Konnie parte venticinquesima

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicata la nuova puntata di Konnie, che potete leggere anche qui.

8 settembre 2144 ore 8

La relativa sicurezza del luogo unitamente alla stanchezza ha favorito il riposo notturno. Dopo una frugale cena a base di gallette e formaggio sono sprofondati in un sonno pesante senza sogni o incubi. Cucciolo anche se in apparenza sembra dormire ha i sensi all’erta per captare eventuali pericoli o minacce.

Dopo molte giornate incerte o piovose la mattina li sveglia con un cielo azzurro senza nuvole. La temperatura rimane comunque rigida.

«Sbaglio o la strada è in condizioni peggiori rispetto a tre settimane fa?» Chiede con voce dubbiosa Alba, osservando come sono cresciute altre piante spuntate dal fondo della strada.

Matteo sta per rispondere, quando Cucciolo comincia a ringhiare sommesso mostrando i denti. Si gira alla sua sinistra cercando di scorgere il possibile pericolo. La sua visuale è occultata da vistose felci. “Eppure in quella direzione c’è in agguato una potenziale insidia. Cucciolo non ringhia per dare aria ai denti» riflette afferrando la mano di Alba.

«Cosa pensi che ci sia?» Domanda la ragazza con un’intonazione del voce che denota paura.

Poi sentono un fracasso di rami rotti come se qualcuno a forza stia tentando di aprirsi un varco.

«Fermo Cucciolo! Se non ci attacca lo lasciamo in pace!» Esclama Matteo vedendo il lupetto pronto a scattare in avanti.

«Cosa facciamo?»

«Nulla. Non sappiamo cosa è».

Poi vedono sbucare una massa pelosa e scura che cammina a quattro zampe. «Cos’è?» Chiede Alba terrorizzata, mentre Matteo trattiene Cucciolo col braccio intorno al collo.

Il ragazzo cerca di ricordare le figure degli animali selvatici presenti in montagna. «Potrebbe essere un orso ma non ne sono sicuro».

La bestia si erge sulle zampe posteriori e ruglia con un verso poderoso. Poi si gira e torna nel folto del boschetto alla loro sinistra.

La ragazza respira a fondo rilassata. «Orso o non orso mi sono spaventata. Se ci avesse attaccato saremo finiti male» farfuglia incespicandosi nelle parole.

Matteo sorride perché è andata bene. È riuscito a trattenere Cucciolo e l’orso ha preferito ritornare nel folto del bosco.

«Ora che il pericolo è scampato, devo ammettere che era un bestione enorme. Di certo con una zampata ci avrebbe abbattuto come birilli».

Ripreso il cammino e metabolizzato lo spavento, i due ragazzi vanno alla ricerca del ponte per passare il torrente e iniziare la salita alla Città del Sole.

Il torrente è gonfio di acqua color ruggine e trascina a valle rami e tronchi d’albero. «Era molto più quieto qualche settimana fa» borbotta Alba con l’intonazione della voce preoccupata. «Il ponte era messo male quando l’abbiamo attraversato. Mat, pensi che abbia resistito?»

Matteo ha il viso aggrottato perché la domanda della ragazza se l’è posta anche lui. Non l’ha esternata perché non era sua intenzione metterle apprensione ma adesso deve rispondere. «In tutta franchezza non lo so ma spero che sia ancora transitabile. Altrimenti sarà un vero guaio».

Il ragazzo si ferma e riflette. «Alba, prendi la cartina che la consultiamo. Vediamo di fare un piano di riserva».

Dispiegano la mappa su una roccia rotolata dal monte, mentre Cucciolo si siede sulle zampe posteriori con lo sguardo vigile.

«Noi siamo qui» illustra Matteo con tono sicuro.

«Ne sei certo?» Replica Alba con voce incerta. Dubita molto che conoscano la località esatta dove si trovano.

«No» esclama ridendo. «Suppongo che siamo qui» e col medio indica un posto sulla carta.

«Ti ricordi la posizione?»

Matteo rimane in silenzio prima di rispondere. «Presumo che sia questo. Almeno credo. C’erano un paio di insediamenti tra Arabba e il ponte».

Alba ridacchia perché Matteo è un ottimista incorreggibile. “È una bella cosa ma se si sbaglia sono dolori”. E allora chiede: «Se è questo, ce ne è una prima. Ma non si capisce se la strada sia agibile oppure è franata nel torrente».

Matteo scuote il capo in segno di diniego, perché è troppo lontano dal percorso verso la Città del Sole. «Però ce ne è uno a valle che potrebbe essere interessante per scavalcare il torrente e relativamente vicino alla strada che dobbiamo seguire per salire in quota».

Ripiegata la mappa, riprendono il cammino.

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Tutogramma in i come inverno

Per il consueto gioco del lunedì Eletta Senso propone visto che il 21 inizia l’inverno un tautogramma in i.

Inizia l’inverno ibernati all’interno di un iceberg imbiancato. Ines, iberica insolente, ingiuria gli intervenuti, inviati a intervistarla. Inconsciamente infatti immedesima una iconoclasta.

omaggio di Yelling Rosa

Per Luisa ho composto questo tautogramma in i

Inutile inveire, invece identifica gli insolenti individui. Idealista inconscia insulti l’idraulico. Infatti immagini improprie innescano le idee. Iatture intime inebriano inedite icone. Insufficienti identità impongono inefficaci idilli. Iddio, insomma inerti iettatori innestano ieratici innamorati.

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Arrivo

Sono sul treno che mi porterà a casa, a Bolzano. Non vedo l’ora di arrivare. Prendo il mio magro bagaglio, una ventiquattrore di cuoio, e mi dirigo verso lo sportello per essere il primo a scendere. Vedo scorrere sotto di me le acque tumultuose dell’Isarco. Ci sono, mi dico chiudendo per bene la zip del giubbotto. Deve far freddo perché nevica. I fiocchi sembrano piume bianche e hanno imbiancato la massicciata.

Un fischio e sento lo sferragliare delle ruote che stanno frenando. Una scena singolare si presenta alla mia vista. Non che sia qualcosa di straordinario ma perché mi lascia interdetto. Una giovane signora siede immobile su un oggetto che assomiglia a un baule di cuoio, fuori dalla pensilina. Mi avvicino al vetro per osservare meglio, mentre il treno con dolcezza si ferma quasi di fronte a lei. Apro lo sportello per scendere e adesso ho una visione completa. È una donna di cui non riesco a decifrare l’età. Potrebbe avere trent’anni come quaranta oppure di meno. Veste in una maniere inusuale come se fosse una cartolina della Belle Epoque. Il cappellino rosso è diventato bianco per la neve che scende copiosa. Lo sguardo fisso punta verso un orizzonte che non riesco a cogliere. Rimango immobile sotto la pensilina per capire cosa fa. Le porte del treno si chiudono e lei rimane lì immobile. Forse aspetta il treno successivo o forse l’arrivo di qualcuno.

Scuoto la testa e mi avvio verso l’uscita.

Luz 

ha proposto di scrivere un incipit partendo dall’immagine che vedete sopra.

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Doppio haiku in D

Eletta Senso ha creato due haiku in D. Uno qui e uno

Ecco cosa ho partorito

1. Haiku

Dolci disegni

disegnano deserte

delicatezze.

2. haiku

Dannate danze!

Debuttanti danzano

decisamente.

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Konnie parte ventiquattresima

Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato la ventiquattresima parte del mio romanzo distopico Konnie che potete leggere anche qui.

7 settembre 2144

La notte trascorre tranquilla, anche se il vento ha imperversato creando mulinelli di neve. Nessuna visita sgradita ha disturbato il loro riposo. Cucciolo è rimasto tra loro senza mostrare segni di nervosismo. Per terra ci sono diversi centimetri di neve che alle prime luci del giorno appare immacolata.

«Non abbiamo letto nessuna pagina del diario» sentenzia Alba mentre raccoglie le sue cose per essere pronta alla partenza.

«Non c’è stato il tempo materiale per farlo» replica Matteo che ripiega la tenda. «Senza questa e altri oggetti usciti dalle mani d’oro di Arturo non so come avremmo potuto sopravvivere» precisa con tono allegro pensando che tra pochi giorni saranno al caldo nella loro Città del Sole.

Le nubi si sono sollevate e lasciano filtrare deboli raggi solari. «Sembra una giornata discreta senza pioggia» afferma Alba con voce gioiosa. «Però ho l’impressione che la discesa non sia facile da affrontare».

Caricati zaini e sacche sulle spalle la affrontano con cautela. È ricoperta da uno strato di neve. I piedi tendono a scivolare per il velo di ghiaccio che la ricopre. Procedono in diagonale aiutandosi con gli alpenstock.

Scorgono su un pianoro una volpe dal pelo argentato. Cucciolo ringhia mostrando i denti ma non azzarda nessuna manovra. Ha compreso che non è il caso di andare all’attacco. «Che splendido animale! Ha una pelliccia folta e lucida» esclama Alba con tono sorpreso. Nei video visti alla Città del Sole le volpi avevano un manto rossiccio e meno voluminoso di quello avvistato. L’animale si allontana con passo lento come se snobbasse quegli intrusi nel suo regno.

«Non pensavo che fossero così in quota» dichiara Matteo rimasto affascinato da quella visione. È stato colto di sorpresa e non ha pensato di fotografarla.

È quasi buio quando raggiungono quello che resta dell’abitato di Arabba.

La discesa è stata faticosa anche se fortunatamente il tempo è stato clemente a parte alcune raffiche violente del vento.

Prese le torce dal sacco di iuta, illuminano la strada perlustrandola alla ricerca di un posto dove trascorrere la notte.

«Sono distrutta» afferma Alba con la voce incrinata dalla stanchezza. «Per me va bene anche uno spiazzo, un posto qualsiasi. Non mi sento più le gambe».

Matteo cerca un posto riparato dal vento che ha cominciato a soffiare impetuoso. Il cielo è coperto e minaccia pioggia. Negli ultimi giorni hanno avvistato diversi animali selvatici. Qualcuno decisamente innocui come cervi e daini, altri più minacciosi come lupi od orsi. Se nel tragitto di andata gli incontri sono stati sporadici e comunque senza nessun pericolo per loro, durante il ritorno la frequenza è stata più alta e ravvicinata. Sembra quasi che abbiano avvertito la presenza di intrusi nei loro territori e li vogliano scacciare.

«Alba ti capisco. Anch’io sono stanchissimo ma preferisco un posto che ci dia riparo» spiega con voce calma per rassicurarla. “In realtà cerco un luogo che possa offrirci una difesa da eventuali animali”. Tiene per sé questa riflessione per non impressionare la compagna.

«Ecco!» Grida il ragazzo indicando un rudere di quello che un tempo era la stazione a valle di una funivia. Il tetto è collassato all’interno ma le quattro pareti sono parzialmente in piedi. Ha un unico punto d’accesso e un varco posteriore in parte ostruito da un rudere di cabina.

 

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Konnie parte ventitreesima

Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la ventitreesima parte del romanzo distopico Konnie, che potete leggere anche qui.

6 settembre 2144 ore 9

Durante l’avvicinamento al passo del Pordoi hanno dovuto fermarsi più volte per la pioggia battente o violenti temporali che hanno rallentato la loro marcia. Hanno impiegato una settimana per arrivare all’inizio della salita.

Quando il giorno comincia a rischiarare, i due ragazzi osservano perplessi le montagne intorno a loro avvolte in nubi basse e nere che lasciano presagire maltempo salendo in quota.

«Dobbiamo decidere cosa fare» suggerisce Matteo con l’intonazione della voce preoccupata e controlla le provviste rimaste. «Facendo economie ne abbiamo per meno di una settimana. Per arrivare alla Città del Sole abbiamo quattro giorni di cammino. Però…».

«Però dobbiamo tener presente la variabile tempo che non promette nulla di buono» completa il pensiero Alba che sbircia il cielo grigio carico di pioggia. «Rischiamo di trovare neve salendo in quota. Tuttavia bisogna provare».

Matteo scuote il capo perplesso, perché se trovano vento e neve non sarà facile procedere. «D’accordo. Mettiamoci in marcia a passo spedito. A metà salita facciamo una sosta e il punto della situazione».

Le precipitazioni di agosto hanno ulteriormente martoriato la strada con nuove frane e smottamenti delle pareti rocciose. La salita appare più difficoltosa rispetto ai loro ricordi. Senza bisogno di consultarsi non fanno soste nemmeno per rifiatare. Vogliono raggiungere la cima del passo prima che cali l’oscurità. Salendo trovano neve e sono immersi in nubi basse che riducono la visibilità a pochi metri. Un freddo pungente penetra dentro la tuta di protezione e il casco si appanna nonostante tentino di tenerlo pulito.

Il buio cala all’improvviso ma non li ferma, perché sono determinati a raggiungere la sommità del passo. La strada spiana. Tra le ombre riconoscono il monumento vicino al quale hanno sostato l’altra volta.

«Siamo arrivati» annuncia Matteo con tono sollevato, mentre con la torcia illumina lo spiazzo. Il fascio di luce mostra impronte recenti di animali. Un brivido lo scuote. Non ha bisogno di comunicarlo ad Alba, perché sente la sua mano cercarlo.

«Finora ci è sempre andata bene» mormora la ragazza con la voce incrinata dalla paura. «Cucciolo in queste settimane si è irrobustito ma è troppo giovane e inesperto per competere con altri animali».

«Sì» afferma in modo laconico il ragazzo che cerca di capire a chi appartengono le tracce chinandosi. «Potrebbe essere un piccolo branco» illustra con tono dubbioso. Poi prova a rassicurarla. «Cucciolo non ha dato segni di nervosismo o di paura. Si è limitato ad annusarle».

«Ok. Però non resto tranquilla. Fino a questo momento gli incontri sono stati sporadici e loro hanno preferito sempre non attaccarci. Ma ho la sensazione che questa volta sia diverso» conclude Alba.

Matteo estrae dalla sacca del bunker una seconda torcia e la consegna ad Alba. Poi iniziano a perlustrare l’area alla ricerca di un posto con la duplice funzione di offrire riparo dal vento e consentire un’agevole difesa. Alla fine trovano un rudere posto un paio di metri sopra il piano stradale con due pareti ancora in piedi in buono stato.

Matteo sposta dei blocchi di pietra in modo da avere tre lati protetti e all’interno sistemano la tenda. Consumata una frugale cena, lasciano le torce accese a illuminare l’area davanti.

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Konnie – parte ventiduesima

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la parte ventiduesima del mio romanzo Konnie. La potete leggere anche qui.

29 agosto 2144 ore 8

Durante il percorso di ritorno dal bunker Alba si è sentita in colpa pensando che il corpo di Konnie fosse esposto al dileggio del tempo e degli animali. Lancia la proposta di bruciarlo, trovando Matteo d’accordo.

Alle prime luci dell’alba del giorno dopo i due ragazzi preparano una pira usando arbusti ed erba secca su cui depongono il corpo di Konnie. Alimentato il fuoco con altra legna, aspettano finché non è ridotto in cenere che disperdono nell’aria.

Sono passate due settimane da quando hanno lasciato la Città del Sole, affrontando situazioni diverse. Hanno capito che il mondo esterno al loro rifugio può essere affascinante ma anche pericoloso. Inoltre Il ritmo circadiano, quello che regola la veglia e il sonno, è molto diverso da quello che hanno sperimentato nella Città del Sole. Qui le stagioni non ci sono, il sonno è programmato e la veglia pure. All’esterno il loro orologio biologico si è dovuto adattare alla luce e al buio, alle situazioni meteorologiche e ad altri fattori esterni. Il vento, la pioggia, la neve, il sole sono eventi non prevedibili a priori. Tutto questo sono state scoperte che all’inizio li hanno sorpresi ma poi hanno capito che fanno parte della natura del mondo esterno. Adesso dopo due settimane è giunto il momento di rimettersi in marcia per fare ritorno alla Città del Sole.

L’ascesa al Karerpass si è svolta in silenzio tenendo un occhio rivolto al cielo e uno alla strada. Nuvoloni neri carichi di pioggia sono comparsi lungo la salita, mentre alla loro sinistra il torrente Ega rumoreggia sinistro.

«Credi che ce la faremo ad arrivare in cima al passo prima che quei cumulonembi scarichino il loro fardello di acqua?» L’intonazione della voce di Alba denota preoccupazione.

«Non dovrebbe mancare molto» afferma Matteo con tono sicuro, accelerando il passo.

Gocce di pioggia gelida accompagnano l’ultimo tratto ma è quello meno ostico. Arrivati in cima, si sistemano per la notte vicino a un gruppo di rocce, che formano una specie di cavità naturale. Non è completamente un riparo ma rimangono protetti a sufficienza dalla furia del vento e dell’acqua, che tende a trasformarsi in neve. La notte non sembra mai passare e crea apprensione nei due ragazzi che temono di rimanere bloccati lì per diversi giorni.

All’alba del nuovo giorno le raffiche di vento e gli scrosci di pioggia sono diminuiti in maniera consistente. Il cielo è meno grigio rispetto alla sera precedente ma minaccia ancora burrasca. «Proviamo a scendere a valle?» Propone con la voce velata dall’ansia Matteo che lo osserva preoccupato.

Alba ha l’aria perplessa. «Non ricordo qualche punto della discesa che possa essere sfruttato per ripararci se il tempo peggiora».

«Però se non tentiamo, c’è il concreto rischio di rimanere bloccati per giorni qua su, se la pioggia si trasforma in neve».

Tra dubbi e ansie decidono di affrontare la discesa a valle. Tra violenti scrosci d’acqua che trasformano la strada piuttosto sconnessa in piccoli torrenti e squarci di sereno all’imbrunire raggiungono il fondovalle.

I due ragazzi e Cucciolo sono stanchissimi per la tensione delle due giornate appena trascorse. Però adesso il loro cammino è meno pericoloso perché a parte il passo Pordoi non ci sono montagne da scalare. Si sistemano tra le rovine del primo paese che incontrano sfiniti dalla fatica dalle condizioni meteorologiche avverse. Si rendono conto che non è stata una passeggiata distensiva ma ha compreso che la vita all’esterno della Città del Sole può rivelarsi assai complessa.

Hanno appena terminato di montare la tenda, quando un violento temporale si abbatte su di loro. «Siamo stati fortunati» esclama Alba osservando la violenza dell’acqua che colpisce il loro riparo. Il picchiettare intenso della pioggia con qualche chicco di grandine tiene loro compagnia per tutta la notte. Avrebbero voluto leggere qualche pagina del diario di Konnie ma il rumore delle gocce e la stanchezza tolgono loro la voglia di sfogliarlo. Si addormentano vicini con Cucciolo sistemato tra loro.

Quando l’alba del nuovo giorno si presenta rischiarando l’oscurità della notte, il brontolio del tuono e la luce violacea dei lampi si vanno smorzando. I due ragazzi hanno scelto bene il luogo dove accamparsi, perché è leggermente sopraelevato. Sbirciando fuori dalla tenda sono circondati da un velo d’acqua di svariati centimetri. Cucciolo uggiola con un verso disperato. Vorrebbe uscire ma pioggia ancora intensa e acqua glielo impediscono, finché non si decide per espletare i suoi bisogni.

La mattinata trascorre lenta sotto una pioggerellina continua e dispettosa. Si sono dimenticati del diario e sonnecchiano per recuperare le forze dopo le due giornate stressanti appena trascorse.

«Sembra che il cielo abbia smesso di gocciolare» osserva Alba alzando gli occhi. «Ci prepariamo per rimetterci in marcia?»

Matteo si stiracchia allungando le gambe. «Direi di sì. Di soste improvvise credo che ne faremo prima di affrontare l’ultimo ostacolo».

Smontata la tenda si rimettono in cammino sulla strada ricoperta di acqua.

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Tautogramma in L come luna

L’ultima avventura di Puzzone

Eletta Senso propone per questa settimana un tautogramma in L. Ecco il mio.

La lunatica Lara lanciava lampi luminescenti con lamenti laceranti. Lavorava al labirinto di un lacerto di laguna. Un laborioso lavoro di lenta lotta con le lame lasciava luogo a un logoramento locale.

foto personale – interno

Anche Luisa ha proposto un tautogramma in l. Ecco il mio

La ladra lascia flebili liste di lei. Un labirinto di lampadine lampeggiano lentamente. La ladruncola lacera le lanterne col lapis e la lama. Un lapsus libera la lacuna lapalissiana. Una larva languisce laddove un lavoro lacunoso lascia luogo al languido lamento.

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Tautogramma in f come foglie frementi

Chiostro di San Paolo – foto personale

Oggi è di turno un tautogramma in f come foglie frementi. nel gioco proposto da Eletta Senso.

Fantastiche forme filano flessuose di fronte alla faccia felice di Francesca finché non forgiano filanti formati. Fabbrica con le forbici formine di forgia ferrea. Formidabile fortuna forza la ferma fissazione della fanciulla.

Per il tautogramma di Luisa ho composto questo.

Fabbricanti di fortune filtrano dalle finestre fiorite finché non forzano furiose facciate che forgiano facce ferree. Dalla fucina del fine finale fuoriescono forsennate fissazioni, folgoranti fabbisogni di flebili fantasticherie.

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