Un viaggio, un incubo – seconda puntata

Eccoci con la seconda puntata di questo racconto lungo.

Foto di Wellington Cunha da Pexels

Finita la doccia, controlla i danni fisici subiti, che ripuliti non sono così preoccupanti come le è sembrato a prima vista, e tira un sospiro di sollievo.

In un paio di giorni non si sarebbe notato più nulla: qualche livido fra le cosce, diversi graffi superficiali alle spalle e sulle mani, un taglietto sotto il seno sinistro e basta. Però non li avrebbe notati nessuno, perché sono parti normalmente coperte.

Si rilassa sul letto nuda coi capelli ancora umidi. “Li asciugherò più tardi, se ne ho voglia. Ora desidero stemperare la tensione della lunga corsa”.

Non ha fornito a Mark l’indirizzo di New York e sorride a questo pensiero, perché sarebbe in preda al timore di vederselo sbucare dalla porta d’ingresso.

Dopo l’arrivo ha trascorso i primi due giorni a sistemarsi per riprendersi dalle differenze di fuso orario, il cosiddetto jet lag. Le sei ore di differenza dall’Italia si sono fatte sentire nel sonno come nei pasti. Per ventiquattro ore ha avvertito uno scompenso nell’orologio circadiano. Sonno e veglia sono stati sfasati come la voglia di cibo.

“Una sensazione strana” si è detta all’arrivo al JFK di New York. “Percepisco sonno e fame, ma sono appena le quattro del pomeriggio e ho davanti molte ore prima di mangiare e dormire”.

Alla fine del secondo giorno ha contattato telefonicamente Mark, che con insistenza voleva conoscere dov’era alloggiata, ma ha finto di non capire la domanda. Si sono dati appuntamento al Central Park per la mattina seguente per fare la prima conoscenza visiva dopo tanto chiacchierare in inglese via chat.

L’incontro non è stato dei migliori, anzi piuttosto deludente. Simona ha immaginato Mark più alto e giovane. Le è sembrato un uomo non più nel fiore degli anni con la tendenza alla pinguedine. Si è domandata il motivo per cui lo vedeva alto, snello, vigoroso e gentile, mentre adesso era tutt’altro. Basso di statura con pochi capelli che mostrano molte ciocche grigie ribelli e dalla pelle avvizzita.

La conversazione ha languito, perché lui ha mostrato più interesse alle sue forme che a parlare.

Sdraiata sul letto si alza per vedersi riflessa sullo specchio di fronte. Il suo aspetto non risente dell’età. Ha forme desiderabili nonostante i quarant’anni e le tante battaglie con gli uomini. Poco grasso, solo un leggero accenno sui fianchi, zero cellulite, il seno sodo e ben sostenuto, la pelle vellutata senza grinze. Il ventre invece non è mai stato piatto, ma piuttosto rotondo. Però questo ha smesso di essere un cruccio da molti anni e lo ha accettato come è. Le zampe di gallina ci sono, pensa osservandosi allo specchio, ma non si notano più di tanto, È sufficiente un po’ di cosmesi per renderle invisibili.

È soddisfatta del proprio corpo e avverte di essere in armonia con lui, mentre con le mani lo ripercorre dal seno al pube e lo paragona con quello di Irene, che ha visto tante volte nudo. Questo mostra i primi attacchi del tempo con le forme che si sono arrotondate e appesantite. Quando erano all’università, Simona faticava ad attirare gli sguardi dei ragazzi, mentre l’amica non aveva altro che l’imbarazzo della scelta. Però adesso, con un sorriso di soddisfazione sul viso, le parti sono invertite. Lei non fatica a trovarsi un uomo, per contro Irene suscita tiepidi entusiasmi. Solo offrendo sesso riesce a racimolare un accompagnatore.

Appagata ripiomba sul letto, mentre riaffiorano le sensazioni sgradevoli della mattinata con Mark.

«Non ha fatto altro che toccarmi un po’ ovunque con mio grande imbarazzo» esclama schifata. «Non mi sarei aspettata questa aggressività sessuale che non ho gradito».

Non era la prima volta che un uomo la palpeggiava, ricorda storcendo la bocca.

«In quarant’anni sono passata nel letto di molti, ma lui mi ha procurato fastidio. Non mi ha stimolata, anzi tutt’altro» afferma corrugando la fronte.

Da più di un anno si frequentano via chat. Nutriva una grande curiosità per questo incontro ma l’impatto è stato deludente. Quello che la impensierisce è stato la mancata attivazione del campanello d’allarme per il suo comportamento.

«Mi sono lasciata convincere di andare fiduciosa all’appuntamento pomeridiano» borbotta osservandosi allo specchio. «Sono stata un’ingenua accettare la sua proposta. C’erano tutti gli ingredienti per valutare la situazione e rispondere con un secco ‘No, thank you’. Eppure non l’ho pensato e mi sono cacciata in un ginepraio che avrebbe potuto finire molto male».

Nelle sue intenzioni il viaggio non doveva essere un tour sessuale, ma desiderava incontrare una persona, conosciuta virtualmente, per stringere un’amicizia reale. In questo momento comprende che questo aspetto rimarrà inevaso, dopo l’esperienza del pomeriggio.

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0 risposte a “Un viaggio, un incubo – seconda puntata”

  1. Eccomi con diverse domanda, ma preferisco aspettare e leggere altro: son certa che i dubbi si srotoleranno.
    Una suspense che mi piace insieme alla protagonista!

      1. Causa riacutizzarsi del male feroce alla spalla x me riposo forzato, ieri ho ripreso gli esercizi in piscina ed oggi dolore acuto, ergo che la piscina x me non va bene

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