Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la nona parte del racconto La bambina senza nome.
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La visione che si presentò a Lorenzo lo lasciò di stucco. Dalla scala a chiocciola era apparsa Bea che teneva sulle braccia vestiti, intimo e in mano un paio di scarpe col tacchetto. Però quello che lo sorprese di più era il ghigno feroce del suo viso. Era la prima volta che la vedeva con gli occhi semichiusi e le labbra serrate che stravolgevano il suo viso sempre disteso.
«Vuoi assistere alla vestizione oppure preferisci raggiungere Samuele?» La voce era arrochita e per nulla dolce. Senza aggiungere altro lo scostò ed entrò nella stanza. Fermatasi dinnanzi a Esme, si voltò verso Lorenzo. «Una volta vestita, la puoi condurre dalla Giannina a scegliersi l’abbigliamento che meglio le piace. Anzi è meglio che gliela porti io. Tu sei troppo tenero con lei. Ricorda che questi sono in prestito e si chiamano Pietro torna indietro».
Posato il mucchietto sull’ottomana, ne estrasse un paio di slip di colore azzurro che valutò se potevano andare. «Togliti il telo e indossa questo!»
Come risposta Esme con le mani lo rincalzò e le lanciò uno sguardo di sfida come a dire ‘se vuoi me lo togli tu’.
Bea con un gesto rapido glielo strappò e le allungò le mutandine. «Queste non te le metto io!»
Lorenzo osservò la scena con la bocca semi aperta. Una Bea così determinata non l’aveva ancora vista. Non distolse lo sguardo dalla nudità della ragazza. “È cresciuta e come!” Folti riccioli scuri adornavano il basso ventre, che era piatto e tonico. Molti più numerosi di quando le aveva tolto il sacco. Il seno si era rassodato come aveva intuito qualche istante prima, vedendo il rigonfiamento sotto il telo.
Bea soppesò il reggiseno per determinare se non fosse troppo piccolo. Lei li aveva non troppo pronunciati ma usava quelli a balconcino per renderli più voluminosi. Scrollò il capo e glielo agganciò dopo aver allentate le spalline. Un paio di tocchi per sistemare le zinne che tendevano a trasbordare. Con un colpo secco le tolse il turbante. Una cascata di capelli neri e fini si allungò sotto le spalle. Erano ancora umidi. Col phon e la spazzola in un baleno glieli asciugò.
La vista era mozzafiato. Alta come Bea aveva un fisico tonico senza una smagliatura. Il viso ovale presentavano due lampioni al posto degli occhi che lampeggiavano senza sosta per l’ira repressa. Minacciavano a ogni istante vendetta contro quella donna che osava comandarla. Le labbra sottili, quasi esangui, e il naso dritto alla francese completavano il quadro. Lorenzo non le staccava gli occhi da dosso.
Bea dopo diverse prove optò per una camicetta azzurra e una gonna blu che valorizzavano il viso e le braccia. Per le scarpe non ci fu problema. Portava il suo stesso numero.
Tutto questo si era svolto in un’atmosfera impregnata dai grugniti di Bea e dai sospiri di Lorenzo. Esme sembrava una bambola di porcellana, inerte tra le braccia di una bambina a volte un po’ capricciosa.
«Andiamo!» Bea usò un tono autoritario e leggermente sgarbato senza che la ragazza muovesse un muscolo.
Afferrate le due borse, che contenevano quello da rendere, e il braccio di Esme, la trascinò fuori dalla stanza, sparendo dalla vista di Lorenzo.
Tutto era successo in fretta e solamente dopo qualche minuto comprese che erano andate dalla Giannina. Si riscosse dalla sorpresa degli avvenimenti che si erano svolti in rapida successione senza che lui avesse fatto nulla.
«Non posso ospitarla qui, anche se io dormissi sull’ottomana. È una donna. Per di più splendida! La sua metamorfosi nell’arco di poche ore ha qualcosa di prodigioso e di certo non è un essere umano» bofonchiò, mentre cercava di dare una parvenza di ordine al suo regno sconvolto dalla presenza di quelle due femmine.
Entrò nella sala, dove erano rimasti solo Otello e Chiccaja, seduti allo stesso tavolo. Bevevano l’ultimo calice della giornata prima di tornare alle loro dimore.
Lorenzo si avvicinò al bancone. Samuele era nel retro e mise la testa fuori dalla tenda a righe.
«Sam, hai una stanza libera per Esme?»
L’amico sbarrò gli occhi e lo fissò come se fosse uno zombie, arretrando di un passo. “Esme?” Pensò in una frazione di secondo chi fosse senza trovare risposta. “Lorenzo ha raccolto una bambina per strada che poi è cresciuta un po’ magicamente. Ma di Esme non mi ha mi ha detto nulla”. Non gli risultava che avesse trovato un’altra bambina o ragazza nel frattempo. Era salito nelle sue stanze e non era mai ridisceso. Come un flash ricordò che poco prima Bea gli aveva urlato che andava dalla Giannina. Non si era chiesto il motivo ma adesso cominciò a farsi strada l’idea che tra la richiesta di Lorenzo e l’andata della moglie in merceria ci fosse un qualche collegamento. Quale non lo immaginava ma quasi di sicuro era per quella bambina raccattata per strada. Un brivido di paura per Beatrix gli attraversò la schiena.
Samuele stava per formulare la domanda sui motivi della richiesta, quando Otello con il suo vocione urlò: «La cinna dove l’hai nascosta?»
Lorenzo sorrise storto e non rispose.