Giovedì Laura…

Un caso per tre

Corrado aveva trovato su un giornale enigmistico due brevi righe.

Giovedì Laura mi amerà. Prima di pranzo andremo al mare, staremo sulla spiaggia, da soli. A cena, davanti al tramonto, mi inginocchierò e …”.

Il giornaletto proponeva una sfida ai suoi lettori. Dovevano proseguire scrivendo un mini racconto di quattrocento parole. I migliori tre a insindacabile giudizio della redazione sarebbero stati pubblicati col prossimo numero di febbraio.

Corrado che aveva velleità di scrittore accettò la sfida ma… c’è sempre un ma o un forse che si mette di traverso. Ma lui cominciò a scrivere ignorando tutti gli avvertimenti che la sua mente gli suggeriva.

Giovedì Laura mi amerà. Prima di pranzo andremo al mare, staremo sulla spiaggia, da soli. A cena, davanti al tramonto, mi inginocchierò e …’. L’ispirazione si seccò a Corrado.

Fissò il foglio bianco con quelle due righe. Depose l’hastil dorata. L’ostinazione di Corrado per la scrittura manuale era nota a tutti, perché odiava il computer e amava il piacere di scrivere le sue storie con la penna stilografica, suscitando i risolini di scherno degli amici. Però lui continuava fare così.

Rimase con l’occhio fermo a quei puntini di sospensione. La mente gli diceva che era inutile proseguire ma la mano avrebbe voluto mettere nero su bianco, anzi color seppia sul foglio avorio. Era l’eterno duello tra la ragione e le velleità dello scrivere. Si grattò con vigore la guancia pelosa. Si girò e vide alle sue spalle la fila ordinata di quaderni ad anelli di vari colori. Rossi per i romanzi, blu per i racconti e gialli per le poesie. Il rosso era predominante, gli altri facevano da corona.

Sorrise e accartocciò il foglio che finì con lancio perfetto nel cestino, già pieno fino all’orlo. Ne prese uno vergine dalla pila sulla scrivania e cominciò a scrivere.

Giovedì Laura mi amerà. Prima di pranzo andremo al mare, staremo sulla spiaggia, da soli. A cena, davanti al tramonto, mi inginocchierò e …’

Ma nulla. La mente si ostinava a chiudersi su se stessa. Non ne voleva sapere di proseguire. Questo incipit l’aveva colpito quando l’aveva letto sul giornaletto che ammiccava insolente tra la pila di riviste sulla sua scrivania. Tuttavia era arenato su quelle due righe. “Lo lascio sedimentare?” Strinse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia. Gli sembrò una buona idea. Messo il cappuccio alla penna e deposta con delicatezza sul foglio appena scarabocchiato, si alzò per andare alla finestra. “Sedimenta, sedimenta” pensò, ammirando la campagna, che stranamente era di un verde un po’ ingiallito a dire il vero, proprio a causa del caldo che da settimane gravava sulla pianura. Una cappa di calore che seccava tutto comprese le sue idee.

«Ma Laura chi è?» Corrado si specchiò nel vetro chiedendosi se lui avesse una Laura.

«No. Nessuna Laura in vista. Quindi giovedì gnocchi e per di più da solo. Niente in ginocchio da te» commentò Corrado, che si girò di scatto, tornando alla sua postazione.

‘… le dirò. -Mi dispiace ma io non ti amo.

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I cinque cadaveri da Robert Bryndza

Seguendo il blog di Lorena di The page after ho scoperto questo autore dal nome strambo.

Se volete leggere la sua recensione del secondo libro che vede come protagonista Kate Marshall andate qui.

La mia non è una recensione ma sono semplici impressioni di lettura.

Cominciamo dalla struttura. È quella classica di tutti i gialli. C’è un serial killer e l’indagine per catturarlo. Di lui si sa tutto ed essendo pericoloso viene internato in una struttura a prova di evasione. Tutto questo sta nei primi capitoli del libro. Allora direte voi: che gusto c’è nel leggere qualcosa di cui si conosce tutto?

Chi l’ha catturato è una poliziotta diventata ex per una certa sua debolezza. La ritroviamo che finisce per insegnare a risolvere i casi criminali soluti e insoluti tenendo lezioni all’università.

È come svegliarsi in un incubo: qualcuno sta ripercorrendo le gesta del serial killer originale. Stessa tecnica, stessi posti. Di questo ‘ammiratore’ si conosce la faccia, come vive ma si ignora il nome.

Kate Marshall con il suo assistente Tristan Harper comincia a ragionare come catturarlo. Il filo logico del libro sta proprio qui: riflettere chi sia e come neutralizzarlo. Questo rende la storia intrigante.

Il punto debole, secondo me, sta proprio nel finale che appare un classico dei gialli. Non dico nulla per non togliere il gusto della lettura a chi si volesse cimentare nella sua lettura.

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La guardia

Su Caffè Letterario è stato pubblicato un nuovo post.

copertina Una notte magica San Giovanni

La potete leggere anche qui.

La guardia aveva capito, subito s’era resa conto di tutto. Quanto al signore grasso, la faccenda era naturalmente chiarissima. Restava la ragazza. L’agente si chinò su di lei per esaminarla più da vicino e una sincera compassione gli si dipinse sul viso.

Il signore grasso era appoggiato con le spalle alla parete e la testa reclinata di lato. Un filo rosso scendeva dalla bocca e lo sguardo era assente. Non poteva essere differente da così. Era evidente che il suo stato mostrava che era morto.

La guardia, un omino smilzo, non lo degnò di uno sguardo in più. Era la ragazza l’oggetto delle sue attenzioni. Stava rannicchiata con la gonna scivolata in su che mostrava l’intimo bianco.

Il viso candido, illuminato dalla lampada sul tavolo della conferenza, non mostrava segni di terrore. Anzi appariva sereno e disteso.

La guardia si avvicinò ancora di più. Non capiva se respirava oppure no. Le mani in grembo sembravano indicare che si fosse addormentata appoggiando le spalle alla scultura di un cavallo.

Strizzò gli occhi per mettere a fuoco quella figura che ispirava tenerezza. Non doveva avere più di sedici anni. Un viso senza rughe, un caschetto di riccioli biondi, due fossettine sul mento. La corporatura minuta dimostrava che era ancora acerba nel fisico.

Era decisamente morta, dedusse la guardia dopo averla attentamente osservata. Trovava inutile chiamare i soccorsi.

Si allontanò dalla stanza che chiuse a chiave e se ne andò a casa.

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La partita a ping pong

L’arbitro chiama i di giocatori per dare inizio alla partita.

L’occhio segue la pallina. Questa vola leggera e veloce da una parte all’altra del tavolo. Gli spettatori muovono il capo in sincrono col movimento dei colpi.

L’orecchio ascolta il toc sul tavolo. Un rumore ritmico come quello sulla racchetta di legno accompagna il movimento della pallina che rimbalza violenta sul tavolo.

La mano avverte il ruvido. La pallina è liscia, il tavolo è scabro. La mano nasconde la pallina nel palmo prima di servire dopo un punto.

Il naso avverte il profumo della vittoria. La sente avvicinare punto dopo punto fino a esplodere in un urlo di contentezza. La vittoria è una droga che inebria il giocatore.

Il palato gusta il trionfo. Sono gli applausi del pubblico, le loro grida di euforia che rappresentano la droga per il vincitore.

Si spengono le luci, gli spettatori sciamano fuori tra un brusio di parole.

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E ci siamo col monovocalico in A

Oggi Eletta Senso propone un giochino difficile: scrivere solo parole che contengono la A

ecco cosa ho pensato io. Non è un granché  ma mica era facile

Alla canna dal gas cala la pappa.

Parla gara amara, dà la manata alla palla l’ala.

Vaga la carta ambrata.

L’afa fa a gara tra la casacca bagnata.

La lavanda rasata bassa.

La massa paga.

Passa la gamma malva.

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Le feste son finite!

foto personale

Oggi sono finite le feste! Finalmente. Gli addobbi sono stati messi a riposo. L’albero – finto – è stato smontato e riportato nel box nella sua scatola, in realtà piuttosto grande e ingombrante.

foto personale

Tutto dormirà per i prossimi dodici mesi, che in realtà saranno undici e chissà se ricomincerà la rumba.

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Buon anno 2023

Su Caffè Letterario quest’anno comincio io.

Foto di oleksandr pidvalnyi da Pexels

Beppe Gambalunga è infagottato nel giubbone nero che appare un po’ logoro sui gomiti. Impreca sottovoce, perché alle sei del primo gennaio deve recarsi al commissariato.

È successa una gran lite nel condominio Spera e gli agenti non riescono a sedare la lite che prosegue a colpi di sedie e ceffoni.

Così il commissario di turno ha richiamato in servizio chi non era di turno. «Che stronzo! Non riesce a gestire quattro gatti che si scazzottano per bene, alticci per le troppe bevute» biascica con le mani affondate nelle tasche. Se fosse per lui li avrebbe lasciati lì a picchiarsi di santa ragione. Tanto prima o poi avrebbero smesso. Però lui è l’agente scelto Beppe Gambalunga, e l’altro il commissario Ciccio Bellavista. Una bella differenza!

C’è ancora buio ma il cielo è senza stelle coperte da nuvole che sono grige. Tira una bava di vento freddo che fa rabbrividire Beppe, che ha il collo incassato nel giubbone.

Il commissariato non è proprio dietro l’angolo ma a lui non andava di prendere fuori la macchina con le strade ingombre di cocci. Gli operatori ecologici sono in azione da un paio d’ore ma prima che arrivino al suo quartiere passerà ancora del tempo. «Che mania quella di gettare le cose vecchie dalla finestra» bofonchia indispettito con l’alito che condensa per il freddo.

«Alla buon’ora!» Lo accoglie il commissario Ciccio Bellavista. «Sei l’ultimo ad arrivare! La pattuglia ti aspetta nel cortile. Sono lì al freddo da mezz’ora».

Beppe non risponde. Non gli va di incominciare l’anno male con un battibecco sterile. Incassa il rimprovero, deposita il giubbone nel suo armadietto e indossa il giubbetto imbottito d’ordinanza.

Alceo Spingarda sta fumando l’ennesima sigaretta accanto alla Punto blu che ha il motore acceso. Dentro ci sono Luca Bimbo e Dino Sperandio che discutono animatamente.

«Si parte». Alceo buttato il mozzicone si mette alla guida. «Speriamo di non trovare troppo sporca la strada».

Scansati diversi oggetti ingombranti, arrivano al condominio Spera dove ci sono diverse pattuglie tra polizia e carabinieri.

Lo spettacolo sarebbe divertente se non ci fossero una dozzina di persone che si azzuffano tra le urla di incitamento di donne e bambini col contorno dei condomini affacciati alle finestre che fanno il tifo da stadio.

Beppe guarda incredulo lo spiegamento di forze che non osano separare i contendenti. Dà di gomito a un carabiniere dal viso annoiato che nell’ombra si fuma una Marlboro. «Si sa perché si picchiano?»

«No. Qualcuno delle case davanti ci ha chiamato perché c’era una zuffa in strada. Ma il motivo non lo so».

Beppe lo osserva. Gli sembra che sia infastidito perché gli ha chiesto la causa della battaglia a suon di pugni. Però non demorde. «Perché non li separate?»

Il carabiniere lo guarda in tralice e sbuffa perché non può fumare in santa pace. A lui non gliene frega nulla di motivi e d’intervenire. «Se le danno di santa ragione senza usare coltelli o arme improprie. Alla fine qualcuno si recherà al pronto soccorso senza qualche dente o col naso rotto e tutto finisce lì». Poi gettata la cicca nel tombino si allontana borbottando qualcosa che Beppe non capisce.

È ancor più irritato col commissario. «Mi ha tirato giù dal letto per assistere a una zuffa senza intervenire» bofonchia alzando le spalle e sputando per terra.

Era andato a letto da poco dopo il veglione in casa sua con le sorelle e i loro mariti, quando è arrivata quella telefonata inopportuna. Se le prime ore dell’anno nuovo sono passate in allegria, adesso l’umore è nero.

È ormai da una mezz’oretta buona al freddo ad assistere a una zuffa da osteria senza che le forze di polizia accorse in gran numero vi ponga fine, quando sente una voce proveniente dal buio.

«Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signori, di almanacchi?»

Beppe si gira nella direzione di quella voce e e vede un Vucumprà che avanza tenendo in mano degli opuscoli.

«Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signori, di almanacchi?» Ripete con tono strascicante un corpulento clandestino dal viso nero come la pece.

Una donna, che fino a pochi istanti prima urlava e incitava qualcuno a dargliele per bene, si stacca dal gruppo e chiede: «Almanacco per il nuovo anno? Sarà buono?»

Il venditore si avvicina e in un italiano incerto afferma che il prossimo sarà di certo migliore di quello che ci ha appena lasciato.

«Ne siete certo?» Insiste la donna dubbiosa che prende l’almanacco che il Vucumprà le allunga.

«Potete scommetterci. Migliore di tutti gli anni passati».

Come per incanto la rissa cessa e poliziotti, spettatori e litiganti si assiepano intorno al venditore ambulante per comprare un almanacco.

 

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Per l’anno che verrà

Tratto da Foto di cottonbro da Pexels

Lo so che non sono molto originale nel proporre questo post ma mi piace pensare positivo e mi auguro che per tutti coloro che passano da qui e leggono il post sia di buon auspicio.

Anche per quest’anno c’è poco da festeggiare, anzi direi che il 2022 sia stato piuttosto orribile. Tuttavia l’ottimismo ci viene sempre in soccorso e speriamo che il nuovo anno ci riservi delle gradite sorprese.

Tratto da pinterest

DIALOGO DI UN VENDITORE D’ALMANACCHI E DI UN PASSEGGERE

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?

Passegere. Almanacchi per l’anno nuovo?

Venditore. Sì signore.

Passegere. Credete che sarà felice quest’anno nuovo?

Venditore. Oh illustrissimo sì, certo.

Passegere. Come quest’anno passato?

Venditore. Più più assai.

Passegere. Come quello di là?

Venditore. Più più, illustrissimo.

Passegere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?

Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.

Passegere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?

Venditore. Saranno vent’anni, illustrissimo.

Passegere. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?

Venditore. Io? non saprei.

Passegere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?

Venditore. No in verità, illustrissimo.

Passegere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?

Venditore. Cotesto si sa.

Passegere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?

Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.

Passegere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?

Venditore. Cotesto non vorrei.

Passegere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?

Venditore. Lo credo cotesto.

Passegere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?

Venditore. Signor no davvero, non tornerei.

Passegere. Oh che vita vorreste voi dunque?

Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.

Passegere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?

Venditore. Appunto.

Passegere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Venditore. Speriamo.

Passegere. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.

Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.

Passegere. Ecco trenta soldi.

Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

Tratto dalle Operette morali di Giacomo Leopardi – liber liber

tratto da https://ekbloggethi.blogspot.com/2017/10/dialogo-di-un-venditore-dalmanacchi-e.html

Siamo come il passegere che dice di essere stato trattato male e spera che il nuovo sia più benevole di quello che ci stiamo lasciando alle spalle.

tratto da pexels foto di Jlli Wellington

Auguro a tutti voi che passate dal mio blog silenti oppure no un felice 2023.

Buon Anno

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Gli auguri di Natale

Natale 2022

Foto personale

Auguro a tutti coloro, che si sono attardati sul mio blog a leggere, commentare o semplicemente a passare silenziosi tra le pagine, un sereno Natale di pace e serenità.

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