La notte lo avvolgeva dentro il suo manto scuro e impenetrabile, costringendolo a camminare a carponi tastando il terreno con le mani per capire dove stava andando. Ignorava se la direzione era quella giusta ma non aveva alternative. Doveva muoversi, non poteva restare fermo. Intorno a lui c’erano pericoli che avvertiva come fitte nella testa.
Nella mano stringeva una pietra appuntita che gli dava relativa tranquillità ma sapeva che erano solo illusioni, un mero simbolo di speranza. L’aveva già usata per difendersi da un coyote che gli contendeva la preda appena uccisa. Non era servita a molto, perché aveva dovuto cederla all’altro, al predatore.
Secondo lui aveva una seconda e più importante proprietà: quella di generare il fuoco. Aveva visto molte lune prima, che un uomo del suo clan aveva usato una pietra dai colori strani emettere scintille come opera di magia. Poi si era sprigionata una fiammata rossa che aveva spaventato i presenti. Gli altri uomini si erano allontanati di un passo ma donne e bambini si erano stretti intorno a lui. Per questo prodigio era stato acclamato capo del clan e aveva intorno a sé donne e bambini che ubbidivano ai suoi ordini. Lui non poteva accettare la sua superiorità, perché lo giudicava vanitoso e senza capacità di guida. Così era partito alla ricerca del simbolo del fuoco. Aveva vagato per giorni nella valle, aveva scalato pendii impervi ma della pietra del fuoco nessuna traccia. Deluso aveva rinunciato alla ricerca e deciso di ritornare nel suo clan e accettare la guida dell’altro. Inciampò in una pietra e rovinò nella polvere. Avvertì nel costato un oggetto pungente che segnò la sua pelle dura come il cuoio. Alcune stille di sangue bagnarono il terreno. Si mise seduto e osservò alla luce del sole morente quello che gli aveva procurato dolore. Era una pietra aguzza dal colore strano. Verde con venature biancastre. Non ne aveva mai visto una simile. Con la mano tolse la polvere e acquistò lucentezza. Mandava bagliori a seconda di come la teneva in mano. Forse era la pietra che aveva cercato per giorni senza successo. Provò a sfregarla su un pezzetto di legno e produsse alcuni puntini luminosi che si spensero subito. Sobbalzò, lasciandola cadere. Riprovò e di nuovo quella magia si riprodusse. Quella scheggia di legno era diventata nera dove aveva sfregata la pietra. Intorno ce ne erano delle altre di forma diversa ma del medesimo colore. Incrociò le gambe sotto di sé e cominciò a lavorarla per renderla più aguzza. Osservò soddisfatto cosa era riuscito a ottenere ma il sole era basso sull’orizzonte. Doveva muoversi perché rimanendo fermo sarebbe stata facile preda degli animali che cacciavano di notte. Si alzò e si incamminò per tornare dal suo clan, tenendo stretto nella mano sinistra il suo trofeo.
[continua]
Pubblicato anche su Caffè Letterario.
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