È stato appena pubblicato su Caffè Letterario la quarta parte de racconto ‘La bambina senza nome’ che ripropongo anche qui.
Lorenzo si alzò con lentezza dallo sgabello mentre la bambina rimaneva assorta e con gli occhi bassi verso terra come se fosse alla ricerca di qualcosa che aveva perso.
Samuele con lo straccio umido passò e ripassò più volte il bancone di rovere pieno di segni e bruciature. Erano gesti meccanici che ripeteva tutti i giorni. Però pensava a quella bambina tanto strana quanto inquietante. A pelle sentiva che avrebbe portato guai ma non poteva intimare all’amico di allontanarla. Aggrottò la fronte e fermò la mano con lo straccio. “Il bancone è già pulito” ammise osservandolo. In effetti era lucido come mai lo era stato prima. Sorrise storto, arricciando il lato destro della bocca.
Lorenzo osservò la bambina, mentre gli avventori avevano interrotto le loro attività per scrutarlo. Si chiesero che intenzioni aveva quel ragazzo, seppur giovane, leggermente stempiato e con qualche ciocca di capelli grigi. Speravano che allontanasse quella cinna dagli occhi gialli che parlava poco ma mangiava molto.
Samuele appoggiò il mento sul palmo della mano col gomito posato sul bancone. Con un soffio cercò di scostare una ciocca unta dei capelli scivolata sulla faccia. Anche lui era curioso di conoscere le mosse dell’amico.
«Vado dalla Giannina per comprare qualcosa per lei» e indicò con lo sguardo la bambina. «Così non è presentabile».
Poi Lorenzo si avviò verso la porta.
Otello alzò il suo metro e ottanta dalla sedia. «La cinna la pues via cun tè» urlò con voce stentorea.
Lorenzo finse di non aver udito nulla e uscì all’aperto, chiudendo alle spalle la porta. “Sarebbe stato meglio portarla con me, così da non rischiare di comprare qualcosa che non le va bene”. Tuttavia scosse il capo. Non poteva portarla in quelle condizioni. I capelli neri avevano un diavolo per capello ed erano tutti attorcigliati. Rise sommessamente perché in effetti pareva proprio un diavolo. Piedi neri con croste di sudiciume che forse nemmeno un bagno avrebbe estirpato. Il naso moccioso colava sulla bocca. Le unghie erano incrostate di un colore scuro la cui natura era di difficile interpretazione. «No, no!» esplose con un filo di voce. «Compro qualcosa e poi la getto in vasca sotto l’acqua. Speriamo che Sam abbia acceso lo scaldabagno».
Il glin glon del campanello sopra la porta annunciò il suo ingresso e una giovane donna dai capelli biondo ossigenati gli venne incontro.
«Buon giorno! Posso esserle utile?»
Lorenzo si guardò intorno alla ricerca della Giannina, la proprietaria senza trovarla.
«Dovrei vestire una bambina…». Però si bloccò, pensando se in effetti era una bambina oppure una ragazza minuta oppure… Scosse il capo. Ignorava la sua età.
«La bambina non la vedo» chiosò garrula la commessa, scrutando alle spalle di Lorenzo se fosse entrata senza che l’avesse vista oppure fosse rimasta fuori.
«Infatti non c’è». Lorenzo controllò circolarmente in senso orario quello che c’era in esposizione. Un tempo la Giannina vendeva solo merceria ma poi aveva aggiunto sempre nuove mercanzie e adesso c’era un po’ di tutto, scarpe comprese. Insomma uno entrava nudo e usciva vestito. D’altra parte il borgo aveva perso abitanti e negozi. C’erano rimasti la Giannina con articoli per la persona e la casa, un mini market per gli alimentari, tabacchi e giornali e basta.
«Ma com’è?» Chiese curiosa la donna con tono leggermente sarcastico, pensando che un uomo non sarebbe stato in grado di comprare nulla.
«Mi serve dell’intimo, un vestito, calze e scarpe» ribatté con voce calma, ignorando la domanda e la velata ironia.
La commessa perse il sorriso e aggrottò la fronte ma fu preceduta da Lorenzo che proseguì. «La taglia è small. Le scarpe un trentasei o forse meglio un trentacinque. Per l’intimo mutandine di cotone e una canotta bianca. Ah! Il vestito intero con maniche corte».
La donna spalancò gli occhi ma non spiaccicò parola, girando sui tacchi per raggiungere uno stand dove erano appesi vestiti.
Lorenzo la seguì e indicò un vestitino a fiori molto grazioso. Poi scelse delle ballerine nere adatte ai colori dell’abito. Per il resto lasciò fare alla commessa.
Con due voluminose sporte di carta tornò alla trattoria.
Quello che lo lasciò di stucco fu la vista al suo interno. Rimase senza parole.
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Bella domenica , Gian Paolo ! 🙂
Grazie Aliosa! Sia serena anche per te