La bambina senza nome – parte undicesima

Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la nuova puntata de La bambina senza nome, che ripropongo anche qui.

Sulla porta era comparsa una fanciulla, anzi una giovane donna, con serici capelli neri che si adagiavano morbidi sulle spalle. Incorniciavano l’ovale del viso leggermente abbronzato dove spiccavano due enormi occhi gialli. Alta slanciata indossava una camicetta di lino bianca che lasciava intravvedere il reggiseno dello stesso colore. Un paio di jeans azzurro sbiadito le fasciava il bacino e le gambe. Ai piedi portava delle ballerine nere. Anche senza l’aiuto dei tacchi la sua statura era ragguardevole quanto quella di Beatrix che da dietro la spingeva a entrare.

«E lei chi è?» Chiese quasi urlando Samuele a quella vista. «E che ci fai, Beatrix, alle sue spalle?»

Anche Otello e Ciccaja borbottarono qualcosa a quella apparizione. Niente di intellegibile ma solo stupore e apprensione. «Ma la cinna dov’è?» Bofonchiò con la voce ansiosa Otello. Non era lo stupore dell’apparizione della giovane ma l’affanno per la sorte della bambina quasi fosse la sua nipotina prediletta.

Lorenzo seduto sullo sgabello col braccio appoggiato al bancone a sorreggere la testa dapprima sgranò gli occhi per la sorpresa ma poi scoppiò a ridere. “Era arrivata bambina ma adesso è diventata una donna fatale”. Era sempre più convinto che non potesse stare per la notte nelle sue stanze. “Troppo rischioso”. Doveva sperare che Sam avesse una camera del bed and breakfast libera. Se così non fosse doveva parcheggiarla presso un’altra struttura dei dintorni. “Un passo alla volta” rifletté, mentre osservava Esme e ascoltava i commenti. “Domani deciderò se portarla a Bologna con me oppure caricarla su un treno per allontanarla”.

Esme rimase immobile accanto al bancone, mentre Beatrix con lo sguardo furioso si piazzò dinnanzi a Lorenzo. «Ho reso i tuoi acquisti ma è rimasto un bel buco da chiudere dalla Giannina. E la prossima volta…». Fece una pausa per prendere fiato prima di proseguire. «La prossima volta, ammesso che ci sia, la gestisci tu questo tipino».

Si girò per andarsene, quando Lorenzo le afferrò un braccio per bloccarla. «Cosa è successo dalla Giannina?»

Beatrix spalancò i suoi occhi che erano già grandi di natura. Sembravano due lampioni incandescenti. «Prima ho dovuta trascinarla come un sacco di patate. Poi ha fatto mille storie con Angela. Non voleva farsi toccare, non voleva togliersi i vestiti per provare quelli nuovi. Ha tentato di morderle una mano e per poco non ci è riuscita. In bocca non ha denti ma una tagliola per lupi. Gliela avrebbe mozzata se non avessi bloccato la sua testa. Ho sudato talmente che dovrò portare in lavanderia tutto quello che indosso. Mutande comprese!»

Detto questo urlando, Beatrix lasciò sgomenti Samuele e i due avventori perché cosi infuriata non l’avevano mai vista o sentita. «È demoniaca la tua Esme. È una diavolessa. E prima la porti via da qui, meglio è!» Si divincolò dalla presa di Lorenzo e ad ampie falcate sparì dietro la porta.

Samuele era impietrito col respiro affannoso. «Questa è Esme?» chiese volgendosi verso l’amico.

«Sì» annuì mortificato. Da quando l’aveva raccolta alla Fonte Vecchia, erano stati solo guai. Adesso doveva trovare una giustificazione per questa trasformazione del tutto inspiegabile, salvo ammettere che fosse una creatura del diavolo come cominciava a supporre. I dubbi prendevano la forma di certezze.

«E questa quando è arrivata? Non l’ho mai vista? La bambina dove l’hai nascosta?»

Lorenzo cercava le parole giuste per far capire che bambina e giovane erano la stessa persona, quando intervenne Otello.

«La piccietta dov’è?» Il tono era quello di chi ha perso di vista la nipotina che gli era stata affidata. Mieloso e tremulo.

Lorenzo si raddrizzò e guardò dritto negli occhi smarriti di Samuele. Sapeva che nessuno gli avrebbe creduto e la spiegazione poteva alzare un polverone di domande.

«Sam, dimmi prima se hai una stanza libera. Te la pago doppia ma dimmi di sì. Ti prego» Il tono era accorato come se la risposta avesse il potere di vita e di morte su di lui. «Poi ti spiego tutto. Ma prima rispondimi».

Lorenzo era quasi certo che tutte le stanze fossero libere. C’era sempre il tutto esaurito in luglio e agosto per la vicinanza del Corno alle Scale. Settembre e ottobre erano mesi di riposo.

«Sì. Sono libere. Puoi scegliere quella che voi per lei. Ma…».

Lorenzo con la mano fece il gesto di tacere. Si schiarì la voce. «Sam è meglio sistemarsi attorno a questo tavolo con tre calici e la bottiglia buona di vino rosso».

Presa per un braccio Esme la fece sedere accanto a lui tra loro due.

Nella sala si udiva solo il respirare delle cinque persone.

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