Daniele – parte 1

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foto personale

Il trillo del telefono lo fece sobbalzare e lo riportò alla realtà che aveva senso di esistere solo perché tempestata di ricordi. Guardò istintivamente la vecchia patacca, ereditata da Gaetano, amico fraterno del padre. Le cinque e dieci. “Chi poteva essere a quell’ora?” pensò, accendendo la luce. “Solo qualche scocciatore che ha sbagliato numero”.

«Pronto?» soffiò nella cornetta del telefono fisso, vecchio retaggio di molti anni prima.

Nessuna risposta. Pareva muto. Eppure avvertiva che dall’altra parte c’era qualcuno. Un leggero soffio, come un ansimare represso arrivava al suo orecchio.

«Pronto?» ripeté Daniele, che stava perdendo le staffe. «Chi è? Chi sei?»

Se era qualcuno che si divertiva a svegliare il suo prossimo per gioco, cascava male. Pensò Daniele. Un pensiero bizzarro questo, perché non aveva nessuna idea per la testa al riguardo. Dunque stava per riporre la cornetta sul suo supporto, quando udì una voce femminile. Non era la solita ragazzina arrapata, che molestava gli amici di papà. Il tono era da persona adulta.

«Ciao Dani» sussurrò impacciata. «Non dormivi, vero?»

Scaricò la tensione con una risata. “Alle cinque del mattino che fa un cristiano normale?” pensò Daniele, sistemandosi meglio il cuscino dietro la schiena. “Dorme di certo. A meno che…”. Scosse la testa. Non era il suo caso. Non lo era da diverso tempo. Meglio non ricordare quando, pensò contrito.

Riconobbe immediatamente la voce roca e morbida di Natalia. Natalia o meglio Natalina. Natalia o meglio sua sorella, Natalina. Due ragazze che si facevano fatica a distinguere al telefono. Però era certo, questa volta. Nessun dubbio.

«Ciao Natalina!» disse sbadigliando rumorosamente per far capire che era in braccio a Morfeo prima della sua telefonata poco opportuna. «No? Non dormivo, secondo te? Qui sono le cinque e dieci del mattino».

Udì una leggera risata, come se fosse stata soffocata con la mano. Di Natalina l’infastidiva questo humour macabro, fatto di domande cretine. Ricordò una volta che aveva fatto un capitombolo da Guinness sul ghiaccio. E lei tutta calma gli chiese “Sei caduto?” L’avrebbe strozzata, se non avesse usato quel tono vagamente ingenuo e spontaneo, che le era proverbiale.

Natalina l’ultima volta che l’aveva sentita era a New York. “Se fosse ancora lì” pensò, sistemandosi più comodo nel letto. “Sarebbe sera da lei. Ma sono passati tre mesi. Quindi chissà da dove telefona”.

«Sì. Lo so» precisò Natalina. «Sono in Italia…».

Bella scoperta!” si disse innervosito Daniele. “Dove pensa che io sia?”

«Certo che lo so. Sei in Italia» precisò Daniele, interrompendola.

«Sono a Malpensa» proseguì Natalina, ignorando il suo sarcasmo. «Sono appena atterrata da New York. Tra tre ore arrivo a Fiumicino. Mi vieni a prendermi? O devo prendere un taxi?»

Daniele rimase senza voce. Attonito e basito. “Ma che domanda mi fa?” borbottò sconcertato. “Da quando in qua, mi devo scomodare per lei?”

Non l’aveva mai fatto e non aveva intenzione di cominciare proprio stamattina. Questo fu il suo primo pensiero, che represse senza indugio. Però erano passati mesi, forse un anno abbondante dall’ultima volta che l’aveva vista. “Posso lasciarla in balia di quei buzzurri alle otto del mattino?” si disse, preparandosi mentalmente alla levataccia.

Dunque Natalina è in Italia” rifletté con un bel sorriso. “Natalina a Roma!” Senza preavviso. L’aveva contattata un paio di giorni prima senza risultati. Il telefono squillava a vuoto, prima di attaccare la solita litania della segreteria, che nessuno ascolta.

L’ultima volta che l’aveva sentita era appena sbarcata nella grande mela, a New York, alla caccia di finanziatori. Gli era sembrata felice, tranquilla, totalmente presa dall’ultimo progetto della scuola itinerante per i ninhos de rua dell’assurda Bahia. Un’utopia costosa affrontata col sano entusiasmo degli incoscienti.

«Devo trovare un milione di dollari» gli aveva confidato.

«Pfiu!» aveva esclamato Daniele. «E come pensi di trovare quella montagna di denaro?»

Natalina era rimasta per qualche secondo in silenzio prima di rispondere. «Non lo so» aveva ammesso candidamente. «Ma li devo trovare entro trenta giorni».

Adesso era Daniele basito. Aveva provato in tutte le maniere a farla recedere da quel progetto impossibile. Creare una struttura per accogliere i ninhos de rua di Bahia, farli studiare, trasformarli un uomini e donne autosufficienti. La classica mission impossibile, un’utopia, che superava i limiti dell’assurdo. Servivano fondi, sponsor e personale. Però non c’era stato nulla da fare. Un anno prima era partita per il Brasile piena di entusiasmo e con tanti sogni nel cassetto. Si erano sentiti regolarmente fino a tre mesi prima. Poi era calato il silenzio. Non sapeva se la sua raccolta fondi fosse andata a buon fine, se era tornata a Bahia oppure era rimasta a New York. Nessuno sapeva nulla, nemmeno sua sorella Natalia.

E adesso era in Italia e fra tre ore a Roma. Pronta per essere abbracciata.

«Come sei qui?» fece Daniele sorpreso dalla telefonata. «Che ci fai qui?»

Silenzio. Solo un sibilo di un respiro affannato.

«Natali’?» domandò Daniele allarmato. «Sei sola? Non tenermi sulle spine».

«Dani» fece Natalina, interrompendosi subito.

«Dimmi, Natali’» disse paziente Daniele.

Nuovi rumori di fondo, come se stesse camminando con un altoparlante che gracchiava qualcosa.

Daniele trattenne il respiro. Natalina gli avrebbe provocato di certo un infarto per il suo modo di parlare a strappi, senza mai concludere il discorso.

«Hai sentito Sara?» riprese quella voce affannata. «Hai parlato con Sara?»

Daniele rimase in silenzio. “Certo che ho parlato con Sara” pensò. “Altra domanda idiota”. Si morsicò un labbro, facendo uscire una stilla di sangue.

«Dani, hai parlato con Sara?» ripeté Natalina la domanda.

«Sì, ieri sera» rispose laconico Daniele. “Ma che te ne importa di Sara? Non l’hai mai potuta sopportare” si disse, storcendo il naso.

Quello che gli aveva detto Sara gli bruciava ancora. Non poteva dimenticare quella voce rissosa e alterata, che lo aveva accusato di non pensare a lei.

Si erano conosciuti sui banchi del liceo. Avevano fatto coppia fissa fino alla maturità. Poi Sara era partita per Venezia. Voleva fare l’architetto. Daniele era rimasto a Roma a laurearsi ingegnere. Due percorsi distinti con esiti diversi. Lui brillante laureato, lei fuoricorso con pochi esami alle spalle. Lui l’aveva aspettata per qualche anno ma alla fine aveva capito che tutto era finito. Lei aveva girato per l’Europa come una hippy senza pensare a Daniele.

Natalia era l’amica del cuore di Sara. Natalina era sua sorella, di sette anni più piccola di lei. Daniele aveva visto in lei il ruolo di sorella minore, sempre appiccicata a loro. Fin da piccola. Sembrava essere la loro coscienza. Dove c’era Natalia e Sara, c’era anche lei. Daniele aveva vista Natalina come una bimbetta buona e ubbidiente con le trecce e il vestitino sempre in ordine. Poi crescendo una ragazzina diligente e attenta. Un’adolescente senza grilli per la testa, senza bravate.

Le loro strade si erano divise. Lui all’università, lei ai primi anni del liceo. Natalia dapprima aveva seguito Sara a Venezia ma presto era ritornata a Roma. La lontananza di Natalia aveva allontanato Natalina. Qualche volta si incrociavano ma niente era come prima.

Natalina era cresciuta. Era diventata un bella ragazza dai capelli castano chiari. Era fisicamente distinta dalla sorella ma dalla voce straordinariamente uguale. Natalia aveva forme robuste, che erano esplose nel periodo veneziano. Natalina aveva conservato forme minute e snelle.

Un giorno di sei anni prima il destino mise Daniele e Natalina sulla stessa strada. Lui era in segreteria per ritirare diploma di Laurea e l’abilitazione alla libera professione. Lei si iscriveva a lettere. Ripresero a frequentarsi, a uscire insieme. Per lui era una sorella ma lei lo vedeva come un amante, che si negava.

Natalina confermò quello che era sempre stata. Un’universitaria impeccabile, brillante e straordinaria. Chiuso il ciclo della laurea quinquennale, Natalina in una sera di ottobre aveva dato appuntamento a Daniele in pizzeria. Lui pensava per festeggiare il diploma di laurea in lingue straniere. Con sua grande sorpresa gli annunciò che aveva un biglietto per il Sud America e che sarebbe partita dopo due giorni.

«Io, qui, non so cosa fare» disse Natalina, guardando con i suoi occhi blu un Daniele tramortito dalla notizia. «Vado in Sud America. Faccio un viaggio, che ha una data d’inizio ma non di fine. Voglio esplorare questo terzo mondo di cui tanto si parla. Forse lì saprò che fare!»

Al suo arrivo in Brasile Natalina gli aveva comunicato del suo progetto sui ninhos de rua. Un qualcosa di grandioso se fosse andato a buon fine ma anche pericoloso per la sua vita. Laggiù le violenze, specialmente sulle donne, erano all’ordine del giorno. A nulla valsero le sue reiterate richieste di tornare in Italia.

Qualche mese prima della partenza di Natalina, Sara ricomparve nella sua vita. Era una Sara diversa da quella che ricordava dodici anni prima. Più dura, meno incline al lato romantico della coppia. Gelosa e irascibile. Aveva provato più volte di interrompere il legame tra Daniele e Natalina. Tra le due donne si era consolidata quella sorda e muta antipatia, che aveva radici lontane. Sara vedeva in Natalina la potenziale nemica, che sarebbe stata in grado di strapparle Daniele. Poi Natalina era partita e distava un giorno di viaggio da loro. Un tragitto aereo lunghissimo e faticoso. Tuttavia l’astio era rimasto immutato. Anzi si era consolidato in odio.

Ieri sera Sara era piombata nella sua casa come un tornado. Aveva accusato Daniele di tradirla.

«Mi disprezzi» aveva urlato paonazza in volto. «Non mi ami».

Lui era rimasto allibito da tanta furia. Per lui Sara era solo un’amica in questo momento. “No di certo” aveva ragionato, tentando di calmarla, “non la considero la mia compagna”. Il filo che li aveva uniti si era spezzato dodici anni prima, quando lei era partita per Venezia. Un legame che non poteva essere riannodato come se tutti quegli anni di silenzio non fossero mai esistiti.

Prima di congedarsi Sara aveva rivelato il vero motivo di quella rumorosa irruzione.

«Hai sentito di Natalia?» aveva esploso Sara, mentre infilava la giacca per uscire.

Daniele aveva aperto la bocca ma l’aveva richiusa subito. Non sapeva nulla di Natalia, che erano settimane che non la sentiva. “Che cazzo ha combinato questa volta?” si era chiesto. “L’ultima volta era entrata in coma etilico. Ora cosa?”

«No» aveva risposto secco Daniele. «Sono settimane che non la sento».

Sara lo guardò di sbieco, lanciandogli occhiate torve.

«Sei un bugiardo!» gli aveva mollato in faccio l’insulto. «Certo che lo sai!»

Daniele aveva scosso le spalle. Sapeva che era fatica inutile contraddirla. Avrebbe potuto dire di tutto. Compreso che Natalia era diventata il nuovo presidente della Repubblica. Lui non sarebbe stato capace di scalfire le sue idee. Non aveva la minima idea di cosa avesse combinato Natalia, né era curioso di saperlo.

Rimase muto, mentre Sara continuava a tempestarlo di insulti. Oramai viaggiavano su mondi separati. Adesso era Natalina che riesumava la questione.

«Di cosa avrebbe dovuto parlare Sara?» domandò cauto Daniele. Avvertiva un senso di disagio e temeva di essere coinvolto in complicazioni gratuite e pericolose.

«Daniele, sono tornata per questo» disse Natalina, che aveva il fiato roco per la veloce camminata.

«Questo cosa?» rimbeccò Daniele sempre più stranito. Tutti parlano per indovinelli cifrati e lui deve trovare la chiave di cifratura.

-FINE PRIMA PARTE-

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0 risposte a “Daniele – parte 1”

  1. Qui si delinea un interessante ventaglio di possibilità. Meglio attendere… Però che bello il mondo femminile complicato e quello maschile che ha bisogno di pochi e precisi chiarimenti.

  2. Secondo me, potrebbe trattarsi di violenza subita. Anche perché ad un certo punto del racconto si parla proprio di questo. Si evince anche dalle domande “investigative” che fa a Daniele. Ma è solo una supposizione.

  3. Un abrazo enorme amigo mio, cargado de cariño!!! nos vamos de vacaciones unos días!!! no estaré por aquí! cuando regrese volveré a leer tus bellas historias!!! Un beso gigante!!!!!

      1. Pensi che un amico come te non meriti di essere seguito ? Anzi troppo poco tempo ti dedico , ma credimi che da un po’ sono davvero troppo indaffarata che trovare spazi da dedicare a te e agli altri amici non ce n’è granchè. Comunque quando arrivo è perché ti ho pensato. Un abbraccio. Isabella

      1. Appena conclusa la seconda parte e mi avvio alla terza 😉! Mi dividerò tra la tua storia e “seminario n10- l’angustia” di Lacan. Buona serata (di scritture e letture) a te!

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