Su Caffè letterario potete leggere la seconda parte di Konnie.
21 luglio 2114 ore 8
Konnie si avvia a passo lento con un moto di rabbia verso la postazione accanto alla porta d’acciaio che lo separa dal mondo esterno. Apre lo sportello inox con un colpo secco dell’indice destro. Una minuscola tastiera scivola silenziosa fuori e uno schermo al plasma si illumina. Tocca il tasto in alto a sinistra, ESC. Fa una smorfia di disappunto corrugando la fronte. Il contatore geiger posto all’esterno della struttura manda il suo responso. “4,5 Sievert” compare sul display. Le labbra si muovono nervose per far uscire un’imprecazione: «Merda!»
Gli verrebbe voglia di sferrare un pugno sullo schermo ma si limita a chiudere la tastiera con un colpo secco della mano sinistra.
Ripercorre il breve corridoio nudo che lo porta nella stanza centrale arredata con un tavolo di legno scolorito dal tempo e quattro sedie di acciaio una volta lucide cromate. Il neon sul soffitto sfrigola esausto. «Devo sostituirlo» impreca con tono stizzito, andando verso la cucina.
La sua vita da cinquant’anni è monotona. Alle otto sveglia e colazione. Mezz’ora di esercizi nella palestra di fianco alla sua stanza da letto. Poi una doccia idromassaggio per rilassare i muscoli. A metà mattina, da quando sua madre Marie è morta, si deve occupare del pranzo e della cena. La sua salma è da trent’anni nella cella freezer insieme a suo padre Kurt, deceduto dieci anni prima di sua moglie. È rimasto solo da quando ha vent’anni e vive da recluso nel bunker antiatomico sotto la villa di famiglia all’imbocco di Sarntal alla periferia di Bozen. Come gli ha spiegato sua madre, finché il contatore geiger non scende sotto due Sievert, uscire dal bunker vuol dire morte quasi certa nel giro di poche ore.
Konnie è nato sottoterra cinquant’anni prima. Era il 21 luglio 2064. La sua nascita è stata casuale, perché Marie pensava di essere entrata in menopausa precoce a quarantacinque anni. Invece era incinta. Lui non ha mai visto il sole o la luna con un’osservazione diretta ma solo attraverso i filmati di TouberMeg, che conosce a memoria. Per lui l’alternanza del giorno con la notte è un fenomeno ignoto, come l’alba o il tramonto. Non ha mai visto la villa dei genitori e non sa se sia ancora in piedi oppure crollata. La telecamera esterna ha smesso di funzionare da oltre vent’anni. L’unico contatto col mondo di fuori è il contatore geiger che consulta tutti i giorni.
Correva l’anno 2024 e soffiavano venti di guerra, quando Marko, il padre di Kurt, decise di costruire un bunker atomico sotto la villa e attrezzarla per resistere almeno ottant’anni. Kurt all’epoca era un ragazzino. Aveva solo quindici anni. C’erano due accessi: uno all’esterno qualora la costruzione sotto cui era posto fosse collassata e l’altro all’interno della villa attraverso una scala a chiocciola. Kurt e Marie si sono sposati nella cappella di famiglia all’interno del parco che circondava la casa nel 2039. Marko non ha avuto la possibilità di sfruttare il suo bunker perché un paio d’anni dopo la costruzione è deceduto in seguito a una breve malattia. Nel marzo del 2044 la situazione è precipitata in maniera irreversibile. Solo chi è stato previdente si è salvato. I pochi bunker pubblici sono collassati subito. Il disastro ha preteso il suo tributo di morti. I genitori di Konnie si sono rintanati nel loro privato e hanno iniziato la vita da reclusi. Tutto questo Konnie l’ha ascoltato innumerevoli volte dalla voce di Kurt prima e Marie dopo. Lo conosce a memoria.
Apre un registro appeso in cucina e segna il valore letto della radioattività esterna. È un valore eccessivo per tentare una sortita all’esterno. Scuote i riccioli biondi striati di bianco deluso, mentre ripone nello scaffale il registro. «Potrò un giorno uscire all’aria aperta prima che la morte mi colga qui?» Borbotta sedendosi sulla sedia. È sfiduciato. I genitori sono deceduti relativamente giovani. Avevano poco più di sessant’anni.
Si guarda intorno. Lo spazio nel bunker non manca. Oltre alla cucina, la sua camera, la palestra e il bagno ci sono altre tre stanze. La stanza matrimoniale molto più ampia della sua, il deposito dei cibi e la cella freezer dove in un angolo riposano i suoi genitori. Oltre a queste c’è un’area di servizi da cui dipende la sua vita. Il generatore di corrente, che assicura l’elettricità a tutto il bunker, è un mini reattore atomico. Suo padre gli ha assicurato che fornirà energia per almeno trecento anni. Il suo unico cruccio sono le scorte di cibo che dovrebbero esaurirsi all’incirca nel 2124. Con qualche economia potrebbero durare per una dozzina di anni o forse più ma poi dovrebbe uscire all’aria aperta se non è morto prima.
Konnie si annoia e la solitudine gli pesa. I libri, i filmati, i contenuti televisivi li conosce a memoria avendoli visti oppure letti innumerevoli volte. Gli manca il contatto umano con altre persone. I suoi genitori sono scomparsi troppo presto.
Parla da solo per non impazzire e per ascoltare una voce umana. Cammina, fa piegamenti. Si ferma davanti a uno specchio. «Chissà se gli altri uomini mi assomigliano!» Esclama con tono asciutto, socchiudendo gli occhi, mentre si avvia verso la palestra. Fare esercizio fisico gli serve per mantenere tonico il corpo.
Un’altra giornata da recluso è iniziata.
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E’ un racconto distopico molto avvincente!
Grazie per condividerlo con noi
Sì, molto distopico. Mi auguro che sia di vostro gradimento anche il seguito.