Konnie – parte trentesima

Un giallo Puzzone

20 settembre 2144 Città del Sole

I due ragazzi sono rimasti fuori, finché le scorte di viveri l’hanno consentito ma adesso devono rientrare. Hanno impiegato il loro tempo per filmare, progettare e visionare luoghi e possibili postazioni utili al progetto che hanno in mente. La loro idea è quella di creare una prima colonia fuori dalla Città del Sole.

L’ambiente è ancora ostile ma la Città del Sole è al limite della sua capienza. Il centinaio di persone all’inizio sono lievitate a oltre mille e ogni spazio è saturato e non solo quello. È tempo che si espanda all’esterno per non incrinare il clima di pacifica convivenza che i suoi abitanti hanno instaurato.

«Il bunker di Konnie in teoria potrebbe ospitare sei od otto persone. È abbastanza attrezzato per consentire una vita comoda» spiega Matteo con tono serio durante una perlustrazione dei dintorni.

«Beh! Bisogna verificare che sia possibile costruire una stanza di decontaminazione e una serra per coltivare dei vegetali in maniera sicura» controreplica Alba con tono dubbioso di chi non crede che sia una strada in discesa vivere là. «E poi dobbiamo diventare vegani!»

La battuta li fa ridere, perché in effetti non sarà possibile mangiare carne o pesce in tutta sicurezza. La contaminazione ambientale ha colpito tutto. L’umanità è sparita salvo quelli previdenti come la Città del Sole o Konnie e i suoi genitori. Gli animali si sono adattati, almeno quelli di taglia medio-grande. Altri sono spariti. L’acqua, la terra e le piante non si sa con precisione quanto siano contaminate dopo cent’anni ma di certo lo sono ancora.

«L’acqua non è usabile direttamente» afferma Alba avvilita ripensando alle misurazioni dei giorni precedenti nel rio che scorre a valle della Città del Sole.

«Però è un problema minore o risolto nel bunker di Konnie. Mi preoccupa in realtà la terra che deve essere tolta senza gli strumenti adeguati ma solo con la forza dei muscoli e forse non sarà sufficiente» replica Matteo con voce affranta. «Ignoriamo quanto sarà faticoso eliminare lo strato superficiale per costruire la serra. Qui» e con il braccio indica la radura intorno a loro, «non fa molto testo perché le misurazioni possono ingannare».

Però il tramonto è vicino e le ombre si allungano. È arrivato il momento di dare l’arrivederci a Cucciolo, perché loro devono rientrare. Non è più possibile restare fuori.

In queste cinque settimane il lupetto è cresciuto, si è irrobustito. È diventato un abile cacciatore in grado di provvedere a se stesso senza dipendere dai due ragazzi. Ha trovato in loro il nuovo branco. L’istinto della sua specie non si è affievolito. Non si è addomesticato. La sua natura selvatica è rimasta intatta. Neppure loro hanno provato a modificarla.

Sistemano l’anfratto per fargli capire che la loro lontananza è solo provvisoria. «Cucciolo noi dobbiamo tornare dentro ma tu devi rimanere qua fuori. Non puoi entrare» sussurra Alba con tono dolce accarezzandogli la testa. «Domani ci vediamo e ci facciamo una bella passeggiata insieme».

Matteo gli dà una grattatina nel sottogola a mo’ di saluto.

Cucciolo ha gli occhi mogi quasi acquosi vedendo quelle due persone che l’hanno salvato e si sono presi cura di lui, mentre sono inghiottite da quella parete lucida. Però ha sentito sincerità nelle loro parole. Gli hanno lasciato del cibo ma sa che deve procurarselo da solo e che la sua tana è quella tenda incastrata tra le rocce.

Se vuoi ricevere gli aggiornamenti sottoscrivi il form.

0

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *