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L’ultima cosa che ricordo è il suo sorriso, poi tutto è diventato nero.
Quando mi sono svegliato ero disteso su un marmo bianco, almeno questa è stata l’impressione ma non potrei mettere la mano sul fuoco per confermare il ricordo.
Però sentivo freddo sulla schiena. Per forza ero nudo! Ho provato a muovere una mano sinistra senza riuscirci. Pareva ancorata al marmo ma non vedevo o sentivo un qualsivoglia legaccio che me la bloccasse. Poi ho tentato con la destra ma la sensazione è stata la stessa: impossibile a muoverla.
Ho aperto gli occhi ma non ho visto nulla. Solo nero pece. Eppure le palpebre non sono incollate. Si sono mosse liberamente. Ho riprovato col braccio, sperando in miglior fortuna. Niente! Sempre aderente al corpo.
Ho cominciato a sudare perché ho capito che ero in un bel impiccio. Buio e silenzio. Solo il mio respiro rauco. Poi una tenue luce in lontananza.
Era un buon segnale oppure pessimo? Dovevo solo aspettare. Nel mentre sono tornato indietro nel tempo. Ero venuto con Nicola, una bella ragazza bionda conosciuta ai tavolini del Bunga Tavern. Tra una birra e l’altra, un sorriso malizioso e occhiate traditrici abbiamo deciso di fare una puntata nella villa del Capitano.
«C’è una festa in costume molto riservata» aveva aggiunto per convincermi. «Però le voci che girano parlano di festini a base di sesso. Vorrei immortalarli con la mia fida Leica».
Forse le troppe birre mi hanno obnubilato la mente e come uno scemo ho detto di sì.
Così abbiamo scavalcato un cancello laterale. Lei armata di macchina fotografica, io della mia incoscienza.
In silenzio ci siamo addentrati nel parco. Poi… eccomi qui immobilizzato e incapace di scappare e chiedere aiuto.
Che scemo sono stato!
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