Compagnia per l’estate – 4 – Guarda il disegno

Questo martedì metto a dura prova la vostra fantasia. Vedete il disegno sottostante? Ebbene provate a costruire un miniracconto usando solo 400 parole. Un bel passo in avanti rispetto alle 200 dei martedì precedenti.

Ecco quello che ho creato io.

Andrea si fermò davanti al disegno. Non gli suggeriva nulla.

«Ho pagato quindici euro per vedere dei disegni che un bambino fa meglio?» borbottò, accennando un passo in avanti per osservare il prossimo.

Alice sorrise. “Il mio compagno non capisce l’arte moderna”. Socchiuse gli occhi per coglierne l’essenza. Il tratto minimale traboccava una espressione felice. Una donna? No, una ragazza dai capelli lunghi che ride. Una come me, positiva e solare. Alice lasciò correre avanti Andrea che mugugnava indispettito. Per lui entrare in una galleria o vedere una mostra d’arte era una sofferenza. “Preferisce donare un litro di sangue piuttosto che frequentare questi posti, asettici, climatizzati e immersi nella penombra”.

Sorrise. Adorava visitare mostre e musei. Ci avrebbe mangiato e dormito dentro pur di non staccarsi da essi.

Se avesse avuto libertà di scelta, si sarebbe laureata in una accademia d’arte. I genitori l’avevano costretta a diplomarsi maestra e laurearsi in lettere moderne. «Un titolo di studio vale più di essere un’artista senza futuro» avevano sentenziato. Adesso si ritrovava precaria in una scuola media di un paesino sperduto nella campagna emiliana. Venti ragazzi brufolosi ai quali leggere non piaceva, studiare ancora meno. Fare baldoria, quella sì che garbava molto. E poi sfottere Luciano, l’unico che non perdeva una battuta di quello che diceva durante l’ora di lezione. Scosse il capo, pensando a tutti gli scherzi atroci con i quali lo vessavano.

«Alice» urlò Andrea, incurante degli sguardi di biasimo degli altri visitatori. Stava profanando la sacralità del silenzio. «Ti sei innamorata di quello sgorbio?»

La ragazza arrossì. Si avviò all’uscita ma ci ripensò e lo affiancò. “Ma chi se ne frega se a lui non piacciono”. «Esci pure» sussurrò con un filo di voce. «Io finisco di vedere l’esposizione».

Andrea la guardò storto, socchiuse gli occhi, serrò le labbra. Inspirò aria e contò fino a dieci per calibrare le parole. Di primo acchito gli era venuta una battuta cattiva. “Tu rimani. Io prendo la macchina e me ne torno a casa. Tu arrangiati”. Poi pensò che non sarebbe stato corretto. Avevano fatto più di cento chilometri per vedere ‘Disegni d’avanguardia. 100 anni di collezioni private’. Non riusciva a immaginare come avesse potuto ritornare.

«Ti aspetto nel bar di fronte alla mostra» mormorò conciliante. «Però non farmi aspettare fino a domattina».

Alice lo baciò e disse: «Grazie. Non ci metterò molto». Poi ritornò sui suoi passi ad ammirare gli altri disegni.

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