taciturno, ascoltando le chiacchiere degli altri, si riscuote e chiede nuovamente chi è Angie.
“Angie è la mia bisnonna e ha abitato in quella casa vittoriana che ora è un ammasso informe di ruderi. L’ha costruita suo padre, sul finire dell’ottocento. Almeno questo mi ha raccontato il nonno Pat. Loro l’hanno abitata fino al 1936, quando hanno venduto tutto per trasferirsi a Princess Anne. Ormai la sorte dell’isola era segnata e non valeva la pena di provare a resistere. Da allora una lenta agonia l’ha vista sparire pezzo dopo pezzo a ogni passaggio dell’inverno. Un reverendo prima, una fondazione poi hanno tentato inutilmente di salvarla, ma tutto è stato vano. Hanno prolungato solo l’agonia”.
Ellie si ferma un istante a rifiatare. Parlare dell’isola le costa sempre fatica e oggi avverte sempre di più il peso delle parole.
“Angie ha scritto un diario, che sto leggendo..”
“Interessante..” esclama Dashiell che sembra essersi risvegliato dall’apatia.
Stranamente è più ciarliero del solito e sembra essere attratto da queste chiacchiere che parlano di cose del passato.
“Raccontaci, qualcosa di quello che sta scritto nel diario..” continua incitando a proseguire nel racconto.
L’uomo osserva per la prima volta Ellie con uno sguardo diverso. Questo non sfugge all’occhio attento di Annie, che nota questa piccola metamorfosi nel cognato, sussurrando qualcosa nell’orecchio di Matt. Lui ridacchia come se avesse ascoltato una barzelletta.
Ellie non pare avere percepito il mutamento dell’atmosfera o forse in questo momento è concentrata troppo su Holland Island.
Rebecca scivola veloce sulle acque calme del Chesapeake Bay con la prua rivolta verso il porto.
“Angie..” riprende Ellie dopo una pausa di riflessione “Angie da quello che ho letto è stata una donna speciale..”.
“In che senso?” la interrompe Dashiell.
Ellie lo scruta e si interroga perché l’uomo che le sta di fronte sia così interessato alla bisnonna.
Fino a pochi istanti prima pareva distante, distaccato dai loro interessi, mentre adesso pare curioso di conoscere la storia di Angie.
Di nuovo fanno capolino i pensieri dei giorni scorsi, quando lui era un’anima persa e lei cercava degli aspetti positivi.
Lo osserva con cura, mentre percepisce che Annie e Matt la scrutano e paiono in attesa che lei dica qualcosa.
“In che senso era speciale?” la incalza Dashiell.
Ellie si riscuote e trae un ampio respiro.
“Non l’ho conosciuta, ma ho ascoltato molto su di lei. A volte mi pare che sia di fianco a me a guidare le mie azioni. Sono solo sensazioni. Però..” e nuovamente tace.
“Sembri reticente” replica Dashiell “Come se tu avessi timore di dire qualcosa di sgradevole o di svelare un segreto. O forse sbaglio?”.
Annie sorride, stringendosi a Matt. Vorrebbe dire qualcosa, ma il marito le fa cenno di tacere.
“Lascia che parlino senza che noi interveniamo. Sentiamo cosa dicono” le sussurra in un orecchio.
Ellie raccoglie le idee per controbattere le affermazioni. Sente l’irritazione crescere ma cerca di dominare il malessere.
“Perché mai dovrei parlare della bisnonna? A chi può interessare cosa faceva o diceva?” riflette velocemente.
Di nuovo tenta di ricucire il discorso iniziato ma senza molta convinzione.
“Perché dovrei essere reticente? Non so quanto possa appassionare la narrazione della sua vita a Holland Island. L’ammiro perché è stata coraggiosa. Non so quante donne cento anni fa avrebbe avuto l’ardire di sfidare stereotipi di vita che le volevano solo casa e chiesa..”.
“Perché oggi è cambiato qualcosa?” la blocca nuovamente Dashiell.
“Non credo. L’America è a volte bigotta. Finge di non vedere situazioni scabrose, ma crocifigge chi osa sfidare le regole. Il gossip è feroce e mette in piazza gli aspetti privati delle persone. Se uno è in vista, rischia di bruciarsi. Se due donne si amano, ad esempio, non ci sarebbe nulla di scandaloso o da scandalizzarsi. Però.. però la loro richiesta di trasformare la loro unione in matrimonio fa gridare allo scandalo! Sembra una contraddizione, ma è la realtà”.
“Dunque Angie amava un’altra donna” la interrompe ancora una volta Dashiell.
Ellie lo guarda e sorride, scuotendo il capo.
“No, non hai capito nulla! La bisnonna ha amato un uomo, Dan! E il loro amore è stato molto intenso, da quello che ho letto..”.
“Allora in cosa consiste il coraggio della bisnonna? Un amore etero non mi pare che possa generare scandalo! Forse viveva in un ambiente dove tutti erano omo? Ma che razza di comunità abitava Holland Island? Quello che dici mi rende particolarmente curioso di conoscere questa mitica Angie!”.
Annie li guarda mentre si fronteggiano come se sulla barca ci siano solo loro.
“Matt, mi stupisce tuo fratello! Da quel poco che lo conosco, l’ho sempre visto apatico, indifferente a tutto e a tutti. Ora punzecchia Ellie, la sfida, la provoca. E’ un vero siparietto che sta movimentando questa gita che pareva destinata a morire come il sole sull’orizzonte. Che ne dici?” gli sussurra lievemente, accostandosi a lui.
Un sorriso compare sul viso dell’uomo, mentre si appresta a rispondere.
“In effetti mi sta sorprendendo il fratellino! Ben rare volte l’ho visto così aggressivo. Ed erano solo per difendersi. Ora invece è all’attacco di Ellie! La incalza e non le da tregua. Non riesco a percepire dove voglia arrivare. Che le piaccia la ragazza? Sarebbe meraviglioso! Lui single incallito, che ha sempre snobbato le donne. Devi sapere ..”.
Il dito di Annie si posa sulle labbra del marito per farlo tacere.
“Ascoltiamo come va a finire il duello!”.
E i due contendenti riprendono le ostilità.
“In effetti non ci sarebbe stato niente di strano o stravagante, ma ..Si da il caso che allora una donna sola che ospita un uomo creava molti pettegolezzi..”
“Perché non capita mai che una donna sola conviva con un uomo? Non mi sembra che sia poi quello scandalo che ..”.
“Dashiell, dimentichi che erano cento anni fa! Allora l’America era puritana! Il risveglio femminile doveva avvenire nell’anno successivo. Il 1911. Noi stiamo parlando del 1910, quando la condizione femminile..”
“Non avrei creduto che tu fossi una femminista” replicò ironicamente alzando la voce.
“Perché se l’evento fosse avvenuto un anno dopo, nessuno ci avrebbe fatto caso?”.
Ellie capisce che si sta incartando in una discussione dai contorni incerti. Deve deviare e riportarla nei binari corretti.
Però prima vuole lanciare una stoccata a Dashiell. Si sente combattiva come Angie.
“Dunque ha sempre ragione il nonno! Ha sempre affermato che sono simile come una goccia d’acqua a Angie. Io non gli ho mai creduto, ma ora ..”.
Ellie guarda con gli occhi fiammeggianti d’ira l’uomo che rimane impassibile in attesa della replica pepata. Lui le ha letto nella mente e sa che risponderà all’ultima affermazione. Le piace questa ragazza che apparentemente sembra fragile ma in realtà è forte e decisa.
“E se lo fossi cosa cambierebbe? Mi sembri una persona dalle vedute ristrette! Per te le donne sono un oggetto. Ma io non lo sono affatto!”.
Dashiell sorride e le prende le mani. Ellie rimane sorpresa e non accenna a un movimento di stizza o a un tentativo di distacco. Rimane saldamente stretta a lui, perché le fa piacere sentire quel contatto.
“Certo, non cambierebbe nulla!” afferma pacato e sorridente.
“Comunque non hai ancora spiegato perché..” e tace interrompendo il discorso.

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Sullo skipjack verso Holland Island

La vigilia di Halloween è una splendida giornata di ottobre con cielo terso e mare calmo, solo l’aria fa capire che il sole faticherà a scaldarla. Chesapeake Bay è meno grigio del solito con qualche striatura di verde sporco.
Ellie ha proposto ai suoi ospiti una uscita con Rebecca, il suo skipjack, un modo diverso per trascorrere la giornata in attesa della festa.
“Hai una barca tutta tua?” ha chiesto Annie incuriosita.
Dashiell è parso rianimarsi alla notizia come se l’evento fosse di suo gradimento.
Matt è rimasto indifferente come se la gita non lo interessasse per nulla.
Trovata la disponibilità del capitano, sono iniziati i preparativi. Una veloce colazione, la scelta degli indumenti più adatti, la sistemazione di generi alimentari in un cesto da picnic e tante chiacchiere in libertà prima di partire per il porto di Wenona.
Matt guida veloce con le indicazioni precise di Ellie, mentre Dashiell ripiomba nel silenzioso mutismo. Annie è eccitata, perché ha sempre sognato di possedere un’imbarcazione. Aspetta con impazienza vedere la terra che si allontana. Si sente felice e rilassata.
“Questa vacanza sta trascorrendo meglio di quanto ottimisticamente avevo pensato, quando ho accettato l’invito. Ellie è una deliziosa padrona di casa. Ci ha sistemato nella stanza più comoda, ampia quanto un monolocale. Il raffronto con la nostra di Baltimora è impietoso. Senza dubbio ha un’abitazione confortevole, arredata con gusto. Ricambiare l’ospitalità mi mette un po’ nell’imbarazzo. Però ci sarà tempo per rifletterci.  Ci ha messo sempre a nostro aggio senza forzare mai la mano nelle proposte di come trascorrere le giornate. Non credevo che fosse così abile ai fornelli. Se non ci fosse Matt, farei fatica ad andare oltre un trancio di pizza surgelata. Detto come va detto: non so cucinare. Quello che mi stupisce è che non lavora, eppure tiene un tenore di vita sopra la media. Non pensavo che i genitori fossero così benestanti. Basta con queste riflessioni, godiamoci l’escursione in barca. Ormai siamo arrivati”.
Questi sono i pensieri di Annie, mentre stanno giungendo al porto.
Sul molo trovano il capitano pronto ad accoglierli. Annie lo osserva, perché le sembra una persona anziana, che però trasmette fiducia e solidità. Sarà lui a guidarli nell’escursione.
“Capitano Krantz! E’ stato molto gentile a mettersi a nostra disposizione anche se la chiamata non era programmata. Questi sono amici di Baltimora venuti a trovarmi. La giornata mi sembra ideale per una uscita. La baia è calma. Non fa troppo freddo. Pensavo di arrivare fino a Holland Island” disse Ellie mentre gli stringeva la mano.
“Si, ha ragione, Miss Ellie. In questo periodo imbattersi in una concatenazione di eventi meteorologici favorevoli per una gita in barca non è facile da trovare. Però oggi ci sono tutti. Possiamo arrivare fino a Holland Island, ma non è più permesso di scendere a terra per disposizione della Guardia Costiera. E’ troppo pericoloso, perché non ci sono più approdi sicuri. Ci dobbiamo limitare a circumnavigarla e osservarla dall’imbarcazione. Se siete pronti, possiamo imbarcarci. Il tragitto non è lungo, ma conviene rientrare nelle prime ore del pomeriggio. In questo periodo oscurità e nebbia possono calare velocemente”.
Un leggero vento di brezza gonfia la vela di Rebecca, mentre, uscendo dal porto, si dirige verso la meta.
Il capitano li ha pregati di scendere sottocoperta al riparo.
“Lì starete più caldi e riparati. Il vento è gelido anche se a terra non vi sembra. I vostri indumenti non sono adeguati ai rigori della stagione. Potete ammirare la navigazione dagli oblò”.
Solo Dashiell rimane in coperta vicino al capitano che governa la barca con perizia. Indossa una cerata gialla che ha acquistato vicino al porto questa mattina. Sembra interessato alle manovre e gli pone molte domande alle quali Krantz risponde con calma e dovizia di particolari. Tra i due si instaura un buon rapporto.
“Mi piacerebbe molto imparare la navigazione a vela, ma il tempo è tiranno. Dovrò decidermi perché il tempo passa e con una scusa o con un’altra rimando sempre” afferma Dashiell con l’aria di chi è sinceramente dispiaciuto.
“Qui nel Chesapeake Bay ci sono diverso scuole di vela. Il vento non manca mai ed è divertente. Il periodo migliore è giugno luglio. Non fa molto caldo. Le brezze sono ideali. In agosto c’è troppa afa e umidità”.
“Lei sarebbe disposto a darmi lezioni? Però non possiedo un’imbarcazione”.
Il capitano scuote il capo. “Sono troppo vecchio. Faccio un’eccezione per Miss Ellie, perché ha Rebecca, che considero come una figlia. Se è interessato seriamente, posso indirizzarla verso istruttori veramente in gamba. Per quanto riguarda la barca non ci sono problemi. Imbarcazioni tipo questa le affittano a settimane. Non sono complicate da governare e hanno una stabilità eccezionale in qualsiasi condizione di tempo. Fino a un paio d’anni fa se ne potevano trovare facilmente e a prezzi di vero saldo. Con poca spesa si rimettevano in sesto. Miss Ellie lo ha fatto e si è ritrovata un gioiello, che ora vale una piccola fortuna. Adesso i costi sono saliti alle stelle e non c’è molta convenienza, salvo che non sia un appassionato di skipjack”.
Hoilland Island appare all’improvviso sulla loro destra. I ruderi della casa vittoriana sembrano un gigante crollato a terra.
Ellie ha parlato con Annie durante tutto il tragitto, mentre Matt è rimasto in silenzio a osservare il volo dei gabbiani e le leggere increspature della baia.
“Ecco!” grida la ragazza indicando con il dito la sagoma dell’isola.
“Ecco! Sulla vostra destra si scorge Holland Island! Quell’ammasso scuro che si erge per pochi metri è la casa vittoriana di Angie”.
Annie la guarda stupita.
“Angie chi è?”
Ellie tutta eccitata risponde che è la sua bisnonna.
“Dunque quei ruderi sono tuoi?” domanda meravigliata l’amica.
“No, no! Erano della bisnonna che ha abbandonato l’isola negli anni trenta, vendendo tutto. Coi soldi ha comprato la casa di Princess Anne. Lì è nato nonno Pat. Te lo ricordi? Quel simpatico vecchietto che amava raccontare storie inverosimili? Ma, sì che l’hai conosciuto!”
Ellie è tutta eccitata nel citare questi ricordi.
Annie scuote la testa, perché non ricorda nonno Pat per nulla. Però è interessata ad ascoltare quello che le sta dicendo l’amica. Anche Matt sembra riscuotersi dall’apatia silenziosa nella quale era piombato fin da quando hanno deciso l’escursione in barca.
“Quindi sai tutto sulla casa e sull’isola” afferma l’uomo rompendo il silenzio.
“Beh! Non è proprio vero. Le mie conoscenze sono limitate ai racconti del nonno e alle pagine del diario di Angie. Pensate che proprio cento anni fa la bisnonna ha ricevuto la proposta di matrimonio. Come è andata a finire non lo so ancora, ma credo che poi hanno convolato a nozze, visto che è nato da loro il nonno! Ah! Ah!” discorso chiuso da una risata argentina.
“Vi sento allegri” urla dalla coperta Dashiell.
“Scendi e potrai unirti alla nostra allegria” replica pronta Ellie.
E vedono sbucare dal boccaporto una sagoma gialla.
“Qual è l’argomento che suscita tanta ilarità?”
Annie si alza e lo prende sottobraccio per accompagnarlo di fronte a loro.
“Ellie stava dicendo che in quella vecchia casa vittoriana che si nota sull’isola..”
“Quale casa? Vedo solo un ammasso informe che non assomiglia per nulla a una abitazione. Di grazia, dove si trova la casa?” chiede sorpreso osservando in lontananza l’isola alla quale si stanno avvicinando.
“Quell’ammasso un tempo era la dimora di Angie..” replica Ellie un po’ infastidita.
“Angie? E chi sarebbe Angie?”
“La mia bisnonna… La storia è un po’ lunga.. Dal suo diario ho appreso che esattamente cento anni fa ha ricevuto una proposta di matrimonio e da loro è nato nonno Pat. Quindi ho dedotto che si sono sposati. Quei ruderi è quanto resta della casa dove è nato e cresciuto il nonno..”
“Perché dici «ho dedotto». Forse non lo sai e lo pensi?..”
“Non ho letto tutto il diario. Ora sono ferma alla festa di Halloween del 1910 che Angie ha festeggiato con Dan..”
“Prima Angie, poi Dan.. Non fai prima a raccontare tutto dall’inizio?” replica Dashiell che si scopre loquace e curioso.
Ellie scuote il capo e sta per iniziare il racconto, quando il capitano urla che siamo in prossimità di Holland Island.
“Non mi avvicino troppo perché i fondali si sono alzati e non voglio correre il rischio di rimanere incagliato. Ci giro intorno come una boa e poi riprendiamo il viaggio di ritorno”.
I quattro occupanti osservano in silenzio lo sfilare lento dell’isola, regno incontrastato di gabbiani e pellicani.
Il racconto può aspettare.

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Lo scontro

Tutto sembrava procedere col vento in poppa, mentre la permanenza di Dan a Holland Island stava volgendo al termine.
Le giornate umide e fredde dei primi di novembre non erano invitanti per fare delle passeggiate, ma loro avvolti nei pesanti mantelli non mancavano di camminare lungo la strada che costeggiava l’acqua. Più che teneri amanti sembravano due maturi amici tanto compostamente stavano l’uno accanto all’altra.
Gli isolani non mancavano di commentare con malignità quell’unione amorale tra una donna sola e il suo ospite maschile, che alloggiava nella casa di lei.
La mattina, che precedette la partenza di Dan, avvenne un episodio spiacevole.
Il reverendo White, che curava le anime degli abitanti di Holland Island, infastidito dal tono di aperta sfida che Angie teneva nei confronti della comunità, li fermò mentre facevano il solito giro.
“Miss Fairbanks!” disse con tono solenne e duro il pastore “Si fermi un momento. Le devo parlare”.
Angie l’osservò con occhio poco benevolo e un tantino torvo e si pose con aria irritata di fronte a lui. Un atteggiamento di provocazione che preannunciava temporale.
“Cos’ha da dirmi, reverendo? E’ un discorso lungo o di poche parole?”
Il tono era secco, non arrogante. Era di chi non accettava intromissioni nella sua vita privata. Lo sguardo era lampeggiante di collera, mentre la voce denotava impeto nervoso che stentava a trattenersi nei giusti confini.
Dan si scostò dai due contendenti, perché non aveva nessuna intenzione di farsi coinvolgere nella disputa.
“Sì, questo è un litigio in piena regola. E di sicuro l’argomento è la mia presenza. Non comprendo questo rigurgito di falso moralismo. E’ una donna adulta, che vive sola senza legami con un altro uomo. Quindi può frequentare gli uomini che vuole. Senza nessun obbligo morale. Ritengo giusto che possa disporre della sua vita come meglio crede. Non dà pubblico scandalo quando è sotto gli occhi di tutti. E’ sempre cortese e sorridente.  Molte persone si accompagnano di nascosto con altre di sesso opposto, ma per loro non c’è riprovazione pubblica solo perché si finge di non vedere e non sapere. Noi stiamo insieme alla luce del sole, in maniera limpida e cristallina, senza sotterfugi di sorta. Cosa c’è di riprovevole in questo? Solo perché dormiamo sotto lo stesso tetto? Ma quante persone, sposate o non sposate, lo fanno? Ma è meglio che io rimanga defilato e intervenga solo se la discussione dovesse degenerare”.
Questo erano i pensieri di Dan mentre Angie e il reverendo continuavano a fronteggiarsi come se fosse il duello decisivo. Una specie di sfida a OK Corral.
Il reverendo White cominciò a parlare a voce bassa, mentre osservava l’uomo che si teneva prudentemente in disparte come se l’argomento non lo riguardasse.
“Lei venga qui!” disse alzando il tono “Deve ascoltare quello che sto dicendo a Miss Fairbanks”.
Angie reagì nervosamente con gli occhi infiammati dall’ira.
“Deve parlare con me oppure con lui?”
“Con entrambi” replicò irritato.
“E c’è bisogno che ci disturbi sulla pubblica via? Può bussare al mio portone e le sarà aperto” e si girò di scatto allontanandosi.
“Angie” disse con pacatezza Dan “Il reverendo non ha intenzione di tenere un sermone. Più semplicemente vuole fare quattro chiacchiere in amicizia”.
Lei lo squadrò con gli occhi fiammeggianti di collera e aggiunse: “Se vuoi fermarti, fai come vuoi. Io torno a casa. Ho già ascoltato troppe parole inutili”.
Con passo deciso di diresse verso la casa vittoriana che distava pochi isolati da lì. In un baleno scomparve dalla loro vista.
Dan rimase nel tentativo di ricomporre la frattura per non apparire scortese. Era intimamente irritato ma ostentava calma e serenità. Questa comunità si mostrava bigotta e ipocrita perché teneva più alle apparenze che alla sostanza.
“Mi dica, reverendo. Sono qui per ascoltare quello che vuole proferire”.
“Che intenzioni ha? Visto che si comporta come se fosse il marito di Miss Fairbanks! Quando celebrerò le giuste nozze riparatrici?”
Dan si trattenne dal rispondere per le rime al tono vagamente insolente del pastore.
“Perché?” si limitò a rispondere col sorriso sulle labbra.
Il reverendo White sembrò perdere le staffe e alzando il tono cominciò a scandire la sua predica. Quel uomo osava sfidare la sua autorità e teneva un atteggiamento canzonatorio nei suoi confronti. Non era disposto a ricevere risposte ironiche o domande di dubbio gusto.
“Perché? Osa chiedere il perché? Da quasi due settimane vive sotto lo stesso tetto di Miss Fairbanks come se fosse il marito..”
“C’è forse qualcosa di illecito in questo?” lo interruppe Dan che stava scaldandosi e faticava a trattenere le parole.
“Ledo dei diritti di qualcuno? Miss Fairbanks è una persona adulta, libera e senza legami o vincoli verso qualcuno. Quindi lei può accogliere in casa propria tutti gli ospiti che vuole. Lei non ha nessun diritto di intromettersi nella sua vita privata. I suoi comportamenti..”
“I suoi comportamenti fanno scandalo!” urlò il reverendo White rosso in viso per la sfacciataggine dimostrata da Dan.
“Sì, scandalo! Una donna che vive con un uomo more uxorio! Lei l’ha disonorata! E dovrebbe ,,”.
“Forse dovrebbe fornicare con un’altra donna?” replicò ironicamente.
“Questo sì, sarebbe scandalo!” e dette queste ultime parole girò i tacchi volgendo le spalle all’attonito e incollerito reverendo.
“Questo pastore è un vero pitocco! Si permette di contestare le azioni di una donna libera e adulta, le scelte sessuali e poi chiede il matrimonio riparatore come se io l’avessi messa incinta! Ma che razza di paese è questo?”.
Erano questi i pensieri ribollenti di ira di Dan che a passo svelto si apprestava a raggiungere Angie che distava un centinaio di passi avanti a lui.
Il reverendo White avrebbe voluto rincorrere l’uomo che aveva osato infrangere la sua autorità morale e religiosa. Però comprese che non avrebbe ottenuto nulla oltre altre parole oltraggiose. Si ripromise che l’indomani si sarebbe recato alla casa vittoriana per continuare il suo predicozzo a entrambi prima che le loro anime si dannassero per sempre.
Scuro in volto, senza accorgersi della piccola folla che aveva assistito alla sua sconfitta, si diresse verso la chiesa, rimuginando vendetta.
Dan raggiunse Angie prima di arrivare alla casa vittoriana e la prese sottobraccio.
“Cara” disse con tono dolce “quel pastore ha avuto quel che si meritava. Credo che non si farà vedere più se non siamo noi a cercarlo. Se osa tenere ancora quel tono insolente, lo prendo a pedate nel culo!”.
La tensione che l’aveva colta sembrò sciogliersi avvertendo le parole calde e rassicuranti di Dan, mentre gli scoccò un grande sorriso.
L’abbracciò forte ostentando la fierezza di avere una compagna così, prima che il portone si chiudesse alle loro spalle.
La mattina seguente, mentre lui preparava il bagaglio con un velo di malinconia per la partenza imminente, qualcuno bussò al portone.
Ascoltò chi poteva essere quell’ospite mattiniero e sospese la preparazione delle valigie.
“Dunque quel pitocco è tornato! Osa ancora sfidarci? Credo che stavolta non se la caverà a buon mercato” si disse mentre scendeva le scale.
“Posso entrare o mi lascia sull’uscio di casa?” chiese quando Angie aprì la porta.
La sola vista del reverendo White fece imporporare le guance della donna, che fattasi da parte disse: “Si accomodi”.
Erano appena giunti nello studio accanto all’ingresso, quando Dan entrò come una furia piazzandosi di fronte a lui.
“Cosa vuole ancora? Non è stato sufficiente quello che le ho detto ieri?”
Il pastore cominciò a farfugliare per la collera.
“Come si permette? E’ mio compito curare le anime del mio gregge e riportare sulla retta via quelle pecorelle che si sono smarrite!”
Dan lo guardò duro coi pugni sui fianchi in atteggiamento di sfida.
“E chi sarebbero queste pecorelle smarrite?” replicò con sarcasmo.
“Voi due!..”
“Fino a prova contraria lei non è il mio pastore, visto che abito altrove! Per quanto riguarda Miss Fairbanks è una persona adulta e sa quello che fa. Non si è smarrita e per di più è di fede cattolica. Dico bene, Angie?” e rivolse lo sguardo verso la donna, che annuì senza proferire una parola.
“Lei è un insolente arrogante. E la sua anima sarà dannata!” urlò col volto paonazzo il reverendo White che uscì dalla stanza per raggiungere il portone.
“Io sarò arrogante, ma lei non è da meno! Miss Fairbanks la ringrazia per l’avvertimento e oggi andrà dal suo confessore cattolico per rimettere tutti i peccati..”.
Udirono il portone chiudersi con violenza, mentre scoppiavano in una gran risata.
“Io sarò il tuo inferno! Riuscirai a sopravvivere a questa dannazione eterna?” disse Dan tra il serio e il faceto.
“E’ una richiesta di matrimonio?” domandò incredula Angie.
“Come la vuoi chiamare?”
E lei si arrampicò su di lui per dargli un bacio.

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E la festa continua…

La giornata si è conclusa serenamente per Ellie dopo molta tensione per l’arrivo degli ospiti. Non è abituata ad avere persone in casa, a gestire conversazioni e battute. Ha vissuto troppo da solitaria senza mai uscire dal guscio. L’occasione è arrivata, quando non se l’aspettava e l’ha colta al volo in maniera spontanea. Molte paure e qualche incertezza ingiustificata hanno costellato l’approccio delle giornate precedenti. Alla fine il gran giorno è arrivato e con esso sono svaniti tutti i timori come bolle di sapone.
Adesso percepisce soddisfazione. Tutto è filato liscio: l’accoglienza, il pranzo di metà giornata, il pomeriggio di passeggio e la serata di conversazioni. Il bilancio è positivo oltre le sue aspettative. Adesso si gode il relax dopo le preoccupazioni e la certezza che sarà in grado di fronteggiare tutti gli avvenimenti nei giorni che seguiranno.
Tenendo in mano il diario di Angie, fa un piccolo bilancio della giornata. Rileva che Matt è stato per lei un’autentica sorpresa. Brillante, loquace ma misurato nelle parole e nei giudizi. mai una sbavatura nelle conversazioni, nelle battute. Dotato di un temperamento carismatico ha sempre guidato le loro chiacchiere senza mai dare l’impressione di prevaricare nessuno.
“Sì, questo vuol dire essere un leader! Guidare senza mai dare l’impressione di essere il motore trainante. Devi lasciare l’impressione che siano gli altri a condurre il gioco e le danze, mentre in realtà sei tu che decidi gli argomenti, come svolgere la conversazione e così via. Lui è proprio così! L’ho compreso fin dall’inizio e l’ho lasciato fare. Ero affascinata dalla sua abilità”.
E immediatamente corre a raffrontarlo col fratello. Un confronto impietoso per il grande divario tra i due.
“E’ tutto l’opposto di Matt Dashiell, musone e introverso, spesso assente e svagato. Mi chiedo perché a tutti i costi non vuole storpiature del nome: o Dashiell o niente. Però è il suo ostinato mutismo e quell’aria vagamente sbadata a innervosirmi. Non sono riuscita a comprenderne le motivazioni né a capire molti lati del sua personalità”.
E si sofferma ancora una volta su questo personaggio enigmatico che sembra suscitare in lei curiosità e fastidio. E tenta l’ennesima analisi su questa figura.
“Già dal primo impatto ho sentito che era una persona scottante, non adatta alla mia personalità. Però non riesco a percepire perché continui ad analizzare i suoi comportamenti. E’ fatica sprecata” dice scuotendo il capo, come se volesse allontanare fastidiosi insetti.
“Da Annie nulla di nuovo. E’ solamente maturata e più consapevole dei propri limiti e pregi. Il matrimonio e la vicinanza di Matt si sono rivelati vincenti per il momento. E’ meno irrequieta di quando eravamo alla High School. Allora era sempre in vena di pazzie, passava da un flirt all’altro come bere un bicchiere d’acqua fresca. Oggi l’ho vista più posata e riflessiva, lasciando intravvedere solo qualche sprazzo di voglia di trasgressione immediatamente sommerso dal comportamento sobrio e maturo. Piccole briciole rispetto ai tempi della scuola. Ma ora basta riflettere sulla giornata odierna! Leggiamo qualche pagina di Angie, prima di dormire. Domani è un’altra giornata piena che si preannuncia impegnativa. Un po’ di relax con la lettura della bisnonna e poi un bel sonno profondo. Vediamo.. Mi sembra che stava descrivendo la serata di Halloween. Sì, sì.. ecco ho trovato la pagina”.
E ricomincia a leggere, ma dopo qualche riga il diario si affloscia sul letto e lei si addormenta. La stanchezza ha vinto. E nuove visioni oniriche popolano la mente.
 
Angie sentiva crescere dentro di sé una forte attrazione verso Dan, che apparentemente sembrava ricambiare. Almeno questa era la sensazione percepita.
Si domandava con una punta di inquietudine se questi sentimenti fossero semplicemente il frutto della sua immaginazione dopo anni di ansiosa ricerca di un uomo, oppure la voglia di sentirsi stretta fra le braccia maschili oppure erano sensazioni concrete e genuine che provava. Insomma il dubbio era se la fantasia stava correndo al galoppo senza freni con la perdita della cognizione della realtà oppure no.
Era rimasta sveglia dopo un’altra notte d’amore, che le apparve molto più dolce delle sere precedenti, mentre lui addormentatosi immediatamente russava ritmicamente. Questo rumore non l’infastidiva minimamente, anzi provava delle emozioni che mai aveva percepito prima. Tutto era una novità per lei. Era uno scoprire un mondo sommerso che osservava da un oblò che in qualche modo deformava la realtà. Queste distorsioni non le provocavano angosce o paure irrazionali ma piacere e soddisfazione.
“Sono stata una stupida a rinunciare fino a oggi a questi fiori della passione. Ho perso anni che non torneranno. Però devo ammettere che forse ne valeva la pena aspettare. Ora mi sento appagata come se avessi toccato con la punta del dito il cielo che sta sopra di me”.
Continuava a riflettere, a pensare alla fortuna che aveva avuto quella sera della festa di Mabon. Senza quel grossolano ubriaco che aveva tentato di stuprarla non avrebbe mai conosciuto Dan e adesso lui non sarebbe qui accanto a lei.
La serata era trascorsa in allegria allietata dal crepitare discreto della legna, dalla tavola imbandita con molta grazia. Avevano sentire il rintocco del batocchio sul portone verso mezzanotte e ridendo un po’ agitati erano andati a vedere chi bussava.
“Trick or treat?” era stata le parole udite nella nebbia fitta e oscura della notte per niente rischiarata dal lume posto sull’ingresso. Sembravano uscite dal nulla come un qualcosa di irreale. I contorni erano avvolti nel buio opaco e suonavano come provenienti dall’oltre tomba. Tutto in perfetta sintonia con la notte degli spiriti vaganti.
Loro avevano riso e avevano allungato un piatto coi dolcetti di Halloween, che erano spariti in un baleno inghiottiti dall’oscurità.
“Grazie!” e poi udirono lo scalpiccio di passi che si allontanavano.
“Visto?” disse Angie soddisfatta e trionfante “Abbiamo avuto visite. Era solo un po’ frettoloso” e richiuse la porta alle spalle.
Lui rise e annuì per confermare che aveva avuto ragione qualche ora prima a canzonarlo bonariamente. La sua provocazione era stata smentita. Forse lei sapeva in anticipo della visita notturna e in qualche modo aveva voluto burlarsi affettuosamente di lui. Però avrebbe potuto essere anche un azzardo andato a buon fine. Qualunque fosse stata la verità, lui doveva ammettere con se stesso che aveva fatto un’affermazione veritiera.
Mentre rifletteva, ritornarono nella sala per sedersi su due poltrone di vimini per completare la serata.
Avevano parlato a lungo mentre sorseggiavano accanto al camino uno cherry come dessert.
“Di cosa?” si domandò muta “Oh! sto perdendo colpi! Sto invecchiando, perché non ricordo!”.
Un brivido raggelò il suo entusiasmo, mentre si sforzava a rammentare qualche brandello di conversazione.
Era concentrata su questo, quando lui girandosi l’abbracciò.
“Già sveglia?”
“Sì” mormorò come timorosa di svegliarlo completamente.
“Non riesci a dormire?”
“No. Mi dispiace avere interrotto il tuo sonno. Non preoccuparti per me. La tua vicinanza e il tuo calore tra pochissimo concilieranno il sonno. Dormi” disse mentendo con se stessa.
Il sonno avrebbe tardato a venire o forse non sarebbe giunto per niente. Di questo era consapevole, ma voleva fingere il contrario.
“Qualche pensiero? Sono io l’elemento di disturbo che ti provoca insonnia?” le chiese sussurrando lentamente le parole.
“No, semplicemente stavo riassaporando la giornata appena trascorsa. Ho la bocca dolce. Un gusto talmente gradevole che ho il timore si perderlo se mi addormento prima di averlo gustato pienamente” e appoggiò le labbra su quelle di Dan.
Lui la strinse e sentì nuovamente la passione salire su quel corpo nudo.

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Da Gino's

Ellie continua ad analizzare Dashiell, che è sempre più silenzioso e assente quanto estroverso è invece Matt.
Lei continua a chiedersi perché Annie si sia trascinata dietro questa mummia vivente. Però non è tempo di perdersi in troppe meditazioni o pipe mentali qualsivoglia, perché tutto sommato quest’uomo non l’attira per nulla.
“Mi incuriosisce, perché non riesco a capire come non si annoi mortalmente ad ascoltare le nostre chiacchiere. Mi piacerebbe leggergli la mente, ma forse sarebbe fatica sprecata. Perché penso a lui nei rari momenti nei quali mi rifugio dentro me stessa estraniandomi dal mondo? Eppure quando l’osservo non provo nessuna sensazione né positiva né negativa. Calma piatta o neutralità completa”.
Mentre ragiona così, i suoi ospiti si sono ritirati nelle loro stanze. Lei è rimasta nel salotto sulla poltrona, aspettando il loro ritorno. Sono ritornati da poco dopo aver consumato il pranzo nel ristorante italiano che aveva scelto con cura.
Il pranzo da Gino’s è stato un successo per tutti fuorché per Dashiell che ha assaggiato solo qualcosa di ogni portata, lasciando il piatto praticamente intatto.
Ellie gli ha chiesto cortesemente se la cucina italiana non gli piaceva, ricevendo in compenso come risposta solo un grugnito che poteva assomigliare a un si come a un no. In definitiva ne sapeva quanto prima.
Gino è il nonno dell’attuale proprietario, che funge anche da chef. E’ arrivato in America con l’ondata migratoria di inizio novecento da un minuscolo paese della Toscana. Buddy, il nipote di Gino, gliene ha parlato diverse volte, ma lei ha scordato regolarmente il nome. Una località buffa nella denominazione, ma lui la ricorda sempre presente nelle sue conversazioni.
“Un giorno, quando sarò vecchio” gli ha detto una volta “vendo tutto e ritorno a ..”. Ma Ellie quel nome proprio non fa per lei.
“E poi Buddy mica è un giovincello! Sembra un vecchio coi capelli bianchi che si ritrova! Quindi le sue affermazioni sono bufale”.
A parte questo si mangia bene e ogni tanto lo frequenta se non ha voglia di sporcare in casa oppure si fa portare un pranzo completo.
La sua specialità è un piatto che Buddy afferma è la copia esatta di quello originale toscano.
“Come faccia ad affermarlo, lo sa solo lui! Chi mai è andato a .. vattelappesca per controllare quale sia il migliore! Un giorno mi faccio annotare come si fa e poi volo in Italia per controllare. E dove? Non so nemmeno quale minuscolo paese è quello dei suoi nonni! Lui dice che la bruschetta in agrodolce è come la preparano in Toscana. Ma la Toscana è un paese oppure uno stato? Non lo so, ma un giorno con Google map verificherò. Comunque dubbi a parte, la trovo squisita. Una fetta di pane grigliata con sopra una crema a base di pomodoro. aglio e olio. Un giorno chiederò a Buddy come si prepara. Ha riscosso un bel successo tra i miei ospiti, a parte Dashiell che ha preferito oyster della baia condite con un filo d’olio e limone. Le ha sempre fresche”.
Ellie ha un debole per questo ristorante guidato da Buddy, un corpulento italo-americano che presenta un menù scritto in italiano.
Il ristorante è una tipica costruzione del Maryland su due piani in legno e mattoni con un portico sollevato dal piano stradale di tre gradini. La facciata è dipinta in bianco con una doppia fila di grandi finestre. L’interno è caldo con molte fotografie della Toscana appese alle pareti. Al piano terra c’è un’ampia sala con la zona cucine e l’angolo bar. Però la parte migliore sono le salette riservate e discrete ai piani superiori, dove si può mangiare e conversare senza essere disturbati dal tavolo vicino.
“Annie non lo conosceva, mentre per Matt è stata una vera sorpresa. Loro hanno fatto onore a Buddy e alla sua cucina. Annie ha preso le BBQ lasagne, mentre Matt ha onorato Neapolitan salad with roast scampi. Io ho preferito Creamy lemon, ginger and rosemary risotto. Una vera prelibatezza! Buddy ormai mi conosce e prepara sempre delle mezze porzioni, perché altrimenti  il pranzo sarebbe terminato alla prima portata. In effetti eravamo già sazi, nonostante le razioni ridotte. Quindi abbiamo mangiato grilled radicchio, rinunciando al Branzino filet with thyme and saffon mixed vegetables, un piatto gigantesco che da solo ci avrebbe sfamati per due giorni. Dovevamo lasciare un posticcino per i dolci. Come rinunciare alle zucche frolle o alle sfoglie smorfiose oppure a marshmallon di Ognissanti? Siamo per Halloween e se non li mangiamo in questa occasione, quando li potremo gustare? Dashiell che non aveva assaggiato quasi nulla ha preferito la panna cotta allo yoghurt, mele e lamponi. Un giorno la prenderò anch’io, anche se ho un debole per il tiramisù con pistacchi e arance. Abbiamo trascorso un paio d’ore di vero relax. Matt era partito velocemente ingurgitando in un attimo le bruschette sul piatto. Ma gli ho detto. «Calmati. Questo non è un fastfood. Da Buddy si mangia lentamente, perché i piatti sono preparati all’istante. Abbiamo il tempo di fare molte chiacchiere tra una portata e l’altra!». Lui ha spalancato gli occhi e poi è scoppiato a ridere prima di dire «OK». Dashiell invece era assente. Forse era volato su Marte. Annie non è stata zitta un secondo. Ha parlato in continuazione. A volte ho rischiato il mal di testa, ma ha tenuto sveglia l’intera compagnia, Dashiell escluso”.
Pensa che si potrebbe fare una passeggiata per Princess Anne prima dell’imbrunire. In questo modo è possibile eliminare qualche caloria di tutte quelle immagazzinate a pranzo. Riflette che se tardano ancora un po’ a scendere, lei rischia di schiacciare un pisolino. Il vino bianco, la digestione rallentata dalla gran quantità di cibo da smaltire le fanno chiudere gli occhi. Si deve sforzare a pensare, a concentrarsi su qualcosa per non cadere preda del sonno.
“Chissà cosa direbbero, se scendendo mi vedessero a sonnecchiare!” di dice a mezza voce per tenersi sveglia.
Sobbalza sentendo Annie che le chiede: “Con chi stai parlando?”
“Con Ellie, che vorrebbe fare la pennichella” ribatte prontamente.
“Che ne dite di fare quattro passi per la metropoli? L’aria frizzante e la camminata mi sveglieranno completamente”.
Fuori c’è ancora un po’ di sole che sta calando, allungando le ombre. L’aria è fredda e punge il viso, ma sveglia i sensi assopiti dal sostanzioso pranzo.
Ellie prende sotto braccio Dashiell, che rimane indifferente, mentre Annie cammina dietro con Matt. Percorrono Somerset Ave, la via principale della cittadina, dove c’è il cuore economico. Negozi, bar, ristoranti, banche si affacciano sulla strada.
Lei fa da cicerone magnificando le poche case superstiti della Princess Anne di fine settecento. Parla al vento, perché nessuno l’ascolta più di tanto. Però la passeggiata li ha risvegliati.
Dashiell sembra essere ritornata alla vita, perché vede un bar e chiede: “Entriamo qui a prendere un caffè e a mangiare qualcosa?”
Annie ride di gusto, mentre Ellie rimane di sasso.
“Dunque ha anche la voce!” riflette.
“Dove?” chiede gentile.
“Da Allegro. Il nome promette bene e poi mi pare molto caratteristico. Questa camminata mi ha risvegliato un certo languore”.
“Per forza!” esclama Ellie “Da Gino’s eri il commensale di pietra!”
“Non mi andava di mangiare” replica con calma.
Ellie si volta verso Annie e la interroga con lo sguardo.
“Va bene. Tutti da Allegro!” e le due coppie entrano allegre da Allegro.

Allegro Princess Anne

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29 Ottobre 2010

Ellie si alza allegra. Oggi arriva Annie, il marito e il cognato. Dopo tanti anni questa casa si anima con degli ospiti. Ha cambiato aspetto. Sembra più festosa e vivace.
Tra non molto Susan, che è sopravvissuta agli esperimenti in cucina, arriva per dare il tocco finale all’abitazione. La vecchia camera dei genitori sarà appannaggio di Annie, quella del nonno Pat al cognato. Controlla che tutto sia in ordine. Percepisce un odore di fresco come se avessero appena rinfrescato le pareti. Le nuove coppie di salviette fanno bella figura nel bagno padronale e in quello di servizio.
“Sono veramente contenta degli acquisti. Ho centrato perfettamente colori e disegni che sono adeguati al contesto della stanza” sussurra in maniera appena percettibile.
Prosegue l’ispezione. Non c’è un filo di polvere. I sopramobili sono stati ridotti al minimo, cercando di valorizzare i particolari e i dettagli. Il salotto dove troneggia un grande camino appare spazioso e accogliente. Sarà il luogo dove si ritroveranno a conversare, a ricordare i tempi del High School. Sarà il punto nel quale passeranno la maggior parte del loro tempo. Quindi la cura maniacale di tutte le sfumature è ben visibile, perché deve essere il punto focale del loro stare insieme. Il grande salone è occupato da una lunga tavola rettangolare di radica marrone, che è già pronta ad accogliere gli ospiti. Sul centro è posto un vaso bianco con fiori freschi di diversi colori.
“Sono soddisfatta” continua a dirsi compiaciuta, osservando come la casa da grigia e fredda sia diventata calda e colorata.
Si avvicina al mobile basso che separa in due il salotto e sistema il leggio di fine ottocento sul quale sta la storia di Holland Island.
“Tutto deve essere perfetto come colpo d’occhio entrando nella stanza. Ogni oggetto ha la sua funzione visiva e deve centrare l’attenzione con gradevole armonia”.
E’ arrivata Susan che comincia a passare la scopa elettrica in tutti gli angoli. Lavora volentieri per Ellie, anche se a volte le sembra fin troppo esagerata nelle rifiniture. Però in compenso ha acquisito quella dimestichezza nel vedere quello che stona, quello che necessita di cure particolari, anticipandone le richieste. Da questo punto di vista Ellie è veramente impeccabile e le ha insegnato tanto. D’altra parte è sempre gentile e non alza mai la voce nel indicare cosa desidera. Le basta poco: un semplice cenno. E poi è sempre misurata nelle parole: mai al di sopra delle righe, sempre con pacatezza. Tutto sommato si trova a suo agio in questa casa e la considera una persona squisita.
Ellie osserva ancora una volta il salotto per accertarsi che tutto sia ordinato. Il cesto con la legna è vicino al camino, che appare pulito e pronto per essere acceso. Le poltrone e il divano sono disposti intorno al tavolo basso di cristallo. La tv al plasma fa bella mostra sulla parete, ma sicuramente rimarrà spenta in queste serate.
Dopo un’ultima occhiata si sposta nella sala da pranzo. Sul tavolo due runner sostituiscono la classica tovaglia. Sono di lino color ecru e spiccano nettamente sul fondo di radica.
“Mi sembra una buona idea. Ero stanca della solita tovaglia rettangolare da drappeggiare sugli angoli per i pranzi importanti. Questi mi sembrano più originali. Larghi quanto basta per ospitare piatti e tovaglioli. Volendo poi posso utilizzare la tovaglia classica come base e disporli in contrasto da un lato lungo all’altro così di traverso. Per stasera rimangono come sono. Per la serata di Halloween ci penserò. Ne ho un altro paio che posso disporre parallelamente al lato lungo. Le possibili soluzioni sono diverse”.
Apre il mobile per controllare se i piatti sono in ordine. Ha scelto quelli in porcellana col disegno blu scuro perché si notano efficacemente sul runner. Meticolosamente verifica che tutti gli abbinamenti a cui ha pensato stiano bene, facendo un ultima prova. Studia l’effetto se colpisce l’attenzione.
Susan l’osserva ammirata dalla porta e commenta favorevolmente la soluzione.
“Grazie!” risponde Ellie rivolta verso di lei, dimostrando soddisfazione per l’esito del test.
La pendola dell’ingresso, ereditata dalla bisnonna, manda dodici rintocchi per ricordare che fra non molto Annie suonerà il campanello al suo arrivo.
“E’ ora di sospendere le prove per andarmi a preparare. Susan penserà al resto. Oggi pranziamo nel ristorante all’angolo della via, da Gino’s. Non ho molto tempo. Cosa mi metterò?” si domanda mentre si avvia al piano superiore nella sua stanza.
Nella cabina armadio seleziona un completo, giacca e pantalone, color prugna abbinata con una camicia bianca di lino. Si ammira davanti allo specchio per verificare l’effetto.
“E’ un completo sportivo molto semplice e sicuramente adatto all’occasione. L’insieme abbigliamento e accessori mi sembra azzeccato”.
Il viso leggermente abbronzato dalle uscite sullo skipjack è incorniciato da un caschetto di morbidi capelli biondi, dando l’idea di una persona sportiva e dinamica. Sorride perché sa di non esserlo.
I preparativi, le prove, il pensiero che tra poco potrà abbracciare l’amica hanno relegato tra i ricordi il sogno, il diario della bisnonna. Solo una fugace riflessione l’ha sfiorata mentre cerca l’abbigliamento da indossare.
“Chissà cosa avrà scelto Angie per la sera di Halloween? Un vestito intero oppure una gonna sportiva e una camicia? Io non ho ancora preso in considerazione cosa indossare. Devo valutare come i miei ospiti penseranno di agghindarsi. Poi c’è ancora un paio di giorni per riflettere. La curiosità è forte. Però per il momento concentriamoci su di noi. Tra pochissimo arriva Annie e non voglio essere in ritardo nell’accoglierla, trastullandomi su cosa Angie aveva avuto addosso cent’anni fa”.
Completa l’abbigliamento con orecchini e collana adeguati al vestito. Al polso mette un orologio semplice, non troppo vistoso. Ne ha una piccola collezione. Le piacciono e quando esce un nuovo modello fatica a resistere alla tentazione dell’acquisto.
“Piccole manie. Qualcuno lo chiama hobby. Peccato che come tale sia costoso”.
Una risata liberatoria fa calare l’adrenalina nel sangue. Ormai è pronta ad ricevere gli ospiti, quindi la tensione cala sotto il livello di guardia. Adesso è più rilassata.
Un’ultima occhiata nel grande specchio, una piroetta e giù di corsa verso l’ingresso.
Ha appena terminato gli ultimi gradini quando sente suonare.
“Vado io, Susan! Se hai finito, puoi andare. Ci vediamo domani!” dice allegramente.
“A domani, Miss Ellie!” replica Susan.
Apre il portone e appare Annie, che l’abbraccia con calore.
“Fatti vedere!” esclama l’amica “Sei splendida! Sono passati quasi dieci anni da quando ci siamo visti l’ultima volta e non sei cambiata per nulla! Come fai ad essere così abbronzata? Ormai l’estate è un pallido ricordo, l’inverno è alle porte!”
L’osserva incuriosita, perché quella doratura del viso risalta moltissimo rispetto al pallore quasi da malata che ha.
“Ma nemmeno tu sei molto cambiata! Entrate e benvenuti in questa casa” e si fa da parte per consentire il loro ingresso senza rispondere alla domanda.
“Susan? Ci sei ancora? Mi dai una mano a portare dentro i bagagli?”
“Non si preoccupi. Ci penso io a tutto. Li porto nelle loro stanze?” risponde, apparendo dal nulla.
“Si. La disposizione la conosci. Grazie”.
Ellie fa accomodare gli ospiti nel salotto, mentre Susan prendi i bagagli dalla macchina.
“Questo è Matt, mio marito, e lui e Dashiell, mio cognato”.
“Sono lieta di fare la vostra conoscenza. Spero che questa breve vacanza sia piacevole e allegra” e allunga la mano ai suoi ospiti.
Annie si guarda in giro e conviene che la casa ha un colpo d’occhio veramente invidiabile. Eppure i suoi ricordi, anche se vecchi di oltre dieci anni, non collimano con quello che sta osservando. Rammenta un’abitazione più cupa, piena di oggetti e meno lineare. Adesso le sembra più luminosa, pochissimi sopramobili e tutti ben armonizzati con l’ambiente.  Si domanda come fa a mantenere tutto questo senza lavorare.
Mentre l’amica esamina con attenzione la disposizione della stanza, Ellie parla con Matt, seguendo con la coda dell’occhio le espressioni di Annie.
Percepisce che è rimasta impressionata favorevolmente dall’impatto visivo di oggetti e mobili. Ha un moto di compiacimento per essere riuscita a colpire i suoi ospiti. Trova che Matt sia una persona affabile, un gran parlatore, veramente una sorpresa positiva. Di certo non è il tipo di uomo che cerca, perché fisicamente non ha attrattive.
Scruta velocemente, senza soffermarsi troppo, Dashiell, che non comprende che tipo sia. Ha parlato pochissimo, qualche monosillabo, senza dimostrare nessun interesse verso di lei, quasi come se fosse proiettato in un’altra dimensione. E’ un bel uomo, alto, un po’ stempiato, dall’età indefinita. Non è squillato dentro di lei nessun campanello. Almeno questa è l’impressione che ha ricavato sommariamente. Si domanda perché accompagna Annie e Matt in una vacanza dove sarebbe plausibile che loro fossero soli. Trova singolare questa presenza, ma probabilmente ne comprenderà il senso nelle prossime ore.
Sente la pendola che da tredici rintocchi. E’ ora di muoversi per raggiungere il ristorante.
“Desiderate qualcosa? Un drink? Qualcosa di rinfrescante?” domanda con modi gentili e cortesi prima di annunciare dove avrebbero pranzato.
Nessuno ha voglia di bere qualcosa ma solo di darsi una veloce rinfrescata dopo il viaggio sulla route 13, la Ocean Highway.
“Certamente. Quando scendiamo, facciamo quattro passi nell’isolato per raggiungere Gino’s, un ristorante italiano, dove ci aspetta un tavolo riservato.” e li accompagna nelle loro stanze.
Nell’attesa continua l’analisi della coppia e del cognato.
“Annie e Matt mi sembra una bella coppia ben assortita. Lui non è il mio tipo, ma senza dubbio è una persona dai modi garbati, ma decisi. Sa parlare con proprietà e ascoltare senza interrompere. Una cosa insolita. Mi sembra anche abbastanza colto da sostenere una conversazione su molti temi. Annie la conosco da molti anni e non la scopro oggi. Da come osservava i particolari e fissava la disposizione della stanza ha dimostrato di essere rimasta sorpresa piacevolmente perché ricordava sicuramente un’ambientazione totalmente diversa. Dashiell è una sfinge. Ha parlato pochissimo. Ha ascoltato distrattamente come se fosse lì solo fisicamente. Non saprei come classificarlo”.
E’ immersa nei suoi pensieri quando sente gli ospiti scendere vocianti la scala.
Si riscuote e dice allegra: “Bene! Quattro passi e poi siamo arrivati. Oggi è anche una bella giornata non troppo fredda e soleggiata”.
E fa strada verso Gino’s. 

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La notte di Halloween 1910

Come nelle migliori tradizioni di Halloween anche quella sera non era dissimile da molte altre degli anni precedenti: buio, ombre come spiriti erranti avvolti nella foschia densa quasi compatta, silenzio rotto dal suono di una sirena in lontananza. La tipica notte dei fantasmi e delle anime inquiete.
La giornata era stata serena e soleggiata, come poteva esserlo una di fine ottobre, con piccole nuvole bianche che correvano nel cielo sospinte dal vento freddo dell’Atlantico. Non era stato possibile assistere al tramonto del sole, perché, quando era ormai basso sull’orizzonte e le prime ombre cominciavano ad allungarsi su Holland Island, dalle acque grigie striate di rosso era cominciata a salire una leggera bruma che rapidamente era diventata nebbia fitta.
In un baleno ogni forma di vita era stata inghiottita dalla caligine opalescente che rendeva surreale il paesaggio all’osservatore che camminava per le strade. I rari lampioni a olio erano stati accesi dagli addetti nel tentativo vano di dare chiarore ai pochi viandanti sorpresi dal rapido calare della nebbia. Però apparivano più come ombre spettrali che ricettacoli di luce e comparivano all’improvviso quando si era in prossimità per poi sparire un istante dopo.
Tutto era in sintonia per questa festa, antica nelle isole britanniche ma relativamente nuova per l’America.
Le origini risalivano all'epoca in cui le isole al di là della Manica erano dominate dalla cultura celtica, prima che cadessero sotto il dominio di Roma. L'anno nuovo, allora, cominciava con il 1° novembre, quando i lavori nei campi erano completamente conclusi, il raccolto era al sicuro, e i contadini potevano finalmente rilassarsi e godersi i doni che gli dei avevano loro concesso. In tale data tutte le divinità pagane venivano ricordate ed evocate a titolo di ringraziamento e auspicio per l'anno entrante; le porte delle dimensioni ultraterrene erano considerate aperte, per quella notte, e tutti gli spiriti erano liberi di vagare sulla terra e di divertirsi insieme agli uomini. Poi la cultura cristiana associò questa giornata per ricordare tutti i santi presenti nel loro calendario, mentre per una curiosa assonanza era nata la parola Halloween per collegarla a questa festa religiosa che conservava connotati pagani.
Qui a Holland Island non era molto sentita, perché molti dei suoi abitanti erano discendenti degli antichi coloni francesi e inglesi che nel XVII secolo avevano combattuto e sconfitti gli algonchini, che fino a quel momento avevano dominato l’area. Dunque preferivano festeggiare altre ricorrenze più vicine alle loro tradizioni piuttosto che questa quasi del tutto sconosciuta ed estranea alla loro cultura.
Erano stati gli irlandesi che nel 1850 erano migrati in massa verso l’America per sfuggire alla terribile carestia che aveva colpito l’isola, ad importare questa usanza radicata specialmente nelle campagne. Però i nuovi arrivati avevano preferito in prevalenza stanziarsi sulla terraferma intorno a Baltimora con qualche nucleo nelle zone più a ridosso della costa.
Qui a parte Angie e un paio di famiglie non vi erano altri irlandesi.
Dunque la sera prometteva bene per il buio e la nebbia che avvolgeva qualsiasi cosa per il rituale degli spiriti che dovevano vagare alla ricerca delle antiche dimore.
Lei con l’aiuto di Dan, che osservava divertito tutti i preparativi, aveva disposto sulla soglia di casa un piccolo piatto con alcuni dolci e appesa al pomello a forma di mano la zucca con un cero acceso.
“A cosa servono?” chiese curioso e disteso “Deve arrivare un terzo commensale?”
Angie lo guardò dapprima storto, ma poi scoppiò in una allegra risata.
“Sì! Un ospite inatteso e sconosciuto!” rispose ironica “Sarà la sorpresa della notte! Trick or treat? Chissà! Tu cosa pensi?”
Dan aggrottò le sopracciglia per un istante prima di prenderla tra le braccia per riportarla in casa.
“Cosa penso? A nulla!” rispose divertito.
“Allora aspetta e vedrai” replicò seria Angie, mentre chiudeva il portone.
Lui, tenendola stretta per le braccia, rifletteva ancora una volta su questa donna minuta ma caparbia. Era sempre stata pronta a ribattere alle sue battute senza mai perdersi d’animo. Sapeva difendersi benissimo con le parole senza mostrare mai affanno o indecisioni.
“Senza dubbio” pensava in silenzio “Senza ombra di dubbio non dimostra timori reverenziali nei miei confronti. Facendo un paragone con Susie, lei l’avrebbe sbranata in quattro e quattr’otto. Susie non aveva il coraggio di guardarmi negli occhi più di cinque secondi, perché poi li abbassava senza rialzarli più, finché non le prendevo il viso. Se iniziava un discorso e io la fermavo, smetteva e cambiava discorso. Una qualsiasi forma di dialogo assomigliava più a un monologo. Non osava esprimere liberamente un solo pensiero. Era sempre pronta a dire sì. Dopo poco veniva a noia. La sola considerazione di averla accanto per più di mezza giornata mi metteva i brividi! Forse sarebbe stata una buona moglie servizievole e devota, ma non era quello che cercavo. Angie è di tutt’altra pasta. Indipendente, dal carattere solido, disponibile ma senza mai accettare supinamente qualsiasi imposizione, pronta nelle risposte che elargisce senza paure a difesa delle proprie idee. Direi che averla vicino non produce noia, ma diventa un bel duello divertente e stimolante. Sembra quasi che ne sia innamorato! Superata la soglia dei quarant’anni non credo che sia possibile. Non sono un ragazzino che sogna il primo amore. A momenti mi sento ridicolo perché nemmeno quando avevo vent’anni mostravo queste attenzioni verso una donna, che reputavo solo idonea a figliare. Le vedevo solo in grado di stare in casa a pulire e cucinare, a badare ai figli ed essere sempre disponibile a letto. Con Angie non sarebbe possibile! In questi due giorni senza dirlo o chiederlo esplicitamente mi ha costretto ad aiutarla in cucina trascinandomi col racconto di mille storie. Nel letto è stata lei a dettare i ritmi. Fare all’amore è stata una scelta sua e non mia, perché questo era il suo desiderio. Fuori si è dimostrata incurante delle occhiate malevoli degli altri, mostrandosi superiore e distaccata. Però tutto questo appare a miei occhi desiderabile. In realtà mi sento a mio agio senza forzature”.
Angie con garbo si staccò da Dan, pregandolo di sistemarsi sul divano in salotto e arrivò qualche istante più tardi con le frittelle dolci di zucca e una bottiglia dal colore rosato.
“A cosa stavi pensando, mentre rientravamo in casa?” chiese all’improvviso versando in un bicchiere quel liquido ambrato.
Lui restò in silenzio per qualche istante e poi decise di parlare chiaramente come se la domanda inaspettata l’avesse obbligato a rivelare i suoi pensieri. Ancora una volta lei aveva usato le parole giuste per scardinare le sue difese.
“A te” rispose calmo, portando alle labbra il bicchiere.
“Solamente a me?”
“No. Ho fatto un raffronto con le altre donne che ho conosciuto in precedenza. Tu ne sei uscita vittoriosa”.
Angie lo osservò e rise serena, mentre lo abbracciava con calore.
“Dunque avevo letto giusto nei tuoi occhi!” disse mentre si sistemava accanto a lui sul divano.
“Sei per caso un’indovina?” chiese con un filo di dubbiosa ironia.
“No. Ma osservando il tuo sguardo ho percepito che tu stavi pensando a me. Lo percepivo come se leggessi i tuoi pensieri”.
“Non sei gelosa?” replicò tra il divertito e il serio.
“E perché? Tu sei qui solo per me e loro non ci sono. Domani forse… chissà.. Dipende..” e alzò il calice per brindare.
Dunque aveva visto giusto. Dan era interessato, ma in quale misura non era ancora in grado di decifrarlo. Però questo era un primo passo importante. Adesso doveva consolidare la buona impressione che lui aveva di lei. Le prime mosse erano state in conclusioni vincenti.
Il salotto era riscaldato dal camino dove ardeva vistosamente un grosso ciocco di legna, mentre l’illuminazione era assicurata da numerose lampade a olio. Però il guizzare delle fiamme e le lingue delle lampade rendeva l’atmosfera molto languida e intima come molte ombre che si dissolvevano sulle pareti.
Angie si accoccolò fra le braccia di Dan mentre piluccava una frittella annaffiata dal vino.
“Non ho capito se la casa ti piace. Indubbiamente è molto diversa dalla tua, a Deal Island. La tua mi è apparsa calda e accogliente, quanto fredda e anonima trovo la mia. Forse sarà l’austero stile vittoriano che lascia pochi spazi alla fantasia, ma questa è la sensazione” disse in modo inatteso cambiando discorso.
“Non mi pare. Mi sembra comoda e confortevole e poi è veramente molto ampia. Credo che si possa vivere senza particolari problemi anche qui”.
Angie sorrise ringraziando per le belle parole, ma in realtà aveva percepito che Dan era a proprio aggio qui. Questo era quanto si aspettava di udire. Un ulteriore stimolo per convincerlo a dividere la sua esistenza con lei.
La notte era iniziata come lei aveva desiderato.

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La veglia di Halloween 1910

Erano volati i due giorni che avvicinavano la sera di Halloween tra passeggiate romantiche per le strade che attraversavano Holland Island, incuranti degli sguardi malevoli degli isolani, e la preparazione per la festa pagana.
Dan aveva notato un senso ostile nei visi delle persone che incontravano tanto che aveva meditato più di una volta di prendere il primo postale e tornare velocemente a Deal Island.
“Deal Island è senza dubbio un piccolo villaggio dove gli stranieri sono visti con occhi non proprio benevoli. Però non manifestano così chiaramente la loro ostilità come qua. Eppure poche miglia, un braccio di mare nemmeno troppo profondo, li dividono. Nonostante questa quasi contiguità fisica sembrano due mondi separati da un vallo oscuro e incassato che impedisce il mescolarsi delle persone tra loro. Qui io sono uno straniero e, come tale, il diverso che vuole prendersi senza il permesso una persona di loro proprietà. Dunque sono l’intruso da scacciare, da allontanare”.
Erano questi i pensieri ricorrenti che aveva esternato più volte a Angie al loro ritorno nella casa vittoriana. Però lei aveva sempre alzato le spalle come se la questione non la sfiorasse nemmeno oppure fosse una mera considerazione senza che la riguardasse minimamente.
“E’ solo invidia questa ostilità palese nei tuoi confronti. Ma soprattutto sono io il loro bersaglio. Non ho mai legato con questi zoticoni, a parte un paio di ragazze, che hai conosciuto a Deal Island durante la festa di Mabon. Questa antipatia è stata sempre manifesta, anche contro mio padre, reo di essersi stabilito qui con una moglie che loro consideravano inadeguata o di livello inferiore. Fingevano dinnanzi di essere amici, ma poi parlavano male, raccontavano le cose più assurde. Però non potevano nulla perché lui era ricco, molto di più di loro, e dei loro commenti non gliene importava nulla”.
Era stata questa la risposta all’ennesimo quesito, posto da Dan mentre alla vigilia di Halloween si apprestavo a completare le decorazioni della casa e della tavola.
“Perché la consideravano inadeguata?” le chiese, mentre finiva di intagliare una zucca dentro alla quale sarebbe finita una grossa candela rossa.
Angie non ne avrebbe voluto parlare in quel momento, ma ormai il sasso era stato gettato e non poteva tirarsi indietro.
“Mia madre era una donna nativa di qui, discendente dal popolo degli algonchini, che prima del nostro arrivo erano i proprietari e gli abitanti di queste terre. Dunque lei aveva diritto di risiedere qua, perché lei e i suoi avi vi hanno sempre abitato. Ma ai loro occhi era una selvaggia, come se loro fossero le persone più acculturate di questa terra. Non ho mai capito il motivo per il quale i vecchi abitanti fossero considerati dei selvaggi. Dunque era l’erede di un nemico che aveva combattuto contro di loro strenuamente in difesa del diritto a vivere, possedere e governare queste zone. E questo non è stato mai perdonato. Lei è rimasta sempre in silenzio accanto a mio padre, accettando le loro meschinità senza mai ribellarsi una sola volta. Io sono diversa, sono orgogliosa di essere irlandese come mio padre, mia zia e i miei nonni. Ma percepisco che quel poco di sangue algonchino, che mia madre mi ha trasmesso, mi danno la forza e il diritto di comportarmi su queste terre come se mi spettassero per privilegio e non in virtù e per la forza del denaro. Ecco perché li disprezzo e non li tengo in considerazione, a parte qualche eccezione”.
Nello scandire queste parole la voce e il viso di Angie si è alterato assumendo una fierezza e una determinazione che potevano incutere paura.
Dan l’osservava e comprese il motivo per il quale aveva percepito che lei aveva una personalità forte e un carattere libero, trasmessole da degli antenati altrettanto fieri: era il senso di indipendenza degli algonchini e la testarda tenacia degli irlandesi, che lei promanava. Questi tratti la rendevano ancor più desiderabile e le donavano un fascino che non aveva trovato riscontro in altre donne, più malleabili e remissive ma meno dotate di temperamento. In un certo senso sentiva un’attrazione che mai aveva provato prima.
Le prese una mano e la strinse con vigore senza dire nessuna parola. La conosceva da poco e ne conosceva solo alcuni aspetti e forse nemmeno quelli principali, ma intuì che sarebbe stata una persona eccellente da frequentare, perché sotto quella scorza dura e orgogliosa si celava anche un’anima dolce e passionale.
La preparazione continuò in silenzio, rotto solo da qualche richiesta puramente formale: “Mi allunghi quella zucca”, “Dove metto questa candela?” oppure “Che te ne pare?”
Sembrava che il gelo fosse calato tra loro, congelando pensieri e parole.
Lei ripensava a quanto aveva detto e in un certo senso ne era pentita.
“Però se non lo dicevo ora, quando glielo avrei dichiarato che mia madre era un’algonchina? Ma forse dovevo tenere un tono più umile, meno orgoglioso. Volare più basso. Forse non ha gradito molto questa mia filippica, perché mi è sembrato che abbia cambiato atteggiamento. Non parla più, sorride a stento, è garbatamente educato. Non cambierò mai!”.
Angie rifletté su questo e cercò un modo per rompere quell’atmosfera fredda che aleggiava nella stanza. Si muoveva con precisione, organizzava la tavola con molto gusto e perfettamente allineata con la ricorrenza di Halloween. Una tovaglia scura sulla quale spiccavano i piatti bianchi senza decori e due zucche svuotate e intagliate. Il tutto con semplicità.
Nella stanza ne aveva sistemato altre quattro con dentro un cero di colorati diversamente negli angoli. Dal giardino aveva recuperato un piccolo arbusto che assomigliava apparentemente a un albero e sul quale aveva appeso qualche dolcetto.
Era venuto il momento di andare in cucina per preparare il pranzo.
“Mi tieni compagnia mentre preparo qualcosa per cena?” gli chiese con tono gentile.
Dan annuì, la seguì e si sedette accanto al tavolo, mentre l’osservava a cucinare, a mescolare i vari ingredienti.
Alcuni piatti erano già pronti e cotti, altri no. Mise della nuova legna nella stufa per scaldare per bene il forno e il piano di cottura, mentre Dan si preoccupò di tenere desto il fuoco del camino. Sul tavolo in una terrina era stato preparato l’impasto per le frittelle di zucca, mentre la torta di Jack o’Lantern era pronta per essere infornata.
“Conosci la storia di Jack o’Lantern?” gli chiese rompendo il muro di silenzio che si era creato.
“No”.
“Mentre preparo lo sformato di zucca, te la racconto”.
E cominciò. Era una storia curiosa che aveva sentito da piccola raccontata da nonna Caitlin, quando l’andava a trovare per Natale. Era anche un modo per far comprendere come lei ci tenesse alle sue origini.
“Fa parte della tradizione irlandese. E’ il dolce tradizionale per Halloween..”.
“Mi sembra che questa festa qui in America sia stata introdotta dagli irlandesi quando intorno al 1850 sono arrivati in gran numero. Molte delle feste hanno provenienze lontane, tipiche delle varie popolazioni che si sono stanziate qui e poi diventate patrimonio comune” chiese Dan.
“Si. Anche i miei nonni arrivarono con quell’ondata di migranti. La spaventosa carestia delle patate in Irlanda di quegli anni obbligò moltissimi irlandesi a migrare in America per non morire di fame e di stenti in patria. Questi portarono con loro la tradizione di Halloween e di Jack o'Lantern, ma le rape non erano così comuni come in Irlanda, così le sostituirono più che egregiamente con la zucca. Questa ricorrenza si è diffusa rapidamente anche qui e nessuno ricorda più da dove ha avuto origine”.
E riprese il racconto.
“Era un fabbro irlandese, un ubriacone taccagno, che ebbe la sventura di incontrare il Diavolo in un pub nella notte di Halloween. Jack era ubriaco e stava per cadere nelle mani del Diavolo, quando riuscì ad imbrogliarlo offrendo la sua anima in cambio di un'ultima bevuta ..”.
“Beh! fin qui nulla di nuovo o di insolito. Il solito baratto ..” interruppe Dan.
“.. Il Diavolo si trasformò in una moneta da sei pence per pagare l'oste, ma Jack riuscì velocemente a metterla nel borsellino. Poiché teneva in tasca anche una croce d'argento, il Diavolo non poté tornare alla forma originaria. Jack lo lasciò andare via a patto che questi gli promettesse di non reclamare la sua anima per i successivi dieci anni. Il Diavolo accettò di malavoglia, ma non poteva fare altrimenti. Dieci anni dopo Jack lo incontrò di nuovo mentre camminava lungo una strada di campagna. Era tornato per reclamare la sua anima, ma lui, riflettendo velocemente, gli disse: «Verrò, ma prima potresti prendermi una mela da quell'albero?». Il Diavolo, non vedendo pericoli in quella richiesta, balzò sulle spalle di Jack per prendere la mela. Lui tirò fuori un coltello e intagliò una croce sul tronco dell'albero. Questo lasciò il Diavolo a mezz'aria, incapace di raggiungere Jack o la sua anima né di scendere a terra ..”
“Mi sembra alquanto ingenuo questo Diavolo .. Sembra un sempliciotto. Già dieci anni prima era stato beffato, adesso ci ricasca di nuovo” disse divertito Dan.
“In effetti è proprio così. Ma si sa che il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi” e Angie rise di gusto.
“Ma proseguiamo. Non immaginerai mai come andò a finire. Jack gli fece promettere di non tornare mai più per reclamare la sua anima e il Diavolo acconsentì. Nessuno tramanda come sia riuscito a tornare di nuovo a terra! Ma non ha importanza. Quando morì, anni dopo, non fu ammesso in cielo, a causa della sua vita dissoluta, da ubriacone e truffatore. Così si recò all'entrata dell'inferno, ma il Diavolo lo rimandò indietro perché aveva promesso di non prendere mai l'anima di Jack. «Ma dove posso andare? », chiese Jack. «Torna da dove sei venuto! », gli rispose il Diavolo ..”
Dan stava ridendo di gusto nell’ascoltare la storiella.
“Mai visto o sentito che un diavolo rispetti la parola data! Solo gli irlandesi sono capaci di pensarlo..” e giù un’altra risata.
Angie fece una smorfia di disappunto ma riprese la narrazione come se niente fosse. D’altra parte come dargli torto, questa battuta ci stava pienamente.
“Ma la strada del ritorno era buia e ventosa. Jack implorò il Diavolo di dargli almeno una luce per trovare la giusta via. Quello, spazientito, gli gettò un carbone ardente che proveniva dalle fiamme dell'inferno. Per illuminare il cammino e per non farlo spegnere dal vento, Jack lo mise nella rapa che stava mangiando. Da allora fu condannato a vagare nell'oscurità con la sua lanterna, fino al Giorno del Giudizio. Jack o'Lantern da allora è il simbolo delle anime dannate. Per ricordarlo si prepara una torta in suo onore per chiudere degnamente il pranzo di Halloween e placarlo qualora si fosse presentato alla porta”.
“Perché intagliamo le zucche con un cero dentro? Non aveva usato una rapa Jack in quel vecchio e buffo episodio?” chiese serio.
“Sì. Ma ascolta. C’è un’altra versione e poi capirai il motivo delle zucche con il ghigno di un uomo. Secondo un’altra tradizione Jack o'Lantern era una sentinella o un uomo che portava una lanterna durante i suoi giri di perlustrazione. La gente credeva che nella notte di Halloween gli spiriti ed i fantasmi abbandonassero le tombe per ricercare il calore delle loro vecchie dimore. Queste persone, timorose di essere visitate dai fantasmi di vecchi proprietari, si mettevano in costume per spaventare questi spiriti sulla strada del ritorno. Lasciavano anche del cibo ed altri doni vicino alla porta, in modo da placare gli spiriti e da non far distruggere loro né le case né i raccolti. Poi in seguito anziché invitarli a proseguire il loro cammino. iniziarono a intagliare e dipingere delle facce nelle rape in cui mettevano delle candele illuminate, sperando che il simulacro di un'anima dannata potesse farli scappare e ritornare da dove erano venuti. In America la rapa non è comune come in Irlanda, quindi per mancanza della materia prima si è cominciato a soppiantarla con la zucca, che qui cresce in abbondanza. Quello che vediamo rappresenta la faccia sogghignante del furbo fabbro. E’ diventata l'icona più famosa di Halloween”.
Il clima era diventato disteso e le ansie erano sparite.
Angie si muoveva con rapidità e precisione in cucina, sfornava i piatti pronti da essere gustati, preparava la sfoglia per la sfogliata di porri e zucca, friggeva le frittelle dolci, mentre continuavano a chiacchierare dell’Irlanda, del Maryland e di loro.

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Dubbi e pensieri

Ellie chiude il diario e gli occhi per pensare, riflettere su quello che ha letto, su quanto sta facendo. E si domanda se è la sua volontà che la spinge verso gli obiettivi che in qualche modo sono simili a quelli che si era proposta Angie oppure se sono solo coincidenze fortuite e apparentemente uguali.
Lei si è sempre sentita distante dalla bisnonna, che non ha conosciuta e della quale ignora tutto fuorché quel poco che ha letto o ascoltato. Però le sembra troppo limitato o quanto meno è una visione parziale e forse poco oggettiva.
Il nonno Pat ha sempre sostenuto che la madre le assomigliava terribilmente.
“Ma sarà vero?”
E’ questa la domanda ricorrente in queste giornate da quando è tornata a Holland Island a osservare lo sfacelo della casa che fu della bisnonna.
Una strana frenesia l’ha colta al ritorno, come se il desiderio di conoscere l’abbia costretta a ricercare il diario, a leggerne le pagine, a percorrere una strada che mai avrebbe pensato di prendere. Si è calata nel ruolo che a suo tempo è stato di Angie, auspicando di trovare anche lei il suo Dan. Quasi non si riconosce più, tanto si è sentita modificata interiormente con pensieri che fino a pochi giorni prima mai avrebbe pensato e nemmeno sfiorato.
Osserva fuori dalla finestra, mentre appoggia i gomiti sul vassoio. E’ come in trance: scruta ma non vede, rimugina ma non ricorda, legge ma le parole volano via.
Si scuote dal torpore nel quale si è calata. Adesso il sole è più alto nel cielo, che rimane di un azzurro slavato, solcato da piccole nuvole grigie.
Controlla l’ora. Sono le otto e tra poco Susan sarà alla porta a suonare. Oggi sarà una giornata difficile, non perché sarà complicata ma perché non avrà tempo per le riflessioni che hanno accompagnato il risveglio.
“E’ inutile perdersi dietro a mille fantasie. Il tempo per mettere tutto in ordine prima dell’arrivo di Annie è limitato. Ci sono molte attività da svolgere. E non so ancora se ci riuscirò. E’ tempo d’alzarsi e farsi trovare pronta. Per tutto quello che ci sarà da organizzare da oggi ai prossimi due giorni non basta la volontà. Serve agire” e detto questo si dirige verso il bagno.
Riesce a malapena a lavarsi e mettersi un filo di trucco che il campanello squilla imperioso, annunciando l’arrivo di Susan.
Le dà le prime istruzioni, mentre lei si dirige in cucina. Deve comporre la lista di quanto non ha trovato ieri, di quello che ha ritardato l’acquisto perché non urgente.
Depenna quello che c’è già in casa. Rimane comunque un bel elenco di cose da acquistare presso il centro commerciale di Crisfield. Non pensava che fosse così lungo.
“Quattro cose? Mi sembra che siano molto di più” dice rabbuiandosi.
La mattina vola senza che lei se ne accorga. Al suo rientro trova un biglietto di Susan che l’informa che tornerà alle due. Deposita le grandi borse di carta sul tavolo e si siede nuovamente a riflettere. Sembrano un mantra queste riflessioni, che alimentano dubbi nuovi e non risolvono quelli vecchi.
Si guarda intorno smarrita: i sacchetti della spesa, il lavello ingombro di stoviglie da lavare, il salotto che pare un campo al termine di una battaglia e un languore che sale dallo stomaco.
Le viene voglia di piangere, ma alla fine è consapevole che è stata lei a cacciarsi in questa impresa da sola. Quindi è inutile compiangere se stessi. E’ meglio cominciare a darsi da fare, agire senza troppi piagnistei.
“Da dove cominciare? Se resto qui, alle due arriva Susan senza che io abbia combinato nulla di buono! Dunque..”
Come rianimata da un misterioso ricostituente, sistema le cose comprate, sgombra il lavello e si prepara una pizza surgelata. Il tutto a tempo di record o così almeno le sembra.
Il pomeriggio trascorre velocemente, mentre lei è intenta a cercare lenzuola, federe e asciugamani per gli ospiti. Controlla che le due stanze siano sufficientemente accoglienti, che i bagni di servizio siano in ordine e non manchi nulla. Decide che domani tornerà a Crisfield per acquistare altre salviette, perché quelle che ha non la soddisfano. Non avendole usate per molti anni, sono ingiallite sui bordi e avrebbero necessità di essere lavate e stirate. Però il tempo è poco e questa ulteriore attività non è stata contemplata.
Le riflessioni e i dubbi non sono spariti, ma semplicemente relegati in un angolo, quasi dimenticati. L’impegno di seguire Susan, di verificare che non manchi nulla non le hanno concesso il tempo di soffermarsi sui timori e sulle considerazioni  di quanto sta facendo.
Ormai è sera: può rilassarsi in poltrona e concedersi il lusso di fare il punto della situazione dopo una giornata snervante e faticosa.
“Ancora una mezza giornata e la casa è pronta ad accogliere gli ospiti. Le prove di pranzo per il momento sono un piccolo ricordo lontano nel tempo, ma ora riaffiorano minacciose. Domani mi dedicherò alla preparazione di qualche piatto. Se non sfrutto Susan, chi potrei avvelenare?” e una risata gioiosa e liberatoria esce finalmente dalla sua bocca.
Si dice che, se è stata impegnativa, domani non sarà di meno, come dopodomani. Non ha voglia di prepararsi qualcosa da mangiare e decide di telefonare al ristorante per ordinare la cena.
Utilizza ancora il vassoio scoperto casualmente stamattina e si pone ancora la domanda: “A chi era appartenuto?”
Lei non ricorda di averlo mai visto tra le mani dei genitori, quindi è sicuramente datato. Comincia a fantasticare.
“Forse era di Angie. Sì, era suo e con questo ha servito la colazione a Dan! Sarebbe splendido! Ancora qualcosa che mi conduce a lei”.
Però si chiede come vorrebbe che fosse il suo Dan? Non ha le idee precise, sono confuse, una specie di patchwork vivente, dove ogni pezzo è tratto da un uomo diverso. Il naso di John, gli occhi di Tom Cruise, il mento di Patrick, il carattere di ..
“E’ possibile?” si chiede mentre sorseggia un bicchiere di vino bianco.
“No, stai andando oltre! L’uomo ideale non esiste! Ma come faccio a riconoscerlo tra mille? Eppure alla high school ci ho provato, ma tutto è stato inutile, frustrante e indisponente”.
Ripensa a John, il primo amore, e ai tratti del viso.
“Il primo amore?” e ride di gusto.
“Forse il primo sogno a occhi aperti! Lui manco mi ha …Lasciamo perdere. Io sbavavo e lui nemmeno si accorgeva di me come se fossi stata un fantasma. Ma cosa aveva di speciale per attrarmi? Forse se lo capisco, riuscirò a trovare il mio Dan”.
Si sforza, si concentra, ma il risultato è deludente e la domanda rimane senza risposta.
Si sente esausta con gli occhi che si chiudono per la stanchezza e la tensione accumulata nella giornata.
Gettati gli avanzi della cena nella pattumiera, lavate le poche stoviglie utilizzate, si spoglia e si infila sotto le coperte.
In un amen si addormenta profondamente, mentre il sogno continua.

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