Konnie – quattordicesima parte

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Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la quattordicesima parte del romanzo Konnie.

La potete leggere anche qui. Buona lettura

11 agosto 2144 Bozen

Dopo un peregrinare lento con le gambe, che faticano a obbedire ai suoi comandi, prova a centellinare in qualche modo le forze per cercare qualcosa che possa offrire riparo per la notte. Gli edifici ancora in piedi sembrano sbriciolarsi da un momento all’altro e hanno i tetti collassati all’interno. Il selciato è esploso in più punti sotto la spinta di alberi ed erbacce. Una statua corrosa dalle intemperie svetta tra tanto sfacelo. Solo un qualcosa assomigliante a un chioschetto, che mostra segni evidenti di ruggine, sembra offrire un solido riparo. I vetri sono ridotti in polvere, le parti di legno al tocco si disgregano. Le uniche parti che resistono sono quelle in ferro, intaccate e ricoperte da uno strato di polvere rugginosa. Il tetto, pur presentando qualche buco riesce a garantire un buon riparo. Il pavimento è ricoperto da un po’ di tutto. Cent’anni alle intemperie e all’abbandono mostrano il loro biglietto da visita.

Konnie spinge a fatica quella che un tempo è stata una porta che cigola strisciando sul fondo. A parte qualche sedia rovesciata c’è lo scheletro di un divanetto in ferro ampio a sufficienza per ospitare una persona sdraiata.

Per il momento si siede per riposare e bere un po’ d’acqua dalla borraccia. «La devo centellinare con parsimonia. Ignoro se potrò trovarne altra di potabile» borbotta appoggiando la schiena.

«È stato molto faticoso arrivare fin qui» aggiunge con un filo di voce, mentre si deterge la bocca bagnata. Si sente stremato, osserva delle piccole emorragie cutanee sulle braccia. Il respiro si fa affannoso. Prova sensazioni di nausea e vertigini. Prende qualcosa dallo zaino per placare quella che gli sembra fame ma poi la rimette via. Lo stomaco è chiuso e non vuol ricevere nulla. Rischia solo di vomitare. «È meglio conservare il cibo per un’altra occasione senza sprecarlo».

Si distende sul divanetto. Non è molto comodo ma la stanchezza prevale sul disagio. Chiude gli occhi e sogna.

Il suo è un sogno in bianco e nero. Vede due giovani con un cane che pare un cucciolo. Ignora di quale razza sia ma gli appare molto giovane. Sono vestiti in modo strano ma ben diverso da lui. Il sogno continua ma si sveglia. È tutto intorpidito e sente freddo ma non ha nulla con cui coprirsi. Nel bunker non ha mai provato queste sensazioni. La temperatura era mite e non variava mai. Quello è stato per tutta la sua vita la zona comfort, una calda cuccia che l’ha cullato per ottant’anni. Però ricorda il bianco candore e il freddo pungente di sei mesi prima.

Intuisce che ha commesso un errore lasciando il bunker ma la curiosità di conoscere il mondo esterno e il terrore che quello sigillasse la sua vita è stato il detonatore della sua uscita.

Con lentezza scivola nel dormiveglia e ricomincia a sognare.

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6 risposte a “Konnie – quattordicesima parte”

  1. Leggendo mi pare quasi di vedere l’interno di una casa delle mie parti…il tutto descritto con dovizia come se chi scrive abbia abitato davvero un luogo simile.
    Chissà il sogno che altro trancio di narrazione ci riserva…

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