Un viaggio, un incubo – dodicesima puntata

Il nostro Mark non demorde e ci riprova. Prosegue la storia di Simona. Per chi avesse perso qualcosa la può rintracciare qui.

Buona lettura

Foto di Luis Dalvan da Pexels

Il prato brulica di persone alla ricerca di un posto a sedere. Diversi eventi fanno degna cornice a questo angolo di verde situato nelle vicinanze di Times Square e i locali sono pieni.
Ha fortuna perché si libera un tavolo, senza dover attendere molto. Preferisce al classico dinner un brunch a base di Buttermilk Pancakes with Banana & Walnuts mixed berry salad, banana bourbon compote. Classic Eggs Benedict Canadian bacon, chive hollandaise sauce, roasted fingerling potatoes. Acqua minerale. Per dessert Chocolate Coconut, Créme Brulee, Coconut Sorbet.
La serata calda e immersa in un’atmosfera rilassante gli consente di dimenticare per un po’ i progetti della notte. Le portate sono di suo gradimento. La fama del posto è meritata.
“Quella troietta mi fa impazzire. Ma stanotte sarà mia!” pensa gustando il dessert. “Acc! Chi mi cerca?” Non desidera essere disturbato e chiude la chiamata. È concentrato sul piano e non vuole interferenze. La telefonata è di una donna contattata la sera prima in una sexchat. Per lei non c’è posto, forse nelle prossime sere.
“Per primo deve smontare quello stronzo nero che mi ha messo nel mirino. Poi devo tentare di arrivare agli ascensori senza farmi notare. Il numero della suite lo conosco. È stato sufficiente osservare la casella dove hanno messo la mia busta. Sono stato fortunato perché era visibile e io ho due occhi da falco. Con un pizzico di fortuna in un baleno sono davanti alla porta” e si fa una bella risata.
Finito di cenare, si incammina verso il residence Inn Patriot, fischiettando un motivetto. Allegro intuisce che sarà una notte speciale.
Osserva la reception e nota con soddisfazione che il personale è cambiato. Ha via libera per raggiungere Simona salvo intoppi. Sa che questi sono sempre in agguato e non deve abbassare la guardia.
Con noncuranza entra per avviarsi agli ascensori, ma si trova sbarrata la strada da un bianco che ha tutta l’aria di essere della sicurezza. A prima vista gli è sembrato un cliente, ma la troppa fiducia nelle sue capacità di riconoscere le persone l’ha tradito.
«Dove vuoi andare?» chiede con tono che non ammette repliche.
«Alla suite 510» risponde sicuro Mark. «Ho un appuntamento con Miss Ferrari».
L’addetto lo blocca e lo fa accomodare in una saletta, mentre verifica le affermazioni di Mark.
«Mi spiace, ma non c’è nessuna Miss Ferrari alla suite 510» dice con tono secco. «O mi spiega perché ha tentato di salire senza passare dalla reception o chiamo la polizia».
Sa di essere in trappola e deve confezionare una bugia credibile se vuole uscire senza danni dal residence. Non lo preoccupa la minaccia della polizia, perché sa che lo lascerebbero andare dopo qualche ora. Però nel frattempo la bella Simona potrebbe cambiare suite o residence. E lui ne avrebbe perso le tracce.
In fretta confeziona la storiella, raccontando che ha conosciuto Miss Ferrari sul web e che lei è arrivata dall’Italia nella grande mela il giorno prima per incontrarlo.
«Vedi» dice Mark. «C’è una chiamata al mio telefono dalla suite 510, se leggi i tabulati delle telefonate uscenti» e aggiunge con tono dimesso: «Mi ha chiesto di raggiungerla per la notte. Non pensavo che ci fosse tutta questa fiscalità».
Dick, il poliziotto privato, lo osserva con attenzione poco convinto dal racconto che a prima vista è probabile. Però resta il fatto che anche John, del turno precedente, ha segnalato un tentativo sospetto d’introdursi di soppiatto di un uomo che corrisponde a quello che sta davanti alui. Nell’arco di poche ore ha provato due volte a salire senza passare dalla reception o farsi annunciare. Inoltre la data di arrivo non coincide. Deduce che solo una parte del racconto è vera, ma il resto no.
“Se chiamo il poliziotto di quartiere, questo lo lascia libero in un amen, perché non ha compiuto nessuna infrazione. Se gli permetto di salire, rischio grosso, perché non ho vigilato a dovere. Miss Ferrari ha detto con decisione di non aspettare nessuno né stasera né domani. Lo accompagno alla porta e gli dico di girare al largo” riflette Dick.
Senza troppo chiasso e dare nell’occhio accompagna Mark fuori dal residence con l’ingiunzione di non provarci più.
«Se vuoi salire nella suite di qualche donna alloggiata qui, passa dalla reception e fatti annunciare» intima con tono secco.
Per la seconda volta si trova sul marciapiede prospiciente l’ingresso con la minaccia nemmeno troppo velata di finire in pasto ai piedipiatti. NYPD non ha la fama di essere tenera coi molestatori, ma lui non dà ascolto alla ragione e si apposta all’ingresso del parking sotterraneo pronto a cogliere l’occasione giusta.
“La fortuna non mi ha girato le spalle” si dice osservando un pickup che si appresta a scendere nel parcheggio sotterraneo. E lui si appresta a salire dietro per raggiungere gli ascensori.
Mark sorride, perché la notte è appena iniziata.

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0 risposte a “Un viaggio, un incubo – dodicesima puntata”

  1. Mi hai tanto ricordato un breve racconto di King dove il marito ( privo di olfatto per via delle fabbriche) parla a letto con la schiena della moglie per settimane.
    Di notte sempre una sensazione macabra il cagnolino sgranocchia qualcosa sotto il letto.
    Lui lascia la moglie dormire e va al lavoro tutti i giorni e i post it si cumulano sul frigo.
    Nel palazzo sentono una puzza tremenda e credono che una signora in vacanza abbia lasciato il frigo pieno, ma dopo essersi riusciti a mettere in contatto con lei aprono l’appartamento il frigo è a posto il gatto anche lui in vacanza ….,
    Giuro mi hai fatto ricordare questo

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