Un viaggio, un incubo – ventiquattresima puntata

Cari lettori pazientate un po’ perché tra cinque puntate il vostro martirio avrà termine. Per i più temerari può trovare qui l’arretrato.

da Pixabay credits AdinaVoicu

 

I telefoni smettono di emettere le loro melodie. La calma sembra di nuovo raggiunta senza che lui abbia fatto nulla.

«Pieces of shit! Avete finito di spaccare? Dove sono?» impreca volgarmente.

Vorrebbe spegnerli per non essere più disturbato. Ricomincia la perlustrazione alla loro ricerca, perché non ricorda dove ha posato il suo e dove sia nascosto quello di Simona. È sollevato perché non suonano più. È lucido, sveglio completamente. Ha un ghigno cattivo.

Pensa di prendere un panetto di burro dal frigorifero ma prima deve compiere un’operazione impellente. Deve vuotare la vescica. Il membro diventa duro al pensiero di quello che ha in mente.

«Ha la bocca tappata quella puttana» dice soddisfatto mentre tira lo sciacquone. «Se non l’avessi fatto, avrebbe strillato come una gallina e l’intero caseggiato sarebbe in subbuglio. Avrebbero chiamato la polizia e fine del gioco. Essere prudenti è meglio per non correre rischi. Mi piacerebbe sentire la sua voce implorare pietà, ma la precauzione è doverosa».

Una franca risata lo sprona a mettere in atto quello che ha architettato.

Simona rimane in vigile attesa, ascoltando rumori, frastuoni, urla, imprecazioni, suonerie in un concerto cacofonico. Un attimo di pausa.

Le fitte sono diminuite d’intensità, ma le ricordano quanto è avvenuto e questo non l’incoraggia. Si domanda, quanto durerà la tregua tentando di tenere alta la tensione per fronteggiare il nuovo assalto.

Si chiede perché, nonostante tutti i buoni propositi strillati con molta convinzione, alla fine non riesce quasi mai ad attuarli. Doveva raccontare il tentativo nello sfasciacarrozze, descrivere meglio le sembianze di Mark, dare tutti gli indizi per rintracciarlo. Però lei ha taciuto per un malinteso pudore e un’eccessiva riservatezza. Adesso ne sconta le conseguenze.

“Chissà se mi stanno cercando? Chi ha chiamato il mio numero? Irene? Mia madre?”

Si trova sul letto legata fra puzze e odori sgradevoli, incapace di chiedere aiuto. E rammenta l’incubo dell’altra notte che si sta materializzando. Nel sogno è stato un trillo a salvarla, ma dubita che possa avvenire nelle circostanze attuali. Non ha creato una situazione a suo favore, tacendo. Adesso è in balia di Mark e deve preparare la resistenza. “Per quanto?”

“Peccato non poter chiedere aiuto. Il baccano di prima ha svegliato mezzo mondo. Se potessi, qualcuno mi sentirebbe chiamando la polizia”. Sente dei passi che si avvicinano.

«Aiuto! Help!» Un grido strozzato da una stoffa ruvida nella bocca. Il respiro si fa faticoso mentre teme di morire asfissiata.

Simona si agita perché non può vedere cosa ha in mente Mark. L’ha sentito trafficare in cucina, lo sente vicino a lei. Respira a fatica e il petto si muove come un mantice nel tentativo d’immagazzinare aria. Il bavaglio che copre la bocca impedisce una respirazione nasale corretta. Avverte la mancanza di aria e la sensazione di asfissia. Deve mantenersi lucida né farsi prendere dal panico.

Mark si avvicina. Lo sente ridere sguaiatamente, mentre un brivido percorre la schiena umida e sozza. È consapevole che inizia la partita decisiva. Deve mantenere saldi i nervi, non cedere alle provocazioni e opporre la resistenza passiva più tenace possibile . Sa che è una battaglia quasi persa in partenza, perché lui è deciso a farle la festa e non sarà gioiosa.

Riflette e si prepara a non mostrare paura. Percepisce le sue mani sul corpo. Lo sente parlare in termini sconnessi e respirare rumorosamente. Intuisce che è eccitato e quindi più pericoloso. Ha una sensazione sgradevole. Mani unte massaggiano il suo sesso. Stringe le gambe in modo istintivo ma le corde incidono la pelle delle caviglie già martoriate in precedenza. Vorrebbe urlare ma dalla gola esce un gorgoglio.

I gemiti di Mark crescono d’intensità. Ha compreso il suo piano. La vuole violentare sfruttando il burro o qualcosa di simile. Cresce l’ansia e il senso d’impotenza. Il petto si muove frenetico per il terrore che sta crescendo.

Crede che il gesto sarà compiuto e si rassegna a subire, quando percepisce del liquido vischioso e caldo scendere sulla gamba destra. Ha un sorriso sbieco. Non è soddisfazione ma sollievo per il momentaneo scampato pericolo.

Lo sente imprecare, mentre l’ansito di Mark si mescola con le parole. È un farfugliare incoerente che toglie un pizzico di ansia a Simona, che riprende a respirare con più calma. Una volta di più la buona sorte l’assiste e ringrazia Dio.

“Quanto tempo ho a disposizione, prima che Mark ritenti l’assalto?” si chiede Simona che cerca una posizione più comoda. Però le corde sono implacabili e incidono la pelle martoriata. Il sangue riprende a uscire dove le corde hanno inciso la carne.

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