Sto facendo uno strappo sulle recensioni che non amo scrivere. Per rendersene conto è sufficiente ricercare la categoria o il tag ‘Recensione’. Sono in totale nove di cui uno è un semplice reblog di una scritta da altri. Il mio blog ha undici anni e sono tutti concentrati nel 2021.
Per me la recensione è estrarre il succo positivo o negativo o entrambi dal testo in modo sintetico ma chiaro per chi la legge.
Il mio limite è proprio questo: mi perdo nei dettagli.
Ci riprovo con Il Madremoto di Guido Fabrizi.
Il suo testo è il viaggio nella memoria del protagonista, Javer, che ripercorre la sua vita costellata di molteplici episodi. È lo tsunami della sua vita che travolge ogni cosa e da cui riesce a emergere per ricominciare a ricostruire la sua esistenza come si fa dopo che l’onda assassina si è ritirata.
L’istinto ribelle rimane anche quando ha superato la prova più dura. Però è temperato dalla maturità, dalla riflessione, dallo guardare avanti usando il passato per eliminare le scorie del presente.
La prima parte è ricca di pathos, di molte riflessioni e introspezioni psicologiche di fronte ai vari eventi. Più piatta è quella centrale incentrata sulla fotografia che è stata l’ancora di salvataggio di Javier, che gli ha consentito di riemergere dal buio, di trovare la sua strada dopo i problemi dell’adolescenza, di maturare nel carattere e nella personalità e di trovare l’amore.
Molto intenso è secondo me ‘il marsupio dell’amore’ dove Javer si scopre genitore e cosa vuol dire questo. Molto interessante è il travaglio di padre nella sfida con la madre che punta a disarticolare il rapporto padre figlia.
Il tema della madre è un argomento ricorrente che non viene trattato direttamente ma lasciato al lettore il compito di decifrare il suo modo di operare. Solo nel finale lo affronta con una riflessione di quello che avrebbe voluto e di quello che è stato.
Singolare ma efficace è unire i punti della vita di Javer come si fa in quei giochi enigmistici dove alla fine compare un disegno. Nel caso di Javer compare il disegno della sua vita. Questo è il filo conduttore di questo testo che alterna a riflessioni profonde a passaggi piatti che comunque servono nell’economia della storia.