Konnie – parte ventisettesima

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la nuova puntata di Konnie. Con l’occasione auguro a tutti voi un sereno 2025.

Buona lettura.

11 settembre 2144 – Città del Sole

Il tempo incerto rallenta la marcia dei due ragazzi che devono fare continue soste per ripararsi dai temporali.

I segnaposti lasciati quattro settimane prima sono stati utili per non perdersi durante la salita alla Città del Sole.

Fa buio presto nel bosco specialmente se il cielo è nuvoloso. Sanno che mancherebbe una manciata di ore di cammino per arrivare all’ingresso ma preferiscono fare una sosta. Un giorno in più non fa differenza.

Si sistemano al riparo di gruppo di rocce che li protegge dal vento e dalla pioggia. Hanno le ultime provviste. La mattina successiva non ci sarà nulla per colazione. Cucciolo non ha problemi. È diventato un abile cacciatore e trova sempre una preda con cui sfamarsi.

«Se i saggi non lo accettano, non corre il rischio di morire di fame. È autosufficiente e avverte di essere nel suo ambiente naturale per come di muove e agisce» espone con voce calma Matteo.

«Mi dispiace lasciarlo libero. Mi sono affezionata. Sento che mi mancherà. La sua presenza mi ha dato fiducia e sicurezza in queste settimane».

Il ragazzo annuisce ma conosce bene le regole. Sono ammessi solo animali utili alla comunità. Quindi non crede che avranno il permesso di portarlo dentro. Inoltre c’è un altro aspetto non meno importante: ha vissuto in un ambiente contaminato e si è nutrito di prede esposte alla radioattività.

Comunque un tentativo lo farà. Non gli piace lasciare nulla al caso.

La giornata è limpida e soleggiata ma la temperatura è bassa. Le piogge ha fatto crescere nel bosco molti funghi, che loro lasciano nel loro habitat evitando di calpestarli.

A mezzogiorno vedono il lucido acciaio dell’ingresso della Città del Sole. Finora non sono riusciti a mettersi in contatto per annunciare il loro arrivo. Però questa volta riescono a comunicare con grande gioia.

«Siamo Alba e Matteo» si presenta il ragazzo al loro pronto. «Siamo davanti all’ingresso. Abbiamo con noi un ospite. Un cucciolo di lupo che ci ha accompagnati in queste quattro settimane. Possiamo portarlo dentro?»

Il ricevitore ammutolisce.

«Sono Alba» grida con tono quasi isterico nel trasmettitore. «Mentre voi ci fate tutti i ragionamenti del caso, noi ci accampiamo qui fuori in attesa di una risposta. Però abbiamo necessità di provviste. Le nostre si sono esaurite».

Matteo annuisce e le stringe la mano, perché è d’accordo su tutta la linea. “Ha temperamento la ragazza. Se fossero stati presenti, li avrebbe azzannati!”

Dal ricevitore escono alcuni gorgogli come se qualcuno si fosse strozzato con un boccone di traverso.

«Sono Matteo. Avete compreso bene quello che ha detto la mia compagna? Ci servono viveri e noi restiamo qui fuori in attesa che il Consiglio dei Saggi decida cosa fare col lupetto» scandisce con cura le parole senza alzare il tono di un’ottava. «Siamo rimasti in giro per quattro settimane e non temiamo di restarci ancora per molti giorni. Qui all’esterno è un altro mondo. Adrenalico e stupendo. Ci servono viveri per almeno una settimana se non vi sbrigate prima a darci una risposta».

Alba lo abbraccia e lo bacerebbe senza la barriera del casco.

Un gracchiare confuso esce dal ricevitore prima che una voce non li informi che preparano uno zaino di vivere e poi lo mettono nella stanza di compensazione.

Cucciolo durante tutta la conversazione ha ascoltato i due ragazzi seduto composto sulle zampe posteriori. L’occhio appare triste, come se avesse capito che presto lo avrebbero abbandonato. Non li ha mai sentiti parlare con quel tono concitato, quasi stridulo, durante quelle quattro settimane. Avverte affetto da parte di entrambi. Hanno condiviso i pasti. Insomma quei due umani sono entrati nel suo cuore.

I due ragazzi adocchiano di fianco all’ingresso un anfratto abbastanza capiente per ospitarli. Il fondo è umido ma non fangoso. L’esterno è in parte coperto da un morbido strato di muschio e colonizzato dalla semprevivo maggiore. Fissano la tenda alle pareti e coprono l’imboccatura con un telo mobile per impedire alla pioggia di entrare in caso di vento forte.

Finito di sistemarsi, recuperano i viveri.

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Konnie parte ventiquattresima

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato la ventiquattresima parte del mio romanzo distopico Konnie che potete leggere anche qui.

7 settembre 2144

La notte trascorre tranquilla, anche se il vento ha imperversato creando mulinelli di neve. Nessuna visita sgradita ha disturbato il loro riposo. Cucciolo è rimasto tra loro senza mostrare segni di nervosismo. Per terra ci sono diversi centimetri di neve che alle prime luci del giorno appare immacolata.

«Non abbiamo letto nessuna pagina del diario» sentenzia Alba mentre raccoglie le sue cose per essere pronta alla partenza.

«Non c’è stato il tempo materiale per farlo» replica Matteo che ripiega la tenda. «Senza questa e altri oggetti usciti dalle mani d’oro di Arturo non so come avremmo potuto sopravvivere» precisa con tono allegro pensando che tra pochi giorni saranno al caldo nella loro Città del Sole.

Le nubi si sono sollevate e lasciano filtrare deboli raggi solari. «Sembra una giornata discreta senza pioggia» afferma Alba con voce gioiosa. «Però ho l’impressione che la discesa non sia facile da affrontare».

Caricati zaini e sacche sulle spalle la affrontano con cautela. È ricoperta da uno strato di neve. I piedi tendono a scivolare per il velo di ghiaccio che la ricopre. Procedono in diagonale aiutandosi con gli alpenstock.

Scorgono su un pianoro una volpe dal pelo argentato. Cucciolo ringhia mostrando i denti ma non azzarda nessuna manovra. Ha compreso che non è il caso di andare all’attacco. «Che splendido animale! Ha una pelliccia folta e lucida» esclama Alba con tono sorpreso. Nei video visti alla Città del Sole le volpi avevano un manto rossiccio e meno voluminoso di quello avvistato. L’animale si allontana con passo lento come se snobbasse quegli intrusi nel suo regno.

«Non pensavo che fossero così in quota» dichiara Matteo rimasto affascinato da quella visione. È stato colto di sorpresa e non ha pensato di fotografarla.

È quasi buio quando raggiungono quello che resta dell’abitato di Arabba.

La discesa è stata faticosa anche se fortunatamente il tempo è stato clemente a parte alcune raffiche violente del vento.

Prese le torce dal sacco di iuta, illuminano la strada perlustrandola alla ricerca di un posto dove trascorrere la notte.

«Sono distrutta» afferma Alba con la voce incrinata dalla stanchezza. «Per me va bene anche uno spiazzo, un posto qualsiasi. Non mi sento più le gambe».

Matteo cerca un posto riparato dal vento che ha cominciato a soffiare impetuoso. Il cielo è coperto e minaccia pioggia. Negli ultimi giorni hanno avvistato diversi animali selvatici. Qualcuno decisamente innocui come cervi e daini, altri più minacciosi come lupi od orsi. Se nel tragitto di andata gli incontri sono stati sporadici e comunque senza nessun pericolo per loro, durante il ritorno la frequenza è stata più alta e ravvicinata. Sembra quasi che abbiano avvertito la presenza di intrusi nei loro territori e li vogliano scacciare.

«Alba ti capisco. Anch’io sono stanchissimo ma preferisco un posto che ci dia riparo» spiega con voce calma per rassicurarla. “In realtà cerco un luogo che possa offrirci una difesa da eventuali animali”. Tiene per sé questa riflessione per non impressionare la compagna.

«Ecco!» Grida il ragazzo indicando un rudere di quello che un tempo era la stazione a valle di una funivia. Il tetto è collassato all’interno ma le quattro pareti sono parzialmente in piedi. Ha un unico punto d’accesso e un varco posteriore in parte ostruito da un rudere di cabina.

 

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Arriva il 2024

Come ogni anno leggiamo gli oroscopi che descrivono l’anno che verrà. Speriamo sempre che il nuovo sia sensibilmente migliore del vecchio, perché quello che si sta chiudendo non ci ha regalato molte gioie o soddisfazioni.

Questa operetta morale di Giacomo Leopardi riassume da oltre duecento anni questa intima voglia che il nuovo sia migliore del vecchio. Nonostante gli anni che ha è sempre fresca e attuale e io la ripropongo come saluto al nuovo anno coltivando la speranza che il 2024 possa essere migliore del 2023 che ci ha salutato da pochi minuti.

Dialogo di un venditore d’ almanacchi e di un passeggere (G. Leopardi)

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?

Passeggere. Almanacchi per l’anno nuovo?

Venditore. Si signore.

Passeggere. Credete che sarà felice quest’anno nuovo?

Venditore. Oh illustrissimo si, certo.

Passeggere. Come quest’anno passato?

Venditore. Più più assai.

Passeggere. Come quello di là?

Venditore. Più più, illustrissimo.

Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?

Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.

Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent’anni, illustrissimo.

Passeggere. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?

Venditore. Io? non saprei.

Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?

Venditore. No in verità, illustrissimo.

Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?

Venditore. Cotesto si sa.

Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?

Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.

Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?

Venditore. Cotesto non vorrei.

Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?

Venditore. Lo credo cotesto.

Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.

Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?

Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.

Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore. Appunto.

Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Venditore. Speriamo.

Passeggere. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.

Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.

Passeggere. Ecco trenta soldi.

Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

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Per l’anno che verrà

Tratto da Foto di cottonbro da Pexels

Lo so che non sono molto originale nel proporre questo post ma mi piace pensare positivo e mi auguro che per tutti coloro che passano da qui e leggono il post sia di buon auspicio.

Anche per quest’anno c’è poco da festeggiare, anzi direi che il 2022 sia stato piuttosto orribile. Tuttavia l’ottimismo ci viene sempre in soccorso e speriamo che il nuovo anno ci riservi delle gradite sorprese.

Tratto da pinterest

DIALOGO DI UN VENDITORE D’ALMANACCHI E DI UN PASSEGGERE

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?

Passegere. Almanacchi per l’anno nuovo?

Venditore. Sì signore.

Passegere. Credete che sarà felice quest’anno nuovo?

Venditore. Oh illustrissimo sì, certo.

Passegere. Come quest’anno passato?

Venditore. Più più assai.

Passegere. Come quello di là?

Venditore. Più più, illustrissimo.

Passegere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?

Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.

Passegere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?

Venditore. Saranno vent’anni, illustrissimo.

Passegere. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?

Venditore. Io? non saprei.

Passegere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?

Venditore. No in verità, illustrissimo.

Passegere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?

Venditore. Cotesto si sa.

Passegere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?

Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.

Passegere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?

Venditore. Cotesto non vorrei.

Passegere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?

Venditore. Lo credo cotesto.

Passegere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?

Venditore. Signor no davvero, non tornerei.

Passegere. Oh che vita vorreste voi dunque?

Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.

Passegere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?

Venditore. Appunto.

Passegere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Venditore. Speriamo.

Passegere. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.

Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.

Passegere. Ecco trenta soldi.

Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

Tratto dalle Operette morali di Giacomo Leopardi – liber liber

tratto da https://ekbloggethi.blogspot.com/2017/10/dialogo-di-un-venditore-dalmanacchi-e.html

Siamo come il passegere che dice di essere stato trattato male e spera che il nuovo sia più benevole di quello che ci stiamo lasciando alle spalle.

tratto da pexels foto di Jlli Wellington

Auguro a tutti voi che passate dal mio blog silenti oppure no un felice 2023.

Buon Anno

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