Su Caffè Letterario è stato da poco pubblicato la ventiquattresima parte del mio romanzo distopico Konnie che potete leggere anche qui.
7 settembre 2144
La notte trascorre tranquilla, anche se il vento ha imperversato creando mulinelli di neve. Nessuna visita sgradita ha disturbato il loro riposo. Cucciolo è rimasto tra loro senza mostrare segni di nervosismo. Per terra ci sono diversi centimetri di neve che alle prime luci del giorno appare immacolata.
«Non abbiamo letto nessuna pagina del diario» sentenzia Alba mentre raccoglie le sue cose per essere pronta alla partenza.
«Non c’è stato il tempo materiale per farlo» replica Matteo che ripiega la tenda. «Senza questa e altri oggetti usciti dalle mani d’oro di Arturo non so come avremmo potuto sopravvivere» precisa con tono allegro pensando che tra pochi giorni saranno al caldo nella loro Città del Sole.
Le nubi si sono sollevate e lasciano filtrare deboli raggi solari. «Sembra una giornata discreta senza pioggia» afferma Alba con voce gioiosa. «Però ho l’impressione che la discesa non sia facile da affrontare».
Caricati zaini e sacche sulle spalle la affrontano con cautela. È ricoperta da uno strato di neve. I piedi tendono a scivolare per il velo di ghiaccio che la ricopre. Procedono in diagonale aiutandosi con gli alpenstock.
Scorgono su un pianoro una volpe dal pelo argentato. Cucciolo ringhia mostrando i denti ma non azzarda nessuna manovra. Ha compreso che non è il caso di andare all’attacco. «Che splendido animale! Ha una pelliccia folta e lucida» esclama Alba con tono sorpreso. Nei video visti alla Città del Sole le volpi avevano un manto rossiccio e meno voluminoso di quello avvistato. L’animale si allontana con passo lento come se snobbasse quegli intrusi nel suo regno.
«Non pensavo che fossero così in quota» dichiara Matteo rimasto affascinato da quella visione. È stato colto di sorpresa e non ha pensato di fotografarla.
È quasi buio quando raggiungono quello che resta dell’abitato di Arabba.
La discesa è stata faticosa anche se fortunatamente il tempo è stato clemente a parte alcune raffiche violente del vento.
Prese le torce dal sacco di iuta, illuminano la strada perlustrandola alla ricerca di un posto dove trascorrere la notte.
«Sono distrutta» afferma Alba con la voce incrinata dalla stanchezza. «Per me va bene anche uno spiazzo, un posto qualsiasi. Non mi sento più le gambe».
Matteo cerca un posto riparato dal vento che ha cominciato a soffiare impetuoso. Il cielo è coperto e minaccia pioggia. Negli ultimi giorni hanno avvistato diversi animali selvatici. Qualcuno decisamente innocui come cervi e daini, altri più minacciosi come lupi od orsi. Se nel tragitto di andata gli incontri sono stati sporadici e comunque senza nessun pericolo per loro, durante il ritorno la frequenza è stata più alta e ravvicinata. Sembra quasi che abbiano avvertito la presenza di intrusi nei loro territori e li vogliano scacciare.
«Alba ti capisco. Anch’io sono stanchissimo ma preferisco un posto che ci dia riparo» spiega con voce calma per rassicurarla. “In realtà cerco un luogo che possa offrirci una difesa da eventuali animali”. Tiene per sé questa riflessione per non impressionare la compagna.
«Ecco!» Grida il ragazzo indicando un rudere di quello che un tempo era la stazione a valle di una funivia. Il tetto è collassato all’interno ma le quattro pareti sono parzialmente in piedi. Ha un unico punto d’accesso e un varco posteriore in parte ostruito da un rudere di cabina.
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Ora si legge
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Grazie per il passaggio. Non ho capito perché il giorno 4 pianificato ha dato buca.