Su Caffè Letterario si aggiunge una nuova puntata di krimhile e le fanciulle scomparse e siamo a quota ventidue.
Per chi vuole la può leggere qui.
Oggi la loro carceriera non è passata come di consueto e le cinque fanciulle provano brividi di paura.
«Cosa sarà successo?» Si chiede Aglaja a voce alta, un po’ stridula per il timore di essere state abbandonate.
Le compagne di sventura rispondono con pensieri smozzicati inframmezzati da pianti.
«Non credo!» È la replica di Gislinde che passato il primo attimo di sgomento ha riacquistato la sicurezza nelle sue parole. «Siamo troppo importanti per essere abbandonate a una fine terribile».
Agnete domanda tra un singhiozzo e l’altro i motivi del loro rapimento.
«Lo ignoro» afferma in un momento di lucidità Adelinde.
Reinhilde rimasta in silenzio fino a quel momento si chiede a voce alta i motivi per cui loro rappresentano un patrimonio importante. «Aglaja, chi ti ha detto che siamo importanti e quindi non siamo state abbandonate?»
Aglaja abbozza un sorriso stentato, perché la compagna l’ha confusa. «Nessuno».
Gislinde stava per replicare ma la lascia parlare. “Tanto avrei data la medesima risposta”.
«E allora?» Incalza Reinhilde non paga della risposta.
Aglaja spiega che rapire cinque fanciulle illibate sotto gli occhi della regina Krimhilde rappresenta un grosso rischio per chiunque. Una vera sfida alla sua proverbiale collera, quando sono coinvolte delle figure femminili. «Facciamo parte di un piano misterioso ma di certo molto importante per i nostri rapitori. Siamo merce troppo preziosa per essere lasciata morire di inedia e stenti».
Le ore passano e non si vede nessuno. Qualcuna inizia a percepire i morsi della fame, perché nella giornata odierna hanno potuto mangiare solo i resti del giorno precedente. Domani sarà peggio se non arriverà nessuno.
Dalla fessura la luce diventa sempre più fievole fino a sparire del tutto. Nella giornata odierna è tutto diverso a cominciare dal mancato arrivo della carceriera. Poi le loro inquietudini per la sensazione di essere abbandonate a una morte atroce. Infine la nostalgia delle persone amate che rischiano di non vedere più.
Col buio l’angoscia cresce, mentre un’altra notte le aspetta con l’incognita di non vedere la nuova luce dalla fessura.
Aglaja ha perso la baldanza che fa parte del suo carattere e piange in silenzio. Non le piace mostrare la sua debolezza. Singhiozzi ovattati e respiro sincopato accompagnano i suoi pensieri. “Non potrò rivedere Karl, né le amiche. E…” e si interrompe perché avverte un groppo alla gola che le impedisce di respirare.
Gislinde, la veterana del gruppo, chiama a una a una le compagne. Un modo per tenere alto il morale. «Adelinde…».
Con la voce impastata dalla paura e dal pianto lei risponde al richiamo.
«Dobbiamo essere forti. Parliamo per farci coraggio e compagnia, così la notte ci farà meno paura». Gislinde con gli occhi arrossati per il pianto suggerisce questo approccio per le prossime ore.
La strega Ampfel urla, si dimena per il dolore che il veleno le procura e per effetto delle erbe che usa per combatterlo.
L’apprendista strega Rotapfel è terrorizzata e gli occhi sbarrati lo dimostrano. Continua a massaggiare con forza le piaghe che sembrano non finire mai di espurgare quel siero puzzolente. Il ritorno della strega Ampfel le ha fatto dimenticare il compito giornaliero ma non lo esterna per non incappare nelle sue ire. “Forse riuscirò ad assolverlo prima del calare del sole” riflette mentre continua a strofinare con energia l’olio di maleleuca. Le mani sono arrossate e le braccia indolenzite ma non osa lamentarsi.
Il drago Michele si è seduto sul divano nero e aspetta con pazienza che venga chiamato. Sono passate molte ore da quando si è sistemato e vorrebbe tornarsene nella sua abitazione e mangiare un boccone. È a digiuno dalla sera precedente. Come l’apprendista strega non ha il coraggio di sfidare il furore collerico della strega Ampfel: l’ha già assaggiato in occasioni precedenti. «Pazienza…» mormora col labiale per non farsi udire.
Cala la sera e i lumi si accendono, mentre il drago Michele sonnecchia ronfando. Si desta sentendo il suo nome e per poco non provoca un disastro. Per un pelo riesce a trattenere lo sbuffo che come un lanciafiamme avrebbe carbonizzato l’intero arredo della stanza. Si mette eretto con difficoltà, perché ha tutti i muscoli rattrappiti per la scomoda posizione. Barcollando raggiunge la stanza dove la strega Ampfel si sta curando.
«Hai chiamato?» Il tono ironico della voce e lo sguardo beffardo che illumina il suo viso la irritano, mentre Rotapfel si allontana per prudenza. “Quando è in queste condizioni può succedere di tutto”.
La strega Ampfel si trattiene e controlla la collera che monta. Ha bisogno di entrambi e non desidera innescare un battibecco inutile.
«Nella Caverna del Pozzo Maledetto c’era una quarta persona che teneva la verga ammazzastrega. L’ho capito stamattina vicino al torrente Ginestro. Stesse sensazioni… Ma non è questo l’argomento da discutere. Piuttosto è da capire quali altri strumenti pericolosi la donna e il suo compagno…».
Sul viso del drago Michele il sorriso beffardo si ghiaccia e stringe gli occhi per prestare maggiore attenzione. «Sicura che sia un uomo la quarta persona?» Se fosse così senza dubbio si tratta del compagno della donna. Eppure non ha avvertito la presenza umana del quarto ospite oltre a loro.
«È possibile abbiano strumenti così potenti da ingannarci?»
La strega Ampfel annuisce e fa una smorfia per il dolore che le piaghe le procurano.
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