Su Caffè Letterario è stata da poco pubblicata la ventiquattresima puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse, che potete leggere anche qui.
Il drago Michele si siede sulla poltroncina di pelle di leopardo delle nevi. Non capisce cosa stia succedendo. Si credevano invulnerabili e si scoprono esposti ai colpi di due persone a cui non darebbe credito nemmeno il più sprovveduto degli ingenui.
La strega Ampfel si lamenta perché l’olio di maleleuca sta terminando i suoi effetti. Stringe le labbra e aggrotta la fronte. A questo ci penserà dopo.
«Almeno hanno quattro potenti amuleti» ricapitola con una smorfia delle labbra. «Ma… Allungami il dizionario delle erbe della megera rossa».
Lo apre a metà dove ci sono inserite delle erbe ormai secche e scorre il testo con un dito tra una contorsione del viso e un grugnito di dolore.
«No. Non è questa» e lo chiude con violenza.
Stringe gli occhi per concentrarsi e dominare le fitte che il veleno le procura. “Le regine della Terra di Mezzo non hanno mai tollerato le streghe o chi usa le arti magiche anche a fin di bene. Sono state tutte bruciate vive. Da secoli sono scomparse e le superstiti si sono rifugiate tra le montagne innevate”.
Scuote la testa perché vorrebbe dire che qualche megera ha tramandato alle generazioni future i suoi segreti, sfuggendo alle ire delle regine.
«No!»
Il drago Michele la osserva stupito. Parla da sola, fa smorfie di ogni tipo, smania e pronuncia frasi che lui non comprende.
«No che cosa?»
«Chiama l’apprendista strega. Che venga subito con olio di maleleuca e tisane bollenti. E muoviti».
Come se avesse origliato, Rotapfel arriva con quanto richiesto prima ancora che il drago Michele l’avesse chiamata. In silenzio porge la tisaniera con una tazza a forma di uncino su cui sta un coperchio a forma di mano. Poi con energia strofina l’olio sulle piaghe che non sembrano rimarginare.
Si sente già meglio e i dolori si attenuano. È pronta a riprendere il filo del discorso.
«Ti devi mettere in contatto con Grumhilde…».
«Grumhilde?» Il drago Michele comprende che anche tra loro ci sono molti misteri e non solo nel Castello della Terra di Mezzo.
La strega Ampfel ignora l’interruzione e fornisce tutte le istruzioni al drago Michele che deve svolgere il giorno seguente.
È sera e avverte tutta la stanchezza che ha accumulato nella giornata. Si fa preparare il letto e lo congeda.
***
Markus e Baldegunde vorrebbero porre molti quesiti ma al primo timido tentativo è stato posto loro il silenzio.
«A tavola si mangia ma non si fanno domande. Si può chiacchierare in modo pacato senza disturbare gli altri. Ci sarà tempo al termine di porre gli interrogativi che sorgono».
È stata perentoria nell’affermazione mettendoli a tacere. Gli altri commensali hanno sorriso e bisbigliato qualcosa che gli umani non hanno percepito.
Markus mangia con calma le ottime portate ma continua a riflettere chi sono queste anime immortali che vivono tra i monti innevati. Non ricorda di aver letto nulla o ascoltato qualcosa su di loro. “È vero che non ho letto molto. Sarebbe proibito ma con la scusa dei mobili e delle loro riparazioni ha goduto di una certa libertà nella biblioteca”.
«Non pensare, mangia!» La solita voce femminile lo redarguisce.
Lui sobbalza come un bambino colto in fallo. “Dunque sanno pure leggere le menti oltre a essere invisibili”. Rimpiange di aver lasciato in camera i fiori variopinti e di non essere in grado di schermarsi contro queste intrusioni.
«Non saresti stato in grado di leggere nei nostri pensieri, né proteggerti».
«Vero! Ma sarei stato capace di schermarmi» rimbecca punto nel vivo.
Baldegunde sgrana gli occhi nell’ascoltare questo dialogo al limite del surreale. Ascolta il compagno parlare ma non sente nulla dell’interlocutore. “Markus non è impazzito. Non parla da solo ma con qualcuno che non vedo né sento”.
Si sente esclusa, trascurata. Il compagno parla con qualcuno che lei non riesce a contattare. È la prima volta che la taglia fuori dai suoi discorsi. Il dialogo si fa più serrato e fatica a comprendere il senso del discorso. L’unica certezza che ha acquisito prestando attenzione, è che l’altra persona è di sesso femminile.
«Scendiamo in giardino a prendere il dessert».
È una voce femminile gradevole da ascoltare. “Forse è la stessa che sta parlando con Markus” e la gelosia cresce.
«Andiamo» dice la voce e prende sottobraccio Markus.
Lui però ha visto lo sguardo feroce di Baldegunde e il viso imporporato per la gelosia montante. Si divincola e abbraccia la compagna. “Abbiamo una missione da compiere” riflette avviandosi a uscire dalla sala.
«Sciocco» e sente anche una risata di scherno.
«Con chi parlavi con tanto fervore» chiede Baldegunde con tono stridulo, scoprendosi gelosa di una persona incorporea.
«Una voce senza volto e senza nome».
La bacia per suggellare la pace.
Un giardino, che pare il mitico Eden dei racconti del focolare, appare ai loro occhi.
«Le vostre poltrone sono qui, accanto al roseto».
Markus sospira per il sollievo, perché sono una accanto all’altra e le può tenere la mano.
«Sciocco!»
Di nuovo la voce lo schernisce ma lui sorride e alza le spalle. Ha capito che Baldegunde non percepisce le parole che giungono alla sua mente.
«È giunto il momento di spiegare chi siete e perché ci aspettavate» esordisce con tono deciso Markus, che tiene la mano della compagna.
Una breve risata precede le parole. «Chi siamo? Le anime che proteggono questo sentiero e i viandanti che lo percorrono».
Baldegunde è rimasta in silenzio, sentendo scemare l’adrenalina della gelosia. «Ma tutti lo possono percorrere?»
«Noooo!» È il coro che le risponde. «Solo le persone elette possono accedervi».
Markus e Baldegunde si guardano negli occhi inarcando le sopracciglia. «Noi persone elette?»
«Sì. Avete un compito da svolgere».
«Liberare le cinque fanciulle rapite e tenute prigioniere?» chiede Baldegunde sconcertata.
Il silenzio cala nel giardino. Sembra che siano rimasti solo loro due.
«Buona notte» augura la voce femminile.
Markus e Baldegunde si ritrovano seduti in poltrona in una saletta interna.
«Troppi misteri. Andiamo a coricarci. Domani ci aspetta la Prigione del Tempo Perduto».
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