Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova parte dell’avvincente racconto della Terra di Mezzo, che ripropongo qui sotto.
La strega Ampfel entra come una furia urlando. «Apprendista strega dove sei? Quando ho bisogno di te, sei sempre imboscata!»
Getta in un cestino accanto alla porta quel che resta del mantello invisibile e si guarda intorno con gli occhi color delle braci. «Dove si è nascosta quella presunta strega Rotapfel? La declasserò al nulla!»
La ragazza intimorita con lentezza e con gli occhi bassi si affaccia alla porta dello studio in nero.
«Ha bisogno, signora?»
Un urlo sovrumano prorompe dalla bocca della strega Ampfel e tutta la cristalleria della casa inizia a tintinnare. La vallata lo ha sentito e i nerd di montagna si rifugiano in casa per sfuggire all’ira della strega Ampfel.
«Portami iperico, aglio, rosmarino e il miscuglio di lavanda, erica e salvia. Voglio la boccetta dell’olio di maleleuca e che sia piena! E poi…». A questo punto le manca la voce e con il viso stravolto dalle piaghe purulente, in preda alle convulsioni per il veleno che sta entrando in circolo, si siede in attesa di quanto ordinato. Si sente esausta. Ansima e maledice tutti quanti. Si alza, gira per la stanza e si siede di nuovo. Tutta questa attività frenetica peggiora la situazione, perché avverte che il veleno è entrato in circolo e deve bloccarlo.
Subito si fa strofinare l’olio con energia sulle piaghe, mentre si prepara una tisana di lavanda selvatica ed enula che assume ancora calda. Non prova sollievo ma avverte le contrazioni del suo corpo che contrasta l’avanzata. Si prepara una nuova tisana con salvia, iperico e aglio, un miscuglio maleodorante e dal gusto tutt’altro che gradevole. Manda giù tutto d’un fiato. Le piaghe emanano un odore repellente ma si sente meglio.
L’apprendista strega Rotapfel esegue gli ordini come se fosse in catalessi facendosi forza per non vomitare alla vista di quelle piaghe che espurgano un liquido serioso nero e puzzolente.
«Mettici più energia!» Sollecita, avvertendo che il fisico combatte il veleno e sta vincendo.
«Sì, signora» balbetta mangiandosi le parole un’inebetita apprendista strega.
Il drago Michele, che è arrivato al piccolo trotto senza fretta, si affaccia sull’uscio per controllare come sta.
«Non scappare! Tra poco ho bisogno di te». Urla per il dolore che piaghe e veleno le stanno procurando ma deve resistere e sopportare se vuol vincere la sua guerra.
Markus e Baldegunde si avvicinano senza fretta alla costruzione che da vicino sembra più imponente rispetto alla prima visione. Un po’ di timore c’è perché la situazione non appare normale. Sembra una realtà deformata.
La porta si apre da sola come se qualcuno da dentro avesse azionata l’apertura.
Si consultano con gli occhi e poi alzano le spalle come gesto di rassegnazione. Le alternative non sono molte: o entrare sperando nella fortuna oppure restare all’esterno col rischio di congelarsi per la sera imminente. Nessuna delle due prospettive appare allettante.
«Benvenuti nella casa delle Anime Immortali! Aspettavamo con impazienza la vostra venuta».
Markus e Baldegunde si bloccano sul limitare dell’uscio e si guardano con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Una sorpresa dietro l’altra. Entrambi hanno un comune pensiero: la costruzione è dotata di aspetti che vanno oltre la loro immaginazione e abitata da personaggi magici. “Come diavolo sanno della nostra venuta? Abbiamo deciso solo ieri sera!”
Avanzano di qualche passo all’interno e la porta si richiude da sola senza far rumore.
«Siamo in trappola» avverte Markus per nulla rassegnato alla situazione.
Baldegunde maledice l’ostinazione del compagno a voler proseguire. «E adesso?»
«Nulla. Aspettiamo gli eventi e prepariamoci…»
Brevi risolini echeggiano nella stanza come a prendere in giro i due ospiti che appaiono timorosi e sospettosi. Il cuore accelera, il respiro diventa un roco suono. I loro passi risuonano come se camminassero su una scatola vuota.
Markus si ferma nel centro della stanza che ondeggia al ritmo dei loro polmoni. Ha un momento di sbandamento e incertezza, mentre prende sotto braccio Baldegunde in atteggiamento protettivo.
Nuovi risolini di scherno echeggiano beffardi.
«Le vostre stanze sono pronte al primo piano. Si mangia tra un’ora».
Markus non fa in tempo a replicare un po’ stizzito quando la parete di fronte si apre mostrando una scala.
«Vieni» sussurra Baldegunde che con senso pratico ha capito che sarà un’impresa uscire da lì senza il consenso della voce misteriosa. «È inutile fare resistenza. Cinque minuti fa…».
«Lo so! Mi hai maledetto per la mia cocciutaggine. Ho capito che era meglio tornare indietro per procurarsi quello che serve per arrivare alla Prigione…».
«Ci arriverete. Ora salite. Ci ritroviamo qui tra un ora».
Markus scrolla il capo e segue la compagna in silenzio. Non avverte pericoli ma si sente prigioniero di una strana magia. Un edificio senza tempo che appare di dimensioni modeste all’esterno ma che internamente sembra vastissimo. Voci che dialogano e danno istruzioni. Però è quel ‘vi aspettavamo con impazienza’ che lo fa riflettere: sembra che siano gli ospiti d’onore tanto attesi.
Percorso un lungo corridoio illuminato da torce che non bruciano, appare all’improvviso una porta aperta, l’unica incontrata finora.
«Forse sono queste le nostre stanze» azzarda con un filo di voce Baldegunde che ha perso la sicura baldanza di poco prima. “Ha ragione Markus. C’è qualcosa di strano nell’aria. Non di pericolo ma di magia che non possiamo controllare”.
Varcata la soglia, la porta sparisce. Sono chiusi dentro senza possibilità di uscire.
«Magia buona oppure no?» Borbotta Baldegunde che con lo sguardo vuoto esamina la loro prigione.
«Non saprei dirlo con precisione. L’unica certezza è che il nostro libero arbitrio non esiste più».
Baldegunde superato il momento sconforto si guarda intorno con occhio curioso. “Due, no tre o forse quattro stanze. Un sogno”. Il confronto con la loro foresteria che le sembrava lussuoso non regge sia per gli arredi sia per le dimensioni.
Markus dimentica in fretta la loro situazione precaria perché la sua attenzione è concentrata sui mobili che sfiora. “Credevo di essere il più abile ebanista della Terra di Mezzo ma questi mi surclassano e mi relegano a modesto apprendista”.
Le essenze gli sono sconosciute, la radica è uno splendore, il disegno è superbo e la fattura appare come un miracolo di falegnameria.
La voce della compagna lo scuote facendolo ritornare alla realtà.
«Andiamo a prepararci. Un’ora passa in fretta».
Se vuoi ricevere gli aggiornamenti sottoscrivi il form.